Riccardo Muti

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Re: Riccardo Muti

Messaggioda Triboulet » dom 30 set 2012, 17:39

DottorMalatesta ha scritto: Il suo Tchaikowski senza rubato, così nervoso ed incalzante sarà anche proiettato nel novecento (voltando decisamente la schiena a certe interpretazioni melense e malsane), ma ti assicuro che la sua sesta ascoltata dal vivo annoiava dopo i primi dieci minuti.


Questo è sempre un problema interpretativo. Possiamo dire che a te non piace questo tipo di impostazione, io il video della sesta diretta da Karajan ormai lo trovo insostenibile per il motivo contrario. Posso arrivare a preferire anche Solti a Giulini (grandissimo, hai ragione!) perchè nonostante la raffinatezza della ricerca di una profondità sonora, del dettaglio, della sfumatura, trovo insostenibilmente lenti alcuni suoi tempi e poco incisive alcune sue soluzioni: anche il ritmo, per dire, è un parametro non di poco conto, e chi mi dice che io devo sacrificare il ritmo, la concitazione, l'azione drammatica a favore della profondità e del dettaglio? Il discorso è cercare di capire quanto più oggettivamente possibile con chi abbiamo a che fare. L'hai detto anche tu, soggettività ok ma fino a un certo punto. Il Beethoven di Furtwangler è considerato intoccabile (a ragione), ma difficilmente mi ritroverei oggi ad ascoltare un Beethoven suonato così. Allora come facciamo?
Secondo me le riflessioni da fare sono:
1 - la tecnica
2 - l'impatto storico della visione interpretativa (il Wagner di Solti, come altrove diceva Maugham mi pare, può essere considerato oggi di più basso profilo, ma a quanto pare fu una bella botta in quel periodo)
3 - la curiosità intellettuale

altrimenti cadiamo nel tranello che "Walter è meglio di Klemperer" perchè ci prende di più...

Una spiegazione prova ad offrirla Mat dicendo:
MatMarazzi ha scritto:Abbado rispetto a Muti, mi sembra un esempio di apertura al mondo; il suo Musorgskij, il suo Verdi, persino il suo Berg aprivano dinamiche eccitanti con la contemporaneità; ci si poteva riconoscere davvero (mentre era impossibile riconoscersi nel Mozart di Muti).


Euppure Abbado è "rispetto a Muti" un esempio di apertura, non già "contemporaneo" in senso assoluto. Allora come mai quel contributo "di poco maggiore" è diventato nelle opinioni di molti appassionati così esasperato? perchè Abbado è più "coinvolgente"? (come era più coinvolgente il suono dei Berliner di Karajan rispetto a quello dei Berliner di Rattle? in giro se ne leggono tante anche in questo senso...). Soggettività quindi. Oppure perchè Muti è più "cattivone"? perchè tutti asserviti alla concezione del Maestro (con la emme maiuscola). Ora, perché necessariamente questa visione gerarchica? Perché non si può pensare all'opera come ad una collaborazione tra grandi personalità, ciascuna delle quali chiamata a fare il proprio meglio? ... e allora Karajan e Celibidache? ti parevano democratici? Non so se mi sono spiegato meglio....
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Re: Riccardo Muti

Messaggioda Tucidide » dom 30 set 2012, 18:37

DottorMalatesta ha scritto:
Triboulet ha scritto:Parliamo dell'opera italiana. In Verdi, se mi costringessi a scegliere fra i due, prenderei Muti. Il Verdi di Muti sarà anche implacabile e talvolta quasi bandistico, ma secondo me rimane italianissimo almeno negli intenti, non saprei riassumerti la sensazioni in termini diversi (fermo restando che Muti ha diretto cose che Abbado non si sognerebbe mai di toccare per snobbismo intellettuale, tipo Ernani o Attila e persino Trovatore).


Ok. By the way, perché quasi nessuno ricorda il Verdi di Sinopoli??? Bandistico come nessun altro, lontanissimo dal concetto di italianità come nessun altro, eppure splendido? Perché ridursi alla dicotomia Muti-Abbado?
L'Attila di Muti è adrenalina pura, è cocaina pura (!!!!) ma dopo cinque minuti l'effetto scema, non è possibile mantenere una tensione estrema per troppo tempo, fisiologicamente il cervello si adatta, subentra un effetto di saturazione!!!

Sarà... a me il Verdi di Sinopoli sembra non bandistico, ma volgare, gigione e casinaro. Quello di Muti (il primo Verdi, più Aida e Forza del destino solo in disco) per me è bandistico ma elettrizzante. E' un fatto di suono, sempre lucente e brillante, di coerenza ritmica e di rigore musicale. Fra l'altro non è poi vero che nella cavatina di Odabella sia così asfissiante. Se noti, nella ripresa della cabaletta "Da te questo or m'è concesso", Muti rallenta, in modo graduale e senza far quasi percepire la variazione agogica. Devo però ammettere che certe sue direzioni verdiane non mi piacciono: la Traviata Emi, per esempio, troppo grigia e spenta, a senso unico e senza contrasti, e anche il Trovatore della Scala (forse una delle sue cose peggiori) insensibile e con scelte di tempi che penalizzano i cantanti (specie il tenore).

Secondo me, comunque, Muti ha il suo punto di forza nella "pulizia" e nel rigore. Emerge laddove la prassi esecutiva classica è tronfia e magniloquente, perché di norma adotta un suono più secco e terso, quasi freddo, che spesso spalanca orizzonti intepretativi inusitati. La sua Tosca è una delle poche a porsi sulla scia di quella di De Sabata, abbandonando i coloroni rutilanti di Karajan I, Levine, Mehta, Solti, le bellurie di Karajan II e il fracasso intellettualistico (sì, lo so... qui sono cattivo :roll: ) di Sinopoli. A me è piaciuta anche la sua Manon Lescaut della Scala (peccato per un cast inqualificabile).
La sua Cavalleria e i suoi Pagliacci, poi, come ho già detto più volte, mi piacciono un sacco. Lasciano da parte i suoni sgargianti di Karajan (cosa avrà poi di innovativo Karajan nel dittico verista? Mah...) e compagnia per narrare due vicende cupe e violentissime con suoni scabri e asciutti, senza fare cartoline (niente Sicilia da aranci olezzanti e muriccioli assolati, e aggiungo: FINALMENTE!!!). Poi, sarà solo una belluria, ma quando sento "Vanno laggiù, verso un paese strano" con un rallentando quasi ipnotico (che fa solo lui), mi emoziono e capisco la bellezza della ballata di Nedda.

Invece in Mozart e nel Settecento non mi è mai sembrato veramente interessante. La sua direzione de "I due Figaro" di Mercadante mi ha fatto sorgere il sospetto che un altro repertorio che potrebbe convenirgli è quello buffo di primo Ottocento (ma un'opera sola è un po' poco per giudicare).

Il confronto con Abbado è un affare troppo complicato. Per ora leggo ma non intervengo. :mrgreen:
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Re: Riccardo Muti

Messaggioda DottorMalatesta » dom 30 set 2012, 20:58

Triboulet ha scritto:Allora come facciamo?
Secondo me le riflessioni da fare sono:
1 - la tecnica
2 - l'impatto storico della visione interpretativa (il Wagner di Solti, come altrove diceva Maugham mi pare, può essere considerato oggi di più basso profilo, ma a quanto pare fu una bella botta in quel periodo)
3 - la curiosità intellettuale


Caro Triboulet,
se la metti così, allora la risposta su chi dei due sia il più grande viene davvero... spontanea (IMHO!!!!):
1- tecnica: penso parimerito (non avendo mai suonato sotto nessuno dei due ;-) ).
2 - l'impatto storico della visione interpretativa: netta superiorità di Abbado in campo operistico (un Verdi epico, mitteleuropeo; uno dei protagonisti masssimi della Rossini renaisssance; uno dei primi grandi interpreti di Musorgskij, Berg e Debussy) e sinfonico (Mahler, Beethoven Schubert). Il Verdi di Muti non brilla di pari originalità o impatto storico ponendosi sulla scia dell'interpretazione toscaniniana. Muti resta tuttavia interprete di riferimento per il Tell e il Dittico Cav-Pag (forse la sua migliore interpretazione operistica, concordo pienamente con Tucidide), e gli va riconosciuta un'ottima resa in campo sinfonico per alcuni autori "coloristici" (Scriabin, Liszt).
3- la curiosità intellettuale: nettissima superiorità di Abbado (ricordo i cicli tematici a Vienna e Berlino, con continui rimandi tra opere musicali, teatro, e arti figurative e letterarie; collaborazioni con alcuni registi interessanti e grandissime personalità del secolo; riscoperta di alcune grandi opere: Simone, Macbeth, Wozzeck, Boris, Viaggio a Reims, Pelleas; le sinfonie di Beethoven incise con i Berliner accostandosi al rigore filologico ma mantenendo sempre uno sguardo alla tradizione...). Muti: beh... devo ricordare cosa accadde alla Scala nel ventennio di oscurantismo???!!!

