Tullio Serafin

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Tullio Serafin

Messaggioda Rodrigo » ven 14 nov 2008, 14:35

Tullio Serafin e l'opera preverdiana: disagio di un giudizio

Ho scelto questo titolo per esprimere il mio disagio per una valutazione globale di questo musicista.
Che fosse un grande non ci piove. Serafin aveva un repertorio illimitato ed era stato capace di scelte che definire ardimentose è riduttivo: la ripresa di Armida, la prima italiana del Wozzek tanto per citare i casi più clamorosi ed estremi.
Definirlo uno dei padri fondatori della vocalità di Maria Callas (che è come dire di una rivoluzione copernicana del canto), è pure scontato. Incredibile poi il fiuto dimostrato nel proporre (nel 1962, cioè in pieno meriggio delmonachiano) Vickers come Otello!
Per di più l'equilibrio tra esigenze della "buca" ed esigenze dei cantanti che la sua bacchetta garantiva a qualsivoglia partitura è restato per certi versi insuperato.

Però, però...
A distanza di mezzo secolo c'è qualcosa che non torna e proprio nel campo belcantistico.Ho infatti l'impressione che la fama di Serafin come restauratore delle partiture protoromantiche sia per certi versi impropria.
In effetti il maestro ha sostanzialmente riproposto, sia pure ad un livello d'eccellenza, le opere che erano restate nel repertorio tardo ottocentesto e un'esegesi nel solco della medesima prassi. Per fare qualche esempio: Norma, Sonnambula e Puritani per Bellini, ma non i Capuleti o la Beatrice; Lucia per Donizetti, ma non Lucrezia Borgia o il Devereux... Certo Serafin è anche il direttore a cui il Maggio musicale affida Armida e Tancredi, ma si tratta come ben noto di un'idea di Franco Siciliani e l'esegesi offerta dal direttore è ben lontana dall'essere convincente (a partire dai barbari interventi operati sui testi).
Tornando agli spartiti bellininani e donizettiani, il maestro non pare distinguersi per un approccio granché diverso da quello tradizionale. A dispetto del mirabile sostegno offerto alle voci, il suono orchestrale è talvolta sgarbato, tonitruante, incongruo con l'epoca in cui queste opere vennero scritte (e questo non ha niente a che vedere con l'uso dei c.d. strumenti d'epoca). Uscendo per un istante dal repertorio preverdiano non mi pare memorabile ad esempio il Trovatore napoletano con Callas e Lauri Volpi dove l'orchestra è poco meno che nefanda e la bacchetta sembra quella di un routinier!
Tradizionalissimo, poi, il rapporto con i tagli e i riaggiusti. Ritengo questo uno degli aspetti più criticabili dell'arte di Serafin. Siamo gusti: cosa sono i Puritani nelle mani del maestro se non una mera antologia dell'opera di Bellini? Confrontando la Medea incisa con la Callas con il noto live scaligero diretto da Bernstein si nota, addirittura, che l'edizione "in studio" è più tagliata di quella cantata in teatro! I tagli poi, sono a volte francamente incomprensibili: passino le potature ai da capo o certe omissioni "di tradizione" (es. nella Lucia), ma perché tagliare le ultime battute di un pezzo (ad es. del finale II di Norma) o la maggior parte del finale orchestrale di Medea? Non regge neppure la scusa di una compiacenza verso i cantanti... E tutto questo da un direttore che era stato collaboratore di Toscanini!
Certo i tagli e i riaggiusti non erano un'esclusiva sua, tutt'altro: Gavazzeni non era da meno per esempio. Va però detto, per dare a ciascuno il suo, che nel direttore bergamasco vi era un maggiore gusto nel riscoprire il passato anche al di fuori dei sentieri consueti.
Capitolo voci: so bene che criticare Serafin sulle scelte vocali è come parlare male di Garibaldi. Ma anche qui alcune considerazioni col senno di poi si possono fare. Infatti se è stato fondamentale il suo intervento nella carriera di Maria Callas, è un fatto che alcune tra le più rivoluzionarie interpretazioni di questa cantante siano legate ad altri "padrini": Gui per Medea, De Sabata per i Vespri e per il Macbeth (purtroppo mai incisi ufficialmente), Gavazzeni per Anna Bolena.
Inoltre, ed è una pecca che serpeggia in diverse incisioni callasiane, gli altri cantanti non sembrano sempre in sintonia con il recupero delle ragioni preveristiche operato dal soprano. E' il caso ad esempio del Di Stefano nella Lucia (e a maggior ragione di Eugenio Fernandi, Edgardo in un live RAI) dove se il soprano canta Donizetti, il tenore risponde con... Mascagni! E' lecito chiedersi se non sia compito del direttore, per di più con fama di raffinato conoscitore della vocalità, intervenire con tutti gli interpreti e non solo con la prima donna.

