Carissimi Donzelli e Stecca,
ho letto con piacere i vostri interventi e devo dire che mi colloco abbastanza nel mezzo!
Riconoscere l'esistenza di "prolegomena" rispetto al caso Callas, di fenomeni che ne hanno in qualche modo preparato il terreno è un conto.
E' anche giusto sottolineare come questo terreno fosse (negli anni della Callas) particolarmente favorevole alla sua rivoluzione.
Ma questo non deve portarci al punto di misconoscere tale rivoluzione, che comunque c'è stata ed è stata devastante.
Io avevo citato la Ponselle e la Mazzoleni.
Tu, Donzelli, hai citato le operazioni della Scala dei primi del secolo.
Anche qui non era una novità perchè nella stagione 1909 alla Scala ( dirigevano Mugnone e Serafin, se non mi sbaglio) proposero alcuni titoli -Medea di Cherubini- che sarebbero stati della Callas e fra i vessilli del "rinnovamento di repertorio".
Questi titoli poterono essere riproposti perché anche allora si disponeva di una cantante (rarissima) in grado di realizzarli.
Ester Mazzoleni, che infatti avevo citato.
Costei cantò alla Scala la Vestale, i Vespri, la Lucrezia Borgia, ovviamente la Norma e perfino Medea.
Quindi anche allora non fu un intento di "riscoperta" ma un allargamento reso possibile per valorizzare una grande, grande artista.
La domanda però è: come mai, dopo le interpretazioni al calor bianco della grande Mazzoleni, queste opere rimasero lettera morta?
E' pur vero che Serafin e Siciliani (quando si trovarono di fronte la giovane Callas) dovettero pensare: "ecco finalmente, dopo quarant'anni, un'altra Mazzoleni".
C'è anche da dire che in Medea alla Scala (1909) la Mazzoleni non raccolse un vero trionfo: il risultato lascò per la prima volta circospetti critica e pubblico.
Lei stessa, così attenta a lasciare tracce discografiche delle sue "riscoperte" evitò di incidere l'aria di Medea.
Il confronto con la Callas (che in questo ruolo sconvolse l'intero mondo al punto da far rientrare perentoriamente l'opera in repertorio) è francamente impensabile.
la tecnica della Callas che consentiva a voci diverse da quelle dei soprani leggeri l'esecuzione di acrobazie le più spericolate era stata praticata da molti soprani non di coloratura. Lo testimoniano le registrazioni di Lilli Lehman, Marcella Sembrich.
Escluderei, per partire, il caso di Marcella Sembrich.
Infatti non era un soprano drammatico, nè per tecnica, nè per vocalità, nè per repertorio, ma un tipico soprano di coloratura alla tedesca da Belle Epoque (come la Kurz, la Abendroth, la Ivogun, la Hempel, la Siems, la Kiurina).
E' vero che tutte queste artiste - molto simili ai corrispettivi soprani leggeri italiani e spagnoli - cantavano anche ruoli che, sul versante latino, consideravamo più drammatici (leonora del Trovatore, Marescialla...) ma non di meno nessuno le avrebbe allora definite "drammatiche".
Diverso il caso di Lili Lehmann, vero prodigio tragico-vocalistico, che - partita da ruoli di coloratura - passò a personaggi tragici pur mantenendo la spettacolarità della tecnica e l'estensione.
Ma si tratta, per l'appunto, di un caso isolatissimo anche ai suoi anni (benché abbia prodotto alcune emule come la Nordica).
E comunque tra lei e la Callas restano sessant'anni di distanza.
Va inoltre aggiunto che quella della Callas è stata anche una rivoluzione stilistica, che ha riportato alla luce non solo un certo repertorio, ma il modo in cui illuminarlo. I ruoli Pasta ad esempio hanno acquisito una nuova veste.
La Lehmann non si sarebbe mai sognata di perdere tempo con personaggi caduti in disgrazia come Anna Bolena; nè si sarebbe "abbassata" a cantare Amina della Sonnambula (già allora considerata roba per sopranini): nemmeno la Lehmann quindi (quali che fossero le sue strepitose possibilità vocali e tecniche, il suo disumano eclettismo e la sua longevità) non ha operato alcuna rivoluzione.
