Beethoven, quartetti d'archi

sinfonia, cameristica e altri generi di musica non teatrale.

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Beethoven, quartetti d'archi

Messaggioda pbagnoli » gio 08 ott 2015, 15:27

Secondo alcuni critici, queste sono fra le composizioni musicali più "alte" della Storia, nonché le più complesse di Beethoven.
Non ho purtroppo la cultura sufficiente per addentrarmi in questo discorso, ma mi piacerebbe che qualcuno mi aiutasse a capire qualcosa di più.
E poi, quali incisioni?
Alban Berg quartett?
Quartetto italiano?
Tokio?
Belcea?
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Re: Beethoven, quartetti d'archi

Messaggioda VGobbi » gio 08 ott 2015, 17:59

Grandissimo Pietro, qui andiamo in un terreno a me più consono. Non molto tempo fa, avevo ascoltato l'integrale dei quartetti beethoveniani, incisi da Tokio. Ricordo di aver letto la recensione in merito a questo lavoro e l'avevano liquidata come lettura affidabile, senza sovrastrutture inutili ed adatta per i neofiti o chi si vuole avvicinare a questi lavori. A me era piaciuta, ma dovrei riascoltarla nuovamente, più che altro per indicarti quali dei quartetti mi avevano colpito favorevolmente. In merito alle migliori incisioni, beh qui mi spiace ma non posso esserti d'aiuto proprio perché l'incisione del Quartetto Tokyo e' stata l'unica finora ascoltata.

Ora sono sommerso ed ammaliato dall'Haydn sinfonico, in particolare la nr. 93 e 97. Leggo comunque che il compositore ha composto 104 sinfonie??? :shock:
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Re: Beethoven, quartetti d'archi

Messaggioda teo.emme » ven 09 ott 2015, 18:48

Colgo volentieri l'invito di Pietro a scrivere qualcosa sui quartetti per archi di Beethoven. Mi scuso anticipatamente per l'incompletezza e l'inevitabile genericità in una materia che ha prodotto una ricchissima riflessione musicologica e che merita, senz'altro, cure più specialistiche. Parlo da semplice appassionato.

Innanzitutto conviene distinguere le tre fasi dell'approccio beethoveniano al genere:

1) L'Opus 18 (1798-1800), costituita dai primi sei quartetti: si inserisce pienamente in un genere che a Vienna (dopo Mozart e Haydn) era giunto al suo massimo splendore sia nella forma che nel contenuto. Il quartetto viennese si distinse nettamente dalla scuola "occidentale" (dalla Madrid di Boccherini all'Italia del nord sino alla scuola francese) votata al lato più effimero e spettacolare del quartetto, visto come momento di esibizione virtuosistica nella sua forma di piacevolezza cortese e concertante e governato da rigidi formalismi uniti alla semplicità di scrittura, che si sostituivano alla sostanza dei contenuti (spesso superficiali o di puro intrattenimento). Quello che si sviluppa nella scuola austriaca è, invece, un quartetto in cui il contenuto musicale predomina sulla mera struttura, laddove la costruzione delle armonie si elabora in un virtuosismo che è concettuale e non solo esecutivo. Un genere, dunque, di estrema profondità musicale (Haydn, per esempio, rifiutava ogni cedimento alla piacevolezza ludica, mentre il genio di Mozart innestò nella complessità strutturale anche lo spazio di una leggerezza ripensata e intellettualizzata) che tendeva ad esprimere nelle dimensioni più minimali e astratte - due violini, una viola e un violoncello - il massimo valore musicale. I primi sei quartetti beethoveniani giungono dunque in questa situazione di compiutezza stilistica, ad un passo dallo stallo del manierismo, e si inseriscono nel tentativo di trovare una sintesi tra Mozart e Haydn;

2) L'Opus 59 (1805-1806) con i suoi tre quartetti "Rasumovsky" dal nome del committente (l'ambasciatore russo a Vienna); l'Opus 74 (1809) e l'Opus 95 (1810): costituiscono i cinque quartetti "centrali". I primi tre riflettono l'esperienza della produzione sinfonica (nello stesso periodo Beethoven compose la Terza, la Quarta, la Quinta e la Sesta sinfonia, oltre agli ultimi concerti per pianoforte e a quello per violino) e traducono nella struttura cameristica tutta la potenza dei contrasti e delle dinamiche delle sue grandi creazioni orchestrali. Gli altri due si pongono come in una fase di stallo, di pausa, di raccoglimento di idee, di recupero di simmetrie (un po' come l'Ottava sinfonia);