Tutto questo non certo per affossare un interprete che -ripeto- sta coi grandi del Novecento. Ma forse è giusto, oltre che riconoscere i meriti di Serafin, fare i conti anche con i limiti della sua lezione e vederne la vicenda artistica come tappa, non come non plus ultra.
Agli altri forumisti il diritto di manifestare il loro disaccordo.
Ultima modifica di Rodrigo il ven 14 nov 2008, 15:33, modificato 1 volta in totale.
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Re: Tullio Serafin e l'opera preverdiana: disagio di un giudizio

Messaggioda Tucidide » ven 14 nov 2008, 15:18

Rodrigo ha scritto:Tornando agli spartiti bellininani e donizettiani, il maestro non pare distinguersi per un approccio granché diverso da quello tradizionale. A dispetto del mirabile sostegno offerto alle voci, il suono orchestrale è talvolta sgarbato, tonitruante, incongruo con l'epoca in cui queste opere vennero scritte (e questo non ha niente a che vedere con l'uso dei c.d. strumenti d'epoca). Uscendo per un istante dal repertorio preverdiano non mi pare memorabile ad esempio il Trovatore napoletano con Callas e Lauri Volpi dove l'orchestra è poco meno che nefanda e la bacchetta sembra quella di un routinier!
...
Inoltre, ed è una pecca che serpeggia in diverse incisioni callasiane, gli altri cantanti non sembrano sempre in sintonia con il recupero delle ragioni preveristiche operato dal soprano. E' il caso ad esempio del Di Stefano nella Lucia (e a maggior ragione di Eugenio Fernandi, Edgardo in un live RAI) dove se il soprano canta Donizetti, il tenore risponde con... Mascagni! E' lecito chiedersi se non sia compito del direttore, per di più fama di raffinato conoscitore della vocalità, intervenire con tutti gli interpreti e non solo con la prima donna.

Secondo me Serafin è un direttore estremamente corretto e rassicurante, uno di quei nomi la cui presenza non costitusce mai un problema per il risultato complessivo. Sai sempre cosa aspettarti da lui, e sai che non ti deluderà mai. A volte riserva anche belle sorprese.
Ho estrapolato due brani della tua ottima disamina che mi trovano d'accordo nel merito, non nel metodo. Mi spiego: è vero che Serafin non è un maestro di sottigliezze belcantiste e che certe sue direzioni in quel repertorio suonano un po' sgarbate. Ma è anche vero che quello che a lui interessava prima di tutto era, come dici tu, il rapporto con la voce. In ogni caso, non trovo mai Serafin davvero volgare, censurabile. Forse, solo nel citato Trovatore napoletano: ma a certi eccessi "un tanto al chilo" si era all'epoca abituati anche da parte di bacchette molto più raffinate. Il Barbiere di Siviglia scaligero diretto da De Sabata è secondo me osceno, direttorialmente, e proprio perché si sente un approccio barricadiero, volgare, pressappochista.
Inoltre, proprio l'amore per le voci portava Serafin a non intervenire nelle scelte stilistiche dei cantanti. Tu lamenti il Donizetti verista di Di Stefano, ma io ti chiedo: sarebbe stato autentico un Di Stefano costretto a cantare con eleganza e stile inappuntabile? Il mito di GDS si fece sempre più strada proprio in virtù di quelle caratteristiche volgari, plebee e popolaresche che egli mostrava nel suo canto. E Serafin, grande conoscitore di voci, di certo notava le paurose intemperanze tecniche ed espressive del tenore siciliano, ma si rendeva conto che se glie le avesse rintuzzate, avrebbe snaturato il suo canto e conseguentemente la sua presa sul pubblico.

Saluti :)
Il mondo dei melomani è talmente contorto che nemmeno Krafft-Ebing sarebbe riuscito a capirci qualcosa...
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Re: Tullio Serafin e l'opera preverdiana: disagio di un giudizio

Messaggioda MatMarazzi » ven 14 nov 2008, 15:22

Rodrigo ha scritto:ma non Lucrezia Borgia o il Devereux...

Be' il Devereux era un po' difficile, considerando che si era persa la partitura (ritrovata da Profeta solo nel 63).
Comunque ti risponderò con più calma, perché l'argomento è affascinantissimo! :)
Io sono di quelli che considerano Serafin (soprattutto l'ultimo) un vero genio...
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Re: Tullio Serafin e l'opera preverdiana: disagio di un giudizio

Messaggioda pbagnoli » ven 14 nov 2008, 16:07

Anch'io l'ho sempre trovato geniale, e proprio per questa sua trasversalità al repertorio!
"Dopo morto, tornerò sulla terra come portiere di bordello e non farò entrare nessuno di voi!"
(Arturo Toscanini, ai musicisti della NBC Orchestra)
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Re: Tullio Serafin e l'opera preverdiana: disagio di un giudizio

Messaggioda MatMarazzi » sab 15 nov 2008, 13:41

Caro Rodrigo,
mi ero ripromesso di rispondere con calma a questo post, perché come ho detto io amo molto Serafin.

Lo amo come interprete, come uomo di teatro e soprattutto come direttore (tecnicamente parlando) e questo vorrei chiarirlo subito, perché alcuni lo amano perché in lui vogliono vedere solo un "battisolfa" di lusso, di quei direttori che si annullano pur di valorizzare l'interprete (cosa che per loro sarebbe un gran pregio).
Per me Serafin era un direttore di una autorevolezza tecnica e interpretativa strepitosa; ancora oggi ritengo che alcune sue letture siano insuperate.

E' pur sempre doveroso, secondo me, uno sforzo di contestualizzazione.
Non si può giudicare - come dicevamo in altro thread - sulla base dei criteri attuali, perché così facendo si prendono abbagli.

E' vero, infatti, che Galilei ne sapeva di fisica meno di uno studentello di oggi.
Ma sarebbe sbagliato prendere a Galilei a esempio di non conoscenza della fisica. :)
Il suo "poco" pesa un milione di volte di più di tutto quello che può sapere lo studentello universitario di oggi.

Vorrei pertanto ricordare ai lettori che negli anni '50 i direttori italiani erano piuttosto garibaldini: vi erano alcune grandi personalità (uno fra tutti: Cantelli, ma anche Gavazzeni, Gui, ovviamente l'ultimo De Sabata, per non parlare di Previtali che il nostro Bagnoli ci sta aiutando a riscoprire) ma quasi tutti non erano soverchiamente preoccupati di valorizzare il "suono", la ritmica, la precisione come invece avveniva oltr'alpe, con i direttori mitteleuropei.
Va anche detto che da noi la tradizione operistica era molto più frequentata di quella puramente sinfonica; e nel portare a casa un'opera il "mestieraccio" era ritenuto più importante che non l'infinitesima ricerca nel dettaglio timbrico o la cura ossessiva della precisione ritmica.