Non ha portato a galla nulla, non ha imposto un nuovo stile, non ha ridefinito una prospettiva valida per alcun repertorio dimenticato.
Anzi, il suo Wagner era considerato troppo "belliniano" e il suo Bellini troppo "antico".
Insomma, dire che la CAllas ha scoperto l'acqua calda mi sembra davvero troppo.
Il suo contributo è da tutti i punti di vista incalcolabile, anche se è giusto (a differenza di Stecca) riconoscere che - come ogni vera rivoluzione - nasce da una tradizione, sia pure sparuta e dispersiva come era quella del belcantismo primo-novecentesco.
Sopratutto io avevo citato la Ponselle (in particolare Vestale, Gioconda e Norma) perché la Callas stessa - con il suo rigore e la sua onestà artistica - ha più volte ammesso il proprio debito verso l'autorità stilistica e tecnica della cantante americana.
Debito che si sente, ascoltando la Callas, anche se trasfigurato da una personalità che non teme di confrontarsi e da un gusto, questo va riconosciuto, assai più moderno.
Iniziative come il Maggio Musicale erano nate a quello scopo. Ante Callas erano state riprese Vestale, Borgia, Semiramide.
Non è un caso che nessuna di queste opere ebbe poi un vero seguito, prima che se ne impossessasse la Callas.
Ah... per inciso, la VEstale al Maggio la fece proprio Rosa Ponselle.
Anche se soprani e mezzosoprani esemplari per tecnica ce n'erano e non poche anche nel vilipeso periodo verista.
Ce n'erano è vero (anche se non così tante): la Arangi Lombardi, la Amerighi Rutili... ecc...
Ma quante di loro alternavano rigoletto e puritani a Norma?
Quante si buttavano nel repertorio meno conosciuto?
E soprattutto quante di loro, oltre a saper fare agilità, avevano anche approntato uno stile musicale ed espressivo corretto per questo repertorio e non semplicemente derivato da Aida (più qualche trillo).
Secondo me sono pochissime (la già citata Mazzoleni, la Russ, in parte la BOninsegna e, in America, la Ponselle). NOn ne trovo altre....
E comunque nessuna di loro aprì un vero spaccato nella storia interpretativa.
Era logica l'operazione di recupero di un repertorio (e con esso del gusto e della tecnica acconce per l'esecuzione) dimenticato o, almeno scarsamente praticato.
Che fosse logico il recupero non significa che lo si sapesse realizzare.
E' vero che nei primi anni '50 tutti i teatri italiani si lanciarono su Handel, ma con quali risultati?
Corelli, la Barbieri, la Tebaldi, Bastianini in Handel?
Non basta programmare un titolo o un autore...
Sopratutto nei primi anni di carriera. Quando era una "grassona" e cantava Armida, Vespri e Macbeth. Perchè, credo quella è la Callas più significativa. Più Callas.
NOn concordo nemmeno su questo.
Per me la vera Callas è quella delle diaboliche alchimie coloristiche degli anni della "maturità": è quella che ha cambiato la storia.
Ma questo è altro argomento!
Ma anche sotto questo profilo (ndr attorale) credo che il fenomeno nascesse dal fatto che solo nel momento del debutoo della Callas certi interessi si fossero concentrati sul melodramma.
A parte che avrei da ridire anche su questo (Rheinardt, Appia, Chraig sono tutti precedenti la seconda guerra mondiale), posso ammettere che in Italia fossimo un po' in ritardo.
Ma proprio per questo se si confrontano i pochi filmati della Callas a quelli di cantanti coeve, sia ha la sensazione di un abisso.
Io poi non credo che la Callas schiacciasse la sua scenosità sulle ragioni del canto: anzi, la sua abilità di far coincidere mimica facciale e colorismo vocale la rivela per una attrice-cantante strepitosa, come - sicuramente - ce ne sono state prima e dopo di lei... ma non tante.
Un salutone,
Matteo