3) L'Opus 127, l'Opus 130, l'Opus 131, l'Opus 132, l'Opus 133 "Grande Fuga" e l'Opus 135, composti tra il 1825 e il 1826, costituiscono la summa del pensiero musicale beethoveniano (insieme alle Variazioni Diabelli, alle ultime Bagatelle). Qui Beethoven - ormai isolato dal mondo - reinventa un linguaggio smisurato nel porsi aldilà della sua epoca per uno sperimentalismo radicale nella forma (dilatata e libera) e nella sostanza. Musica che guarda al '900, ma che recupera - in aperta polemica col suo tempo - la polifonia di Bach e di Haendel (il suo compositore prediletto) in un salto temporale che non è né antico né moderno, ma oltre il tempo. Per questo la critica più formalistica e scolastica rimase e rimane ancora spiazzata di fronte a questi capolavori estremi e non inquadrabili nella sicurezze delle forme e nelle regole che si trovano nei manuali (in particolare la "Grande Fuga", ritenuta da molti un mostro). L'ultimo quartetto, l'Opus 135, che è anche l'ultimo lavoro di Beethoven di una certa compiutezza, è un beffardo ritorno al '700 (esattamente come la sua Ottava sinfonia): un '700 ripensato e trasfigurato, lo straniamento da un mondo con cui non può e non vuole comunicare, un rifugio intellettuale nel potere assoluto e metafisico della musica.

In un certo senso i quartetti sono la summa del pensiero e della parabola musicale beethoveniana. Così inattuale rispetto all'800 romantico e così unici.

Di edizioni ce ne sono tante...ma mi occorre pensarci su un po' di più, prima di dare qualche consiglio: che è difficile, estremamente difficile. Così su due piedi direi che è importante l'integrale (per il fatto che occorre in una parabola così personale e intima una lettura unitaria e fondata su un approccio ideale unico e che si sviluppi con l'evoluzione del pensiero beethoveniano). Qualche nome? Certamente l'Alban Berg, il Quartetto Italiano e il Quartetto Budapest.
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Re: Beethoven, quartetti d'archi

Messaggioda VGobbi » dom 11 ott 2015, 23:17

Scusami teo.emme, e del quartetto Tokyio cosa ne pensi?
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Re: Beethoven, quartetti d'archi

Messaggioda teo.emme » mar 13 ott 2015, 1:30

Il Tokyo Quartet è tecnicamente perfetto e tutto suona rifinito e piacevole, ma anche molto artificioso e manierato. Già la mera ricerca del bel suono in generale è per me un approccio superficiale, ma nel caso specifico dei quartetti beethoveniani è un vero delitto. Secondo me il Tokyo è l'equivalente cameristico del Karajan ultimo periodo...bel suono e nient'altro. Nessun approfondimento, nessuna idea... Non suggerrei mai il Tokyo Quartet neppure per un neofita: perché mai si dovrebbe mortificare sul nascere la fruizione di un capolavoro con un'esecuzione che risulta subito noiosa?
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Re: Beethoven, quartetti d'archi

Messaggioda VGobbi » mar 13 ott 2015, 19:15

Grazie davvero. Io mi sono avvicinato ai quartetti di Beethoven, grazie a loro. Certo è solo il mio primo ascolto e non ho sentito altre registrazioni con cui fare il confronto. Dovrò rimediare per avere un'idea più precisa.
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Re: Beethoven, quartetti d'archi

Messaggioda teo.emme » mar 13 ott 2015, 22:57

Ti consiglio l'Alban Berg!

Ps: riascoltavo PER SBAGLIO la versione della Grande Fuga per grande orchestra imbastita da Karajan con i Berliner...credo uno dei dischi più brutti della storia della musica.
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Re: Beethoven, quartetti d'archi

Messaggioda VGobbi » mer 14 ott 2015, 22:30

teo.emme ha scritto:Ti consiglio l'Alban Berg!

Ne terrò assolutamente cono. Grazie ancora!
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