L'importanza di curare il dettaglio dell'esecuzione gli italiani cominciarono a capirla più tardi (da Giulini in poi) sollecitati dal confronto con le grandi bacchette austro-tedesche, la cui superiorità tecnica era stata posto sotto gli occhi di tutti attraverso il disco.
Ma negli anni '50 non era così: della grande lezione di Toscanini (che invece era tecnicamente una macchina da guerra) l'unica cosa che seppero cogliere era l'anti-edonismo; mentre non colsero il fatto che è solo grazie a un controllo disumano che Toscanini perveniva a tale secchezza.

E' in questa temperie che va collocato Serafin, il quale - zitto zitto, pur presentandosi sempre come direttore da "spedizioni punitive", senza darsi le arie di grande demiurgo della musica, come i coevi Krips, Kleiber, Boehm, (ma anche Gui e Gavazzeni) ecc... - si distaccava da tutti per la sua capacità di scendere oltre la superficie del suono e lavorare con ossessione analitica sulle partiture fino a creare atmosfere e psicologie di strordinaria profondità e modernità.
Solo un italiano, secondo me, poteva ai suoi anni lavorare di dettaglio come lui, ed era Antonino Votto.

Tuttora quando sento alcuni passaggi della Norma di Serafin (quella EMI del 1960) ho la sensazione che tecnicamente non sia possibile andare più in là.
Il preludio che precede il monologo dei figli (e tutta la gestione del monologo stesso) possiede una pregnanza sonora ed emotiva che non ho mai più sentito. Gli accompagnamenti sono talmente "giusti" come colori, equilibri, ritmi che dimostrano un lavorio accanito; con lui gli archi della Scala trovano timbri stupendi, di volta in volta aspri e primitivi (nelle sezioni belliche) oppure estenuati e mormoranti (nelle atmosfere pittoriche di certi squarci notturni); i ritmi sono sempre liberi (con un senso raffinatissimo del rubato) ma organizzati in solidissime architetture e con un rapporto con i cantanti (Corelli a parte) perfetto; le melodie respirano emozioni sfumate e proprio per questo prondissime. Ma è nei recitativi che si avverte ancora di più la sua genialità: un accordo... un semplice accordo (per esempio quello che precede "O rimembranze") dimostra una ricerca accanita.
Insomma, se non fosse che la Callas è distrutta e Corelli è quasi più singhiozzante del solito, la Norma di Serafin sarebbe la più grandiosa, romantica, anti-retorica e umana della discografia (secondo me).

Ma ancora più stupefacente è la sua Turandot, che fra l'altro è partitura tecnicamente assai difficile. A me pare che in tantissime pagine di quest'opera Serafin sia insuperabile, molto più in su di Karajan, benché questi faccia più impressione grazie a un'orchestra sfarzosissima ed effetti stereo cinematografici; e tuttavia il nitore ritmico di Serafin ad esempio nel coro dei Servi del Boia, il controllo del suono, l'effetto quasi jazzistico della parte finale a me pare ben più virtuosistico.
Se si pensa poi ai miracoli che riesce a costruire con la Callas nell'esecuzione di "In questa reggia" fra mormorii stranianti di archi, ipnotici e cullanti ondeggiamenti ritmici - rigorosissimi - alchimie di colori, ecc... !

Questi sono solo due esempi; poi è vero che vi sono letture più affrettate e chiassose (il live) ma tu devi anche considerare la scarsità di prove, la modestia delle orchestre, i limiti delle registrazioni...
E soprattutto i ritmi di lavoro estenuanti a cui un direttore come lui era sottoposto.

Rodrigo ha scritto:Però, però...
A distanza di mezzo secolo c'è qualcosa che non torna e proprio nel campo belcantistico.Ho infatti l'impressione che la fama di Serafin come restauratore delle partiture protoromantiche sia per certi versi impropria.


Capisco, però non credo che lo si consideri proprio un grande restauratore; un pioniere, magari... un curioso... uno che passava le giornate a studiare partiture di tutti i tipi, che contribuiva a renderle possibile...
E' più faticoso il mestiere del pioniere, rispetto a quello dello specialista! :)

In effetti il maestro ha sostanzialmente riproposto, sia pure ad un livello d'eccellenza, le opere che erano restate nel repertorio tardo ottocentesto e un'esegesi nel solco della medesima prassi.


E' abbastanza vero quel che dici, però anche qui - come nel dibattito sulla Russ - si tenda a valutare il contributo di un direttore con criteri posteriori.
Oggi noi siamo abituati (abbiamo dietro quarant'anni di Belcanto Renaissance) a considerare l'opera proto-romantica parte fondamentale del repertorio.
Negli anni '50 non era proprio così: era una curiosità da spiriti colti.
Ad allestire un'opera sconosciuta dell'800 si rischiava di avere il teatro semi-vuoto, le case discografiche non l'avrebbero incisa, ecc....
Inoltre mancavano le giuste vocalità (soprattutto in ambito maschile), mancavano le nozioni stilistiche su cui ancora nessuno studioso si era concentrato; non c'erano le nostre adorate "edizioni critiche" e talvolta (come nel caso del Devereux) mancavano persino le partituture.
Serafin va messo tra i "curiosi", tra i pionieri di questa rinascita (quelli che hanno reso possibile la rinascita), ma è chiaro che non poteva procedere con la consapevolezza specialistica che sarebbe emersa successivamente.
Personalmente più che guardare ciò che di superato si riscontra nelle letture serafiniane (che ci sono è vero), io guarderei quei tanti aspetti che le rendono moderne ancora oggi.

