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Re: nuovi articoli in home

Messaggioda MatMarazzi » gio 23 apr 2009, 14:03

Tucidide ha scritto:Ma se volessi fare il provocatore, potrei dire che "chi è rimasto indietro", "il pigro" potrebbero rivolgere ai "moderni" l'accusa di essere criticoni che si fanno le seghe mentali e vanno a cercare nel canto lirico e nell'opera in generale chissà quali contenuti. :D


Esattamente lo stesso che facevano loro ai loro anni.
IL canto di Di Stefano e il canto di Del Monaco esprimeva, ai loro anni, contenuti che andavano oltre il suono in sè, anzi di cui il suono era portavoce.
Un canto aspro e carnale come quello di Del Monaco si allineava, più o meno consapevolmente, al collo taurino di Girotti in Ossessione di Visconti.
Un'umanità aspra e popolare, sanguigna e rurale, trovava nel canto di Del Monaco, nelle sue fibrosità, nel suo martellamento muscolare il riflesso della rivoluzione neorealista.
Nè noi, nè i cantanti di oggi (come quelli di ieri) passiamo il tempo a farci le seghe mentali (espressione tua, a me non piace).
Ma il canto di qualsiasi tempo e di qualsiasi estrazione è sempre "contenuto fatto musica".

Attenzione, dico solo questo, a non scivolare in questo vortice, a non voler dire, cioè, che chi ama Alvarez è pigro e retrogrado: se anche ciò fosse vero, non lo troverei comunque un atteggiamento censurabile.


Del resto - parentesi personale - io sono una persona estremamente reazionaria e passatista, sulle cose "che contano". :D Tanto per dirne una, tornerei ad una scuola modellata sulla riforma Gentile con gli emendamenti del dopoguerra, con tanto di bocciature selvagge e spietate ed obbligo scolastico a 14 anni.
Insomma, nell'arte (opera e letteratura in primis) sfogo il desiderio di anarchia e di "nuovo" che in altri ambiti non mi appartengono. :mrgreen: Ma la mia naturale inclinazione mi porta comunque a rispettare e non giudicare chi è passatista ed è "rimasto indietro".


Stiamo uscendo dall'ambito musicale. Ti rispondo ugualmente perchè siamo nel "salotto" dove si può (teoricamente) scantonare un poco.
Ovviamente, se i miei colleghi moderatori non sono d'accordo, posso cancellare il messaggio.

Nel caso il mio precedente post non fosse stato chiaro, vorrei specificare, Tuc, che il mio discorso non era una guerra "passato" contro "presente".
Chiunque legga da anni i miei post (come te) sa che io venero il passato. E che anche io ritengo che molto di ciò che viene spacciato per "progresso" (oggi come ieri) non lo sia affatto.
Il mio discorso riguardava solo ed esclusivamente il "presente", il suo evolvere e fluttuare senza posa.

La guerra, se vogliamo chiamarla così, che intravedevo è solo nell'atteggiamento degli uomini nei confronti del presente.
Alcuni - per semplificare - riescono a riconoscerne l'instabilità (e quindi ad accettare l'inevitabile cambiamento a cui costantemente ci costringe, anzi a farne parte); altri preferiscono far finta che in esso vi siano condizioni fisse e immutabili, per le quali vanno benissimo le ricette del passato (ricette, inutile dirlo, che ai loro anni erano state approntate proprio per adeguarsi alle evoluzioni del "presente di allora").

è bello parlare di "rispetto", dire che tutti sono bravi, che ogni idea è buona e giusta!
Sono affermazioni che ci mettono immediatamente nella categoria dei "buoni".
Però occorre anche dire ciò in cui si crede, se davvero ci si crede.
Ebbene, io credo che sia sbagliato (in politica, in arte, nella scienza, nella vita quotidiana) l'atteggiamento di chi nega l'evoluzione e il cambiamento.
E' una forma di autodifesa, un destino della senescenza, al massimo posso anche ritenere che sia un fattore utile alla dialettica civile.
Ma è comunque - PER ME - sbagliato.
Perché invece nulla è stabile, nulla è definitivo, nulla è certo.

Questo non significa ovviamente che sia giusto esaltare supinamente tutto ciò che di nuovo ci viene proposto.
Il bello del "nuovo" è che va sottoposto al vaglio, va "sperimentato". Non è affatto detto che si adatti alle specificità del presente. Lo si prova, lo si tiene o lo si butta via.
Proprio come le leggi della genetica: la natura elabora nelle specie animali diecimila novità e poi ne sacrifica moltissime e ne seleziona alcune, che non sono "giuste" in assoluto, ma semplicemente più idonee al presente. Anche esse, col mutare delle condizioni, diventeranno superate.

Il "vecchio" può anche essere recuperato (il tuo esempio della riforma Gentile); ma non perché "vecchio è bello"; piuttosto perché - per una serie di coincidenze - le condizioni del presente sono simili a quelle che in passato hanno prodotto il vecchio.
Ad esempio: le giraffe, tanti anni fa, avevano il collo corto; poi gli alberi sono diventati alti e il collo delle giraffe si è allungato.
In un futuro gli alberi alti potrebbero estinguersi: le giraffe torneranno ad avere il collo corto.
Il ritorno al passato non è, dal punto di vista delle giraffe, un atteggiamento da "tradizionalisti", ma anzi da "modernisti". Un adeguarsi (come sempre) alle evoluzioni del presente.
Per fortuna in natura non c'è la giraffa che - come certi uomini - si rifiuta di accettare l'evoluzione e si ostina a mantenere il collo lungo, perché "ce l'aveva mio padre prima di me, e mio nonno prima di lui". Quella giraffa infatti morirà di fame.