Per quanto riguarda il Verdi di Sinopoli (chiamato in causa per attenuare la dicotomia Muti-Abbado), mi riprometto di rispondere a Tucidide in altra sede (preferisco restare in topic)!

P.S.: a volte la contrapposizione Muti-Abbado ricorda quella Callas-Tebaldi. Magari oggi avessimo ancora entrambe!!!!!
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Re: Riccardo Muti

Messaggioda Triboulet » lun 01 ott 2012, 1:41

DottorMalatesta ha scritto:l'impatto storico della visione interpretativa: netta superiorità di Abbado in campo operistico (un Verdi epico, mitteleuropeo; uno dei protagonisti masssimi della Rossini renaisssance; uno dei primi grandi interpreti di Musorgskij, Berg e Debussy) e sinfonico (Mahler, Beethoven Schubert). Il Verdi di Muti non brilla di pari originalità o impatto storico ponendosi sulla scia dell'interpretazione toscaniniana.


Aldilà del fatto che se Muti si pone su una scia di tradizione toscaniniana Abbado assorbe la lezione di Bruno Walter (da lui citato spessissimo) e di Karajan in maniera abbastanza evidente. E questo non mi pare un limite nè in un caso e nè in un altro. E' proprio il Verdi epico mitteleuropeo che gli contesto... ok, punti di vista, però per me fare Verdi negli anni 70 come lo facevano già i tedeschi negli anni '30 (e in modo parimenti se non più affascinante) non è che sia una conquista dell'interpretazione. Pure il Macbeth scaligero della Callas (1952) era epico e filoteutonico. Protagonista della Rossini renaissance? perchè ha diretto Barbiere, Cenerentola e Italiana? opere già in repertorio che cantava la Simionato negli anni '40... forse solo il famoso Viaggio a Reims "all-stars" è stato un colpaccio (anche merito delle stars). E allora scusami ma Gavazzeni che incideva il Turco con la Callas nel '54 era fantascienza a questo punto (per non parlare di tutto quel che si è allestito e registrato negli anni '60 e '70). Convengo con la bontà delle interpretazioni di Musorgskij, Berg e Debussy, però Boris, Wozzeck, Pelleas... erano tutte opere istituzionalizzatissime quando Abbado ci è arrivato, l'avevano incise gente come Bohm, Kleiber, Karajan, Boulez che mi paiono certo grandi interpreti (il Pelleas bellissimo con la Von Stade di Karajan, il Wozzeck con Fischer-Dieskau, per non parlare del Boris di Golovanov - direttore stratosferico - che credo sia dei primi anni '50... per citarti le mie incisioni preferite).

DottorMalatesta ha scritto:3- la curiosità intellettuale: nettissima superiorità di Abbado (ricordo i cicli tematici a Vienna e Berlino, con continui rimandi tra opere musicali, teatro, e arti figurative e letterarie; collaborazioni con alcuni registi interessanti e grandissime personalità del secolo; riscoperta di alcune grandi opere: Simone, Macbeth, Wozzeck, Boris, Viaggio a Reims, Pelleas; le sinfonie di Beethoven incise con i Berliner accostandosi al rigore filologico ma mantenendo sempre uno sguardo alla tradizione...). Muti: beh... devo ricordare cosa accadde alla Scala nel ventennio di oscurantismo???!!!


Anche quì, te lo dico con tanta stima e simpatia :wink: , non mi sembri molto obiettivo doc... ok che a Vienna e Berlino si respirava aria diversa (perchè Abbado alla Scala non fu certo così tanto europeista, ma forse mi sbaglio), e siamo daccordo che Muti da un certo punto in poi si sia "rinchiuso" letteralmente... epperò quando mi parli di "riscoperta di grandi opere" e mi citi quasi tutte opere ampiamente in repertorio da almeno 20 anni prima di Abbado (se non di più)... allora Muti che suona Lodoiska, Agnese, Europa Riconosciuta cos'è? un archeologo!! Le sinfonie beethoveniane "tra filologia e tradizione" arrivano 10 anni fa, molto belle te ne do atto, ma si tratta comunque di un lavoro di sintesi e, se mi permetti, di "aggiornamento forzato", che comunque non riesce a competere con le letture realmente rivoluzionarie degli ultimi 30 anni (a partire dal bistrattatissimo Norrington degli anni '80, che comunque ebbe il pregio di smuovere le acque) nè con quelle della tradizione (se voglio la tradizione prendo Klemperer, lentissimo e monumentale ma con una tensione e una profondità che ti mangia). Ecco perchè dicevo risultato pregevole ma scelta furbetta (come pure l'integrale di Rattle, che preferisco ma che è su quella falsariga). Tanto vale Baremboim, che si rifà palesemente all'estetica pre-Karajan e che, a suo modo, porta a casa un integrale unico nel suo essere spudoratamente retrò.

PS: Callas-Tebaldi? ora abbiamo Dessay-Netrebko... culturalmente (se non vocalmente) ci abbiamo quasi guadagnato :D

x Tuc: accidenti, sembra che io mi debba procurare Cavalleria-Pagliacci! ne parli in maniera così entusiastica...
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Re: Riccardo Muti

Messaggioda DottorMalatesta » lun 01 ott 2012, 9:09

Caro Triboulet,
con altrettanta stima e simpatia ;-) ma non verrai davvero a dirmi che ritieni Muti interprete storicamente superiore ad Abbado, vero?
Se parliamo ai rimandi storici, penso che il riferimento di Abbado a Walter vada inteso soprattutto in ambito sinfonico, non operistico. Per inciso poi penso che per quanto riguarda la Rossini renaissance, non si possa né si debba dimenticare la lezione interpretativa di Gui. Ma non vorrai negare che il trittico rossiniano abbadiano + il viaggio a Reims siano incisioni meravigliose (tra l'altro storicamente rilevanti in quanto adottano per prime l'edizione critica!) e tuttora di riferimento.
Certo, se pensiamo ai riferimento storici non ne usciremo mai: troveremo sempre qualcuno che prima dei due si è posto come interprete di riferimento (e concordo al 100% con quanto hai già scritto tu: Karajan nel Pelleas, Bohm nel Wozzeck, Gui e Gavazzeni in Rossini, etc.). Però bisognerebbe guardare ai due con una valutazione complessiva degli approcci interpretativi (certo tenendo in conto dell'originalità interpretativa, ma anche della bontà dei risultati).
E poi secondo me uno non può essere considerato un direttore veramente completo se alla direzione d'opera non affianchi in maniera regolare la direzione del repertorio sinfonico (anche qui si vede la profondità interpretativa e la tecnica, pensa a quanta competenza sia necessaria per dirigere bene Bruckner o Mahler, ma anche Schubert e Beethoven!): e con questo penso anche a Celibidache e allo stesso amatissimo Kleiber : Love : , eccelsi direttori, ma maledettamente incompleti (soprattutto qui sta il loro limite). Ora la faccenda (per me) è abbastanza chiara: Abbado è direttore completo, Muti non altrettanto (e con questo non voglio dire che completezza sia sinonimo di grandezza). Gavazzeni? Un grande, concordo con te, ma un grande direttore d'opera (e con questo viva l'opera, ci mancherebbe altro!!!!!). Un interprete storico? Beh... dipende, in certo repertorio operistico sicuramente sì. Ora Muti può essere davvero considerato interprete storico? E in che ambito? I più direbbero in Verdi (anche se, lo ripeto, le sue cose migliori per me restano il Tell (in italiano : Andry : ) e il dittico Cav-Pag, splendido te lo raccomando!!). Muti interprete storico di Verdi? :shock: :shock: :shock: Mi spiace ma sull'eccellenza di Muti in Verdi non sono affatto d'accordo.
Quando Muti interpreta Verdi è indubbio il riferimento diretto a Toscanini (peraltro riconosciuto dallo stesso Muti). Ma secondo me non si tratta di un ulteriore avanzamento interpretativo, ma per lo più di uno scimmiottamento dei tempi, senza che mai (o quasi mai) vi si possa riscontrare la stessa tensione, la stessa concitazione drammatica (anche tralasciando il fatto che mai Toscanini si sarebbe lasciato andare a trovate effettistiche fini a se stesse come quelle che ho ricordato ieri: Toscanini sapeva iniettare il dramma sempre e comunque, e sapeva ben alternare sistole e diastole, tensione e rilassamento; in Muti tutto è invece sottolineato allo spasimo, e, lo ripeto, ho dei dubbi che Muti con altri tempi e altre sonorità riuscirebbe ad ottenere lo stesso (peraltro epidermico) effetto in molte cabalette o finali d'atto. L'esempio di Traviata mi sembra lampante! (ma anche Ballo ed Otello sono là a dimostrare un abisso interpretativo tra i due: non è solo una questione di bel suono, chiaro che l'orchestra di Muti è nettamente superiore, ma proprio di tensione drammatica che pervade l'essenza dell'opera e viene creata dall'interno anziché restarne alla superficie perché apposta artificiosamente dall'esterno). Spero che Enrico o qualche altro Toscaniniano DOC mi dia man forte!!! ;-)

