Caro Pietro,
molto interessante il parallelo tra le due edizioni e il tuo ritratto della Freni. Proprio nel fiore degli anni all'epoca di Karajan (collocata negli anni '70 inoltrati) non direi: aveva iniziato nel '59 con la Carmen a Palermo con Corelli poi un pò di Boheme le aveva fatte! Circa il mancato appuntamento in scena con questo personaggio, nell'incontro che c'è stato con lei in uno dei palazzi più belli della S. Sede anni fa (ed organizzato dal compositore Don Marco Frisina) fu lei a dire che emotivamente non avrebbe retto la progressione del personaggio dal vivo. A questo le si può dare ragione unendovi però la proverbiale prudenza che l'ha contraddistinta nella sua carriera e della quale non ha fatto mai mistero (anche in quella sede lo disse, se ben ricordo, per l'Ernani scaligero).
Personalmente fra le due edizioni prediligo la prima anche se la direzione e, soprattutto, i tempi di Sinopoli sono quanto di più interessante la discografia abbia prodotto in un recente passato. In entrambele versioni, tratto comune, sentiamo un bell'affiatamento tra cast e orchestra, pur nella loro diversità di impostazione. La Freni conosce il personaggio a menadito e se prima prevale con la voce, in seguito dà corpo all'interpretazione. Tuttavia, per inciso, la mia Butterfly resta la Scotto di Maazel: capolavoro interpretativo.
Per il resto: Pavarotti è un pò troppo sprecato per un personaggio come Pinkerton (non so se l'ha mai cantato dal vivo!), però la voce e la cordialità (anche se falsa per dovere di interpretazione) sono una meraviglia. Carreras da dimenticare. La Ludwig è molto più affettuosa della Berganza e né Kerns, né Pons mi piacciono: la DECCA poteva pensare a Panerai (impiegato come Marcello in quegli stessi anni).
Ecco le mie impressioni.
Salutoni, Luca.