E' altrettanto vero che non poteva imbastire la sua carriera unicamente su "riscoperte" belcantistiche (cosa che non fece nemmeno la Sutherland: contiamo quante Violette e Lucia ha fatto e poi vediamo quante Beatrici).
Tu giustamente ti chiedi come è possibile che non abbia fatto la Borgia, per esempio!
Ma io, scusa se insisto, trovo più giusto chiedersi come è possibile che sia riuscito a imporre i titoli desueti che ha imposto (oltre ad Armida, pensa ai Due Foscari e a tanti altri)! :)
Ti immagini se fra cent'anni (quando opere come Alina regina di Golconda e Ugo conte di Parigi saranno diventate di repertorio corrente) qualcuno dicesse che i coniugi Bonynge in fondo non hanno fatto poi tanto per ripristinare il Belcanto... infatti non eseguirno l'Alina regina di Golconda e l'Ugo conte di Parigi! :shock: :shock: :shock:

Hai ragione, ovviamente, quando dici che Serafin - dirigendo questo repertorio - assecondò molte delle prassi allora in voga: un interprete non lavora per il pubblico di cinquant'anni dopo, ma per quello a cui si rivolge!
Fra queste la prassi dei tagli: anche qui rischiamo, come per la Russ, di vedere le cose con prospettiva sbagliata.
Anche Serafin tagliava, non c'è dubbio (tutti lo facevano: si DOVEVA tagliare), ma se vediamo i suoi tagli in rapporto alla sua epoca scopriamo che c'erano una logica infinitamente più meditata di quella di Gavazzeni.
Ancora negli anni 70 Gavazzeni tagliava le battute di chiusura del famoso coro di guerra della Norma (in modo da terminarlo con la sparata sulla tonica, con tutto il coro che fa l'acuto e il pubblico che applaude). Vent'anni prima Serafin aveva già riaprto quel taglio e faceva concludere il coro con la ripresa della dolcissima melodia dell'ouverture. E il pubblico non applaude... :)

Mi raccontava Angelo Mercuriali che avvenne quasi un incidente diplomatico alla EMI in occasione dei Puritani.
Serafin aveva infatti deciso di aprire un taglio di tradizione durante la Polacca; nessuno aveva avvertito Di Stefano (che infatti non era in grado di leggere la musica e quindi non si era accorto della cosa).
Panico! Non c'era il tempo per trovare un riptetiore che insegnasse a Di Stefano la parte! Risultato: chiesero a Mercuriali di farla lui. E infatti, se ascoltate la Polacca della EMI, sentirete la voce di Mercuriali! :)
Mi confermò Mercuriali che all'epoca furono tantissimi a bofonchiare (dirigenti della EMI compresi) contro questi direttori che vogliono "aprire i tagli"!

Certo, in un'epoca come la nostra in cui ogni taglio è considerato eresia, restiamo irritati di fronte a queste logiche.
Però Serafin non lavorava in un'epoca come la nostra.

Alla sua epoca era importante "far rivivere" non "restituire a verità filologica"...
Solo considerando le caratteristiche di quell'epoca si possono capire i pasticci operati da Gui: la sua ossessione era che la gente - di allora - uscisse da teatro ...amando la Beatrice di Tenda, risultato che era tutto da dimostrare...
Oggi sarebbe un risultato scontato: la genta ama già la Beatrice. Così si può puntare ad altro, come ripristinare le due battute tagliate in un recitativo... e considerare la cosa come un passo avanti per tutta l'umanità! :)

E poi sei sicuro che il pubblico avrebbe apprezzato allora queste opere nella loro integrità?
Ricordo un anziano signore (molto intelligente e colto) che rimase molto deluso quanto ascoltò entrambe le strofe di "Addio del passato" nell'edizione Sutherland.
Giudicava quest'aria così bella - mi disse - perché era abituato a non considerarla un'aria, quanto piuttosto un arioso, un monologo dell'anima, libero dalle scatole strofiche della "solita forma" (vedi dove andava a insinuarsi la mentalità post-wagneriana?); eseguendalo con le due strofe diventava invece la solita ariona, retorica e strutturata, con due climax incongrui psicologicamente. :(
Vedi a che pubblico ci si rivolgeva?
Sapessi quanti osservarono all'epoca che la cabaletta "Tu vedrai" (riscoperta da Erede, Karajan e Serafin) era un obbrobrio che tanto valeva tagliare!


E tutto questo da un direttore che era stato collaboratore di Toscanini!


Perché? Toscanini non tagliava? Hai sentito la sua Traviata?

Capitolo voci: so bene che criticare Serafin sulle scelte vocali è come parlare male di Garibaldi. Ma anche qui alcune considerazioni col senno di poi si possono fare. Infatti se è stato fondamentale il suo intervento nella carriera di Maria Callas, è un fatto che alcune tra le più rivoluzionarie interpretazioni di questa cantante siano legate ad altri "padrini": Gui per Medea, De Sabata per i Vespri e per il Macbeth (purtroppo mai incisi ufficialmente), Gavazzeni per Anna Bolena.