Ciao!
Malatesta

P.S.: parli di contrapposizone Dessay-Netrebko? Beh... ma lì la partita è vinta in partenza!!!! Per Natalie sono disposto a battermi in duello (mentre non farei lo stesso per difendere Abbado: i suoi dischi parlano chiaro!!) ;-) Però, attenzione, secondo me il confronto non è dei più appropriati né per repertorio né per impostazione vocale...
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Re: Riccardo Muti

Messaggioda Tucidide » lun 01 ott 2012, 11:52

Triboulet ha scritto:x Tuc: accidenti, sembra che io mi debba procurare Cavalleria-Pagliacci! ne parli in maniera così entusiastica...

DottorMalatesta ha scritto:il dittico Cav-Pag, splendido te lo raccomando!!

Un assaggio solo, uno dei momenti più belli: la ballata di Nedda. A me la Scotto non piace completamente, e confesso di avere qualche problema con lei (ossia, non è una delle mie cantanti preferite, decisamente), ma è come sempre un mostro di profondità di fraseggio; io comunque resto tutte le volte basito dalla profondità dell'accompagnamento.

I momenti illuminanti sono diversi a mio modo di sentire: quel colpo secco degli archi su "Ah, s'ei mi sorprendesse" che diventa un sinistro sottofondo su "brutale com'egli è"; i colori con cui l'orchestra si scioglie prima di "Oh, che bel sole di mezz'agosto", tersi e non sgargianti; la nettezza delle "strida" prima dell'avvio della ballatella (compresi gli arpeggi sotto "annunziava, comprendeva il lor canto); il tempo giustissimo della ballata, con quel rallentando su "vanno laggiù, verso un paese strano" (lo fa un po' anche Matacic, ma non con questo effetto di sospensione) che sembra quasi paralizzare la melodia, a rappresentare l'ansia e la paura per un momento di estasi destinato a svanire: fra l'altro, non so se è voluto, ma la Scotto sembra quasi perdere il tempo, entrando leggermente in ritardo, con un effetto comunque strepitoso... per me insomma è una prova direttoriale tecnicamente e interpretativamente maiuscola. 8)
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Re: Riccardo Muti

Messaggioda Luca » lun 01 ott 2012, 15:47

Come brano è molto interessante soprattutto per merito della Scotto che ha il torto (come qualche critico ha rilevato) di essere, a tratti, troppo sofisticata e far prendere a Nedda (povera guitta di paese) movenze da gran dama quasi fosse Adriana Lecouvreur o Donna Anna. Però come al solito la cantante ligure (che per me resta una grandissima personalità operistica) ha una profondità della parola che occorre tornare a certi fraseggi della Callas per trovare altrettanto.
Quanto alla direzione, non mi entusiasma molto, anche se suona bene e rende l'atmosfera italiana della vicenda. Si nominava von Matacic (che però aveva la Amara come Nedda :roll: ), ma credo che l'edizione Karajan DGG, nella sua diversità da Muti, resti un pò sovrana. Almeno per me...

Saluti, Luca.
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Re: Riccardo Muti

Messaggioda teo.emme » mar 02 ott 2012, 22:44

Vorrei dire pure io la mia, visto che l'argomento è particolarmente interessante!Premetto che non sono "fan" di nessuno dei due direttori (anche se trovo piuttosto ridicolo il "culto della personalità" che accompagna Abbado...tale da sfiorare il parossismo: l'unico direttore che "gode" di club organizzati - quasi sette esoteriche - laddove non mi sembra che altri pur grandissimi maestri "beneficino" di tale devozione...non mi risulta esistano "gardineriani itineranti", "bouleziani impenitenti", "minkowskiani irredenti" etc...). Detto questo trovo che entrambi i direttori siano sproporzionatamente amati e odiati (a mio giudizio, s'intende). Con una contrapposizione talmente netta da riguardare non solo gli aspetti musicali, ma anche posizioni politiche, ideologie, senso della vita e visioni del mondo. Troppo direi. Credo, anzi, che esista sia una leggenda nera (per Muti, che lo vuole raffigurare quale una specie di ciarlatano) sia una leggenda d'oro (per Abbado, trasformato anzitempo in santino...attribuendogli meriti che non ha e rappresentandolo come il più grande direttore vivente). Esagerazioni entrambe, a mio vedere. Non pretendo di esaurire l'argomento (che è molto più vasto), ma mi piacerebbe ridimensionare entrambe le esagerazioni. Parto da quello che mi sta più simpatico: Muti (vittima, secondo me, di un'ingiusta cacciata e di un'ingiusta campagna denigratoria fondata più sul sentito dire - o su certi doveri di appartenenza e di "impegno" - che su una disamina onesta: un po' come Serafin, considerato, spesso un mero "battisolfa"):

MUTI:
Davvero Muti è il reazionario, imitatore di Toscanini, monotono, accentratore, limitato direttore che molti - anche qui - definiscono? Non ne sono sicuro: guardando i fatti.
- il repertorio affrontato da Muti è estremamente vario: spazia dal '700 a Nino Rota (autore del tutto snobbato dai suoi colleghi più blasonati);
- la curiosità del Muti direttore è un dato oggettivo: la riscoperta (tuttora in atto) del repertorio napoletano, di Spontini (attraverso la ripresa di Agnese e soprattutto di una Vestale finalmente restituita alle sue dimensioni originali), di Cherubini (Lodoiska e, se avesse potuto - in un teatro depurato da certi fantasmi callasiani - pure Medeé), Salieri, Gluck (quando Gluck era autore tralasciato), Meyerbeer...senza dimenticare autori insoliti per il panorama operistico nazionale (Hindemith). Certo eseguiti in una certa maniera che oggi - forse - può apparire superata, ma non lo era allora;
- parimenti il repertorio sinfonico è vasto e vario (ed eseguito con importanti compagini strumentali): Scriabin, Un Chaikovskil ripulito dalla melassa, Rota, Respighi, uno Schubert originale e privo della leziosità viennese, un Beethoven che tenta strade diverse dalla tradizione post Karajan. Ovviamente il tutto va rapportato storicamente a quegli anni: che senso ha criticare il Beethoven di Muti perché oggi Immerseel lo fa in altro modo?
- su Mozart: davvero Muti è impermeabile alla filologia? Io ho visto più volte, in Scala, il ciclo dapontiano...Muti è l'unico direttore che, in quel teatro, ha modificato scientemente l'organico dell'orchestra per le tre opere (ridotto per Nozze e Così, leggermente più sostenuto nel Don Giovanni) dando una prevalenza a legni e fiati sugli archi e optando ogni volta per soluzioni diverse nel continuo (alternando cembalo o fortepiano): l'ultimo Don Giovanni di Barenboim (o quello precedente di Dudamel) non si staccavano invece dal gigantismo d'altri tempi...insomma un passo indietro;
- stessa cosa per Verdi: aldilà di alcuni difetti (ma quale esecuzione è perfetta), non mi sembra che l'approccio mutiano fosse così sgangherato. Anzi, il tono fiero che non vuole nobilitare certe volgarità nel Verdi di galera, l'evitare l'effettaccio o l'ipertrofia "di tradizione"...mi sembrano soluzioni molto moderne. Così come le scelte filologiche: non capisco perché se le fa Muti sono pagliacciate se invece le fa Minkovski diventano colpi di genio. Io credo che in quegli anni riportare un testo corretto, senza aggiunte di tradizione e modifiche in opera a rischio (Rigoletto, Trovatore, Traviata), alla Scala per giunta, sia stato rivoluzionario! Certo poi lo si è preso in giro per il do della pira (acuto brutto ed evitabilissimo), ma perché sottacere, invece, del clima notturno creato dal direttore...? La perfezione orchestrale, la valorizzazione di ogni segno espressivo?
- Rossini: Muti ha eseguito Moise et Pharaon, Donna del Lago e Tell... Scelte inusitate (laddove Abbado resta ancorato al solito Rossini buffo, senza alcuna curiosità intellettuale di esplorare altro). Lo si crocifigge per il Tell in italiano. Ma Muti adotta un nuovo testo che rispetta la scrittura rossiniana, la metrica originale, il significato del testo e, soprattutto i valori musicali: non è una bestemmia la traduzione ritmica. Senza contare il fatto che riportava alla Scala un'opera capitale, in versione integrale. Ricordo, invece, che Abbado eseguì i Capuleti e Montecchi (per svariati anni) con un Romeo tenore...alla faccia della filologia, così come il Don Carlo in italiano...

