RATTLE VS ABBADO

sinfonia, cameristica e altri generi di musica non teatrale.

Moderatori: DocFlipperino, DottorMalatesta, Maugham

RATTLE VS ABBADO

ABBADO
10
83%
RATTLE
2
17%
 
Voti totali : 12

ABBADO e FIDELIO

Messaggioda beckmesser » mer 05 mar 2008, 18:40

In effetti, le scelte dell’ultimo Abbado faccio un po’ fatica a capirle, anche se capisco che per un uomo di teatro come lui la tentazione del teatro di Mozart doveva essere irresistibile. Per mio conto, solo Don Giovanni ha dato risultati interessanti, mentre il Flauto (che però ho sentito solo in cd) mi sembra abbastanza interlocutorio e Così fan tutte un fallimento (complice un allestimento e un cast da far cadere le braccia, anche se è proprio il mondo emotivo di quest’opera che ad Abbado è alieno).

Quanto al suo Beethoven, sono in una fase di stallo. La sua vecchia integrale delle sinfonie coi Wiener era abbastanza tradizionale, col suo privilegiare un’idea di Beethoven abbastanza scontata e molto primo-novecentesca. Quella coi Berliner non so quante volte l’ho ascoltata sperando di trovarci qualcosa, e invece nulla, al di là del corretto svolgimento della tesi: come si può suonare Beethoven con un’orchestra moderna applicando uno stile filologicamente “corretto” (qualsiasi cosa significhi), col risultato di non avere né il coinvolgimento emotivo del Beethoven storico, né l’interesse culturale dei “filologi”, con la loro capacità di evidenziare come nessuno i caratteri rivoluzionari della sua scrittura, preciso punto di rottura di uno stile di cui però si ravvisano ancora i tratti fondamentali.

Poi l’estate scorsa mi è capitato di sentirlo dal vivo a Cremona in una Eroica con la Mozart di Bologna, ed è stato folgorante. La quadratura del cerchio lì l’aveva trovata: senso della forma e sonorità classiche, degne del miglior Gardiner, portate però al loro punto di rottura, dove emergevano come non mai gli influssi della musica rivoluzionaria francese (il primo Cherubini in primis), sintesi perfetta di quel “classicismo rivoluzionario” di cui Beethoven resta l’esponente musicale più rappresentativo.

Come sarà il suo Fidelio non so ma, escludendo un ritorno al facile romanticismo dell’integrale viennese, credo che o si rifugerà nell’accademico neoclassicismo di quella berlinese, o recupererà il classicismo rivoluzionario di Cremona. Nel primo caso, sarà un’occasione perduta, nel secondo potrebbe essere una svolta. Certo è che a Reggio ci sarò (malgrado i prezzi da rapina).

Saluti.
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Re: RATTLE VS ABBADO

Messaggioda gustav » gio 06 mar 2008, 0:10

Ho guardato adesso sul sito per l'acquisto on line dei biglietti...Per la Prima non ce ne sono più...E all'8 non posso essereci.
In ogni caso già me l'ero messa via, soprattutto per la distanza (coi prezzi, poi, mica scherzano...); tuttavia mi consolerò con l'uscita discografica, se le voci che mi sono arrivate non sono infondate...e con i vostri racconti...e con le vostre impressioni che sono sicuro non mancheranno...Aspettando che DG e Abbado combinino al più presto qualcosa...

Ciao
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Re: ABBADO e FIDELIO

Messaggioda MatMarazzi » sab 08 mar 2008, 15:35

beckmesser ha scritto: Certo è che a Reggio ci sarò (malgrado i prezzi da rapina).


Allora attenderemo impazienti le tue considerazioni! :)
Io invece a Reggio non ci sarò: oltre ai prezzi da rapina (ma dopo quel che ho pagato a Aix per il Rheingold di Rattle e a Glyndebourne per il Macbeth di Jones è meglio che stia zitto :roll: ), mi hanno definitivamente dissuaso il balletto dei registi e l'onnipresenza dei figli di Abbado ai vertici organizzativi di comuni opportunamente schierati.
Mi spiace, ma trovo che anche queste cose facciano parte delle grandi vergogne d'Italia.

