Robert Carsen

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Robert Carsen

Messaggioda DottorMalatesta » ven 18 apr 2014, 18:15

A quanto mi sembra di capire dalla bella recensione de "La Dama di Picche" dell'amico reysfilip, Carsen prosegue con la sua indagine della relazione tra realtà e finzione, essere e apparire, oggettività e soggettività che - in definitiva - costituisce l'essenza stessa del teatro. Purtroppo non ho visto questo spettacolo, ma ho ben presente l'ultimo Carsen e ho come l'impressione che negli ultimi anni (con le dovute eccezioni, e penso soprattutto al recente Falstaff visto anche alla Scala) il linguaggio del regista canadese sia cambiato, e abbia assunto una connotazione meno immediata, meno onirica, meno favolistica e molto più strutturata, più concettuale, con la costruzione di spettacoli che mi sembrano la controparte di certe architetture alla Escher o di certi racconti di Borges. Un gioco di specchi come ne Las Meninas di Velázquez (lo pensavo a proposito della sua Ariadne e mi trovo a ripensarlo leggendo la recensione di reysfilip), una comntinua mise en abîme. Con l'ultimo Carsen si è come presi dalla vertigine metafisica del non sapere più chi sta guardando cosa e del chi o cosa sia davvero reale. E parlo proprio di vertigine, proprio per indicare quella strana sensazione di "sfasamento" tra ciò che credi sia reale e ciò che è (forse) reale per davvero. E' come essere in cima ad un grattacielo, hai i piedi ben piantati per terra, ti sporgi e guardi il vuoto sotto di te: il tuo cervello sente che hai i piedi poggiati sul pavimento, ma gli occhi gli dicono anche che davanti a te hai il vuoto e così avverti la vertigine. Per un attimo stai volando, eppure resti fermo a terra. Con l'ultimo Carsen avverto esattamento questo tipo di sensazione. La stessa sensazione che provo, costantemente, nelle regie di Herheim (e penso soprattutto alla sua Boheme) e talora anche in Guth. Se avete visto il film Inception, di Cristopher Nolan, capite a che mi riferisco.
Non che questo "gioco di specchi" fosse del tutto assente nel primo Carsen, ma ora mi sembra che tale aspetto sia davvero molto molto più accentuato.
Che dite?
DM


Qui alcune immagini di spettacoli di Carsen (attenzione alla scelta dell'impianto scenografico!):

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Qui, invece, un’immagine delle celeberrime Nozze di Figaro salisburghesi di Guth

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con un omaggio esplicito alle scale “impossibili” di Escher.

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Re: Robert Carsen

Messaggioda reysfilip » sab 19 apr 2014, 19:06

Tu hai postato immagini di spettacoli in cui il "gioco di specchi" era palpabile anche nella scenografia. A quelli citati mediante immagini, forse aggiungerei anche i Contes d'Hoffmann, e sembra che abbia usato l'espediente anche nell'ultima Platée coprodotta dall'An der Wien e dall'Opéra Comique:



La Dama era giocata tutta sugli effetti di luce, e di "specchi" ce n'erano assai pochi.
Tuttavia non posso che quotare una tua affermazione:

Con l'ultimo Carsen si è come presi dalla vertigine metafisica del non sapere più chi sta guardando cosa e del chi o cosa sia davvero reale. E parlo proprio di vertigine, proprio per indicare quella strana sensazione di "sfasamento" tra ciò che credi sia reale e ciò che è (forse) reale per davvero.


Questo è esattamente lo sfasamento che ho avuto io quando, durante l'intervallo di quella Dama, ho aperto il programma di sala, ho letto la frase di Hermann su cui era praticamente basato l'allestimento, e ho capito di colpo il senso dell'intera regia. Tuttavia, la vertigine maggiore doveva ancora arrivare con la sublime scena dell'apparizione.

Comunque, riguardo gli spettacoli carseniani in cui realtà e finzione si scontrano, c'è questo splendido post che Matteo scrisse per il Don Giovanni che è un'analisi veramente perfetta:
viewtopic.php?f=6&t=1289&start=15#p17696
:wink:
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