Sabato, 20 Aprile 2024

Traviata

Aggiunto il 09 Giugno, 2018


Giuseppe VERDI
LA TRAVIATA
• Violetta Valery JOAN SUTHERLAND
• Flora Bervoix MITI TRUCCATO PACE
• Annina DORA CARRAL
• Alfredo Germont CARLO BERGONZI
• Giorgio Germont ROBERT MERRILL
• Gastone PIERO DE PALMA
• Barone Douphol PAOLO PEDANI
• Marchese d’Obigny SILVIO MAIONICA
• Dottor Grenvil GIOVANNI FOIANI
• Giuseppe ANGELO MERCURIALI
• Un commissionario MARIO FROSINI
• Un domestico TERENO MERIDIONALE

Coro del Maggio Musicale Fiorentino
Chorus Master: non indicato

Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino
Sir JOHN PRITCHARD

Luogo e data di registrazione: Teatro Della Pergola, Firenze, Novembre 1962
Ed. discografica: Decca «Grand Opera» 411 877-2 {2CDS} (1989)ª; Double Decca 460 759-2 {2CDS} (1999)ª; Decca «The Compact Opera Collection» 470 440-2 {2CDS} (2002)ª; Decca 475 792-2 (2CDS} (2006)ª; Decca 000717302 {2CDS} (USA) (2006)ª
Open Reel Tape; - London LOG 90069 (7½ips 4-track) (1963)ª

Note tecniche sulla registrazione: registrazione eccellente
Pregi: una nuova finestra sul ruolo
Difetti: non rilevanti
Valutazione finale: images/giudizi/ottimo-eccezionale.png