Anche questo per me non è del tutto vero, secondo me.
Lui la Callas non solo la scoprì materialmente, rese possibile la sua permanenza in Italia imponendola ai vari teatri, ma fece molto, molto di più.
Ne comprese e scatenò il potenziale, che forse nemmeno la stessa Callas aveva così chiaramente compreso.
Ho avuto in mano una lettera della Callas del 1947.
Si lamentava che Serafin la rimproverasse sempre perché aveva la voce troppo scura...
:shock: :shock: :shock:
Tutta irritata diceva (cito a memoria) "Serafin mi fa sentire in colpa di avere una di quelle grandi voci drammatiche che non si trovano più".
Mentre leggevo queste cose... la mia mente andava agli incredibili schiarimenti, a quei sussurri in odore di "apertura" che la Callas avrebbe scoperto intorno al '54... (per esempio nel disco dedicato a Puccini, diretto appunto da Serafin).

Senza Serafin (fu lui a portarla da Siciliani) la Callas sarebbe forse rimasta alle Aide e alle Turandot.

Peraltro non sono molto d'accordo con te sull'interpretazioni rivoluzionarie che hai citato: la Medea della Callas a me pare molto sopra le righe (e temo che proprio l'imprinting con Gui e Bernstein ne sia la causa); nel Macbeth poi fatico a riconoscere la raffinatissima artista che era in quella strega di Biancaneva che ne viene fuori, tutta ruggiti e toni "cattivi (merito di De Sabata, considerando i miracoli di ricerca che la stessa Callas produsse poi in sala di incisione; quanto ai Vespri ti ricordo che la Callas li preparò per Kleiber); e relativamente ad Anna Bolena, la Callas è immensa, è vero, e non di meno vi ritrovo gli stessi meriti già ampiamente dimostrati; non credo che Gavazzeni abbia aggiunto molto.
Invece quando sento la Callas con Serafin (o con Karajan, per essere sinceri) la trovo infinitamente più profonda e rivoluzionaria. Mi basta sentire (ne parlavamo con Maugham) "l'altra notte in fondo al mar" per avere la sensazione degli abissi espressivi a cui poteva spingersi, quando trovava un direttore con cui poteva lavorare sul più infimo respiro.
Non è un fatto irrilevante che con Serafin la Callas abbia preparato e debuttato Norma, Lucia, Traviata...

Inoltre, ed è una pecca che serpeggia in diverse incisioni callasiane, gli altri cantanti non sembrano sempre in sintonia con il recupero delle ragioni preveristiche operato dal soprano. E' il caso ad esempio del Di Stefano nella Lucia (e a maggior ragione di Eugenio Fernandi, Edgardo in un live RAI) dove se il soprano canta Donizetti, il tenore risponde con... Mascagni! E' lecito chiedersi se non sia compito del direttore, per di più con fama di raffinato conoscitore della vocalità, intervenire con tutti gli interpreti e non solo con la prima donna.


Ma cosa poteva farci Serafin se Di Stefano, divo della EMI, non aveva nozioni di belcanto?
Come poteva intervenire su una tecnica vocale impostata per tutt'altro?
C'è forse riuscito Karajan a far diventare "belcantista" Di Stefano? (ammesso che gli interessasse davvero...)

Tutto questo non certo per affossare un interprete che -ripeto- sta coi grandi del Novecento. Ma forse è giusto, oltre che riconoscere i meriti di Serafin, fare i conti anche con i limiti della sua lezione e vederne la vicenda artistica come tappa, non come non plus ultra.


Su questo sono assolutamente d'accordo. Era all'avanguardia (in questo senso) allora.
E' una fortuna che settant'anni dopo Serafin non sia più avanguardia! :) Vuol dire che si è continuato a camminare...

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Re: Tullio Serafin e l'opera preverdiana: disagio di un giudizio

Messaggioda Rodrigo » dom 16 nov 2008, 15:42

Anzitutto grazie a tutti per la cortesia con cui avete replicato al mio intervento. Mi permetto di chiosare qualche punto dell'intervento, molto bello e sentito, di MatMarazzi.

MatMarazzi ha scritto:Serafin, il quale - zitto zitto, pur presentandosi sempre come direttore da "spedizioni punitive", senza darsi le arie di grande demiurgo della musica, come i coevi Krips, Kleiber, Boehm, (ma anche Gui e Gavazzeni) ecc... - si distaccava da tutti per la sua capacità di scendere oltre la superficie del suono e lavorare con ossessione analitica sulle partiture fino a creare atmosfere e psicologie di straordinaria profondità e modernità.
Solo un italiano, secondo me, poteva ai suoi anni lavorare di dettaglio come lui, ed era Antonino Votto.

Tuttora quando sento alcuni passaggi della Norma di Serafin (quella EMI del 1960) ho la sensazione che tecnicamente non sia possibile andare più in là.
Il preludio che precede il monologo dei figli (e tutta la gestione del monologo stesso) possiede una pregnanza sonora ed emotiva che non ho mai più sentito. Gli accompagnamenti sono talmente "giusti" come colori, equilibri, ritmi che dimostrano un lavorio accanito; con lui gli archi della Scala trovano timbri stupendi, di volta in volta aspri e primitivi (nelle sezioni belliche) oppure estenuati e mormoranti (nelle atmosfere pittoriche di certi squarci notturni); i ritmi sono sempre liberi (con un senso raffinatissimo del rubato) ma organizzati in solidissime architetture e con un rapporto con i cantanti (Corelli a parte) perfetto; le melodie respirano emozioni sfumate e proprio per questo prondissime. Ma è nei recitativi che si avverte ancora di più la sua genialità: un accordo... un semplice accordo (per esempio quello che precede "O rimembranze") dimostra una ricerca accanita.
Insomma, se non fosse che la Callas è distrutta e Corelli è quasi più singhiozzante del solito, la Norma di Serafin sarebbe la più grandiosa, romantica, anti-retorica e umana della discografia (secondo me).