ABBADO:
E' davvero tutto oro quello che luccica?
- il repertorio di Abbado resta assai limitato, segnato - inoltre - da certe prese di posizione ideologiche che lo portano a rifiutare determinati autori (Puccini ad esempio): si concentra essenzialmente su una minima parte del repertorio romantico tedesco...son passati i tempi di certa relativa curiosità;
- nell'opera il repertorio è ancora più ristretto: basta guardare gli anni scaligeri;
- il repertorio sinfonico: dove Abbado è interprete di riferimento?
1) Non lo è in Beethoven: certo la sua ultima integrale è interessante, ma - come già si è detto - si limita furbescamente a ripercorrere in ritardo certe soluzioni già da tempo conquistate (Gardiner Hogwood Mackerras, senza dimenticare il grande Zinman): ad oggi è molto più interessante ed emozionante Immerseel, o Jarvi (straordinaria la sua integrale) o Herreweghe (forse il mio preferito). Ma vogliamo parlare della prima integrale con i Wiener?
2) Non lo è in Mahler...già autore di un'inutile integrale DGG, anche oggi Abbado non si pone certo ai vertici esecutivi: e non voglio scomodare l'inarrivabile Boulez, ma parlo di Zinman, Gielen o i classici Bernstein, Kondrashin, Tennstedt.
3) Non lo è per nulla in Mozart - nonostante si ostini ad eseguirlo, più per noblesse oblige che per reale necessità - che è il solito Mozart olimpico e asettico come poteva farlo Marriner negli anni '80;
- tornando all'opera: repertorio risicato. Verdi poco spontaneo e costantemente nobilitato (come per un senso di inferiorità)..e vale per Simone, per Macbeth per i pochissimo riusciti Aida e Ballo... E Wagner? Un Lohengrin dimenticabilissimo e poi? E Mozart? Che hanno di speciale Don Giovanni e Nozze...salvo il senso di noia e di deja vu? Mille volte meglio Muti.
- Abbado filologo: questo è un vero equivoco. A parte il Romeo tenore, il Don Carlo in italiano etc...faccio notare i cambi di testo (ad uso politico) nel Simone o il guazzabuglio filologico del suo Don Carlo. Anche in Rossini...ma quando mai è stato esponente della Rossini renaissance? Dirigendo Barbiere e Italiana? Certo ha adottato l'edizione critica, ma quanti tagli ci sono in quel Barbiere? E i cantanti nel solco della più desueta tradizione? Abbado si è sempre tenuto lontano dall'opera seria rossiniana...vero e proprio fulcro della rinascita dell'autore: la renaissance ha avuto senso per Zelmira, Otello, Ermione...non per le ennesime Cenerentole o Italiane...

E questi sono solo alcuni aspetti...potrei andare avanti.
Ultima modifica di teo.emme il mer 03 ott 2012, 10:46, modificato 3 volte in totale.
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Re: Riccardo Muti

Messaggioda DottorMalatesta » mer 03 ott 2012, 10:05

Caro teo.emme,
Lei dichiara di non essere fan di nessuno dei due direttori. Curioso, dal momento che non ha fatto altro che denigrare l’operato di Abbado ergendo al direttore di Molfetta un monumento aere perennius (ma che a mio modo di vedere ha i piedi d’argilla come la statua del sogno di Daniele). Finora tutti coloro che sono intervenuti nel dibattito hanno evidenziato pregi e limiti di entrambi i direttori, nessuno ha adottato la contrapposizione manichea che Lei propone (e che, francamente, mi lascia alquanto dubbioso, nel suo voler programmaticamente rovesciare la leggenda d’oro e la leggenda nera: davvero, come mi sembra di capire leggendoLa, è tutto male quello che fa Abbado e tutto oro colato quello che dirige Muti?). Apoditticamente dice di voler adottare lo slogan “fatti, non parole”. A me sembra invece di trovare molte parole e pochi fatti.

Con una contrapposizione talmente netta da riguardare non solo gli aspetti musicali, ma anche posizioni politiche, ideologie, senso della vita e visioni del mondo. Troppo direi.

Lei è il primo che fa riferimento ad aspetti extramusicali nel giudizio di questi direttori. E lo fa con un’insistenza da farmi sorgere il sospetto che l’avversione per uno dei due nasca anche da pregiudizi extramusicali. Absit iniuria verbis!!!!

Credo, anzi, che esista sia una leggenda nera (per Muti, che lo vuole raffigurare quale una specie di ciarlatano) sia una leggenda d'oro (per Abbado, trasformato anzitempo in santino...attribuendogli meriti che non ha e rappresentandolo come il più grande direttore vivente). Esagerazioni entrambe, a mio vedere.


Chi, finora, in questa sede ha definito Muti un ciarlatano? Durante tutto il ventennio mutiano alla Scala, non passava giorno senza che qualche giornale o TV ne esaltasse le lodi. Ancora oggi è direttore conosciuto anche da chi di musica sa poco o nulla. E dubito che il volgo lo consideri un ciarlatano. Così come dubito che gli “addetti ai lavori” lo considerino tale.
Per quanto riguarda la questione della graduatoria: avrebbe la cortesia di indicarci il nome di chi ritiene essere il più grande direttore vivente?

Non pretendo di esaurire l'argomento (che è molto più vasto), ma mi piacerebbe ridimensionare entrambe le esagerazioni.

Ridimensionare??? E’ andato ben oltre!!! E in questo in effetti ha adottato un approccio un po’ troppo a senso unico, non trova?

Parto da quello che mi sta più simpatico: Muti (vittima, secondo me, di un'ingiusta cacciata e di un'ingiusta campagna denigratoria fondata più sul sentito dire - o su certi doveri di appartenenza e di "impegno" - che su una disamina onesta: un po' come Serafin, considerato, spesso un mero "battisolfa"):

Mi compiaccio davvero con Lei: è la prima persona che conosco che trovi simpatico Muti! :mrgreen: Per quanto riguarda la “vittima” , vorrei precisare che non di cacciata si trattò; Muti venne sfiduciato (e le ragioni potrebbero non essere solo politiche od ideologiche, ma molto più semplicemente artistiche!!!). A questo proposito le consiglio la lettura del capitolo a questa vicenda dedicato ne “La Scala racconta” di Barigazzi.

MUTI:
Davvero Muti è il reazionario, imitatore di Toscanini, monotono, accentratore, limitato direttore che molti - anche qui - definiscono? Non ne sono sicuro: guardando i fatti.



In cosa Muti si distanzierebbe da Toscanini? In cosa Muti non sarebbe accentratore?

- il repertorio affrontato da Muti è estremamente vario: spazia dal '700 a Nino Rota (autore del tutto snobbato dai suoi colleghi più blasonati);
- la curiosità del Muti direttore è un dato oggettivo: la riscoperta (tuttora in atto) del repertorio napoletano, di Spontini (attraverso la ripresa di Agnese e soprattutto di una Vestale finalmente restituita alle sue dimensioni originali), di Cherubini (Lodoiska e, se avesse potuto - in un teatro depurato da certi fantasmi callasiani - pure Medeé), Salieri, Gluck (quando Gluck era autore tralasciato), Meyerbeer...senza dimenticare autori insoliti per il panorama operistico nazionale (Hindemith). Certo eseguiti in una certa maniera che oggi - forse - può apparire superata, ma non lo era allora;


E la curiosità del Muti responsabile delle scelte artistiche del Teatro alla Scala? Vogliamo parlare dei registi (pardon, decoratori) che per anni hanno bloccato l’evoluzione artistica e culturale di uno dei teatri più importanti del mondo?

