Mercoledì, 24 Aprile 2024

Backstage: Verdi: Messa da Requiem, Chailly

Aggiunto il 10 Ottobre, 2016

In molte nazioni con una buona cultura musicale (particolarmente in Austria e Germania) è tipica l’esistenza di una serata che con un repertorio uguale o simile caratterizza l’inizio di una stagione, di un festival o semplicemente di un periodo. Da qualche anno accade anche a Milano con la riproposizione del Requiem verdiano, suscitando la felicità del pubblico che accorre sempre numeroso e il “fastidio” di certi maestri pensatori che, annoiati e intristiti, alzano il loro ditino in segno di disgusto e protesta.
A me la ripetizione ciclica di un elemento musicale piace molto, soprattutto se la qualità è quella sentita ultimamente.

Riccardo Chailly ci aveva sorpreso lo scorso anno con una lettura molto muscolosa della Messa verdiana e ci stupisce anche quest’anno optando per una scelta più meditata, pensierosa, sofferta. Il suono orchestrale è delicatissimo, raffinato, cesellato. Ogni singola sezione posta in evidenza cameristica per riunirsi in un unicum di estrema compattezza. Le pause acquisiscono profondità quasi come volessero esprimere un suono nel loro immutabile silenzio. E tutto rimane sospeso, lento, sacrale. I contrasti non mancano, anzi vengono accentuati. Il grande respiro tra Kyrie e Dies Irae, un Tuba Mirum elettrizzante, il crescendo sulla ripresa del Lacrymosa, il solenne silenzio del Libera Me Domine schiacciano e incollano alla poltrona.

Kressimira Stoyanova, ospite sempre più frequente alla Scala e già protagonista di una eccellente Marescialla, offre al ruolo la sua splendida voce che si espande verticalmente e orizzontalmente in grande potenza e musicalità. Il suono è tenuto sempre cupo, solenne, sacrale, in perfetta sintonia con la visione di Chailly, salvo illuminarsi e aprirsi nel Libera Me Domine finale nel quale la purezza di suono diventa interpretazione, preghiera, richiesta di perdono. E tutto intorno a noi diventa luce suprema, speranza, gioia. Un contrasto bellissimo, ascoltato poche volte.

Davanti a tutto ciò alcune piccole durezze vocali diventano insignificanti.

Daniela Barcellona purtroppo appare piuttosto affaticata in alto. Gli acuti non si espandono più con la semplicità di una volta e alcune vetrosità risultano particolarmente fastidiose. Restano alcune note ancora bellissime e soprattutto resta la dimostrazione che il ruolo sarebbe perfettamente padroneggiato anche a testa in giù.

Francesco Meli è delicatissimo – in alcuni casi forse anche troppo – ma forte di una voce naturalmente dolce e ben proiettata si concentra sull’interpretazione, realmente da manuale, ricca di accenti, di silenzi, di dinamiche perfettamente aderenti al guanto che Chailly costruisce intorno alla sua voce: trascendentale nel Quid Sum Miser e nel Lux Aeterna.

Di Dmitry Belosselskiy si apprezza la bellissima voce di basso autentico. Finalmente incisivo nelle note gravi, imponente come si conviene nel Tuba Mirum, quasi terrificante, ma anche estremamente dolente in un Lacrymosa dove tutti e quattro i solisti lasciano davvero senza fiato.

Resta il Coro, tenuto per ultimo come estremo ringraziamento ad una compagine che in questa Messa ha scritto la storia dell’interpretazione e continua a farlo ad ogni esecuzione. Una massa percussiva di suono meravigliosamente fuso in una colata di cioccolata caldo dove però ogni sezione si percepisce perfettamente delineata. Non c’è accento, non c’è parola, non c’è silenzio nel quale il Coro non riesca ad esprimere quanto richiesto da Verdi, ora con suoni impalpabili ora con potenza terrificante. Un sentito grazie al Coro e a Bruno Casoni.

Grande successo di pubblico, a dispetto di quanto detto all’inizio.

Docflipperino

Categoria: Backstage

 

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