Harding... e Barenboim

sinfonia, cameristica e altri generi di musica non teatrale.

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Harding... e Barenboim

Messaggioda vivelaboheme » gio 08 nov 2012, 3:31

Il concerto conclusivo del ciclo dedicato, alla Scala di Milano, ai 70 anni di Daniel Barenboim è stato particolare. Questo il programma e gli interpreti

Prima parte:
L.v. Beethoven: Concerto nr 3 in Do min.
pianoforte: Daniel Barenboim
direttore: Daniel Harding
Prima parte:
L.v. Beethoven: Concerto nr 3 in Do min.

Seconda parte
P.I. Ciaikovsky: Concerto nr.1 in si bem. min.

Si può pure riderci su, visto che il tutto ha scatenato un trionfo di orchestra e pubblico al festeggiato. Ma lo sconcerto resta: qui abbiamo ascoltato due parti di qualità totalmente divresa l’una dall’altra.
Il concerto di Beethoven è stato preparato ed eseguito al limite di figurare come edizione “di riferimento”. Una meraviglia la concertazione e direzione di Harding (suono leggero, trasluicido, fraseggi mobili, tempi adeguati alle necessità del pianista ma senza per questo rinunciare ad una lettura originale quanto plausibile). Bella, d’altra parte, la sia pur “antica” (è sempre così) lettura di Barenboim. Due mondi differenti hanno trovato un dialogo stimolante. Molto bello

Ma, ascoltata la seconda parte, meglio sarebbe stato che ilò concerto finisse lì.
Per la verità, Ciaikovsky era iniziato bene: magnifica l’enunciazione di Harding del celebre tema. Ma, purtroppo, non è materialmente potuto andare oltre in quanto il suo compito – per tutta la durata successiva del concerto (fatti salvi, forse certi rabeschi del movimento centrale) – è stato tenere insieme il tutto a fronte dei cocci (amnesie, fracasso, svarioni metrici) del pianista. Ne è sortita una sorta di melma musicale, fra qualche frammento suggestivo e tanto baccano. Anche Abbado aveva avuto il suo da fare a tenere insieme Chopin rispetto ai cocci di Barenboim. Qui la difficoltà si è riproposta. Harding ha adottato la forse unica soluzione possibile: scomparire e fare ordine nel disordine. Probabilmente ha fatto bene: in caso contrario, si sarebbe rischiato il caos che, comunque, sulla tastiera è stato considerevole.

Ma non era finita. Barenboim è simpatico: lo è stato – da gran signore – nei confronti di Abbado, e gli piace da matti piacere
al suo pubblico. Allora, tre bis. Ok il notturno destrutturato ma almeno forte del ben noto suono perlato. Ok la Valse-Minute ruffianissima e salottiera. Ma improponibile ad un pubblico pagante (come già il Ciaikovsky, anzi peggio) la polacca in la bem. magg., eseguita saltando sul seggiolino e abbattendo mannaiate sulla tastiera in un profluvio di note acchiappate (o non) a casaccio. Per questo genere di esecuzione, esiste il salotto di casa propria, davanti ai nipotini da far ridere. Qui la simpatia deborda in qualcosa d’altro, che non ha più a che fare con una sala da concerto o teatro, né con il rispetto dovuto a Chopin e ad un pubblico. La simpatia può aver “pagato” nei confronti di un pubblico, ma Daniel Barenboim tenga presente che (come era già successo, alla Scala, in occasione di un ben noto Imperatore di Beethoven) c’è chi si è sentito preso in giro e defraudato da tutta la seconda parte del concerto più quella orripilante polacca, un vero insulto a Chopin e alle orecchie di chi l’ha ascoltata.
Esiste un pianista, di nome Krystian Zimerman, che diluisce e dosa le sue esecuzioni, nonché il “suo” Chopin, in base allo studio (ripetiamo: STUDIO) e al “senso”" di dover proporre ad un pubblico un’esecuzione rifinita fino ai limiti della perfezione. Esiste un pianista di nome Pollini, idem come sopra. E’ esitito un pianista di nome Arthur Rubinstein per il quale – ad un’età di 10 o 15 anni superiore ai 70 di Barenboim – l’esecuzione della Polacca in la bem. magg. restava basata su un fenomenale puntiglio esecutivo e di interprete. Al tavolo, con una bibita, è piacevole ascoltare il piano-bar. Alla Scala, no. Neanche con la scusa del compleanno.

