Venerdì, 19 Aprile 2024

Turandot

Aggiunto il 10 Maggio, 2015


GIACOMO PUCCINI
TURANDOT

• Turandot GINA CIGNA
• Calaf FRANCESCO MERLI
• Liù MAGDA OLIVERO
• Timur LUCIANO NERONI
• Altoum ARMANDO GIANNOTTI
• Ping AFRO POLI
• Pang GINO DEL SIGNORE
• Pong ADELIO ZAGONARA
• Il Mandarino GIUSEPPE BRAVURA

Coro di Torino della EIAR
Chorus Master: Achille Consoli

Orchestra sinfonica di Torino della EIAR
FRANCO GHIONE

Luogo e data di registrazione: Torino, 4-15 settembre 1938
Ed. discografica: Nuova Era HMT 9002-9003 {2CDS}; Fonit Cetra CD0 28 {2CDS);; Phonographe PH 5053-5054 {2CDS}; Great Opera Performances G.O.P. 794 {2CDS}; Arkadia 78016 {2CDS}; Naxos «Historical» 8.110193-94 {2CDS} (2002)ª; Warner Fonit 50504671223-2-1 {2CDS} (2004)ª; 2 CD

Note tecniche sulla registrazione: discreta qualità audio, in rapporto all’epoca di registrazione

Presente su Spotify: sì (Key word: Turandot)

Pregi: in pratica, solo Merli

Difetti: concezione invecchiatissima; Olivero insopportabile

Valutazione finale: images/giudizi/sufficiente-discreto.png

Sono ancora molto attaccato a questa registrazione che è stata la mia prima: mi fu regalata dai miei compagni di classe al liceo per un compleanno e, se non altro, mi fece conoscere questo meraviglioso capolavoro del Novecento stimolandomi a prendere altre edizioni.
Innanzitutto, sarà meglio sfatare un mito: non è la prima registrazione assoluta dell’opera.
Ce n’è una del 1930, sempre con Merli, con la Scacciati e Maria Zamboni (prima Liù alla Scala), complessi orchestrali sconosciuti, che non ho mai ascoltato ma che è recensita su “The Gramophone” del dicembre dello stesso anno. È ragionevole pensare che sia una selezione.
Ce ne sono due del 1937, entrambe dirette da John Barbirolli, entrambe con eguali Principessa e Calaf (Turner e Martinelli), e diversa Liù: una è la Favero e l’altra è la Albanese. La seconda incisione è in realtà una selezione dal vivo; ma credo anche la prima sia una selezione, non ho notizie ulteriori.
E poi c’è questa, probabilmente la prima integrale, sia pure con tutti i tagli.
Riascoltata oggi, a distanza di tanti anni, le riconosco un altro merito non banale: quello di presentare uno dei migliori tenori di tutta la storia esecutiva.
Francesco Merli, infatti, mirabile esempio di heldentenor all’italiana, erede di una tradizione che aveva avuto in Fiorello Giraud e Giuseppe Borgatti i capostipiti più illustri, non più giovanissimo al momento della presente registrazione (50 anni!), è una favola: suoni corposi, pieni, ricchi, rigogliosi. Si astiene dalla brutta puntatura acuta, teoricamente facoltativa ma diventata poi di tradizione, al do su “Ti voglio tutta ardente d’amor”, e non è affatto una cattiva idea: direi che molti dovrebbero seguire il suo esempio. La parte è affrontata con un sapiente cocktail di piglio eroico e di affettuosità. Il “Nessun dorma” ha conosciuto interpretazioni forse più rivelatrici, ma è proprio bello, ricco di soffuso lirismo e concluso da un si naturale pieno e timbratissimo, pur se non sostenuto all’infinito e in modo gigionesco.
Gina Cigna – née Geneviève, a Parigi, nel 1900; morta a Milano nel 2001, e mi ricordo l’evento… - a lungo è stata indicata fra le interpreti ideali di questo ruolo; da quanto ascolto qui, e con molti altri ascolti alle spalle, ho dei dubbi. La voce, come spesso capita soprattutto con le Hochdramatischer, è più larga che alta, e questo si fa sentire molto bene in tutti i passaggi più critici del ruolo. Il personaggio poteva essere approfondito meglio, ma quello che si evince è la solita megera “qu’a rien pour inspirer l’amour”. Oltre a tutto, la voce è in palese difficoltà, specie di fronte al ben più anziano (ma molto più quadrato) Merli: gli attacchi acuti sono aspri e gutturali, i do acuti oscillano mica male. Ovviamente il personaggio viene buttato sul piano di quel Verismo cui non apparterrebbe nemmeno anagraficamente, ma tal dei tempi era il costume. Peccato, perché dopo una dozzina d’anni dalla prima c’erano tutti i presupposti per realizzare qualcosa che richiamasse quel magico momento, anche solo dal punto di vista vocale. Ma Rosa Raisa era molto diversa vocalmente dalla Cigna…
La terza in campo è un’altra superstar, e lo è già al momento di questa registrazione: Magda Olivero da Saluzzo, che aveva esordito nel 1932 e qui presentava già tutti i pregi e difetti, gli uni per lo più compenetrati negli altri, che l’avrebbero resa croce (per alcuni isolati) e delizia per tutti gli appassionati idolatranti: scavo minuzioso della parola e, d’altra parte, espressione fané da Diva Anni Trenta; uso sapiente dei pianissimi e, per contro, un vibrato talmente esagerato da essere in alcuni punti inascoltabile. Nel 1938 questo tipo di canto aveva un suo perché; oggi è per lo più inascoltabile, quanto meno per chi non la considera la Massima Espressione del Canto.
La direzione di Ghione è pratica e funzionale, ma siamo ancora nettamente al di qua di una volontà di esplorare le cellule tematiche di quest’opera meravigliosa: Turandot è ancora figlia del puccinismo di Butterfly, visto in senso liberty e con una spruzzata di Verismo. Cambia solo la location, Cina per Giappone, ma non il tema. La transizione del secondo atto è lentissima. Inoltre, sono ovviamente presenti tutti i tagli che poi sarebbero stati di una tradizione difficile da estirpare.
Gli altri cantanti, chi più, chi meno, funzionano complessivamente in modo più che accettabile. Luciano Neroni è eccellente, così come Afro Poli; le altre due maschere sono cabarettistiche, o poco più; Giannotti, dopo un inizio un po’ sfalsettante per simulare una vecchiaia tremula, riesce a essere persuasivo; e infine buono il Mandarino di Bravura.
Pietro Bagnoli

 

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