Confesso di non conoscere l'edizione del 60, me l'avevano sconsigliata proprio per le tristi condizioni della Callas. Condivido l'accostamento con l'arte direttoriale di Votto, altra bacchetta di magistero tecnico superiore. E' interessantissimo a questo proposito il confronto tra la Norma con la Callas protagonista diretta alla RAI da Serafin e quella scaligera diretta da Votto, praticamente coeve e quasi identiche nel cast (la differenza -non banale- è Adalgisa che passa dalla Stignani un po' in difficoltà di Roma alla Simionato di Milano. Secondo me si tratta di due spettacoli entusiasmanti complice anche un Del Monaco che per l'epoca era il miglior Pollione possibile (sono di parte, lo so). Ecco, sia pure non di molto, in questo caso io trovo più convincente la lettura di Votto che quella di Serafin. Votto mi sembra indulgere meno a certo gusto barricadiero proprio dell'epoca.


MatMarazzi ha scritto:Lui la Callas non solo la scoprì materialmente, rese possibile la sua permanenza in Italia imponendola ai vari teatri, ma fece molto, molto di più.
Ne comprese e scatenò il potenziale, che forse nemmeno la stessa Callas aveva così chiaramente compreso.

Peraltro non sono molto d'accordo con te sull'interpretazioni rivoluzionarie che hai citato: la Medea della Callas a me pare molto sopra le righe (e temo che proprio l'imprinting con Gui e Bernstein ne sia la causa); nel Macbeth poi fatico a riconoscere la raffinatissima artista che era in quella strega di Biancaneva che ne viene fuori, tutta ruggiti e toni "cattivi (merito di De Sabata, considerando i miracoli di ricerca che la stessa Callas produsse poi in sala di incisione; quanto ai Vespri ti ricordo che la Callas li preparò per Kleiber); e relativamente ad Anna Bolena, la Callas è immensa, è vero, e non di meno vi ritrovo gli stessi meriti già ampiamente dimostrati; non credo che Gavazzeni abbia aggiunto molto.
Invece quando sento la Callas con Serafin (o con Karajan, per essere sinceri) la trovo infinitamente più profonda e rivoluzionaria. Mi basta sentire (ne parlavamo con Maugham) "l'altra notte in fondo al mar" per avere la sensazione degli abissi espressivi a cui poteva spingersi, quando trovava un direttore con cui poteva lavorare sul più infimo respiro.
Non è un fatto irrilevante che con Serafin la Callas abbia preparato e debuttato Norma, Lucia, Traviata...


Avevo precisato che non intendevo commentare le incisioni di opere verdiane e del periodo verista perché ritengo che Serafin pervenga a risultati decisamente d'eccezione, complice anche la sua frequentazione con il repertorio Wagneriano e la pionieristica esplorazione delle partiture novecentesche. Quanto tu dici della Turandot mi conferma nel giudizio... :D
Non condivido molto la svalutazione della Medea Callas-Bernstein e del Macbeth con De Sabata. Facendo la tara ad una ripresa sonora precaria, io le trovo affascinanti proprio per questo carattere "scarmigliato" con cui la Callas rende le protagoniste. Saranno pure state due interpretazioni esagitate e "sopra le righe" come dici, ma converrai che Medea e la Lady non sono certamente due liliali fanciulle :lol:
Confesso poi di trovare molto coinvolgente (thrilling per così dire) l'intera lettura di De Sabata che tra l'altro non ha timore di presentare anche le danze dell'edizione parigina (non sono sicuro se in versione integrale).
Tornando a Serafin un vero mistero resta per me come mai lui e la a EMI, incidendo ufficialmente Traviata, abbiano rimpiazzato la Callas, reduce dall'interpretazione scaligera, con Antonietta Stella.
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Re: Tullio Serafin e l'opera preverdiana: disagio di un giudizio

Messaggioda MatMarazzi » dom 16 nov 2008, 15:48

Rodrigo ha scritto:Tornando a Serafin un vero mistero resta per me come mai lui e la a EMI, incidendo ufficialmente Traviata, abbiano rimpiazzato la Callas, reduce dall'interpretazione scaligera, con Antonietta Stella.


Era una questione di contratto.
La Callas aveva già inciso traviata alla Ricordi e si era impegnata a non inciderla più, specie per un'altra casa discografica.
La Stella fu in quell'occasione un ripiego (nel libro della Cella, vien detto che la Gencer - che proprio allora aveva debuttato in Traviata e proprio con Serafin al Massimo di Palermo - se ne risentì moltissimo... in effetti se quella Traviata l'avesse fatta lei, forse la sua carriera discografica sarebbe stata diversa).
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PS: concordo sullo splendore della Norma scaligera, anche se me piace pure quella della Rai! Una di queste volte, però, riparleremo del Macbeth di De Sabata! ;)
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Re: Tullio Serafin e l'opera preverdiana: disagio di un giudizio

Messaggioda Tucidide » dom 16 nov 2008, 20:49

Non è inerente alla tematica specifica, ma sempre di Serafin si tratta.
Ho visto oggi, ad una mostra in occasione del centenario dell'Esposizione Torricelliana del 1908 che si tenne a Faenza, la locandina del Lohengrin rappresentato al Teatro Comunale di Faenza nell'agosto di quell'anno, diretto proprio da Serafin. :D
Cantanti a me sconosciuti, su cui il nostro Dottorcajus avrà sicuramente notizie. :)
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Bassi (non specificati i ruoli): Sebastiano Cirotto ed Oreste Carozzi.
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Re: Tullio Serafin e l'opera preverdiana: disagio di un giudizio