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Re: Harding... e Barenboim

Messaggioda DottorMalatesta » gio 08 nov 2012, 12:26

Studiare???!!! E dove lo trova, Barenboim, il tempo di studiare preso com´é dalla sua attivitá di direttore, direttore musicale della Scala, pianista, scrittore e saggista???!!!
Scherzi a parte, condivido le tue perplessitá sul Barenboim pianista. Il fatto é che a mio parere non si puó far tutto bene, e uno deve alla fin fine fare delle scelte (penso ad Askenhazi che ha ridotto l´attvititá concertistica per dedicarsi alla direzione e, al contrario, ad un Domingo tuttofare!!! Oppure al grandissimo Dietrich Fischer-Dieskau, sublime liederista, e poi saggista, direttore d´orchestra, scrittore, pittore.... Si puó far bene tutto??? Mah...). Chi vuol cavalcare troppi cavalli rischia di trovarsi con il fondoschiena per terra!

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Re: Harding... e Barenboim

Messaggioda Triboulet » mar 13 nov 2012, 14:13

vivelaboheme ha scritto:Esiste un pianista, di nome Krystian Zimerman, che diluisce e dosa le sue esecuzioni, nonché il “suo” Chopin, in base allo studio (ripetiamo: STUDIO) e al “senso”" di dover proporre ad un pubblico un’esecuzione rifinita fino ai limiti della perfezione. Esiste un pianista di nome Pollini, idem come sopra. E’ esitito un pianista di nome Arthur Rubinstein per il quale – ad un’età di 10 o 15 anni superiore ai 70 di Barenboim – l’esecuzione della Polacca in la bem. magg. restava basata su un fenomenale puntiglio esecutivo e di interprete.


Mi permetto di puntualizzare su qualche particolare Marco, lo faccio con cognizione perchè appassionato dei tasti bianchi e neri e modesto conoscitore delle incisioni dei grandi cavalieri di questo magnifico strumento. Ok su Zimerman, anche se la sua rifinitissima perfezione non è sempre un merito alle mie orecchie, grandissimo pianista per carità, ma amo certi interpreti più avventurosi e con maggiore "carattere". Gusto fin qui. Pollini, il suo Chopin lo conosco tutto ed è francamente cassabile alle mie orecchie. Il discorso è che esistono, come nel canto, "vocalisti" (es: Rubinstein), "declamatori" (es: Richter), "coloristi" (es: Horowitz)... Marazzi docet...Mi rendo conto che è una semplificazione ancora più pesante che nel canto, ma il senso è che non tutti possono suonare tutto, o meglio possono farlo ma con la conseguenza di non riuscire a quadrare tutti i cerchi che provano a tracciare. Quindi secondo me non è neanche un problema di quantità di lavoro (Doc diceva "se si fa troppo si finisce per far male"), è un problema di scelta del repertorio. Tornando a Pollini, aldilà del fatto che io trovi il pianismo di Pollini più o meno adatto a Chopin (e non per scarsa apertura a letture "nuove": Pogorelich è, sulla carta, lontano anni luce da Chopin, eppure ne propose interpretazioni a mio gusto superbe), il maestro milanese mi dà in Chopin un senso di "buttato là" che contrasta con il carattere iperanalitico che riserva a molte delle sue letture. La perfezione tecnica quindi (certamente presente) mi passa direttamente in secondo piano.



Tutto questo per dire che lo "studio ai limiti della perfezione" serve fino a un certo punto, anzi non garantisce affatto la quadratura del cerchio, che ad esempio pianisti super-fallaci (penso a Horowitz o Cortot, che sbagliava almeno una nota su dieci) hanno saputo realizzare, sempre nel "loro" repertorio d'elezione s'intende.
Barenboim non è certo un'eccezione al discorso (e, diciamolo, non ha la statura nè di Pollini nè di Cortot). Tant'è che nel repertorio tedesco uno può dire che suoni vecchio o poco originale (in realtà penso sia proprio una scelta programmatica la sua) ma quando suona Beethoven o Brahms convince, c'è poco da fare. Quando si tratta di trovare colori evanescenti, ritmi leggeri, colori cangianti, intimismi dolorosi, linee di canto, frivolezze e pathos appassionatamente romantico... insomma la scuola francese e quel che c'è intorno diremmo per semplificare, Baremboim fà abbastanza cilecca (come si potrebbe dire nella declamazione violenta e rapidissima del concerto di Tchaikovski). Si aggrappa ad atteggiamenti interpretativi non suoi calcandone la mano per personalizzarli. E anche i vezzi dei suoi miti (Rubinstein su tutti) diventano grotteschi. Non è vero che Rubistein dal vivo fosse puntiglioso e impeccabile, anzi sapeva essere assai appassionato ed "esteriore": il saltello sullo sgabello, i passaggi confusi perchè troppo roboanti, i finaloni col botto e le mani su e giù erano peccati "spettacolari" che ne caratterizzavano il personaggio dal vivo (giacchè su disco era altra cosa).