Venerare il passato, studiarlo, capirlo non significa trovarvi per forza le ricette per il presente: il presente ha bisogno di ripensarsi continuamente, anche recuperando il passato, anche opponendovisi, anche sperimentando nuove vie e poi scoprire che sono sbagliate a loro volta e quindi sperimentandone altre. Questo nel canto, questo nell'istruzione, questo in tutto...
L'importante è non stare fermi, non affidarsi alla pigrizia, non cedere alla paura del presente, non negare il cambiamento, che è l'unica vera Legge di questo nostro universo. Ecco perché smettere di andare all'opera e poi (quell'unica volta) commuoversi di fronte ai singulti di Alvarez nel 2005 è per me ASSOLUTAMENTE sbagliato.
Questo ovviamente è il mio pensiero, il pensiero di uno ...molto più tradizionalista di te! credimi! :)

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Re: nuovi articoli in home

Messaggioda Pruun » gio 23 apr 2009, 15:25

Bellissimo post. Davvero.
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Re: nuovi articoli in home

Messaggioda pbagnoli » gio 23 apr 2009, 18:24

Il solito attento e sensibilissimo Luca ci partecipa le sue impressioni su una Tosca live da Bruxelles nel 1958 con un trio di mostri sacri
"Dopo morto, tornerò sulla terra come portiere di bordello e non farò entrare nessuno di voi!"
(Arturo Toscanini, ai musicisti della NBC Orchestra)
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Re: nuovi articoli in home

Messaggioda Tucidide » gio 23 apr 2009, 21:33

Pruun ha scritto:Bellissimo post. Davvero.

Sì, davvero molto bello e condivisibile. Mi sento intimidito ad aggiungere qualcosina. :D

Prima di tutto:
MatMarazzi ha scritto:seghe mentali (espressione tua, a me non piace).

OK... prometto che d'ora in poi farò il bravo e non lo dirò più. :D :mrgreen:

è bello parlare di "rispetto", dire che tutti sono bravi, che ogni idea è buona e giusta!
Sono affermazioni che ci mettono immediatamente nella categoria dei "buoni".
Però occorre anche dire ciò in cui si crede, se davvero ci si crede.

Ohibò! :shock: Non avrei mai pensato di essere preso per buonista... :D Io, poi... :shock: :D Beh, c'è sempre una prima volta... :mrgreen:

Ebbene, io credo che sia sbagliato (in politica, in arte, nella scienza, nella vita quotidiana) l'atteggiamento di chi nega l'evoluzione e il cambiamento.
E' una forma di autodifesa, un destino della senescenza, al massimo posso anche ritenere che sia un fattore utile alla dialettica civile.
Ma è comunque - PER ME - sbagliato.
Perché invece nulla è stabile, nulla è definitivo, nulla è certo.

A mio modo di vedere, bisogna scindere fra arte e "cose serie". In questo, confesso di concordare con "All art is quite useless" di Wilde. :D
E' verissimo, direi quasi ovvio, che la storia sia un continuo cambiamento... Che diceva Eraclito? :D L'arte, visto il suo statuto ontologico, è spesso all'avanguardia del cambiamento. La sua forza è appunto la possibilità di "osare" più che in altri campi.
Ma il fruitore dell'arte può vivere benissimo senza rendersi conto del cambiamento, ostinandosi a rigettarlo, definendolo indiscriminatamente spazzatura. Certo, poi passa la vita a lamentarsi come Hipu-ur, a maledire il presente cinico e baro, e si esalta qua e là quando trova dei fossili sul proprio cammino (vedi Alvarez).
Un atteggiamento del genere, logicamente, è deleterio al massimo se ad adottarlo è un professionista dell'arte, come un sovrintendente, un direttore artistico o un critico: ma uno spettatore pagante non ha alcun dovere, nemmeno di sforzarsi di "capire" il nuovo. Se per lui Otello è Del Monaco e non plus ultra, bene... Auguri! Io potrò al massimo dire che non condivido, ma non ho motivi per criticarlo.

Questo non significa ovviamente che sia giusto esaltare supinamente tutto ciò che di nuovo ci viene proposto.
Il bello del "nuovo" è che va sottoposto al vaglio, va "sperimentato". Non è affatto detto che si adatti alle specificità del presente. Lo si prova, lo si tiene o lo si butta via.
Proprio come le leggi della genetica: la natura elabora nelle specie animali diecimila novità e poi ne sacrifica moltissime e ne seleziona alcune, che non sono "giuste" in assoluto, ma semplicemente più idonee al presente. Anche esse, col mutare delle condizioni, diventeranno superate.
...
Il "vecchio" può anche essere recuperato (il tuo esempio della riforma Gentile); ma non perché "vecchio è bello"; piuttosto perché - per una serie di coincidenze - le condizioni del presente sono simili a quelle che in passato hanno prodotto il vecchio.Venerare il passato, studiarlo, capirlo non significa trovarvi per forza le ricette per il presente: il presente ha bisogno di ripensarsi continuamente, anche recuperando il passato, anche opponendovisi, anche sperimentando nuove vie e poi scoprire che sono sbagliate a loro volta e quindi sperimentandone altre.