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Re: RATTLE VS ABBADO

Messaggioda marco » sab 08 mar 2008, 18:09

Io invece a Reggio non ci sarò

tanto te lo cucchi a Ferrara in novembre :D
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Re: RATTLE VS ABBADO

Messaggioda MatMarazzi » sab 08 mar 2008, 19:42

marco ha scritto:
Io invece a Reggio non ci sarò

tanto te lo cucchi a Ferrara in novembre :D


"Vedremo" disse il saggio Zen!
8)

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Re: ABBADO e FIDELIO

Messaggioda Pruun » dom 09 mar 2008, 3:34

MatMarazzi ha scritto:Mi spiace, ma trovo che anche queste cose facciano parte delle grandi vergogne d'Italia.


Sono d'accordo.
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Re: ABBADO e FIDELIO

Messaggioda gustav » dom 09 mar 2008, 19:12

Pruun ha scritto:
MatMarazzi ha scritto:Mi spiace, ma trovo che anche queste cose facciano parte delle grandi vergogne d'Italia.


Sono d'accordo.




Personalmente ritengo che le vergogne nel nostro Paese siano altre...
Parlare in questi termini di un evento culturale non credo sia corretto. :roll:
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Re: ABBADO e FIDELIO

Messaggioda Pruun » dom 09 mar 2008, 21:14

gustav ha scritto:
Pruun ha scritto:
MatMarazzi ha scritto:Mi spiace, ma trovo che anche queste cose facciano parte delle grandi vergogne d'Italia.


Sono d'accordo.




Personalmente ritengo che le vergogne nel nostro Paese siano altre...
Parlare in questi termini di un evento culturale non credo sia corretto. :roll:


Io intendevo il nepotismo ai massimi livelli mischiato agli schieramenti politici, di qualunque colore siano.
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Re: ABBADO e FIDELIO

Messaggioda MatMarazzi » dom 09 mar 2008, 21:33

Pruun ha scritto:Io intendevo il nepotismo ai massimi livelli mischiato agli schieramenti politici, di qualunque colore siano.


Io pure intendevo quello!
E, mi spiace Gustav, ma sono cose che non riesco a digerire!

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Re: RATTLE VS ABBADO

Messaggioda gustav » gio 13 mar 2008, 23:53

Ecco le mie brevi considerazioni sul Don Giovanni secondo Abbado.

Inizio con un giudizio sugli interpreti.

Keennlyside: devo dire che non apprezzo particolarmente l'assenza di una particolare potenza della sua voce. Un altro suo difetto è la scarsa drammaticità, il carattere poco sanguigno, e l'esempio più lampante è quello della scena finale. Ebbene, il suo Don Giovanni rischia di essere uno dei veri punti deboli di questa realizzazione. Soprattutto se teniamo presente quello che risulta dal confronto con il vero big del cast, ossia Terfel nel suo Leporello. Non solo nei duetti, ma anche nel resto, la presenza di Terfel sminuisce non poco la rilevanza di Keennlyside. Ecco che in un altro cast di minor rilievo la sua presenza avrebbe avuto un senso, ma qui no; anzi, lo trovo qui là fuori luogo, troppo piccino, troppo insignificante, quasi il subalterno del suo servo.

Terfel: è la vera star del cast, l'unico personaggio in grado di darci un'interpretazione che potrà essere tenuta presente anche da chi in futuro si imbatterà nelle trame del Don Giovanni. Il suo è purtuttavia un Leporello così ben riuscito , un Leporello di uno spessore vocale così enorme che, come dicevo alcune righe sopra, rimpicciolisce la figura del Don Giovanni. Addirittura per un certo momento mi ha fatto pensare che forse il Don Giovanni potrebbe averlo fatto lui, come con Solti.

Carmela Remigio: è una delle note positive dell'incisione. Tempo addietro l'ho vista e ascoltata in tv in un Don Giovanni diretto da Dudamel. In sala d'incisione così come sulla scena si è fatta apprezzare per la sua sensualità e per il suo fraseggio sicuro e per l'ottima dizione.

Isokoski: anche a lei darei un buon voto almeno per due motivi: il prmo è il buon registro centrale; il secondo è che non si tratta della solita donna Elvira isterica; anzi, qui recupera il tratto quasi di una signora, con il richio, però, di essere meno efficace nelle parti dove è richiesta una maggiore vis, una maggiore carica.

Uwe Heilmann: se è vero che Don Ottavio talvolta viene lasciato ad artisti meno bravi in quanto è ruolo di secondo piano, quello che ci basta è allora un'esecuzione discreta, senza sbavature, e nella fattispecie mi sembra che tale risultato sia stato raggiunto.

Pace Patrizia: la sua è una Zerlina molto leggerera, però forse questo collima con le intenzioni di Abbado, il tutto a vantaggio di una apprezzabile freschezza e spensieratezza richiesta dall'età presumibilmente giovane del personaggio.