Poi uno può dire che porta a casa un'esecuzione meravigliosa (vero), migliore in termini di precisione e di interpretazione di quella di Barenboim (non faccio fatica a crederlo, anche se ho pescato uno dei migliori concerti di Rubinstein, che ogni tanto ne combinava pure di pasticci), ma insomma.. è il ragionamento in sè che non mi convinceva, "esecuzione rifinita e precisa = buona esecuzione", oppure "esecuzione spettacolare e imprecisa = cattiva esecuzione", io penso che il discorso sia più complesso, tutto quì.
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Re: Harding... e Barenboim

Messaggioda vivelaboheme » mar 13 nov 2012, 18:31

Grazie della risposta. Non sono molto d'accordo (anzi lo sono pochissimo) sulle tue considerazioni sul Chopin "di" Pollini. Nè lo sono su quanto affermi di Zimerman. Per il resto la tua riflessione è interessante. Ma ti assicuro che la recente proposta, alla Scala, della polacca in la bem. magg. da parte di Barenboim andava oltre qualunque tuo o mio discorso. Nel senso che il luogo per un'esibizione di questo tipo sarebbe stato il salotto di casa propria davanti ai nipotini. Era al di sotto di qualunque soglia di accettabilità.


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Re: Harding... e Barenboim

Messaggioda vivelaboheme » mar 13 nov 2012, 18:33

...o al di sopra di qualunque soglia... insomma, uno sfacelo


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Re: Harding... e Barenboim

Messaggioda DottorMalatesta » mar 13 nov 2012, 22:27

Caro Triboulet,
premesso che sono un rozzo zoticone e che quindi Chopin non è il compositore che mi porterei sull'isola deserta :mrgreen: , cos'ha lo Chopin di Pollini che non va? Io lo trovo di grande sobrietà (cosa che me lo rende meno intollerabile...), ma ammetto la mia ignoranza sull'argomento...

Ciao,
Doc

P.S.: certo che Chopin-Barenboim è un'accoppiata da sadomasochismo puro!! :twisted: :twisted: :twisted:
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Re: Harding... e Barenboim

Messaggioda Triboulet » mer 14 nov 2012, 11:22

DottorMalatesta ha scritto:Caro Triboulet,
premesso che sono un rozzo zoticone e che quindi Chopin non è il compositore che mi porterei sull'isola deserta :mrgreen: , cos'ha lo Chopin di Pollini che non va? Io lo trovo di grande sobrietà (cosa che me lo rende meno intollerabile...), ma ammetto la mia ignoranza sull'argomento...


Per carità, non ha niente che non va in senso assoluto, ci mancasse. E' come se mi dicessi "cos'ha la Butterfly della Freni che non va"... io ho precisato che aldilà del gusto personale (trovo lo Chopin di Pollini troppo incolore per il mio gusto, a tratti anche troppo tagliente/marziale - come nelle sonate - a limite salvo i Preludi), Pollini mi dà la sensazione di buttare un po' via certi passaggi della scrittura chopiniana, lui che invece di solito dimostra attenzione maniacale al dettaglio. Trovo Pollini insuperabile nella letteratura del '900 (Stravinsky, Bartok, Schoenberg ecc.), per il resto gli preferisco altri interpreti. Su Chopin poi (che ormai ascolto pochissimo) ho maturato gusti difficilissimi, che non sto a dire visto che non è thread dedicato e forse non interessa a nessuno : Chessygrin :

Ti butto lì solo qualche esempio di sobrietà applicata a Chopin più di mio gusto (diciamo tutti interpreti che, sulla carta, sarebbero "anti-chopiniani" in senso tradizionale):