- parimenti il repertorio sinfonico è vasto e vario (ed eseguito con importanti compagini strumentali): Scriabin, Un Chaikovskil ripulito dalla melassa, Rota, Respighi, uno Schubert originale e privo della leziosità viennese, un Beethoven che tenta strade diverse dalla tradizione post Karajan. Ovviamente il tutto va rapportato storicamente a quegli anni: che senso ha criticare il Beethoven di Muti perché oggi Immerseel lo fa in altro modo?

Il fatto di avere un repertorio eseguito con importanti compagini strumentali che significa? Nessuno ha mai messo in dubbio la straordinaria levatura tecnica di Muti!
Cosa vuol dire Beethoven post-Karajan? Anche il Beethoven di Abbado è post-Karajan (non fosse altro che Ka è morto ne 1989 e l’ultima integrale abbadiana è del 2000! :mrgreen: ).

- stessa cosa per Verdi: aldilà di alcuni difetti (ma quale esecuzione è perfetta), non mi sembra che l'approccio mutiano fosse così sgangherato. Anzi, il tono fiero che non vuole nobilitare certe volgarità nel Verdi di galera, l'evitare l'effettaccio o l'ipertrofia "di tradizione"...mi sembrano soluzioni molto moderne. Così come le scelte filologiche: non capisco perché se le fa Muti sono pagliacciate se invece le fa Minkovski diventano colpi di genio. Io credo che in quegli anni riportare un testo corretto, senza aggiunte di tradizione e modifiche in opera a rischio (Rigoletto, Trovatore, Traviata), alla Scala per giunta, sia stato rivoluzionario! Certo poi lo si è preso in giro per il do della pira (acuto brutto ed evitabilissimo), ma perché sottacere, invece, del clima notturno creato dal direttore...? La perfezione orchestrale, la valorizzazione di ogni segno espressivo?

Trova quindi il Verdi di Muti superiore a quello di Toscanini? Non vede Muti come un imitatore di Toscanini? Secondo Lei certe cabalette a velocità supersonica, certi schianti sonori, le moltissime inosservanze dei segni espressivi in partitura sono filologia? Evitano l’effettaccio?

- Rossini: Muti ha eseguito Moise et Pharaon, Donna del Lago e Tell... Scelte inusitate (laddove Abbado resta ancorato al solito Rossini buffo, senza lacuna curiosità intellettuale di esplorare altro). Lo si crocifigge per il Tell in italiano. Ma Muti adotta un nuovo testo che rispetta la scrittura rossiniana, la metrica originale, il significato del testo e, soprattutto i valori musicali: non è una bestemmia la traduzione ritmica. Senza contare il fatto che riportava alla Scala un'opera capitale, in versione integrale. Ricordo, invece, che Abbado eseguì i Capuleti e Montecchi (per svariati anni) con un Romeo tenore...alla faccia della filologia, così come il Don Carlo in italiano...

Ma la scelta di eseguire Tell in italiano (o i Vespri) è stata sua. Poteva benissimo decidere di adottare la versione francese. Non averlo fatto dimostra forse scarsa fiducia in questi due capolavori.
Nessuno poi ha mai considerato Abbado direttore filologo. Vogliamo parlare dei Brandeburghesi o dello Stabat mater pergole siano diretto da Abbado ad inizio carriera?

ABBADO:
E' davvero tutto oro quello che luccica?
- il repertorio di Abbado resta assai limitato, segnato - inoltre - da certe prese di posizione ideologiche che lo portano a rifiutare determinati autori (Puccini ad esempio): si concentra essenzialmente su una minima parte del repertorio romantico tedesco...son passati i tempi di certa relativa curiosità
;

“Certe prese di posizione ideologiche che lo portano a rifiutare determinati autori”. Ancora motivazioni extrmusicali!!! Non potrebbe semplicemente essere che Abbado abbia riconosciuto la propria inadeguatezza a questo repertorio, lasciando spazio ad altri colleghi più adatti a questi autori???!!!

- nell'opera il repertorio è ancora più ristretto: basta guardare gli anni scaligeri;

Quantità o qualità? O quantità e qualità?

- il repertorio sinfonico: dove Abbado è interprete di riferimento?
1) Non lo è in Beethoven: certo la sua ultima integrale è interessante, ma - come già si è detto - si limita furbescamente a ripercorrere in ritardo certe soluzioni già da tempo conquistate (Gardiner Hogwood Mackerras, senza dimenticare il grande Zinman): ad oggi è molto più interessante ed emozionante Immerseel, o Jarvi (straordinaria la sua integrale) o Herreweghe (forse il mio preferito). Ma vogliamo parlare della prima integrale con i Wiener?


Si limita… furbescamente? Ma perché dovrebbe limitarsi FURBESCAMENTE???!!!

2) Non lo è in Mahler...già autore di un'inutile integrale DGG, anche oggi Abbado non si pone certo ai vertici esecutivi: e non voglio scomodare l'inarrivabile Boulez, ma parlo di Zinman, Gielen o i classici Bernstein, Kondrashin, Tennstedt.

Inutile integrale DG????!!! Ma perché inutile??!!!

3) Non lo è per nulla in Mozart - nonostante si ostini ad eseguirlo, più per noblesse oblige che per reale necessità - che è il solito Mozart olimpico e asettico come poteva farlo Marriner negli anni '80;
- tornando all'opera: repertorio risicato.


“più per noblesse oblige”: ma perché???!!!

Verdi poco spontaneo e costantemente nobilitato (come per un senso di inferiorità)..e vale per Simone, per Macbeth per i pochissimo riusciti Aida e Ballo...

Perché non pensare che Abbado abbia voluto riavvicinare Verdi alla sana retorica manzoniana, facendone (cosa che di fatto è) il più grande esponente del Romanticismo in Italia?

pochissimo riusciti Aida e Ballo ???!!!

E Wagner? Un Lohengrin dimenticabilissimo e poi? E Mozart? Che hanno di speciale Don Giovanni e Nozze...salvo il senso di noia e di deja vu? Mille volte meglio Muti.

Lohengrin dimenticabilissimo ???!!!

senso di noia e di deja vu ???!!!

Mille volte meglio Muti ???!!!

Giustifichi, prego!!! ;-)

- Abbado filologo: questo è un vero equivoco.

Chi ha parlato di Abbado filologo????!!!!

A parte il Romeo tenore, il Don Carlo in italiano etc...faccio notare i cambi di testo (ad uso politico) nel Simone o il guazzabuglio filologico del suo Don Carlo.

“faccio notare i cambi di testo (ad uso politico)” Ahi, ci risiamo!!!

Anche in Rossini...ma quando mai è stato esponente della Rossini renaissance? Dirigendo Barbiere e Italiana? Certo ha adottato l'edizione critica, ma quanti tagli ci sono in quel Barbiere? E i cantanti nel solco della più desueta tradizione? Abbado si è sempre tenuto lontano dall'opera seria rossiniana...vero e proprio fulcro della rinascita dell'autore: la renaissance ha avuto senso per Zelmira, Otello, Ermione...non per le ennesime Cenerentole o Italiane...

Ne fa solo una questione di tagli e di repertorio? E il suono??? Non trova che dal punto di vista sonoro la trilogia rossiniana + il Viaggio a Reims non siano espressione di un modo nuovo di suonare Rossini?

E questi sono solo alcuni aspetti...potrei andare avanti.

:roll:
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Re: Riccardo Muti

Messaggioda Triboulet » mer 03 ott 2012, 11:29

DottorMalatesta ha scritto:ABBADO:E' davvero tutto oro quello che luccica?- il repertorio di Abbado resta assai limitato, segnato - inoltre - da certe prese di posizione ideologiche che lo portano a rifiutare determinati autori (Puccini ad esempio): si concentra essenzialmente su una minima parte del repertorio romantico tedesco...son passati i tempi di certa relativa curiosità;“Certe prese di posizione ideologiche che lo portano a rifiutare determinati autori”. Ancora motivazioni extrmusicali!!! Non potrebbe semplicemente essere che Abbado abbia riconosciuto la propria inadeguatezza a questo repertorio, lasciando spazio ad altri colleghi più adatti a questi autori???!!!


