Venerdì, 19 Aprile 2024

Backstage: Die Gezeichneten alla Staatsoper di Monaco – di Francesco Brigo

Aggiunto il 04 Luglio, 2017

Direzione: Ingo Metzmacher; regia: Krzysztof Warlikowski; scene e costumi: Małgorzata Szczęśniak; luci: Felice Ross; coreografia: Claude Bardouil; video: Denis Guéguin; drammaturgia: Miron Hakenbeck

Personaggi e interpreti dei ruoli principali: Herzog Antoniotto Adorno: Tomasz Konieczny; Graf Andrea Vitellozzo Tamare: Christopher Maltman; Lodovico Nardi: Alastair Miles; Carlotta Nardi: Catherine Naglestad; Alviano Salvago: John Daszak

Coro e Orchestra del Teatro dell´Opera di Monaco di Baviera

La recensione si riferisce alla rappresentazione del 1 luglio 2017

Die Gezeichneten di Frank Schreker tornano alla Staatsoper di Monaco dopo più di novant´anni. Venne infatti presentata a Monaco nel 1919, un anno dopo la prima rappresentazione assoluta andata in scena nell´aprile del 1918 all´Opernhaus di Francoforte.
Schreker fu uno dei compositori di area tedesca le cui composizioni teatrali furono più rappresentate nei primi vent´anni del secolo scorso, godendo di grande fama e popolarità. Il suo lavoro venne poi etichettato come “entartete Musik” (musica degenerata) dai Nazisti e il nome di Schreker fu dimenticato per molti anni. Solo recentemente si è assistito ad un lento, graduale recupero di alcune sue opere. Dopo la seconda guerra mondiale Die Gezeichneten furono rappresentati nel 1979 a Francoforte in una discussa regia di Hans Neuenfels, poi ancora nel 2002 a Stoccarda (regia di Martin Kusej) e nel 2005 al festival di Salisburgo (regia di Nikolaus Lehnhoff; di questo spettacolo esiste anche documentazione video). Anche “Der ferne Klang” (1902), l´altra grande opera di Schreker, comincia ad essere rappresentata con frequenza via via crescente.
L´opera, ambientata in epoca rinascimentale, ha per protagonista il nobile genovese Alviano Salvago, uomo giovane ma gobbo e deforme. Nel suo corpo sfigurato dalla bruttezza alberga però un animo sensibile e dolce. Alviano ha creato

nella propria isola chiamata Elysium un vero e proprio paradiso dedicato alla bellezza e all´arte. Tuttavia, nel timore di contaminarla con la propria bruttezza, egli non l´ha mai visitata. Alviano quindi non sa che essa è stata utilizzata da alcuni nobili suoi amici come teatro di orge e violenze ai danni di giovani fanciulle rapite nella città di Genova. Alviano dichiara agli amici di voler donare l´intera isola alla città di Genova. Alviano si innamora di Carlotta, la giovane e bellissima figlia del podestà di Genova. Ella, fanciulla sensibile ma affetta da una strana malattia, ricambia il suo amore ed, esperta pittrice, ne fa un ritratto. Alviano pensa di aver finalmente trovato la felicità e l´amore. Arrivata insieme al resto della città sull´isola Elysium, Carlotta resta incantata dalla bellezza del luogo, si pente di essersi accostata all´orrido Alviano respingendo così l´offerta amorosa del giovane e bello Vitellozzo Tamare, uno dei perversi nobili genovesi rapitori di fanciulle. Ella quindi si concede all´amore di Tamare nella magica grotta sotterranea posta al centro dell´isola della bellezza. Alviano, intanto, viene accusato di essere il responsabile del rapimento e degli stupri delle giovani fanciulle genovesi. Capisce tuttavia di essere stato vittima di una trappola tesagli dai veri autori delle orge clandestine. Inoltre, insospettito della prolungata assenza dell´amata Carlotta, la ritrova morente nella grotta e viene deriso da Tamare per non aver saputo godere di lei. Tamare invece racconta di come Carlotta si sia concessa spontaneamente alle sue voglie. Convinto invece dell´innocenza di Carlotta, Alviano uccide Tamare, pugnalandolo al petto. Carlotta, in fin di vita, invoca il nome del suo amato, Tamare. All´udire il nome del rivale, Alviano sprofonda nella follia.
In quest´opera, Schreker esplora, e lo fa in modo esplicito, il complesso rapporto tra estetica ed etica, società, individuo e sessualità. E lo fa senza compiacimenti estetizzanti.