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Re: Harding... e Barenboim

Messaggioda vivelaboheme » gio 22 nov 2012, 16:54

Triboulet, resto in disaccordo quanto alla tua idea di Pollini, ma trovo interessanti gli esempi proposti. Comunque, il grande Pogorelic (quello degli anni buoni, adesso, ahimè, è umanamente ammirevole, ma...) era super-chopiniano, certo a modo suo.
Visto che hai sensibilità particolare, vorrei due pareri pianistici. Uno dei personaggi è storicamente noto, l'altro è cosa da cultori. Allora

a) Samson Francois
b) Igor Kamenz


Ciao
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Re: Harding... e Barenboim

Messaggioda Triboulet » gio 22 nov 2012, 22:54

Oh sì, il Pogo era un grande chopiniano... ma mooolto alla maniera sua : Chessygrin :, non certo nella comune percezione. A me piace tantissimo, ma ricordo che quando da ragazzino andai a sentirlo dal vivo c'era una signora accanto a me che continuava a dire: "ma dov'è il sentimento?" :lol:
Pogorelich è stato veramente un genio, e non ha sbagliato un disco, da Chopin a Haydn, da Listz a Mussorgsky. Ma non è per tutti.
Per fare un altro esempio, io amo molto i notturni di Weissemberg (mentre trovo le sonate terribili), ma non lo diresti certo "interprete chopiniano".

Hai tirato fuori due personalità molto forti e molto controverse. In Francois vedo anche molta sostanza (oltre all'istino, l'arbitrarietà, per non parlare di tutti i contorni mitici del suo personaggio). Per rimanere in tema Chopin, il suo cofanetto è quello che consiglierei per chi volesse avere un'idea di quest'autore con un unico acquisto (fatta eccezione forse per Notturni e Preludi, dove preferisco un altro tipo di approccio). Sulle danze in particolare (Mazurke, Polacche, Valzer ecc.) Francois ha una sensibilità, una libertà ritmica, un fraseggiare, e soprattutto una naturalezza per me quasi imbattibili. Certo è uno stile "alla francese" (le mazurke di Wasowski sono altrettanto belle, ma di polarità opposta), con tutti i vezzi che si porta appresso quella scuola. Eppure, la sua Fantasia è una delle migliori mai ascoltate, e anche i suoi Scherzi sono notevoli. Mi piace molto anche in Ravel (stupefacente nella Pavane quanto in Scabro, per fare due esempi agli antipodi). Meno in Debussy e Faurè, dove ho altre preferenze, ma rimane un cavallo di razza, a patto di accettare la sua personalità debordante.

Kamenz lo conosco meno, e solo per Liszt e Rachmaninov. E' stato da più parti additato come il nuovo Gould, anche per alcuni atteggiamenti molto simili al pianista canadese (faccette, sedia di legno e abbigliamento non istituzionale, uso dello staccato ecc). Ha i suoi momenti, alcuni davvero emozionanti/esaltanti, ma mi risulta piatto, pretenzioso, superficiale un minuto dopo (e poi magari di nuovo meraviglioso). Il suo pianismo è pure molto istintivo ma lo trovo incostante e esteriore, non ci leggo un disegno generale dietro, una costruzione del suono come in altri pianisti pure molto "outsiders". Magari mi suggerisci tu un disco che mi può far cambiare idea.

In linea generale ascolto tanti giovani interessanti (giovani, in gergo pianistico, vuol dire "under 50", intendiamoci : Chessygrin : ), molto interessanti a volte, ma le ultime vere, peculiari, grandi personalità - sempre a mio avviso modestissimo - sono individuabili tra i nati negli anni '50 (Sokolov, Pletnev, Pogorelich, Gavrilov, Kocsis, Katsaris per citare i miei preferiti), e non ti saprei spiegare neanche perchè. Ci sarebbe Kissin, peccato che non mi piaccia affatto (tranne quand'era bimbo prodigio, quando suonava senza sovrastrutture). Tra i giovanissimi trovo spesso più interessanti le donne degli uomini, ma sarà un caso immagino.
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Re: Harding... e Barenboim