Mi ero ripromesso di non intervenire per un po', ma solo per lasciare spazio ad altri contributi e affinchè non diventasse un botta e risposta tra me e te doc (e anche perchè quel che dovevo dire come mio punto di vista l'ho detto : CoolGun : ). Però... se questa tua considerazione è "in buona fede" è un peccatello di ingenuità : Chessygrin : sei tu adesso che devi dimostrare con elementi MUSICALI il contrario, perchè qui di musica (e, giustamente dico io, non solo) stiamo parlando, portando esempi e confronti a decine. Io credo, per i motivi che già ho elencato, che Abbado sia proprio inadeguato per il repertorio che si è scelto LUI, e lui e solo lui si è scelto per motivi extramusicali! L'esempio di Beethoven è il più semplice, mi vien da chiederti doc quanti integrali conosci di questi autori, perchè poi aldilà dell'affetto sano e legittimo (io sono legatissimo a Bernstein in tutto ciò che ha fatto, per esempio, e mi coinvolge a livello emotivo quasi sempre) certe cose le possiamo oggettivamente notare assieme. Preso a sè l'integrale di Abbado risulta pregevole e coinvolgente. Ma nel contesto delle incisioni? cosa dice in più o di diverso? E' nel solco della tradizione negli anni '70 (quando la tradizione era Karajan), è nel solco della tradizione negli anni '00 (quando la tradizione è diventata Hogwood, Gardiner e co.)... e l'affinità, la derivatività è un dato riscontrabile con l'ascolto, quindi molto musicale. Il Beethoven di Harno è decisamente più monumentale a confronto di quello di Abbado, uno direbbe più retrò, ma è così originale, diverso, spiritualmente filologico (e non superficialmente nell'approccio "fast&dry" come mi pare l'ultimo abbadiano) che pare al mio orecchio molto più moderno.

Hai detto "grande Debussy, Mussorgsky ecc.", perfetto lo credo anch'io! perchè ha ormai abbandonato quel repertorio dove davvero poteva eccellere? del resto da questi a Puccini il passo non sarebbe stato poi così lungo, e non c'è mai stato non per scarsa affinità ma per motivi di carattere culturale! Non pensi che, conoscendo la bacchetta di Abbado, questa sarebbe stata più efficace in un Tabarro o in una Butterfly che nel Barbiere? Anche con Rossini, Abbado non è stato protagonista, ha cavalcato l'aria di sdoganamento culturale che avvolgeva quell'autore ormai da tempo (pensa tutti i vari esperimenti Colbran, già negli anni '50!)... dirigere Rossini era diventato una roba da "intellettuali", e infatti si è buttato perlopiù su opere istituzionalizzate dalla storia con interpretazioni assolutamente istituzionali (bellissima la Cenerentola con la von Stade, ma che c'è di nuovo? a parte la von Stade, motivo per cui amo quella registrazione...). Così come fare Macbeth (opera giovanile sì ma rimaneggiata in tarda età, e pur sempre shakespeariana). Per accettare l'idea di dirigere Macbeth (opera del primo Verdi) Abbado lo deve portare alle sonorità e all'estetica di Otello! e questo è un motivo extramusicale ma che diventa strettamente musicale (la direzione intrapresa è facilmente riconoscibile all'orecchio). Con Trovatore (tecnicamente opera più matura) non avrebbe potuto.

Intendiamoci, non è in sè il repertorio ristretto che ci dà elementi di valutazione. Karajan ha cominciato a dirigere TUTTO e con risultati non sempre felicissimi, Kleiber aveva 10 cose in repertorio... però porca miseria in quelle era DIO! La sua quarta di Brahms, le poche sinfonie di Beethoven, il Tristano ecc. cose che, come le metti metti, sono ai vertici dell'intepretazione ancora oggi, perchè continuano a dire qualcosa di inequivocabilmente originale! Ecco, Kleiber era uno che davvero sceglieva cosa dirigere in base alla sua sensibilità (ho già fatto un intervento che chiarisce quel che penso di questo direttore e del suo repertorio). Tant'è che non ha mai fatto un integrale in vita sua (che senso ha? le sinfonie di Beethoven sono tutte diverse! avrà pensato). Abbado mi sembra che faccia il contrario, il grande rammarico è proprio che un direttore di quello spessore (perchè Abbado rimane un grande direttore) si sia assecondato così poco laddove poteva venir fuori di più!

Sugli altri punti ti risponderà teo.emme se vorrà, volevo solo puntualizzare questa cosa. ;)
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Re: Riccardo Muti

Messaggioda DottorMalatesta » mer 03 ott 2012, 12:56

Caro Triboulet,
ammiro molto il tuo acume e competenza, e so che mai e mai ti lasceresti andare a commenti lapidari privi di alcuna giustificazione come le stroncature fatte qualcun'altro su praticamente... tutto quanto inciso da Abbado (!!!).
Sul repertorio sinfonico, Beethoven in particolare, ti do atto che la prima integrale (Wiener) letteralmente scompare chessò davanti a quella di Bernstein, e dell'ultima penso di aver detto a sufficienza. Mi riferivo soprattutto al repertorio operistico, e anche lì penso di aver detto come la penso.
Mi spiace solo che per esaltare le indubbie doti di uno, si debba demolire quanto fatto dall'altro con giudizi (e non parlo certamente di te, che conosco e apprezzo nei tuoi interventi ;-) ) irritanti : Andry : : Andry : : Andry : perché sparati con un cannone : CoolGun : : CoolGun : : CoolGun : , senza alcuna giustificazione musicale e quindi senza alcuna possibilità di ribattere.
Ciao,
Malatesta

P.S.: Ma poi, Abbado-Muti, Muti-Abbado, in fin dei conti... chissene!!! Non vorremo mica farne una guerra civile, vero? ;-)
Mi riprometto di lasciare spazio anch'io ad altri, sennò sembro prezzolato per difendere chi si sa difendere più che bene da solo!!!
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Re: Riccardo Muti

