Giovedì, 28 Marzo 2024

Roberto Devereux

Aggiunto il 06 Agosto, 2012


GAETANO DONIZETTI
ROBERTO DEVEREUX

• Elisabetta NELLY MIRICIOIU
• Roberto Devereux JOSÉ BROS
• Sara SONIA GANASSI
• Nottingham ROBERTO FRONTALI
• Cecil ROBIN LEGGATE
• Raleigh GRAEME BROADBENT
• Paggio MICHAEL LESSITER
• Un servo di Nottingham JONATHAN FISHER

Royal Opera Chorus
Chorus Master: Terry Edwards

Orchestra of The Royal Opera House
MAURIZIO BENINI

Luogo e data di registrazione: Covent Garden, Londra, Luglio 2002

Edizione discografica: Opera Rara, 2 CD

Note tecniche: registrazione perfetta

Pregi: Bros e Ganassi

Difetti: siamo ancora lontani da uno standard accettabile per Elisabetta; comprimari atroci

Giudizio complessivo: images/giudizi/buono.png

Nelly Miricioiu, di origini rumene ma inglese a tutti gli effetti, all’epoca di questa interessante registrazione, aveva cinquant’anni e un repertorio eclettico che andava dal lirico coloratura sino a quello che definiamo il “Verdi maturo”, passando attraverso Francesca da Rimini e Tosca.
La voce ha un impasto interessante ma, essenzialmente, è quella di un soprano leggero che si accosta a un ruolo Ronzi de Begnis; il che, dopo il recupero di Leyla Gencer nel 1964, se consideriamo le Artiste che vi si sono cimentate, è stata sostanzialmente la regola.
La Miricioiu, se rapportata alle varie Sills, Caballé, Gruberova non sfigura: è artista seria e preparata, attenta e sensibile, intelligente e ha il senso di quello che dice; ma, analogamente a tutte le altre, cede clamorosamente al confronto con la Gencer che – lo sappiamo bene – è l’unica ancora a distanza di tanti anni ad avere il passo giusto per questi ruoli così complessi, nei quali Donizetti ha saputo e voluto riversare tutta la propria empirica conoscenza della psicopatologia del male di vivere.
E non è solo questione di interpretazione, di mordere le sillabe, di far risuonare la rabbia feroce nelle frasi; è anche un problema di estensione, che richiede capacità di scendere con proprietà al di sotto del rigo e senza sbracature di segno verista. Naturalmente, invece, nell’arco degli anni ha prevalso la tendenza a far prevalere le istanze vocalistiche, che pure non mancano, anche in ruoli come questi. E infatti, molte cantanti puntano decisamente a giocarsi i loro atouts in momenti come “Vivi ingrato” che permettono di far emergere le prerogative di voci portate alla modulazione, all’espressione sognante; ma è un inganno non diverso da quello di alcuni interpreti del verdiano “Otello” che trionfano solo nel “Niun mi tema”, sancendo così di fatto la loro inadeguatezza alla parte.
Il mistake semantico ha portato quindi a una fioritura di performers che sarebbero teoricamente più adatte ai ruoli Pasta che si giocano il loro meglio nei momenti più elegiaci, trattenendosi invece nelle fasi più roventi e concitate.
L’unica fra queste che esce dal seminato è quella più atipica, e cioè Edita Gruberova. La voce è quella di un’interprete dei ruoli Pasta, ma la tigna e la cattiveria sono quelle di un’autentica Ronzi. Certo, in molti fra i sedicenti puristi storcono il naso davanti ai suoni arrotati e presi da sotto che troppo spesso assomigliano a furbate più che a mezzi espressivi; ma se l’alternativa è rappresentata dalle notine pulitine e dai fiatini di ultrasessantenni alfiere dell’italica espressione canora, allora preferisco tutta la vita la Gruberova e le sue sconcezze.
La Miricioiu sta a ovest della Gruberova: vale a dire, in pieno territorio Pasta. La riprova è che tutte le volte che deve scendere al di sotto del rigo compie autentiche sguaiataggini di puro stampo verista e, siccome le manca la schifenzeria (così la chiamava il compianto Salvatore Giuglielmino, già citato mio professore di letteratura italiana al liceo) della Gruberova, questi sono momenti non solo decisamente brutti ma altamente dequalificanti tutta la prova. Ma tal dei tempi è il costume, per cui ci accontentiamo; tanto più se teniamo presente che la performance della Miricioiu è decisamente in crescendo sino ad arrivare a un “Vivi ingrato” di bellezza notevole: appunto!...
A questo punto dovremmo chiederci non solo che destino riservare ai ruoli Ronzi de Begnis; ma soprattutto se valga la pena fissare su un disco che – come sempre, nel caso delle pubblicazioni Opera Rara – ha, o meglio: avrebbe la presunzione di porsi come termine di riferimento, una protagonista che non c’entrerebbe nulla con il personaggio che incarna e un gruppo di interpreti interessanti ma non di riferimento assoluto. La Miricioiu è sempre stata un’onesta professionista, non una fuoriclasse: e questi ruoli esigono invece prepotentemente non solo la fuoriclasse, ma la cantante che – analogamente alla Gencer – torni a rivelarcene il mondo sconosciuto. Alla fine si rimane moderatamente soddisfatti, ma forse per una pubblicazione del genere si doveva ricorrere alla registrazione in studio e, forse, osare un’interprete che si avvicinasse maggiormente al modello.

Molto meglio la Ganassi che, in questi ruoli, trova il proprio alveo naturale più che in quei ruoli Colbran in cui si è cimentata negli anni a seguire. Qui invece sfoggia una vocalità piena, matura, interessante e non priva di suggestioni sensuali.
Meglio ancora José Bros, dotato di voce sottile e poco corposa ma molto estesa e facile all’acuto, che compone probabilmente la migliore interpretazione di Roberto fra le poche disponibili sul mercato, con ricchezza anche un po’ soverchiante di acuti e sovracuti. Canta molto bene, Bros: il suo momento solistico finale è probabilmente il passaggio più interessante di tutta la registrazione, grazie anche all’eccellente intesa con il direttore.
Un gradino al di sotto il pur bravo Roberto Frontali, che a onta di un eccellente professionismo, sembra riassumere in sé tutte le attuali problematiche della fonazione baritonale italiana, specie di area peri-belcantistica.
Atroci invece, e senza remissione, i comprimari, fra cui segnaliamo volentieri per particolare demerito il Cecil di Robin Leggate, già copertosi di disonore in altre occasioni.
Dirige il tutto in modo onesto, anche se non particolarmente rivelatore, Maurizio Benini che, quanto meno, può vantare un’eccellente intesa con i cantanti.

In conclusione, una registrazione complessivamente buona di un’opera importante che, a questo punto, meriterebbe di trovare un’interprete che, per la prima volta dopo la Gencer, sappia farsi carico di tutte le problematiche esecutive dei ruoli Ronzi de Begnis.
Non è un’impresa facile ma ci vorrebbe una casa discografica che si faccia carico di una sfida così impegnativa e interessante

Categoria: Dischi

 

Chi siamo

Questo sito si propone l'ambizioso e difficile compito di catalogare le registrazioni operistiche ufficiali integrali disponibili sul mercato, di studio o dal vivo, cercando di analizzarle e di fornirne un giudizio critico utile ad una comprensione non sempre agevole.