Tutto giustissimo: il tuo è un discorso storicistico che mi trova perfettamente d'accordo. E' l'atteggiamento che dovrebbero avere i critici e i professionisti del settore. Era l'atteggiamento che NON aveva Celletti, ad esempio. Tu, da appassionato, hai scelto per inclinazione di interrogarti sulle dinamiche, sulle cinetiche dell'arte, senza rifugiarti in norme fisse.
Ma come dicevo, se il professionista del settore ha il DOVERE di ragionare in questi termini, il semplice appassionato ha il DIRITTO di starsene arroccato sul suo fiordo (come la Flagstad :D ) a deplorare il misero presente, ignaro, anche volutamente, delle novità. Non ha invece il diritto di tacciar gli altri di ignoranza del passato, come talvolta si sente.
Un lettore ha il diritto di ritenere la letteratura morta con Petrarca. Un editore ha il dovere di non pensarla così, sennò non stampa nulla. :D

Saluti! :D
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Re: nuovi articoli in home

Messaggioda MatMarazzi » dom 26 apr 2009, 19:36

Grazie intanto della bella risposta.

A mio modo di vedere, bisogna scindere fra arte e "cose serie".


Buon per te che ci riesci... Io trovo l'arte una cosa molto seria.

E' verissimo, direi quasi ovvio, che la storia sia un continuo cambiamento... Che diceva Eraclito? :D


Il fatto che lo dicesse Eraclito non la rende una cosa ovvia.
Sono stati e sono molto di più quelli che al cambiamento si oppongono, anche a livello teoretico e filosofico. E non parliamo dei comportamenti di tutti i giorni.

Ma il fruitore dell'arte può vivere benissimo senza rendersi conto del cambiamento


Questo, se posso permettermi di scherzare, è un buon esempio di concetto "quasi ovvio". :)
Nel senso che se non esistesse questo tipo di fruitore non saremmo qui a discutere!
Certo che esiste: non ne nego l'esistenza. Al contrario, la evidenzio e lo contesto.
La questione non era, Tuc, se questo tipo di fruitore abbia o meno il "diritto" di rigettare il cambiamento: è ovvio che ce l'ha.
Il punto è se sia giusto o meno considerare "sbagliato" (ovviamente dal nostro punto di vista) un simile atteggiamento.
Io ritengo di sì, per le ragioni che ho esposto. Ma con questo non chiedo la soppressione fisica nè del calzolaio, nè di nessun altro.
Ho persino detto che nella dialettica civile forse il "nostalgico" ha il suo posto e la sua utilità.

Salutoni,
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Re: nuovi articoli in home

Messaggioda Maugham » mar 28 apr 2009, 15:13

Tucidide ha scritto:A mio modo di vedere, bisogna scindere fra arte e "cose serie". In questo, confesso di concordare con "All art is quite useless" di Wilde. :D


Penso che la faccina che ride sottenda che tu poi non prenda troppo sul serio l'affermazione (tra l'altro volutamente ironica) di Wilde.
In caso contrario davvero non ti capisco.
Mi associo a Mat nel considerare l'arte una cosa molto seria.
E ti assicuro non per il vecchio ideale gramsciano (tuttora sbandierato da certi "artisti") dell'intellettuale che educa le masse a comportamenti più civili e consapevoli.
Io sono molto più terra terra.
Ho la presunzione(forse infondata) di dedurre da certe inclinazioni e certe scelte di alcuni appassionati il profilo della personalità che ci sta dietro.
Inoltre il mondo dell'arte, in senso lato, non è composto solo di appassionati.
E fatto anche da chi l'arte la produce (e quindi ci vive), da chi l'arte la propone al pubblico (e quindi ci vive), da chi organizza attività attorno all'arte (sul cui indotto ci vive).
E mi fermo qui, ai casi più evidenti.
Tutte persone per cui l'arte è cosa serissima. Talmente seria da non dormirci la notte.
E l'arte è cosa così seria da far sì che la miopia e la scarsa considerazione del proprio ruolo e del proprio lavoro di molti responsabili artistici abbia portato, tanto per dirne una, il mondo dell'opera italiana a un livello di terzomondismo tale da trasformare quello che in altri paesi è un investimento, in una spesa senza ritorno a tutela di un settore, ahimè, questo sì, del tutto useless. Senza il quite. :roll:
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Re: nuovi articoli in home