Messaggioda teo.emme » mer 03 ott 2012, 14:47

Rispondo volentieri, anche se mi attribuisci giudizi irritanti (o sparati col cannone...come se il tuo infierire continuamente su quanto faccia pena Muti - con mille frecciate e riferimenti malevoli - sia un esercizio di fioretto) e incapacità di esporre ragioni musicali :D :
Su Muti:
1) ho espressamente dichiarato di voler evidenziare certe esagerazioni (in entrambi i sensi): ovviamente entrambi i direttori - di cui, ripeto, non sono fan - hanno caratteristiche positive e negative. In questa sede, però, ho voluto prendere in considerazione la "leggenda nera" di Muti e quella dorata di Abbado;
2) non è pratica manichea (o denigratoria) cercare di fare il punto sui pregi di Muti (spesso negati) e sui limiti di Abbado (ritenuti inesistenti): certo - se hai tempo di rileggere quanto ho scritto - dicendo che "l'argomento è molto più vasto" ho voluto proprio evidenziare la necessaria parzialità del mio intervento: non sono tanto sciocco da ritenere Abbado un direttore mediocre o tanto disonesto da non accorgermi di certi vezzi di Muti. Il mio discorso è, semplicemente, diverso;
3) gli elementi extramusicali: ho fatto riferimento ad essi perché, nel vero e proprio culto abbadiano, tali elementi sono purtroppo presenti. Ti chiedo, onestamente, non credi che certi atteggiamenti di Muti (non ultima l'agiografia dei giornali milanesi, fino a che era in auge) abbiano influenzato il giudizio sul direttore? E vale, al contrario, per Abbado (l'impegno sociale, mediaticità, partecipazione). Ho il sospetto, cioè, che i giudizi contrastanti (così forti e così violenti) derivino in parte da simpatie personali o da visioni ideologiche. A me, personalmente, importano poco...ma ne rilevo l'esistenza;
4) la "simpatia" per Muti: ammetto di essere stato esagerato nel definirlo "simpatico" :D però non riesco a trovarlo così detestabile come, spesso, viene descritto. Continuo, tuttavia, a ritenerlo "vittima" nell'affaire scaligero: aldilà delle alchimie burocratiche (sfiduciato o dimesso: suvvia non siamo nel parlamento della Repubblica) Muti - dopo anni di idolatria (esagerata) - è stato cacciato per manovre interne (e per ragioni di politica sindacale, francamente nelle motivazioni dell'assemblea dei lavoratori non ho mai trovato cenni a ragioni artistiche: piuttosto al fastidio per la nomina di Meli al posto di Fontana). A me è parsa una resa dei conti tra maestranze e direttore dalla personalità debordante (con tutto il rispetto per il Sig. Barigazzi che legittimamente avrà una sua opinione, come ce l'hanno altri, magari diametralmente opposta);
4) il Muti "accentratore" o "nuovo Toscanini": tutti titoli che la stampa enfatizzava. A parte che un direttore d'orchestra è di natura accentratore (lo fu Karajan per 30 anni coi Berliner - e nessuno si è mai sognato di criticarlo perché non lasciava spazio ad altri), io credo che svolgendo un incarico di direttore stabile di un teatro d'opera, non sia del tutto sbagliato essere presente in tante produzioni (come lo è Pappano a Londra o lo era Levine a NYC) o definire le scelte artistiche nel momento in cui si spende - per creare una specifica identità orchestrale (attraverso molte prove: pietra dello scandalo e una delle ragioni del malcontento delle maestranze) - energia e tempo. Muti, mentre era direttore in Scala, non occupava altri posti in modo stabile (al contrario di Barenboim) e neppure delegava a collaboratori le prove. Senza contare il lavoro fatto per la filarmonica;
5) le differenze con Toscanini: al di là dei titoli dei giornali (per cui chiunque esegue Verdi in Italia con certo successo, magari in Scala, diventa ipso facto "erede di Toscanini" - così come ogni nuovo tenore di successo nel repertorio italiano viene considerato il "nuovo Pavarotti"). Io trovo che l'approccio direttoriale sia diversissimo: mentre Muti ha, come faro interpretativo, una certa trasparenza ideale, neoclassica, ripulita, Toscanini prediligeva l'urgenza ritmica e certe espansioni veriste;
6) la curiosità di Muti: io parlo del Muti musicista...il Muti che porta alla Scala Lodoiska o la Vestale (in forma originale, non trasformata in una specie di melodramma), Gluck e il Rossini serio (durante la sua carica si sono ascoltati Maometto II, Donna del Lago, Tancredi, Tell, Moise...), l'opera napoletana, ma anche l'opera russa (Mazeppa, Guerra e Pace, Boris, Covanchina...). Ti invito a leggere le cronologie dei suoi vent'anni a Milano: la realtà è davvero più complessa. Sui registi/decoratori posso anche essere d'accordo, ma c'entra poco con la musica e con la valutazione del direttore d'orchestra: peraltro si potrebbe dire la stessa cosa di Karajan (che si cimentò pure nella regia, con risultati pessimi), ma questo non intaccherebbe la sua fama;
7) repertorio sinfonico: non è solo questione di compagini strumentali, ovviamente, ma di repertorio...io semplicemente lo trovo più vasto e interessante. Anche il suo Beethoven (criticato): lo trovo più interessante del primo ciclo di Abbado (quello con i Wiener, di cui, davvero, mi domando l'utilità);
8 ) trovo il Verdi di Muti migliore di quello di Toscanini, sì! Lo trovo più equilibrato, più attento al testo e ai segni espressivi (è priva di fondamento l'idea di Toscanini fedelissimo esecutore verdiano: tra tagli, aggiusti ed effetti veristi sparsi un po' ovunque), più attento al colore notturno, più rifinito. Francamente - partitura alla mano - non trovo che Muti commetta arbitri (e poi un direttore non è un esecutore testamentario della pagina scritta: non lo è nessuno...ovviamente la percezione cambia a seconda dei gusti): le cabalette sono veloci? D'accordo, ma lo sono legittimamente (e del resto tempi larghi e comodi sono un portato della tradizione che oggi si vuole superare). Effettacci? Non ne sento, francamente: anzi ritengo che Muti riesca a non cadere nell'effettaccio bandistico senza incorrere nel suo contrario, ossia stendere una patina di austera nobiltà come se Verdi dovesse essere "aggiustato". Io credo che la sua direzione del Trovatore sia ancora esemplare (così notturna, giovanile, donizettiana), così come il primo Verdi che, diamine, non è Debussy e necessita di una certa spavalderia;
9) è filologia riportare un testo corretto (secondo moderne edizioni critiche), riaprire i tagli, eliminare certe incrostazioni, eseguire i "da capo", togliere certi acuti interpolati (diventati con gli anni la ragione stessa di certi brani, nonostante la loro bruttezza o nonostante i patteggiamenti che comportavano - in termine di abbassamento di un tono o due - al sol fine di emetterli)... E questo accade in Scala in un repertorio popolare per cui il pubblico si aspetta certe cose (pur estranee alla partitura). Per me è rivoluzionario;
10) Tell e Vespri in italiano: d'accordo, poteva farli in francese. Anche Abbado poteva fare il Don Carlo in francese o I Capuleti e Montecchi con un mezzosoprano nel ruolo di Romeo. Sul Tell, in particolare, mi sembra disonesto insistere sulla lingua: innanzitutto perché adotta una versione riveduta del testo che ripristina la corrispondenza con la musica (soluzione auspicata da Gossett che non è certo un dilettante in filologia). Ma poi quanti sono - nella storia discografica e rappresentativa dell'opera - i Tell in francese? I Vespri in italiano..d'accordo, ma integrali e con una scelta interessante (seppur poco riuscita) nel cast (riportando l'opera ad una dimensione più neoclassica che risorgimentale). Che significa "non aver fiducia"? Guarda che la traduzione non è una bestemmia;

Su Abbado:
1) davvero credi che il rifiuto di Abbado per Puccini o altro repertorio italiano (più o meno localizzato nei primi decenni del secolo XX) sia dovuto semplicemente a "sentita inadeguatezza"? Io credo, e non sono il solo, che il Divo Claudio sia stato condizionato da un certo pregiudizio culturale: leggi quanto si scriveva negli anni '60 e anche prima su Puccini (Adorno lo liquidava con disprezzo come "musica leggera"). Idem per Verdi di cui affronta solo certi titoli ben lontani dal "melodramma" (che all'epoca era considerato una forma musicale di serie B: pensa allo scandalo di Karajan che "osò" portare il Trovatore a Salisburgo). Idem per Rossini di cui Abbado affronta solo il repertorio buffo perché intellettualmente sdoganato (nel senso che si trovò all'interno del suo teatro una carica antiborghese e anarchica che poteva giustificare l'interessamento di un certo tipo di intellettuali);
2) quantità o qualità? Quantità e qualità? Dipende: ci sono direttori onnivori e altri più limitati. Il fatto è che Abbado mi pare ostinarsi in un certo repertorio per scelte d'impegno. Abbado ha, oggi, un repertorio risicatissimo (basta vedere le sue ultime esibizioni dal vivo) che - per motivi diversi - non gli appartiene del tutto oppure in cui non riesce a dire qualcosa di significativo. Macina sempre e solo il sinfonismo classico tedesco e ha abbandonato del tutto il gusto sperimentale degli anni '60/70. Ho sentito tante volte Abbado (dal vivo e in disco) e mi chiedo perché ostinarsi con Mozart e Beethoven invece di tornare a Debussy. Ti confesso che mi piacerebbe ascoltarlo in Hindemith o in Stravinskij piuttosto che nell'ennesimo Mahler e Beethoven. O il repertorio sinfonico russo: conoscendo il suo modo di dirigere e interpretare sarebbe interessante sentire Rimskij-Korsakov, Borodin, Chaikovskij "sgrassati" dalla patina di russicità. E poi Shostakovich, è un peccato che non l'abbia mai affrontato. Circa i singoli autori:
- Beethoven: non sono il solo a definire furbesco l'approccio di Abbado. Nell'immediato è convincente e appagante, ma poi... Cosa dice di più rispetto a un Paavo Jarvi o a Herreweghe (anche loro debitori della lezione di Gardiner o di Hogwood, ma esploratori di altre vie espressive)? Abbado si limita a seguire una scia, una strada tracciata da altri che altri ancora hanno già superato.
- Mahler: inutile integrale, sì...lo affermo, perché riproporre lo stesso Mahler viennese già sentito e risentito (a tratti magniloquente, a tratti autoreferenziale) può essere una buona riuscita discografica, rivolta ad un pubblico che acquista il suo primo Mahler, ma risulta priva di interesse dopo Bernstein, Zinman, Tennstedt e, soprattutto Boulez (direttore che amo particolarmente).
- Mozart: il Mozart di Abbado nasce "vecchio". E' ben suonato, elegante, ordinato, olimpico, apollineo. Garbato come quello di Marriner o di Davis, ma in ritardo di 30 anni. Che piaccia o meno oggi Mozart non è più mero esponente dell'eleganza settecentesca, non è una figurina rococò o una bambolina di porcellana. Per stare all'attualità (e a prescindere dai gusti) ti cito Jacobs e Pappano, ma anche Mackerras e Immerseel: mondi diversi, ma infinitamente più vivi del Mozart di marmo e gesso che oggi Abbado ci infligge. Parlo di "noblesse oblige" perché - come per altri repertori - credo che la scelta sia indotta dal voler ricoprire un certo ruolo, quello dell'interprete sommo del repertorio sinfonico austro tedesco: e come non può mancare Beethoven così non manca Mozart. Il miglior Mozart di Abbado è quello in coppia con solisti, perché lì il direttore si limita ad assecondarne le scelte (dalla Faust alla Pires alla Argerich). Le opere, poi (Nozze e Don Giovanni) totalmente impermeabili alle suggestioni della filologia esecutiva (Muti - che pure è rappresentato come sordo a queste istanze - curava in Scala l'organico del ciclo dapontiamo con molta più attenzione): approccio romantico e suono orchestrale tradizionalissimo (appena sgrassato nel Don Giovanni). E' tutto già sentito...e siamo nel '95 e nel '98: c'è già stato Harnoncourt, Gardiner, Mackerras! A questo punto preferisco il classicismo pulito e nervoso di Muti che la melassa asettica di Abbado (in Mozart)
- Verdi: io questo avvicinamento alla retorica manzoniana proprio non la sento, anzi percepisco l'esatto contrario. Un Verdi dichiaratamente mitteleuropeo che nasconde certe sue peculiarità per rendersi più "gradito" a chi è abituato ad ascoltare Schubert o Weber. Verdi è ANCHE "cabalette", barricate, "zum-pa-pa", retorica...come genialmente ha capito Levine. Senza contare il manierismo con cui risolve Falstaff (tenuto a distanza di sicurezza dagli aborriti esponenti della "giovane scuole", mentre in realtà ne è una premessa). Stesso manierismo e artificiosità di Aida o del Ballo (ma pure nel Don Carlo DGG).
Wagner: Abbado incide Lohengrin negli anni '90, ma non riesce a staccarsi da una generale gradevolezza, sospeso a mezza via tra vecchia retorica e timide aperture a nuove istanze espressive (ritorno a Boulez e al suo Parsifal diretto 25 anni prima e molto più innovativo, o a Kegel o a Kubelik, molto più "moderni"). Non è certo un riferimento esecutivo;
3) non ho parlato io di Abbado "filologo", ma tu ne hai intessuto le lodi quale protagonista della Rossini renaissance (oltre che contrapposto a Muti "colpevole" di non aver alcuna attenzione per la filologia): però se Muti non crede nel Tell o nei Vespri se li fa in italiano che dire di Abbado che fa cantare Romeo a un tenore o ripropone il Don Carlo in 5 atti in italiano e senza balletto? Quanto al cambio di testo: è sintomo di una sfiducia in Verdi e di una necessità di "nobilitarlo" anche politicamente;
4) il suono di Rossini: io non trovo chissà quale mutamento di prospettiva in Barbiere, Cenerentola o Italiana (già Gui aveva un approccio diverso dalla tradizione)...e poi sì, ne faccio anche una questione di tagli, voci e repertorio.
Detto questo non voglio convincerti di nulla...ognuno ha i suoi gusti: a patto, tuttavia, di non ritenere i propri "giusti" e gli altri "sbagliati" o offensivi...meritevoli di "faccine" o di prese in giro...