Die Gezeichneten non è quindi opera riferibile allo Jugendstil, né un´opera decadente, ma appare piuttosto come una lucida esplorazione dell´animo umano, quasi una descrizione di tre casi clinici, diversi ma in fondo complementari: Alviano, Carlotta e Tamare. “Die Gezeichenten” sono “i segnati”, i casi esemplari, emblematici e degni di nota. In quegli stessi anni Freud esplora la relazione tra morale ed impulsi inconsci e il filosofo Otto Weininger scrive un´opera (“Sesso e Carattere”, 1903) in cui esplora il mondo della sessualità maschile e femminile e delle sue devianze. L´opera di Schreker si pone sulla stessa linea di esplorazione.
La regia del polacco Krysztof Warlikowski (dramnmaturgia di Miron Hakenbeck) immerge la vicenda in un´atmosfera sospesa a metà tra psicanalisi e surrealismo onirico. L´esito è nel complesso convincente ed efficace. Anche se lo spettacolo è talmente denso di riferimenti ed idee da risultare a tratti spiazzante. L´impatto emotivo è comunque notevole. Lo spettatore, pur non comprendendo appieno il significato di quanto vede, ne resta comunque affascinato. Warlikowski, anche in questo suo spettacolo (come già nella sua Lulu), sembra rifarsi alle atmosfere deformanti ed oniriche dei film di David Lynch (di cui cita espressamente The Elephant Man e, indirettamente, Mulholland Drive). Per Warlikowski die Gezeichtenen è opera che parla del rapporto tra etica ed estetica. Alla fine del primo atto Alviano contempla una giovane fanciulla che, come Biancaneve, dorme in una teca di cristallo trasparente, quasi fosse una creatura imbalsamata o messa sotto formalina. In quella stessa teca di cristallo morirà soffocata la stessa Carlotta alla fine dell´opera. Carlotta che in un video proiettato durante il dialogo con Alviano al secondo atto appare come una libellula, incapace di volare, animale dal cuore trafitto da uno spillo, ormai solo oggetto da contemplare. Che valore dare ad un´opera d´arte in cui la persona diventa oggetto dacontemplare?
Ma nella sua regia Warlikowski esplora anche il torbido rapporto tra arte e percezione estetica collettiva. All´inizio del terzo atto Alviano si presenta in scena leggendo un brano autobiografico dello stesso Schreker intitolato “Mein Charackterbild” e pubblicato nel 1921. Franz Schreker che, all´inizio del secolo, aveva ottenuto di cambiare l´originario cognome di Schrecker (lo spaventatore) eliminandone una “c” e quindi rendendolo più accettabile e decoroso. Schreker il mostro, il perturbatore delle coscienze, “ un grandioso documento della decadenza della nostra Cultura” (come egli stesso si definiva”, l´autore di “musica degenerata”. Una persona pericolosa, da neutralizzare, emarginare, eliminare. La collettività, la società è fatta di “persone perbene” che non tollera devianze. Il mostro deve morire. Come avvenne per la Bestia, il Golem, Frankenstein, il Fantasma dell´Opera, Nosferatu (di cui Warlikowski illustra il destino, proiettando alcuni spezzoni di film dei primi anni venti del Novecento, quasi volendo riallestire una esposizione di “entartete Kunst”). Ma il mostro convive accanto ai giovani che danzano con gli stilemi Jugendstil. Il mostro è espressione di quella stessa società. Ma il vero mostro non è il brutto, il deforme, il gobbo Alviano. Il vero mostro è il giovane, aristocratico e bello Vitellozzo Tamare. Sulle soglie della modernità, la sintesi ideale dell´arte greca, quella per cui ciò che è bello deve necessariamente essere buono, si dissolve per sempre.
L´opera è stata diretta in maniera magistrale da Ingo Metzmacher, che ne ha dato una lettura di grande trasparenza, esaltando i fitti richiami tematici e la densità coloristica della complessa partitura. La compagnia di canto è risultata nel complesso eccellente. Pur con qualche durezza eccessiva, Catherine Naglestad ha ritratto molto bene la figura di Carlotta, in una prestazione assolutamente convincente, in un crescendo di qualità nel corso della serata. Iltimbro caldo e vellutato del Tamare di Chrisopher Maltman ha creato un efficace contrasto con la vocalità aspra, dura e sofferta dell´Alviano del tenore inglese John Daszak. Tomas Konieczny è risultato convincente nel doppio ruolo del Duca Adorno e del Capitano di giustizia al terzo atto. La voce è quella che ben conosciamo, immascherata fino all´estremo e inquinata dal vizio di interpolare vocali, ma mentirei se dicessi che, con quella vociaccia, Konieczny non riesca a creare dei veri personaggi. Tra le parti di fianco, nel complesso eccellenti, si segnala il Podestà di Alastair Miles. Successo calorosissimo per un´opera che, dopo troppo tempo, meritava di essere riproposta.

Francesco Brigo (Dottor Malatesta)

Categoria: Backstage

 

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