Messaggioda vivelaboheme » ven 23 nov 2012, 15:15

Eh non è facile consigliare ascolti-disco di Kamenz in quanto sono... pochissimi. Va detto che la personalità è realmente border-line. Saprai che, da giovane, girava con una strana mamma, che gli imponeva tutti i concorsi della terra (alla Scala, al Ciani, contestammo in parecchi la giuria presieduta da Muti, che lo bocciò e premiò tale insignificante Martinez-Menhez, praticamente sparìto) e che il modo e i comportamenti esulano un po' da una "norma" (ammesso che la normalità sia un valore). Ritengo il SUONO in primo luogo (e il fraseggio) di Kamenz, nei momenti migliori, qualcosa di pianisticamente inaudito. Poi, certo, è "irregolare". Non so neppure se sia ancora in attività o se sia tornato al suo (sì, questa è la sua storia) distributore di benzina. Qualche disco, comunque c'è. Potrei dirti di ascoltare la "sua" "Chiaro di Luna" di Beethoven: veramente lunare e con un pazzesco finale. Il Carnaval di Schumann (inarrivabile, neanche avvicinato da chiunque)... e tante altre cose. Spiace che una personalità così "unica" abbia cozzato con la "professoralità" spesso mediocre delle giurie da concorso (Argerich potrebbe raccontare la sua giusta difesa del giovane Pogorelic) e non abbia trovato, nell'ambiente, il sostegno che - mediando sulla psicologia particolare in omaggio al talento - ne avrebbe fatto un grande, anche pubblicamente e non solo per chi (ascoltatore magari un po' più attento) abbia avuto la fortuna, nella vita, di ascoltarlo. Igor Kamenz è una delle più grandi occasioni buttate dalla rigidezza dell'establishment musicale. Forse ci sarebbe ancora tempo per rimediare, ma le mie ultime notizie di suoi concerti (sempre con critiche esaltanti, ed è questo che alla fine fa pensare)sono di un paio d'anni fa.

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Re: Harding... e Barenboim

Messaggioda vivelaboheme » mer 28 nov 2012, 16:10

(Estratto da "Non Manuale per il pianista", di Alberto Guccione)

Igor Kamenz ovvero la leggenda del pianista sull’oceano

<"Ho avuto il piacere e la fortuna di ascoltare Igor Kamenz dal vivo; definito da un critico come il nuovo Glenn Gould, nessuno riesce a spiegarsi perché facesse il benzinaio (lui dice che è un lavoro sicuro). Eterno secondo ai concorsi pianistici internazionali, intenso e geniale in ogni sua esecuzione.
Ricordo, quando assistetti ad un’edizione del concorso pianistico internazionale Rina Sala Gallo, che entrando ad ascoltare, incastrato tra i due tendoni dell’ingresso, vengo letteralmente investito dal finale dell’opera 35 di Chopin; non l’avevo mai sentito eseguire in questo modo: graffiante, completamente svestito del pedale di risonanza, ma la cosa più particolare che ho avvertito era un suono che sembrava entrare nelle cellule. Guardo sul palco e vedo un ragazzo sorridente, un po’ scoordinato, in maniche di camicia: Igor Kamenz. Me ne innamoro subito e seguo tutte le sue prove – un Carnaval che sembra fatto da Rachmaninov, un Mozart finalmente libero, intenso e pieno di gioia, la Fantasia op. 49 di Chopin che ancora oggi invano cerco di ritrovare negli altri esecutori, i Tre movimenti da Petrouska: mi unisco alle corali proteste del pubblico sempre più partecipe quando viene proclamato... secondo. Oggi come oggi non posso neanche dar torto alla giuria: come si fa a classificare un genio? Quando penso ad Igor Kamenz penso agli svantaggi che ne possono derivare avendo a che spartire con la osei centrale. Immaginazione pura, un suono che sa arrivare dentro e soprattutto una sconcertante e scomoda originalità; mi hanno impressionato in questo senso, le testimonianze di alcuni pianisti che in alcuni blog – quando cercavo invano sue notizie – hanno quasi
ricevuto una svolta vocazionale, unitamente a un rimpianto del suo suono e a cui posso unirmi confermando con la mia esperienza personale: un suono che nutre e che dilata il tempo.
Pianisticamente parlando non riuscivo a capire come facesse a mettere le mani sulla tastiera e far arrivare il suono dopo o a far "ruggire" il pianoforte; non ho mai sentito dei pianissimi così significativi e pieni di silenzio. Che dire poi della sua postura e della sua gestualità? Dieci minuti per arrivare ciondolante al pianoforte, altri dieci minuti perché deve andare a cambiarsi la giacca che gli sta stretta, ma poi, quando è seduto allo strumento, raramente ho visto una persona più dritta di lui.
Igor Kamenz mi fa pensare al protagonista della Leggenda del pianista sull’oceano, che non riesce a scendere dalla nave su cui suona, vive e improvvisa per la gente. “Là fuori il mondo è troppo grande. Dentro ottantotto tasti creo un universo, fuori c’è una tastiera che non posso suonare...”
La osei centrale è paragonabile ad un potente microscopio, di un’intensità tale che ci permette di scorgere i particolari e la vita che gli altri non possono scorgere. Se solo potesse dialogare con gli altri aspetti fondamentali della sua naturalezza umana (il trombettista del film, per intenderci), avremmo tra di noi un pianista che fa la storia. Ma non è ancora detta l’ultima parola, e bisogna vedere poi se gli interessa. Auguri, Igor>.