Messaggioda Tucidide » mar 28 apr 2009, 23:25

La mia citazione di Wilde era volutamente un po' esagerata, ma si riferiva a quell'ossimoro che a mio avviso è l'arte.
Da una parte, io sono convinto che l'arte, come tutte le cose che arrecano piacere e diletto, sia una delle cose più importanti dell'umanità, in quanto nutrimento dello spirito, la parte nobile dell'uomo. In questo, certo non è inutile, ma al contrario è indispensabile. Certo, non per tutti: conosco persone che vivono benissimo senza andare mai a teatro, al museo, al cinema, eccetera.
Dall'altra, non posso non notare l'assoluta aleatorietà dell'arte, quella da cui è originata la discussione.
Io non sono un professionista dell'arte. Capisco però perfettamente il rovello cui sono preda artisti, direttori artistici, critici, e altri. Davvero, lo capisco, e non intendevo sminuire il loro lavoro, come specificavo dicendo che i professionisti del settore hanno il dovere di pensare senza preconcetti e facili nostalgie: penso che sia una responsabiolità non da poco. Però, poi, bisogna fare i conti con il pubblico. E il pubblico non è omogeneo.
Uno si arrovella per trovare il cast perfetto, per convincere un artista ad affrontare un ruolo scommettendo sulla sua riuscita; l'artista stesso si impegna allo spasimo, dà tutto sé stesso per risultare convincente; il critico cerca di enucleare le ragioni per cui quella prova è stata maiuscola... poi... che ti succede? Arriva il calzolaio, ma anche il salumiere, il ragioniere, il professore, l'avvocato, il medico, il primo ministro, l'emiro, l'astronauta, il marziano persino :D , e ti dicono: "Mah, sì... preferisco Alvarez nella Tosca che si strappa i peli" :D
E HANNO RAGIONE LORO! Perché anche se fra dieci giorni di quella Tosca non parla più nessuno, mentre di certi spettacoli si parla per decenni, nulla costringe i suddetti signori a preferire i secondi alla prima.
Questo mi porta a credere, allora, che l'atteggiamento di "condanna" verso chi "è rimasto indietro" sia a volte l'esito di questa "disperazione".
E' più lungimirante far debuttare Kaufmann nel Lohengrin che chiedere l'ennesimo Don José ad Alvarez. E' più emozionante convincere la Dessay a debuttare Violetta, che farla cantare per la trecentesima volta alla Devia. Però, se poi arriva "quello che è rimasto indietro" con i goccioloni agli occhi per i secondi, perché gli ricordano i bei tempi andati con i soprani dalla linea immacolata e i tenori generosi, eh... :) come la mettiamo?
Sullo stato attuale italiano, beh Maugham... comincio a pensare che non sia solo un fatto di scelte artistiche. E' vero: all'estero si sperimenta, si osa, si fa arte seriamente. Ma si rincorre anche la tradizione più vecchia e polverosa, che piace tanto a "chi è rimasto indietro" (uso quest'espressione sempre fra virgolette, perché non è mia): perché anche là c'è "chi è rimasto indietro". Al Met alternano spettacoli innovativi e debutti sensazionali (penso ad esempio alla Maria Stuarda in programma per il 2010), alternati a Trovatori e Rigoletti vecchissimo stile.
Il vero problema è di mentalità. In molti stati esteri, penso ad esempio agli USA, l'opera è "entertainment", divertimento. Da noi, tutti Leonardo da Vinci, è "cultura". Una signora newyorkese gestisce un blog che leggo di tanto in tanto: scrive le sue impressioni su opere, spettacoli di prosa, film, musical, programmi televisivi, senza distinzione. Per lei è tutto "entertainment". Da noi si sente gente dire che quando si va a teatro si assiste ad una rituale sacro :shock: ; che quella è "cultura" :shock: :shock: che se non si capisce la differenza fra intrattenimento e cultura è la fine :shock: :shock: :shock: e via salmodiando.
Ecco: questo è il problema! Se capissimo TUTTI che l'opera è "divertimento", che nasce per dilettare, allora potrebbe verificarsi una salutare inversione di tendenza, quella che tu auspichi, e si darebbe la possibilità a tutte le personalità di esprimersi. Ma attenzione: questo dovrebbe portare i nostalgici a "tollerare" le Netrebko e le Dessay, gli Hampson e le Mattila, i Kaufmann ed i Terfel, ma anche "gli altri" :wink: a tollerare gli Alvarez e le Devia, e a sopportare i "medaglioni" catalani. :D
Se gli togli Alvarez, come fa il povero calzolaio? Vuoi infliggergli solo il Renato di Hampson, l'Amelia della Mattila, la Carmen della von Otter, il Cavaradossi di Kaufmann? :D Così non andrà davvero mai più a teatro. :)
C'è posto per tutti, a questo mondo. E' questo (o almeno, dovrebbe essere) il bello dell'arte. Che a quel punto non sarebbe affatto "useless", perché rivolta a tutti i gusti.
E con quest'ultima perla di buonismo, :mrgreen: vi do la buonanotte.
Ultima modifica di Tucidide il mer 29 apr 2009, 13:15, modificato 1 volta in totale.
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Re: nuovi articoli in home

Messaggioda stecca » mer 29 apr 2009, 0:02

Bellissimo il tuo pezzo Tucidide....

Stecca-calzolaio che piuttosto che sentirsi la Mattila in Amelia si spara un colpo....
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Re: nuovi articoli in home

Messaggioda Tucidide » mer 29 apr 2009, 9:39

stecca ha scritto:Stecca-calzolaio

:shock:
Non pensavo che arrotondassi aggiustando scarpe. Ecco perché gli avvocati hanno tanti soldi... :lol: :lol: :mrgreen:
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Re: nuovi articoli in home

Messaggioda Maugham » mer 29 apr 2009, 15:06

Tucidide ha scritto:Da una parte, io sono convinto che l'arte, come tutte le cose che arrecano piacere e diletto, sia una delle cose più importanti dell'umanità[


Eh no, caro Tuc!
L'arte non è solo un qualcosa che arreca piacere e diletto, una sorta di psicofarmaco dell'anima da sorbire dopo una lunga giornata passata a fare "cose serie". :wink:
Se la consideri così ne limiti di molto l'importanza e capisco quindi le tue considerazioni.
L'espressione artistica è un codice decifrando il quale capiamo l'umanità. Ne capiamo le evoluzioni, i ritorni, le chiusure, i misteri, le sofferenze, gli entusiasmi, le velleità...
L'espressione artistica (in senso lato, intendo, ci sono dentro anche i rapper, le sit-com, i bestseller) è uno degli strumenti più formidabili per capire la strada imboccata o che imboccheranno gli essere umani durante la loro storia.
Altro che "muto sentimento di pace e beltade." :D

E HANNO RAGIONE LORO! Perché anche se fra dieci giorni di quella Tosca non parla più nessuno, mentre di certi spettacoli si parla per decenni, nulla costringe i suddetti signori a preferire i secondi alla prima.