Matti Salminen: nella sua parte è stato bravo; un pò con l'esperienza e con il talento fornisce un commendatore dalla voce molto profonda, ma poco demoniaca come vorrei io. Ecco che anche lui nella parte finale tende quasi ad essere troppo intellettuale e quindi poco drammatico.

Veniamo al direttore. Non c'è dubbio che Abbado è uno dei migliori incontri fra la tradizione interpretativa tedesca e quella nostra del Don Giovanni. Come sempre l'attenzione per la parte orchestrale è massima, con una precisione quasi millimetrica nel rendere le varie sfumature dinamiche della partitura, sia nei piano che nei forti ecc... Anche l'accompagnamento nelle arie è sempre adeguato e mai eccessivo. Una delle parole d'ordine di questa esecuzione è forse proprio l'equilibrio. Questo va a scapito dell'espressività di alcune singole scene, ma essendo un'esecuzione che va valutata nel complesso, ci mostra il lavoro di ricerca e di sintesi di Abbado nel realizzare un opera con un senso unitario e non con singoli frangenti debordanti a scapito di altri meno rilevanti. Così anche i contrasti vengono smussati. Tutti tranne uno, ma questo involontariamente, e cioè la disparità della qualità vocale fra Trefel e Keennlyside.
Infine annoto che l'orchestra ha un suono secco, asciutto, ma la fuidità e l'intraccio con la parte vocale gode sempre di grande fluidità.


Salutoni...
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Re: RATTLE VS ABBADO

Messaggioda gustav » mer 19 mar 2008, 20:58

Ho finalmente ascoltato bene anche il suo flauto magico.
Per quanto riguarda i cantanti sostanzialmente concordo con quanto da voi scritto nella recensione che avete inserito nel sito.
Sulla direzione ho invece un parere discordante dal vostro...dai, 2,5 su 6 stelle sono pochino, almeno 3,5 (quattro se ci fossero interpreti decenti) a mio avviso se le merita. Non mi soffermo ulteriormente su quest'incisione anche perchè a questo punto si potrebbe aprire un topic analogo a quello di Solti su Mozart dove poter approfondire la questione...una ad esempio: quella in cui si asserisce che a differenza di altri direttori abbia fatto un flauto magico privo di anima che non si capisce dove quale strada voglia prendere.
Lascio dunque a chi voglia discutere su questo il compito, se interessato, di aprire una discussione, così magari anch'io possa rimettermi sulla giusta carreggiata e capirne di più

Ciao...
:wink:
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Re: ABBADO e FIDELIO

Messaggioda gustav » sab 29 mar 2008, 18:30

beckmesser ha scritto:Certo è che a Reggio ci sarò (malgrado i prezzi da rapina).

Saluti.



Caro beckmesser, ormai sei prossimo al concerto...Ti posto qui di seguito un'intervista al regista dello spetaccolo...(in attesa del tuo parere su cosa vedraie ascolterai!)...


http://www.abbadiani.it/guppy2/articles ... =it&pg=877


Ciao...
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Re: RATTLE VS ABBADO

Messaggioda beckmesser » lun 14 apr 2008, 14:18

gustav ha scritto:Caro beckmesser, ormai sei prossimo al concerto...Ti posto qui di seguito un'intervista al regista dello spetaccolo...(in attesa del tuo parere su cosa vedraie ascolterai!)...


Come era stato richiesto, provo a dare un breve resoconto delle mie impressioni sul Fidelio di Reggio Emilia. Francamente, uno spettacolo irritante. Abbado ha dato una lettura formidabile di quello che, dal mio punto di vista, Fidelio non è, ossia una sorta di naturale evoluzione del Flauto Magico. Per mio conto (e se ne è già discusso), l’interesse principale del Fidelio sta nel suo essere un punto di snodo critico nell’evoluzione del linguaggio operistico: è chiaro che Mozart è il punto di partenza, ma l’aspetto più affascinante dell’opera è proprio il modo in cui Beethoven violenta quelle forme per farvi stare contenuti che ormai ne travalicano di gran lunga i limiti, assemblando insieme Mozart e Cherubini, Gluck e la musica francese del periodo rivoluzionario. Dal mio punto di vista, un direttore alle prese con Fidelio deve evidenziarne la violenza di scrittura, le cesure irrisolte, le asimmetrie melodiche e gli sconquassi ritmici e dinamici (credo ci siano più segni di sforzato nella partitura di Fidelio che nell’opera omnia mozartiana…). Una lettura come quella di Abbado, che cerca invece di ricondurre il tutto a compiutezza formale mozartiana, mi sembra riduca molto la portata di Fidelio, se non altro perché ne enfatizza pericolosamente le debolezze: povertà psicologica dei personaggi, rozza drammaturgia ecc. Però, come detto sopra, si tratta di punti di vista, perché dal punto di vista musicale Abbado è memorabile: culmine un’impostazione dell’aria di Florestan come non ho mai sentito.