E sì...che ti piaccia o meno potrei andare avanti: su Muti e su Abbado..
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Re: Riccardo Muti

Messaggioda DottorMalatesta » mer 03 ott 2012, 15:15

Anche se condivido poco di quanto hai scritto, apprezzo il tono. E ti ringrazio di aver condiviso il tuo punto di vista).
E con questo ritorno a darti del tu ;-)

P.S.: non si dica che un Abbadiano non tende una mano amicale ad un Mutiano!! SCHERZO!!!!!!! :mrgreen:
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Re: Riccardo Muti

Messaggioda DottorMalatesta » mer 03 ott 2012, 17:31

Notavo con disappunto che nessun post è dedicato espressamente ad Abbado, mentre questo dedicato a Muti pullula di discussione e fermento...
Viva i direttori che fanno parlare di sé nel bene... e nel male! (e con questo non si dica che non sono un po'... mutiano anch'io!!!).
;-)
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Re: Riccardo Muti

Messaggioda beckmesser » mer 03 ott 2012, 17:56

Io ho ammirato molto Muti e non credo sia inferiore ad Abbado né in termini di bravura tecnica, né di background culturale. Credo anzi che, quanto a potenziale, Muti fosse di non poco superiore. Eppure, se guardo in modo oggettivo (per quanto possibile) la carriera e l’attuale posizione dei due non posso non notare una differenza abissale. Sono perfettamente d’accordo con teo.emme: le scelte di repertorio di Muti alla Scala non sono in nulla meno varie, originali ed intriganti di quelle di Abbado. Ma allora perché i risultati in termini di impatto sulla storia interpretativa sono così diversi?

Voglio dire: ciascuno è libero di giudicare il Simone di Abbado come meglio crede, bello, brutto, manzoniano, mitteleuropeo; però credo nessuno possa negare che sia una tappa imprescindibile nella storia dell’interpretazione verdiana del ‘900: bisogna comunque farci i conti. Allo stesso modo: io non stravedo per il suo Mahler, lo trovo un filo troppo a senso unico, mi sembra gli manchi la capacità di osare in termini di grottesco, anche di cattivo gusto, che sono elementi del mondo mahleriano cui non so rinunciare; ma, per quanto non riesca a convincermi in pieno, credo che nessuna storia dell’interpretazione mahleriana potrà mai prescindere dalle sue integrali (specie le incisioni di Lucerna). Ancora: sono d’accordo che il suo Beethoven, dal punto di vista esecutivo, non scopra nulla di nuovo, ma non credo sia quello il punto; l’importanza della sua integrale sinfonica (pur con diversi alti e bassi) sta proprio, per me, nell’aver saputo riconciliare l’attuale prassi esecutiva con la storia interpretativa di quei brani; Gardiner e soci erano stati formidabili nello spazzare via tutto ma, se molto si guadagnava, molto anche si perdeva, e non mi sembra un caso che proprio il Gardiner attuale stia prendendo per Beethoven approcci nuovi e non troppo dissimili da quelli di Abbado. Fosse solo per questo, un posto nella storia il suo Beethoven se lo è conquistato.

Se considero Muti (che, ripeto, ho ammirato e per molti versi ammiro ancora parecchio) non riesco ad arrivare alle stesse valutazioni. Se c’è un autore di cui aspetto con più impazienza la rinascita è Cherubini: sarò sempre grato a Muti per l’allestimento di Lodoïska, ma che impatto ha avuto? Nessuno: una manciata di recite e poi tutto finito. Colpa di Cherubini? Io credo di no. Amo alla follia Spontini e trovo che la direzione di Muti alla Scala sia stata formidabile: ma quali le conseguenze? È servito quell’allestimento a cambiare qualcosa? Non mi sembra. Perché Christie e Minkowski sono riusciti a persuadere il mondo che vale la pena eseguire Rameau e Muti non c’è riuscito per nessuno degli autori con cui ci ha provato? Capitolo Mozart: credo di non aver perso nessuna delle varie riprese delle Nozze, e ho ancora ben presente lo sgomento che provavo nel rilevare, anno dopo anno, come fossero sempre identiche, sempre più perfette e sempre meno vitali, meno in linea coi tempi. Resta Verdi: per me l’unico autore in cui Muti abbia detto qualcosa di ancora adesso importante. Non credo affatto che sia un mero imitatore di Toscanini (ok, l’approccio è quello, ma che male c’è?) né che la sua concezione sia in qualche modo meramente storica o superata: quanto ad approccio esecutivo, il suo Trovatore non la cede nemmeno Minkowski; e ricordo un concerto con una sinfonia della Giovanna d’Arco da trasecolare: uno dei brani più imbarazzanti di tutto Verdi acquistava un fascino quasi mendelssohniano nella purezza assoluta della linea. Oggi, rispetto a Muti, io provo un profondo senso di inc…avolatura, per lo spreco di un talento che avrebbe potuto portare a risultati epocali che non si sono verificati se non in minima parte.

Da questo punto di vista, mi sembra che i giochi siano fatti: malgrado gli abbadiani itineranti e tutto il folklore sinistrorso che gli gravita intorno, Abbado una sua fisionomia ben precisa ed un ruolo ben definito nella storia dell’interpretazione musicale se lo è guadagnato. Muti avrebbe potuto averne uno anche più importante, ma ha giocato male le sue carte. A me dispiace molto, perché per un certo periodo ho tifato per lui, ma se oggi sono parecchi i cd di Abbado che entrano nel mio lettore (e non perché li consideri necessariamente i migliori) quelli di Muti si riducono a una manciata: direi il Tell, Trovatore, Forza, Traviata… Un po’ poco…

Saluti,

Beck
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