Scusa ma non mi pare che nessuno abbia mai sostenuto il contrario.
Anzi, su operadisc abbiamo scritto fiumi di parole a questo proposito. In Italia osanniamo interpreti che da altre parti del mondo non sono minimamente considerati e viceversa. Mentre qui continuavamo a lambiccarci con divi e divette nostrane in questi ultimi anni abbiamo perso treni importantissimi come Kaufamann, Dessay, Mattila, Terfel, Herlitzius, Westbroek, Bartoli o, per stare ai grandi, la tua amatissima Fleming. Utilizzando i nostri registini nostrani ci siamo accorti, con colpevole ritardo, di Jones, Guth, Carsen fermi ancora -come siamo- a Strehler, Pizzi, Pier'Alli e, quando si va sul raffinato, Graham Vick o la Fura dels Baus. Poi che i calzolai di cui parlava Mat non ne sentano minimamente la mancanza è un conto. Il fatto però è che di quelli spettacoli se ne parla per decenni mentre i nostri non solo arrivano a fatica sulla stampa specializzata mondiale ma addirittura non li riusciamo a vedere nemmeno noi perchè l'orchestra sciopera.

Questo mi porta a credere, allora, che l'atteggiamento di "condanna" verso chi "è rimasto indietro" sia a volte l'esito di questa "disperazione".


Vero, il calzolaio è disperato forse perchè, in cuor suo, sente di esser rimasto indietro. Quello conosce, quello adora, con quello si sente al sicuro. Però, senza andare sulla disperazione, ci sono anche le persone pigre. Sai, andare in giro tra Olanda, Belgio e Gran Bretagna infilando quattro opere in cinque giorni può essere una faticaccia costosa. Allora è meglio dire che si tratta di robetta che non vale la pena, no?

Però, se poi arriva "quello che è rimasto indietro" con i goccioloni agli occhi per i secondi, perché gli ricordano i bei tempi andati con i soprani dalla linea immacolata e i tenori generosi, eh... :) come la mettiamo?


Come vuoi metterla? Va benissimo così, magari ci faccio anche una chiacchierata. Mio padre era di questi.
Il problema nasce -problema da ridere, comunque- quando questi signori con arroganza, presunzione, magari citando a vanvera critici di fama locale morti e sepolti, addirittura copiandone le espressioni senza averne minimamente le competenze, massacrano l'intero panorama operistico mondiale nel nome delle loro scelte. Scelte più che legittime ma che, in quanto ad apertura, odorano di tinello e di riunione di condominio.
Per fortuna che tutto -anche una cosa poco seria come l'opera- procede per la sua strada (senza dubbio con errori, alternando cagate invereconde con capolavori) ma procede.
Quindi il problema non sta nel calzolaio che adora Del Monaco.
Il problema sta nel calzolaio che adora Del Monaco perchè non si è accorto che il mondo è cambiato.

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Re: nuovi articoli in home

Messaggioda Tucidide » mer 29 apr 2009, 17:02

Maugham ha scritto:L'arte non è solo un qualcosa che arreca piacere e diletto, una sorta di psicofarmaco dell'anima da sorbire dopo una lunga giornata passata a fare "cose serie". :wink:
Se la consideri così ne limiti di molto l'importanza e capisco quindi le tue considerazioni.
L'espressione artistica è un codice decifrando il quale capiamo l'umanità. Ne capiamo le evoluzioni, i ritorni, le chiusure, i misteri, le sofferenze, gli entusiasmi, le velleità...
L'espressione artistica (in senso lato, intendo, ci sono dentro anche i rapper, le sit-com, i bestseller) è uno degli strumenti più formidabili per capire la strada imboccata o che imboccheranno gli essere umani durante la loro storia.
Altro che "muto sentimento di pace e beltade." :D

Pienamente d'accordo, ed infatti ho scritto qualche giorno fa:
L'arte, visto il suo statuto ontologico, è spesso all'avanguardia del cambiamento. La sua forza è appunto la possibilità di "osare" più che in altri campi.

Che, lato sensu, significa quello che dici tu: l'arte ha campo apertissimo, e consente di capire, anche in anticipo, le tendenze dell'umanità.
Ed è vero anche che:
In Italia osanniamo interpreti che da altre parti del mondo non sono minimamente considerati e viceversa. Mentre qui continuavamo a lambiccarci con divi e divette nostrane in questi ultimi anni abbiamo perso treni importantissimi come Kaufamann, Dessay, Mattila, Terfel, Herlitzius, Westbroek, Bartoli o, per stare ai grandi, la tua amatissima Fleming. Utilizzando i nostri registini nostrani ci siamo accorti, con colpevole ritardo, di Jones, Guth, Carsen fermi ancora -come siamo- a Strehler, Pizzi, Pier'Alli e, quando si va sul raffinato, Graham Vick o la Fura dels Baus. Poi che i calzolai di cui parlava Mat non ne sentano minimamente la mancanza è un conto. Il fatto però è che di quelli spettacoli se ne parla per decenni mentre i nostri non solo arrivano a fatica sulla stampa specializzata mondiale ma addirittura non li riusciamo a vedere nemmeno noi perchè l'orchestra sciopera.

Ma questo perché da noi si ha una paura fottuta del cambiamento, e si crede che certi settori dell'arte, direi l'opera in particolare, non debbano rinnovarsi. Ancora una volta ti cito:
Vero, il calzolaio è disperato forse perchè, in cuor suo, sente di esser rimasto indietro. Quello conosce, quello adora, con quello si sente al sicuro.

E' un atteggiamento che ha la sua legittimità, ma non dovrebbe essere prioritario. In questo sono d'accordissimo.
Non si deve credere che in Italia siamo tutti "calzolai".
Ma le cose da calzolai ci vogliono, e i teatri considerati all'avanguardia lo dimostrano.
Tu, Maugham, quando sei andato a Zurigo a vedere la Ninona nel Tristano con la regia di Guth, l'hai visto, vero?, cosa davano in contemporanea? :D Un bel Trovatore con... tadadadà... ALVAREZ! :D Per la gioia tutti i calzolai svizzeri. :D
In Italia un Trovatore con Alvarez non si rifiuta a nessuno. Un Tristano con la Stemme invece, arriva, quando arriva, tardi.
E' questo il problema.
Facciamo bene a criticare i teatri italiani: ma non perché fan cantare Alvarez. Quello succede anche all'estero. E' questo che mi sembrava un po' outré nell'editoriale di Pietro. Non si deve colpevolizzare troppo un certo modo di intendere l'arte. Si deve colpevolizzare quando, come purtroppo avviene in Italia, esso diviene quasi esclusivo.