Dame Joan Sutherland nel 1962 ha 36 anni: siamo 5 anni dopo la sua esplosione in Lucia di Lammermoor, lo spettacolo che aveva rivelato al mondo la suprema vocalista. Traviata era arrivata nel 1960, quindi due anni prima di questa registrazione che, da un certo punto di vista, fissa non solo i paletti della visione del personaggio della grande Artista australiana, ma anche qualcosa di veramente nuovo nella storia esecutiva dell’opera.
Fino al 1951, nella discografia compaiono Jane Morlet, Margherita Bevignani, Mercedes Capsir, Anna Rosza, Maria Caniglia, Rosa Ponselle, Hjördis Schymberg, Eleanor Steber, Jarmila Novotna, Licia Albanese, Maria Cebotari, Bidu Sayao, Adriana Guerrini, Elisabeta Shumskaya, Rina Gigli, Nadine Conner, Odette Turba-Rabier, Margot Guillaume, Rosetta Noli, Renata Tebaldi. Le caratteristiche di queste cantanti sono variabili: dal funambolico all’iperdrammatico-predestinato. Le virtuosistiche puntavano sull’esteriorità equamente divisa fra i fuochi d’artificio del primo atto e i rantoli del terzo. Le drammatiche funzionavano meglio nel secondo e terzo atto, ma pagavano dazio pesante nel primo. Probabilmente la miglior sintesi era rappresentata da Steber e Ponselle, ma fa pensare che colei che compare più frequentemente nella discografia ufficiale e dal vivo sia, sino a questo punto, Licia Albanese.
Nel 1951 arriva la Callas e tutto cambia, per le ragioni che ci siamo già detti più volte: sostanzialmente, drammaticità e agilità trovano una sintesi praticamente irripetibile. Ma sempre scansione iper-drammatica è: la Callas grida al mondo la ribellione di Violetta in un modo talmente irripetibile da delineare una strada che nessuna potrà più ripetere, quanto meno in questo modo.
Dopo altre interpreti anche molto coinvolgenti ma non rivoluzionarie – si pensi alla Scotto che fa capolino nel 1959, o alle per niente banali Carteri e De Los Angeles – nel 1962 compare Dame Joan, e si capisce che è stato aperto un altro percorso.
Le peculiarità della grande Artista australiana portavano verso le grandi vocaliste di inizio Novecento, ma con maggior corpo vocale e con un’enfatizzazione di tematiche diverse: in lei la consapevolezza drammatica trovava una compostezza araldica che si sublimava in un canto tecnicamente perfetto anche nei passaggi più fioriti. Le variazioni della grande aria del primo atto rimandavano forse a Elvira e Lucia, ma senza la foga esagitata delle Grandi Pazzie della stagione belcantista, perché l’Artista ben conosceva l’ambito culturale che andava a rappresentare.
C’è, nella Violetta di Joan Sutherland, una serena compostezza che fa pensare a Odette de Crécy e alla sua svagata, trepida femminilità; è la classica cocotte alla quale ci immagineremmo di sentire chiedere di fare cattleya (come faceva Swann con Odette), invece di vederla trascinare a letto in preda alla foia.
Nel duetto del secondo atto con papà Germont, la sua curiosità per la seconda figlia pura siccome un angelo è tenera, partecipe, commossa. Il tono di voce non si alza mai, nemmeno nel momento della rinuncia: è una constatazione commossa.
Ecco: la cifra interpretativa di Joan Sutherland – espressa, tra l’altro, con una pronuncia di qualità molto più alta rispetto a quanto sarà in futuro – sta tutta nello sguardo commosso e buono, al limite un po’ ingenuo, con cui guarda al mondo che la circonda e che la vuole sopprimere. Non c’è ribellione, ma una placida rassegnazione espressa, tra l’altro, con un canto di squisita fattura: il grande assolo del primo atto, per esempio, come lo fa lei, nemmeno la Callas.
Il secondo atto è pieno di preziosismi: dal modo in cui esala il “Cessi al cortese invito”, già presago di sventura, sino a un “Alfredo Alfredo, di questo core” davvero struggente per intensità emotiva; certo, un’intensità sempre posata e piena di mestizia, ma qualcosa di diverso sarebbe stato inadeguato.
Notevolissimo anche l’Addio del passato, forse il momento migliore di tutta l’interpretazione della Sutherland, grazie al senso di rimpianto che trascolora tutto il brano; ed è cosa ben diversa dall’asciutta amarezza della Callas, ma non meno emozionante.
Credo, in tutta onestà, che sia un’interpretazione agli esatti antipodi di quello che pensava Verdi che fece del personaggio raccontato da Dumas un’icona della propria personalissima poetica dei diversi; ma l’intelligenza della grande interprete sta nel piegare la materia alle proprie possibilità, e in questo la Sutherland è semplicemente geniale: avesse seguito la Callas sul terreno della rivolta con i sassi in mano, avrebbe fallito; la rivoluzione, molte volte, la si fa senza spargimenti di sangue.

Dietro di lei, un grande direttore che sa farla esprimere al meglio: Sir John Pritchard, londinese, 42 anni, conosce alla perfezione la materia e, senza schianti emotivi, la accompagna a meraviglia, riuscendo a fare intuire le grida sepolte in mezzo ai sussurri. E la festa a casa di Flora ribolle come fra le mani di altri direttori più famosi per la loro drammaticità. Tra l’altro, se non sbaglio, è la prima edizione veramente completa nel riproporre tutto il materiale scritto da Verdi, comprese tutte le seconde parti di arie e cabalette normalmente sino a quel momento espunte (e meglio sarebbe se ciò ogni tanto succedesse ancora). Una gran bella direzione, davvero: merita di essere riscoperta e valorizzata.

Lo stesso dicasi per gli altri due compagni di ventura di Dame Joan.
Bergonzi canta benissimo, con languore e abbandono, oltre che con alcune splendide smorzature. Per quello che si ascolta qui, uno dei migliori Alfredo di tutta la discografia. Favoloso il “Parigi o cara”, un vero trattato di poesia.
Eccellente anche Merrill, pur se un filo più prosaico in rapporto a questo eletto ambito di buone maniere vocali, ma è proprio la sua asciuttezza ad assurgere a valore aggiunto.
Ottime le altre parti e favoloso, come sempre, Piero De Palma che, qui come in qualche altra registrazione, trasforma il coro dei toreri in un assolo di Gastone.
Coro eccellente.

Registrazione di notevole qualità che valorizza in pieno la bravura degli interpreti.

Pietro Bagnoli

 

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