Messaggioda giovanni » gio 27 nov 2008, 22:25

Serafin è un direttore che ho sempre amato. Lo trovo tutt'altro che tradizionale, anzi di una modernità sconcertante. Non lo considererei assolutamente passato di moda. Trovo assolutamente eccitanti alcune sue incisioni (ho impresso nella memoria l'ultimo atto del Rigoletto con Gobbi e Callas - il mio primo acquisto discografico di un'opera!!!!!) Se si pensa che è un direttore nato nell'Ottocento (precisamente 1878) io mi stupisco ogni volta che lo ascolto. I tagli purtoppo erano una prassi dell'epoca, credo non ci si potesse aspettare di meglio. Cmq aggiungerei una cosa: Rodrigo diceva che Bernstein (live) taglia di meno di Serafin (studio) nella Medea. Dell'edizione di Bernstein invece una cosa che mi irrita in una maniera assurda è il taglio (quasi totale) dell'aria di Medea Il fiero duol, che invece Serafin almeno non mutila in quella maniera (chiaramente nemmeno Serafin ce la propone in maniera integrale). A tal proposito approfitto per dire di essere totalmente daccordo con MatMarazzi che già in altri post ha sottolineato la grandezza interpretativa della "seconda" Callas: la Medea con Serafin è molto più donna che strega cattiva, è molto più raffinata psicologicamente; è' un personaggio che soffre, più che inveire continuamente contro Giasone. Infatti a me piace molto di più l'incisione di Serafin che l'edizione live di Bernstein. Molti invece tendono un pò a sminuire l'edizione in studio della Ricordi (che tra l'altro ultimamente è quasi impossibile da trovare)
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Re: Tullio Serafin

Messaggioda Triboulet » mar 04 set 2012, 18:45

vivelaboheme ha scritto:Peggio che un battisolfa. Callas nelle registrazioni è regolarmente accompagnata da una melma orchestrale grigiastra, ansante e rantolante, dalla quale, per fortuna, si leva il suo (di lei) straordinario senso della musica e del teatro. Lei va, lui frena. Grazie a Dio, Butterfly, l'originalissima, straordinaria Butterfly di Callas, ci è giunta sotto la direzione - colori, linea musicale, dramma - dell'immenso Karajan. Non ho partecipato alla discussione su Boheme-Karajan, anche se mi si sono un po' rizzati i capelli a fronte di certe considerazioni sul forse (o anche senza forse) più grande direttore di sempre: anch'io, come Ninci, ho ascoltato piùvolte Karajan dal vivo: e so per espeerienza vissuta chi e cosa era. Non posso neppure sentior accostare Serafin a Karajan. Entità e quantità e qualità differenti!
Potrei dire, fra i viventi: magari, Callas avesse incontrato (che so, per Macbeth) un Claudio Abbado, anziché Tullio Mammouth Serafin!

Mi riscuso per la franchezza, ma detesto (non per moda né per letture di critici, ma per ascolto personale) i Votto e i Serafin e le loro orchestre melmose,plantigrade e ansimanti. E, di conseguenza detesto quelli peggio: purtroppo sono abbastanza giovane da aver ascoltato dal vivo Molinari Pradelli e De Fabritiis. Teorici del sonno in musica. Ho un concetto diverso della direzione d'orchestra, nel sinfonico (nel quale i suddetti evaporano) e nell'opera.

Per fortuna, per Macbeth, Callas trovò De Sabata. Un altro gigante che - per fortuna - nulla ha da spartire con Mammouth Serafin.
Ecco: De Sabata (o Mitropoulos, Toscanini, Furtwangler, Karajan, Kleiber, Bernstein o oggi Claudio Abbado) è ciò che io intendo per "grande direttore". Il direttore suona uno strumento di nome orchestra: i sunnominati, tutti, la fanno "vivere". I Serafin, e quella "stirpe" e quel genere, sono entità differenti. E , a mio avviso, di molto inferiori. Con loro l'orchestra non "vive", il teatro (= dramma) stesso d'opera dorme. Serafin non "fece" Callas: lei lo faceva vivere di suo, il teatro d'opera. Ma Karajan - e Abbado - "fecero" Mirella Freni (per fare un nome), grande cantante di suo ma portata "oltre se stessa" da direttori in possesso del "pugno", della testa, della tecnica, della capacità interpretativa e, infine, del genio, per portarla "oltre". Questa è, a mio avviso, la differenza.


:shock: :shock: :shock: non avevo mai visto un'invettiva così accorata (per non dire offensiva) su Operadisc : Chessygrin :

se qualcuno ti credesse sulla parola penserebbe che ci troviamo di fronte al peggior direttore d'orchestra della storia... io, per ascolto personale, e pure rileggendo gli interventi precedenti di questo thread (che tra l'altro indicano degli esempi concreti) mi stupisco di opinioni così accanitamente divergenti, e mi sorgono quindi dubbi e perplessità... forse è il caso di (ri)parlarne tutti assieme?

magari, Callas avesse incontrato (che so, per Macbeth) un Claudio Abbado


Oddio no! mi permetto solo questo :D un Macbeth proto-wagneriano lo potevamo accettare nei primi anni 50 non nei 70! Certo, il Macbeth di Abbado piace tanto tanto a moltissimi, indubbiamente è "suggestivo", ma la Callas, l'interprete matura della fine dei '50, avrebbe avuto bisogno di altro secondo me che una direzione tardoromantica dal tono raffinato-intellettualoide. Il maestro Abbado, se si "sporca le mani" con la feccia primo verdiana, deve ricondurla ad un Otello ante-litteram, altrimenti non se ne fa nulla.. io invece credo che la Callas avesse bisogno di tutto il contrario.