Per fortuna che tutto -anche una cosa poco seria come l'opera- procede per la sua strada (senza dubbio con errori, alternando cagate invereconde con capolavori) ma procede.
Quindi il problema non sta nel calzolaio che adora Del Monaco.
Il problema sta nel calzolaio che adora Del Monaco perchè non si è accorto che il mondo è cambiato.

Questo è il naturale corso della storia: "Die Zeit, die ist ein sonderbar Ding". :D
Del resto, io credo che il calzolaio dell'esempio adori Del Monaco non perché non si è accorto che il mondo è cambiato (nel qual caso sarebbe miope), ma perché in questo mondo attuale non si ritrova.
Chi rimpiange le bellezze alla Loren, alla Mangano, alla Lollobrigida, vede certamente le magre, toniche e sovente ritoccate veline in TV, e quindi si rende conto che il canone di bellezza femminile è cambiato, di pari passo con la società, con tutte le implicazioni possibili. Ma ugualmente rimpiange il passato e non si riconosce nel presente. Allora, concediamo loro una maggiorata, di tanto in tanto. :D E non prendiamola come un relitto, ma come il venire incontro a determinate esigenze. :wink:
Il mondo dei melomani è talmente contorto che nemmeno Krafft-Ebing sarebbe riuscito a capirci qualcosa...
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Re: nuovi articoli in home

Messaggioda beckmesser » gio 30 apr 2009, 11:41

Maugham ha scritto:L'arte non è solo un qualcosa che arreca piacere e diletto, una sorta di psicofarmaco dell'anima da sorbire dopo una lunga giornata passata a fare "cose serie".
Se la consideri così ne limiti di molto l'importanza e capisco quindi le tue considerazioni.


Non credo che Tuc intendesse che l’arte è solo quello, ma che per qualcuno può essere quello, e che questo qualcuno ha tutto il diritto di viverla in quel modo. Sono perfettamente d’accordo su come descrivi la funzione dell’arte, ossia come strumento per decodificare la storia, ma credo che solo una parte (secondo me, minoritaria) dei suoi “fruitori” la usa in quel modo: per la maggior parte del pubblico, l’opera lirica è niente di più di uno spettacolo, destinato a far passare una serata piacevole; a far ridere, piangere, sognare, ecc., che non è suscettibile di evoluzione alcuna se non per quanto riguarda alcune evoluzioni tecniche, consolatorio nella sua immutabilità; e ovviamente hanno tutto il diritto di viverla in quel modo.
Non credo però che l’Italia sia la patria di questo tipo di pubblico, che è presente ovunque allo stesso modo: Alvarez&C cantano a Zurigo, a New York, a Londra e a Parigi tanto quanto (se non di più, dato che si fanno più spettacoli) a Milano o a Parma, hanno lo stesso successo e lo stesso seguito. E, sulla base della mia esperienza, non concordo che la spiegazione sia che

Maugham ha scritto:ci sono anche le persone pigre. Sai, andare in giro tra Olanda, Belgio e Gran Bretagna infilando quattro opere in cinque giorni può essere una faticaccia costosa. Allora è meglio dire che si tratta di robetta che non vale la pena, no?


In occasione dei recenti Festival Verdi di Parma ho visto arrivare orde di inglesi, tedeschi, anche americani (nella maggior parte dei casi facoltosi e “di buona cultura”, come si dice…), che si erano imbarcati in viaggi allucinanti esattamente per vedere quel tipo di spettacolo; che giustificavano le loro scelte con la stessa passione con cui qui si giustificano viaggi per sentire la Denoke o vedere Jones; che si lamentavano che nei loro paesi i teatri sono in mano ai Carsen e ai Guth e che “meno male che c’è ancora l’Italia e Parma, con il Rigoletto trentennale di Samaritani, perché quello voleva Verdi in Rigoletto: fontanoni, paggetti, gobbe”. Io li guadavo allibito e incredulo, ma la stessa gente la si trova alla Scala, al Met, al Covent Garden: e sono tantissimi. Che dire: hanno il diritto di ottenere quello che vogliono, di ignorare quello che si perdono e di scivolare inconsapevoli su una delle esperienze più complesse e gratificanti che esistano…
Una è però la differenza rispetto all’Italia: in tutti gli altri paesi queste due tipologie di pubblico riescono a “convivere” pacificamente. Il Met a sere alterne dà Sonnambula con la Dessay e Trovatore con Alvarez; a Parigi si alternano nelle stesse sere il Makropulos con la Denoke e un Rigoletto diretto da Oren: ciascuno va a vedere quel che gli interessa e tutti vivono felici e contenti. In Italia no. Sarà che siamo fisiologicamente portati a far di tutto una guerra di religione, ma qui una fetta di pubblico sembra essersi costituito in uno speciale Comitato Per La Tutela Del Vero Melodramma, che se in qualche cartellone scorge il nome di Carsen entra in fibrillazione e si precipita a fischiare a prescindere, perché nell’opera barocca non si possono mettere cappotti ma solo mantelli e pennacchi; che se la Scala scrittura la Fleming per la Borgia comincia a tirare randellate prima ancora che abbia aperto bocca, perché così gliela fanno vedere loro alle multinazionali del disco. Se a ciò si aggiunge che i sovrintendenti rischiano di cambiare ad ogni elezione; che i grandi direttori, anziché pensare a dirigere, si ergono a ventennali vestali che di tutto si impicciano; che non esiste nessuna (ma proprio nessuna) forma di “meritocrazia” fra i vari teatri; tutto ciò porta alla conclusione che, della diagnosi di Maughan:

