Venerdì, 19 Aprile 2024

Bohème

Aggiunto il 29 Luglio, 2006


• Rodolfo Jussi BJÖRLING
• Mimì Victoria DE LOS ANGELES
• Marcello Robert MERRILL
• Schaunard John REARDON
• Colline Giorgio TOZZI
• Benoit/Alcindoro Fernando CORENA
• Musetta Lucine AMARA
• Parpignol William NAHR
• Un Doganiere Thomas POWELL
• Un Sergente George DEL MONTE

RCA Victor Chorus & Orchestra
Chorus Master: Thomas Martini

The Columbus Boychoir
Chorus Master: Herbert Huffman

Sir THOMAS BEECHAM

Casa discografica: Emi
2 CD a prezzo medio

Data e luogo di registrazione: Marzo e Aprile 1956, Manhattan Center, New York

Note tecniche: ottima rimasterizzazione
Pregi: la straordinaria Victoria De Los Angeles
Difetti: per un orecchio italiano, è un’edizione che può suonare un po’ freddina
Valutazione conclusiva: images/giudizi/ottimo-eccezionale.png

Edizione forse invecchiata, come dicono in tanti (in Italia), ma ancora ricca di insegnamenti per civiltà di canto e buon senso esecutivo. A noi piace tantissimo il malinconico sorriso con cui Sir Thomas ci narra questa vicenda che avremo sentito raccontare centinaia di volte. Certo, siamo lontani le mille miglia dai furori esecutivi di Arturo Toscanini o dai preziosismi calligrafici di Karajan. Qui ci sono i vecchi, cari rubati che assecondano i trasporti di cantanti che non suonano proprio giovanissimi, e a cominciare dalla migliore in campo.
D’altra parte credo che sia giusto rivalutare la prestazione di questo grandissimo direttore d’orchestra che è onesto con se stesso, mai cercando di passare per qualcosa di diverso da ciò che è. Sir Thomas è inglese dalla radice dei capelli alla punta dei piedi: gli sono estranei tormenti interiori e violenze espressive. La sua narrazione è briosa quando occorre e riflessiva nei momenti più drammatici. A nessuno passerebbe mai per l’anticamera del cervello che qualcuno possa manifestare disperazione alla Di Stefano (per capirci) di fronte ad una morte come quella di questa Mimì in questo contesto di buone maniere.
Non che ci sia freddezza esecutiva, anzi: solo che viene programmaticamente allontanata qualunque manifestazione di esagerazione in un senso o nell’altro. Da questo punto di vista, se partiamo dal presupposto che Puccini abbia voluto allestire una sorta di “come eravamo” in cui lacrima e sorriso sono miracolosamente equilibrate, questa è probabilmente la migliore edizione possibile di questo capolavoro. La scena della morte di Mimì è un dolcissimo, straziante epicedio: è lontanissima dal crudo realismo di Toscanini, eppure riesce ad essere egualmente commovente, andando a toccare la corda del sentimento con un senso di mestizia appena stemperato nella dolcezza del ricordo: è la fine di un attimo di felicità, il cui ricordo perdurerà eterno nel nostro cuore.
Poi, si capisce, molta acqua è passata sotto ai ponti; ma chi altro è riuscito ad essere più credibile di Sir Thomas in questa particolare missione di recupero dell’autentico dettato pucciniano?
Sulla carta Victoria De Los Angeles non suona proprio una Mimì ideale. La voce è importante e screziata da una vena di dolce malinconia che la rende francamente irresistibile. I suoi incisi, poi, sono talmente ben emessi e studiati da ricordare quelli di Maria Callas nella celebre incisione di Votto per la Emi: tutta l’incisione ne è piena, a iniziare da “Oh, sventata, sventata”, per passare a un irresistibile “La conosci, chi è?” ricca di quella curiosità non maliziosa ma francamente irresistibile. Di esempi ce ne potrebbero essere tantissimi altri, tutti a testimoniare le straordinarie capacità di fraseggiatrice di una cantante talmente celebre che non metterebbe quasi conto di sottolinearlo, se non fosse che qui in Italia è sempre stata vista da certa parte della critica come una specie di lobotomizzata, fondamentalmente indegna di accostarsi al grande repertorio. In realtà la De Los Angeles (purtroppo recentemente mancata) è stata proprio una grandissima interprete. La sua Mimì è poco giovanile, è vero: in compenso è tenera, affettuosa, sorridente e non suona mai affettata o – peggio – falsa. Inoltre, appare dotata di sano buon senso e anche di una punta di autoironia che non ha nulla a che spartire con la grande tragedienne, ma molto con la vera ed ideale donna pucciniana. Insomma, non se la tira mai: si presenta in punta di piedi e altrettanto in punta di piedi si ritira. Se proprio un appunto le si deve fare, è che è francamente poco credibile che una creatura dotata di così tanta delicatezza possa innamorarsi a prima vista di un vicino di casa che – forse – non aveva mai visto prima. Per il resto, uno spettacolo. Messe di voce, smorzatore, filati, acuti: c’è proprio tutto quello che occorre per dare il giusto peso vocale a questo ruolo.
Diverso il discorso per Björling. La voce sarebbe ideale per Rodolfo: luminosa, piena, squillante in alto. Ma si ha la sensazione che – ad onta della splendida musicalità – il grande tenore non vibri sulla stessa lunghezza d’onda non solo del soprano, ma anche degli altri interpreti, tutti accomunati da un ottimo gioco di squadra. Non si riesce proprio ad evitare l’idea che Björling vada un po’ per conto suo, alla ricerca maniacale del giusto tono per non sfigurare in un simile contesto di buone maniere. Ma ahimè, a furia di cercare l’inflessione giusta per ogni inciso, perde proprio quello che gli altri, De Los Angeles in testa, profondono a piene mani: la spontaneità sorridente, che è il tempo particolare proposto da Beecham sul podio. Detto questo, si tratta comunque – a prescindere – di un’ottima prestazione.
Robert Merrill trova in Marcello uno di quei personaggi per cui varrà sempre la pena ricordarlo: l’espressione è franca e sorridente, il canto vario e robusto, senza mai essere monotono.
Niente di eccezionale nel Schaunard di John Reardon, mentre invece è sicuramente eccellente Tozzi che fa un Colline molto riflessivo e poco incline alla gazzarra.
Lucine Amara è molto più a suo agio nei panni di Musetta che in altri ruoli a lei troppo larghi. La sua grisette è vivacissima e ricca di brio, ma perde decisamente mordente negli accenti concitati del Quarto Quadro che ne mettono alla frusta l’emissione delicata e decisamente inadatta ai toni da tragedienne.
Bene il coro della RCA Victor, ancorché assai poco idiomatico, ma atroce quello dei Columbus Boychoir, che sembra stiano facendo la parodia delle comiche di Stanlio e Ollio; e forte è il sospetto che il moccioso che blatera la frase “Vo’ la tromba e il cavallin” venga proprio da quella stessa compagine

Categoria: Dischi

 

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