PS:

mi si sono un po' rizzati i capelli a fronte di certe considerazioni sul forse (o anche senza forse) più grande direttore di sempre


è che qui ad Operadisc (penso di parlare un po' per tutti) crediamo nella non-intoccabilità di nessuno, il problema è un po' questo : CoolGun :
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Re: Tullio Serafin

Messaggioda DottorMalatesta » mar 04 set 2012, 19:08

Concordo con il caro Triboulet sulla non-intoccabilitá di nessuno (compreso il grande -ma non sempre: quandoque bonus dormitat Homerus- Karajan).

Il fatto é che secondo me continuare a paragonare Serafin ad Abbado, Karajan, Solti o altri direttori successivi ha a mio parere poco senso: sono direttori diversi per generazione, per scuola, per temperamento, per repertorio, per scelte interpretativo-estetiche.
Serafin si pone, é ovvio, su una strada antitetica a quella chessó di un De Sabata, e andrebbe considerato e valutato tra direttori di tradizione (tipo Erede). Si scoprirebbe allora (o si riscoprirebbe) che Serafin ah grandi meriti (eccome se ne ha avuti: concordo in pieno con quanto scritto da Maugham in un altro post!!) ed é sicuramente uno dei numero uno (magari anche se qualcuno é libero di pensare che Serafin é stato il numero uno tra... i numeri due... :mrgreen: ).

E comunque, scusatemi, tra quanti hanno diretto la Callas chi si salva se non Serafin, Karajan, Gavazzeni e De Sabata? (oddio, magari qualcuno me lo sono dimenticato: non lapidatemi per questo!!!)
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Re: Tullio Serafin

Messaggioda Kulsho » sab 15 set 2012, 11:49

Considero Tullio Serafin un grande, come molti di voi. Non un semplice battitempo, non un ovvio routinier. La Callas stessa gli tributava giusto onore ricordando i suggerimenti interpretativi datile (per esempio in Traviata) dal Maestro. Concordo pienamente con quanto sostenuto in un post precedente da Mat: la Turandot Emi è bellissima anche da un punto di vista di resa orchestrale, di dettagli pieni di fascino, colori bellissimi... Altro che il direttore in Technicolor HvK...
Certo, il buon Serafin rimane un direttore nato nel 1878... Come dire... anche Jochum (che era del 1902) incideva negli anni '70 (!!) una Messa in si min. con orchestrona e corone e solistoni, senza che questo facesse accapponare la pelle a (quasi) nessuno (rimane infatti una bella Hohemesse). Lo stesso Karajan aveva inciso poco prima un altro monstrum di messa in si min., e le disgustose smielatissime Quattro Stagioni con la Mutter sono dell'84... Ovverosia, ognuno è figlio del proprio tempo... Serafin è benemerito per aver aperto molte finestre sul futuro, ma i suoi capolavori sono lì dove poteva eseguire musica del SUO tempo, il suo ultimo Otello con Vickers è incomparabilmente bello, Cavalleria con la Callas è degna di figurare accanto al Tristano di Furtwangler, la sua Turandot vicino alla Tosca di De Sabata fa la figura di un bronzo di Riace :))
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Re: Tullio Serafin

Messaggioda MatMarazzi » dom 16 set 2012, 14:15

Kulsho ha scritto:Considero Tullio Serafin un grande, come molti di voi. Non un semplice battitempo, non un ovvio routinier. La Callas stessa gli tributava giusto onore ricordando i suggerimenti interpretativi datile (per esempio in Traviata) dal Maestro. Concordo pienamente con quanto sostenuto in un post precedente da Mat: la Turandot Emi è bellissima anche da un punto di vista di resa orchestrale, di dettagli pieni di fascino, colori bellissimi... Altro che il direttore in Technicolor HvK...
Certo, il buon Serafin rimane un direttore nato nel 1878... Come dire... anche Jochum (che era del 1902) incideva negli anni '70 (!!) una Messa in si min. con orchestrona e corone e solistoni, senza che questo facesse accapponare la pelle a (quasi) nessuno (rimane infatti una bella Hohemesse). Lo stesso Karajan aveva inciso poco prima un altro monstrum di messa in si min., e le disgustose smielatissime Quattro Stagioni con la Mutter sono dell'84... Ovverosia, ognuno è figlio del proprio tempo... Serafin è benemerito per aver aperto molte finestre sul futuro, ma i suoi capolavori sono lì dove poteva eseguire musica del SUO tempo, il suo ultimo Otello con Vickers è incomparabilmente bello, Cavalleria con la Callas è degna di figurare accanto al Tristano di Furtwangler, la sua Turandot vicino alla Tosca di De Sabata fa la figura di un bronzo di Riace :))


Carissimo,
non potrei essere più d'accordo su quello che hai scritto, parola per parola, fin nel più piccolo esempio.
Grazie mille.
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Re: Tullio Serafin

Messaggioda VGobbi » dom 16 set 2012, 23:29

Mat, concordi pure sulla bellezza del Tristan di Furt con la Flagstad e Suthaus!?! :shock:
Nemmeno noi siamo d'accordo con il gobbo, ma il gobbo è essenziale! Guai se non ci fosse!
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Re: Tullio Serafin

Messaggioda Tucidide » lun 17 set 2012, 21:33

Kulsho ha scritto:Cavalleria con la Callas è degna di figurare accanto al Tristano di Furtwangler,

Davvero! La sto riascoltando proprio in questo preciso momento e già il Preludio è una meraviglia: me la ricordavo bella, ma lo è anche di più. : Thumbup :
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