MatMarazzi ha scritto:E siamo noi che, alla luce di tali questioni, forziamo la "nota", la "scrittura", il "suono" per farvelo aderire a tutti i costi.
Ci pare talmente importante che Elisabetta sia cattiva e che Elena sia buona, da pensare che persino la scrittura rossiniana diverga, mentre non è così.
Se noi fossimo in grado di vedere la vera "costante" fra i ruoli Pasta o fra i ruoli Colbran, capiremmo che le distinzioni da noi operate sono solo fuorvianti... e ci conducono a travisamenti, forzature, tradimenti del personaggio.
Anche a me il cd della DiDonato fa sorgere buone speranze (per quanto si può capire da un recital) circa il prossimo futuro di questi ruoli, eppure mi ha anche confermato alcuni dubbi che già avevo su quella che chiami la “costante Colbran”, o meglio sul fatto che esista davvero una “costante Colbran”. Non mi riferisco alla scrittura vocale (in questo senso tutti i ruoli hanno di certo caratteristiche comuni), quanto piuttosto al profilo psicologico di quei ruoli. Provo a spiegarmi, anche se non è semplice.
Una cosa che mi ha sempre incuriosito è il diverso esito che le opere del Rossini napoletano hanno avuto. Voglio dire: ci troviamo di fronte al curioso caso per cui una decina di opere sono state composte in un periodo tutto sommato breve, tutte in un’ottica stilistico espressiva simile, con cast sostanzialmente simili, andate in scena davanti allo stesso pubblico, eppure con risultati diversissimi; alcune ebbero un successo delirante (Elisabetta, Otello, Armida, Mosè, anche Donna del lago, seppure non immediato), altre o caddero miseramente (Ermione) o comunque ebbero notevoli problemi (Maometto II). Perché? Non è certo questione di diversa qualità. Né mi convince la solita tesi che Ermione e Maometto erano troppo avanzate per il pubblico retrogrado di Napoli: un pubblico in grado di fare furore per le novità di Elisabetta era perfettamente in grado di capire Ermione. Io ho il dubbio che forse il problema era proprio la Colbran; che forse nemmeno lei era in grado di venire a capo di tutti i ruoli-Colbran.
Se si guardano le opere che ebbero successo (Elisabetta, Otello, Mosè, Zelmira), si tratta di opere in cui la protagonista ha caratteri ben definiti: personaggi decisi, accentratori, vincenti, autocompiaciute, tutto sommato lineari nelle loro evoluzioni psicologiche, nel bene o nel male, in effetti molto:
MatMarazzi ha scritto:dinamica signora-manager, appena uscita, tutta pimpante, da una palestra o da un parrucchiere per ricche signore, col pc in borsetta, seguita con devozione e solo apparente complicità dalla segretaria.
Un raggio di sole nel Rossini serio....
Ermione, Anna Erisso sono all’opposto (non vocalmente): personaggi dilaniati, incerti, “piccoli” nelle loro incertezze. Semiramide, per mio conto, fa un po’ casa per conto proprio, anche perché mi sembra che tutta l’opera abbia un diverso “posizionamento” storico, ma questo è altro discorso…
Schematizzando, mi sembra che gli esiti dei diversi approcci interpretativi un po’ riflettano questa ripartizione. Tralasciando le belcantiste “pastiane” (Sutherland, Caballé, la stessa Callas) che anche a me sembrano lodevoli eccezioni, mi sembra che quasi sempre le diverse artiste siano riuscite ad ottenere discreti risultati solo in uno dei due gruppi.
La Anderson, tanto per dire, mi ha sempre convinto nei ruoli del primo gruppo: Elcia, Desdemona, Elena (non so se abbia fatto Elisabetta, ma credo sarebbe stata notevole), mentre la sua Anna mi lascia perplesso. Non so se abbia cantato Ermione, ma non credo avrebbe (abbia?) ottenuto grandi risultati.
Se prendiamo invece una Gasdia, non mi convince nei ruoli “Colbran-riusciti” (improponibile la sua Armida) mentre la sua Ermione discografica ha una sua fisionomia e la sua Anna Erisso alla Scala la ricordo con emozione: quel suo lanciarsi in una vicenda più grande di lei fino ad esserne schiacciata era efficacissimo.
L’Antonacci, Ermione somma, in Elisabetta mi lascia perplesso: ok, forse era solo troppo presto, ma insomma…
La stessa Ganassi, che mi parve Elisabetta miserrima, come Ermione ha trovato un approccio interessante: da piccola donna tenuta in disparte e piena di livorosa voglia di vendetta…
La DiDonato mi sembra non smentisca lo schema: mi convince moltissimo nei ruoli “Colbran-riusciti”. Splendide Elisabetta, Armida, Elena, Desdemona. Molto interlocutoria Anna: e sì che canta solo la preghiera… E, come Ermione, non riesco proprio a vederla.
Insomma, a me pare che il quid-Pasta (che poi è il quid-Pasta-Bellini) così come il quid-Ronzi (che poi è il quid-Ronzi-Donizetti) lo si è potuto trovare in quanto ne esistevano le basi: si trattava di opere in cui la stessa artefice aveva mostrato di aver trovato la propria fisionomia. Il quid-Colbran (che è poi il quid-Colbran-Rossini) secondo me esiste in alcuni dei ruoli per lei scritti da Rossini. In altri, come spesso avviene quando un “creatore” (sia esso compositore, autore teatrale, regista cinematografico) espressamente “crea” per un dato interprete, la maionese è impazzita e ha generato un “quid” diverso, a cui lo stesso interprete destinatario non riesce a far fronte completamente. Nei ruoli del primo gruppo, secondo me la DiDonato avrà molto da dire. Nei secondi, secondo me, no. Ma magari mi sbaglio…
Saluti,
Beck
PS: evidentemente la Colbran stimola le lenzuolate... sorry.