Maugham ha scritto:Mentre qui continuavamo a lambiccarci con divi e divette nostrane in questi ultimi anni abbiamo perso treni importantissimi come Kaufamann, Dessay, Mattila, Terfel, Herlitzius, Westbroek, Bartoli o, per stare ai grandi, la tua amatissima Fleming. Utilizzando i nostri registini nostrani ci siamo accorti, con colpevole ritardo, di Jones, Guth, Carsen fermi ancora -come siamo- a Strehler, Pizzi, Pier'Alli e, quando si va sul raffinato, Graham Vick o la Fura dels Baus.


sono personalmente del tutto d’accordo sul fatto che abbiamo perso quasi tutti i treni degli ultimi decenni. Sono meno d’accordo sulla prima parte: molti degli artisti che fanno furore in Italia lo fanno anche all’estero. Il fatto è che là si può scegliere, qui no…

Saluti,

Beck
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Re: nuovi articoli in home

Messaggioda Pruun » gio 30 apr 2009, 11:53

Condivido praticamente in toto l'intelligente intervento di beckmesser.
Fermo restando che, scusatemi l'acidità, Alvarez cercherà pure di cantare come i tenori di una volta, ma non ha né la tecnica, né il volume né la capacità per farlo (e nemmeno la voce per Cavaradossi) e a me, personalmente, da fastidio anche questo effetto di 'rana che si gonfia' che spesso ravviso in alcuni interpreti.

Ovvero: perché non rendersi conto di quelli che possono essere i propri limiti (oltre che i propri pregi) e provare a dire qualcosa di nuovo o, almeno di personale?
Perché a me, fermo restando che sarebbe stata una Tosca come tante altre, ma una recita alla 'come una volta' poteva anche andar bene e risultare divertente... ma purché si fosse riusciti a farla 'come una volta'... così del 'come una volta' c'era la pigrizia di interprete, ma non i lati migliori, ovvero l'appagamento vocale... Non so se mi sono spiegato (solita tesina ssis e ho il cervello un po' in pappa... :( )
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Re: nuovi articoli in home

Messaggioda Tucidide » gio 30 apr 2009, 12:40

Beck, hai interpretato in maniera eccellente il mio pensiero, oltretutto chiarendolo con esempi calzantissimi. :)
E' proprio la convivenza fra vari tipi di pubblico ed esigenze, come dici tu, il vero problema in Italia.
Esperienzina personale recente: a Ravenna ho visto Ernani in un allestimento veterotestamentario, cantanti alterni dal pessimo (il tenore coreano) all'interessante ma da rivedere (il soprano Tiziana Caruso, gran bella voce da sistemare, interprete un po' old style ma che sembrava la Callas nel contesto in cui era). In loggione qualcuno alla fine ha buato anche sonoramente tenore e direttore, ma molti applaudivano e gridavano "bravi!!" mostrando di apprezzare.
Un simpaticissimo signore seduto vicino a me, e che parlava solo in strettissimo dialetto romagnolo ha detto testualmente (traduco :mrgreen: ): "a me piacciono i costumi: per una volta non ci sono delle cose strane, ma dei bei costumi come una volta!" :D
Io personalmente, ho passato una delle serate all'opera più noiose degli ultimi tempi. Altri si sono goduti la faccia.
Simpatica chiosa: ho sentito uno dei buatori, all'uscita del loggione, dire ad una persona: "ma come fanno ad applaudire una roba così? Ovvio che dopo, quando sentono la Cedolins, si esaltano!" (ehm... :oops: non ha detto proprio "si esaltano", ma per carità di patria non ripeto le parole esatte. :mrgreen: )

Una parola su Alvarez (a cui fischieranno le orecchie, poveretto! :D In questa discussione è assurto ad emblema del vecchio):
Pruun ha scritto:scusatemi l'acidità, Alvarez cercherà pure di cantare come i tenori di una volta, ma non ha né la tecnica, né il volume né la capacità per farlo (e nemmeno la voce per Cavaradossi) e a me, personalmente, da fastidio anche questo effetto di 'rana che si gonfia' che spesso ravviso in alcuni interpreti.

Ovvero: perché non rendersi conto di quelli che possono essere i propri limiti (oltre che i propri pregi) e provare a dire qualcosa di nuovo o, almeno di personale?
Perché a me, fermo restando che sarebbe stata una Tosca come tante altre, ma una recita alla 'come una volta' poteva anche andar bene e risultare divertente... ma purché si fosse riusciti a farla 'come una volta'... così del 'come una volta' c'era la pigrizia di interprete, ma non i lati migliori, ovvero l'appagamento vocale... Non so se mi sono spiegato (solita tesina ssis e ho il cervello un po' in pappa... :( )

Infatti il problema è anche quello: se vuoi fare il Corelli, almeno fallo per bene! :D
Il mondo dei melomani è talmente contorto che nemmeno Krafft-Ebing sarebbe riuscito a capirci qualcosa...
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Re: nuovi articoli in home

Messaggioda MatMarazzi » gio 30 apr 2009, 19:59

beckmesser ha scritto:Non credo che Tuc intendesse che l’arte è solo quello, ma che per qualcuno può essere quello, e che questo qualcuno ha tutto il diritto di viverla in quel modo.


E' vero, beckmesser. Tucidide intendeva proprio questo... purtroppo.
Dico purtroppo perché, come ho già scritto, non era questo il punto.