Sono storie ed impressioni che chiunque abbia avuto la fortuna di vedere ed ascoltare Kamenz ha vissuto. Per questo ho trascritto quanto sopra.
Nel frattempo ho saputo che l'anno passato ha dato qualche raro concerto. Se penso a certi fenomeni mediatici privi di qualunque spessore musicale, non avere Igor Kamenz nelle nostre sale da concerto è un delitto di leso pianismo. Mi piacerebbe che qualche direttore artistico o addetto ai lavori nostrano leggesse... e provvedesse.
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Re: Harding... e Barenboim

Messaggioda MatMarazzi » sab 01 dic 2012, 10:18

Triboulet ha scritto:Su Chopin poi (che ormai ascolto pochissimo) ho maturato gusti difficilissimi, che non sto a dire visto che non è thread dedicato e forse non interessa a nessuno


E invece penso che interessi a molti.
A me senz'altro.

Per altro (anche se io sull'arte pianistica sono davvero un "rozzo zoticone", altro che Vizzardelli che invece è espertissimo) condivido le tue perplessità sullo Chopin di Pollini.
Mi pare che si senta quasi in dovere di ...salvarlo! :) cosa che, per il povero Pollini, significa travestirlo in foggia "pre-novecentesca".
Vecchia prassi che già fallì con Verdi... :)

Proseguite senz'altro, se avete tempo, il discorso sui grandi interpreti di Chopin.
E' interessantissimo.

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Re: Harding... e Barenboim

Messaggioda vivelaboheme » lun 03 dic 2012, 19:10

E' legittimo, come accade a qualunque ascoltatore con qualunque interprete, che alla lettura di Pollini se ne possano preferire altre.
Credo tuttavia che alcune sue prove in Chopin restino come autentici capisaldi. Di una sono certo per sempre: l'incisione giovanile degli Studi, a mio avviso insuperata. Quel suono, quell'articolazione sono un miracolo.
Penso che Pollini, nel suo assoluto amore e stima della grandezza di Chopin, sentirebbe come un affronto l'idea che le sue esecuzioni "educhino" in qualche modo la musica del polacco.
Attenzione poi a "classificare" una volta per tutte un interprete: trovo significativo che proprio il "novecentista" Pollini abbia scelto, in questi ultimi anni, come partner privilegiato per i concerti di Brahms, un direttore quale Christian Thielemann, insieme al quale, dopo aver eseguito un Primo Concerto di insospettabile lirismo, affronterà a breve il concerto nr 2, a Dresda.

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Re: Harding... e Barenboim

Messaggioda MatMarazzi » gio 06 dic 2012, 21:07

vivelaboheme ha scritto:Attenzione poi a "classificare" una volta per tutte un interprete: trovo significativo che proprio il "novecentista" Pollini abbia scelto, in questi ultimi anni, come partner privilegiato per i concerti di Brahms, un direttore quale Christian Thielemann, insieme al quale, dopo aver eseguito un Primo Concerto di insospettabile lirismo, affronterà a breve il concerto nr 2, a Dresda.


Non di meno, caro Marco, lui e Thielemann mi hanno appena inferto una bella fregatura! :)
Fra pochi giorni sarò alla Philharmonie, dove avevo comprato un biglietto nella speranza di sentire il primo di Brahms.
E invece, qualche giorno fa, il concerto si è trasformato nel K467 di Mozart.
Per carità, sarà comunque un gran sentire... Non di meno mi chiedo il senso di questa sostituzione.
Tu come la spieghi?

salutoni,
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