Il confronto era fra:
a) pubblico che si confronta al presente dell'Opera (I PRESENTISTI) e
b) pubblico che vorrebbe l'Opera uguale a come era in passato (I PASSATISTI)

Noi però, invece che concentrarci su questo confronto, ce ne siamo inventati un altro, fondato su un'equazione totalmente sballata.
I PASSATISTI diventano i POPOLARI, gli amanti dei tenorastri e dei soprani usignolo.
mentre i PRESENTISTI diventerebbero gli INTELLETTUALI, che amano le cose raffinate.
L'equazione è semplicemente falsa, e in tutti i casi lontanissima dal dibattito originale, sia che ci mettiamo dalla parte dei secondi, con talebana difesa dell'Arte, sia che ci mettiamo (paternalisticamente) dalla parte dei primi, ammettendo generosamente che ..."poverini, sì, c'è posto anche per loro... anche se noi (sia chiaro!!!) abbiamo gusti ben diversi".

Il fatto è che i PASSATISTI possono essere coltissimi (altro che popolari... passatista è anche chi afferma che dopo Tauber non esistono più veri liederisti) e i PRESENTISTI possono essere popolarissimi (le orde di fans della Fleming, ad esempio, escludendo i coltissimi presenti... ;) )

Quindi lasciamo perdere questo aspetto e torniamo al dibattito originale.
é giusto o no (nell'arte come in qualsiasi altra cosa) che un fruitore si dissoci dall'evoluzione del genere? (non da questa o quella evoluzione, sia chiaro! Proprio dal principio che il genere possa e debba cambiare...)
Io l'ho detto: chi invoca l'immobilismo, invoca la fine del genere che dice di amare. Dopo due o tre generazioni, il genere declinerà perché non sarà più capito.

Oggi parlavo al telefono proprio di questo dibattito con un amico illuminato, iil quale mi faceva al telefono l'esempio (efficacissimo) dei cartoni animati di Walt Disney.
"Sono in tanti ad affermare - con tante buone ragioni - che l'ultimo film d'animazione decente prodotto dalla Disney è stato "Gli Aristogatti"!
Oggi le storie sono sciocche, i personaggi buonisti, la musica irritante e la Computer Graphics ha tolto ogni poesia. ecc... ecc...
Però, diceva l'amico, se facessimo vedere a un bambino di oggi "Biancaneve" (o peggio ancora, una copia di Biancaneve) questi si annoierebbe a morte, perché dall'epoca di quel lontano capolavoro è cambiato il mondo: non ne intenderebbe il linguaggio, si annoierebbe ai tempi troppo lenti, si irriterebbe per la colonna sonora superatissima. Smetterebbe di andare al cinema a vedere i cartoni della Disney e di acquistarne i dvd.
Se non vogliamo che il genere (cartoni della Disney) vada in malora, dobbiamo quindi mettere Biancaneve in un cassetto; e lavorare sul nuovo, buttarci su di esso e trovarlo bello o brutto a seconda dei casi. Ma per far questo bisogna prima di tutto guardare i cartoni animati, cosa che in genere non fanno proprio coloro che li contestano (ossia i bambini di tre o quattro decenni fa)."

A parte l'efficacia dell'esempio, l'amico ha colto un aspetto su cui vi invito a riflettere.
Spesso chi lamenta la "crisi" di un genere, è qualcuno che non frequenta più il genere, e quindi non ne può nemmeno essere considerato "pubblico".
Il Calzolaio di cui vi parlavo non andava all'opera da vent'anni, prima di quel Ballo in Maschera. Ed è andato a quel Ballo proprio perché aveva sentito dire che il tenore era uno di quelli "d'na volta". :)
Allo stesso modo, chi contesta il degrado della Disney è quasi sempre l'adulto, ossia colui che non va più da 3 o 4 decenni a vedere i cartoni animati, e se ci va è solo perchè vi è costretto (suo malgrado) dai figli.


Da ragazzo mi interessavo molto di tennis.
La cosa sorprenderà chi mi conosce, perché sono negato a ogni forma di sport (anche nel senso della tifoseria).
Ai mondiali di calcio mi annoio disperatamente. Ogni forma di agonismo mi fa sbadigliare.
Il fatto è che adoravo la compagnia dei miei cugini, i quali a loro volta adoravano il tennis.
E così i miei cugini mi costringevano a sciropparmi tutti i tornei di tennis del Grande Slam, passando serate e nottate intere alla TV; un poco alla volta mi ci ero appassionato: cominciavo a capirci qualcosa, a sviluppare delle teoria, a interessarmi alle prodezze dei campioni, alla loro personalità, alla loro tecnica.
Mi piaceva discuterne, tanto che ero diventato un piccolo esperto: conoscevo tutti i tennisti più importanti e usavo i termini "tecnici" per analizzarli.
Poi purtroppo si sono diradate le occasioni di incontro con i miei cugini; e io ho finito per mollare il tennis a se stesso.
Da allora sono passati decenni...
Oggi non so più niente, non saprei dirvi nemmeno chi ha vinto Wimbledon, non so più come si gioca, nulla...

E se qualcuno mi chiede qualcosa di tennis, io rispondo scuotendo amaramente la testa:
"eh... il tennis non è più quello di una volta, quello di Borg e McEnroe, quando la fantasia, la classe, la personalità erano più importanti delle cannonate da fondo campo. Oggi è solo spettacolarità tecnologica, le racchette e i campi sono fatti apposta per esaltare l'effettistica della potenza... girano troppi soldi! la televisione ha rovinato tutto come al solito ...i giovani d'oggi non hanno più valori".


Salutoni,
Mat
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