Il problema è che c’era solo Abbado, e intorno il nulla (o quasi). Cast modestissimo: dal pessimo Florestan di Forbis (davvero non capisco come abbiano potuto dare a lui quella parte, e specie con un’impostazione come quella di Abbado), miniera di suoni non solo orrendi (l’allegro dell’aria gridava veramente vendetta) ma, che è anche peggio, totalmente inespressivi. La Kampe ha voce abbastanza bella, ma un registro acuto impari a Leonore e, che è peggio, personalità quasi inesistente. Il Rocco di Surjan è senza infamia e senza lode e, alla fine, l’unica vera personalità del cast è Dohmen: cantante che ho già sentito qualche volta (mi ricordo un bellissimo Barbablu a Londra) e che risolve Pizzarro con grande intelligenza.

Il tutto, però, era affossato da una regia disarmante, esempio di quella che per me è la situazione peggiore che possa presentarsi: ossia un regista con idee anche interessanti, ma con la totale incapacità di realizzarle, mancandogli anche il minimo sindacale degli attrezzi del mestiere del linguaggio teatrale operistico. Il risultato è un palcoscenico pieno di oggetti che dovrebbero rappresentare qualcosa (come la gigantesca ghigliottina che troneggia al centro) e che stanno lì, creando solo impaccio a personaggi che recitano (si fa per dire) come farebbero in uno spettacolo di Pizzi. O con dettagli che poco aggiungono e molto impicciano, come la difficoltà di deambulazione di Pizarro, sempre in sedia a rotelle o con stampelle. Situazione che porta a risultati surreali: Rocco e Leonore entrano nella cisterna calandosi da una ripida scaletta, mentre Pizzarro si materializza direttamente sul fondo, per poi, stampella in una mano e pugnale nell’altra, inseguire claudicando due arzillissimi Florestan e Leonore, che potrebbero abbatterlo con una spintarella sulla spalla. Che pena.

Nel complesso, per mio conto, uno spettacolo mancato, e che conferma l’impressione che Abbado tenda ormai ad attorniarsi di personalità piccine e inoffensive, come già accaduto nel Così e nel Flauto.

Devo però ammettere che, forse, non ero nella condizione migliore per apprezzare uno spettacolo con questa impostazione. Giusto la sera prima ero a Parigi per un Wozzeck al quale ero entrato più che altro per la curiosità di vedere cosa Keenlyside (artista che ammiro enormemente) avrebbe combinato al suo debutto in un ruolo del genere, e dal quale sono uscito semplicemente sconvolto. Lui, la Denoke e Marthaler (regista che di solito mi lascia alquanto perplesso, ma che stavolta, pur con qualche incertezza, ha centrato il bersaglio) hanno creato uno spettacolo che ha rivoltato tutte le certezze che pensavo di avere su Wozzeck, e che continuava a frullarmi in testa, rendendo ancor più difficile accettare la recitazione da spettacolo parrocchiale che si svolgeva sul palcoscenico di Reggio…

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Re: RATTLE VS ABBADO

Messaggioda MatMarazzi » mar 15 apr 2008, 14:09

Grazie della bellissima recensione!
A proposito di Abbado e degli yes-men piccini piccini di cui si circonda, "Tu m'afforzi l'ascolto sospetto"

beckmesser ha scritto:Marthaler (regista che di solito mi lascia alquanto perplesso, ma che stavolta, pur con qualche incertezza, ha centrato il bersaglio)


E anche questo conferma la mia tesi che il dramma musicale post-wagneriano sia tecnicamente molto più semplice per un regista come Marthaler che proviene dalla prosa.
A lui dobbiamo già una strepitosa Kabanowa, un discreto Tristano, un pessimo Don Giovanni.
Il Wozzeck può infatti essere visivamente gestito come un normalissimo dramma in prosa in cui la parte musicale funga (illiceimente, ma tant'è) da colonna sonora di particolare bellezza.
L'ottimo risultato di Marthaler nel Wozzeck è in fondo molto prevedibile, così come il tracollo in Mozart.

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Re: RATTLE VS ABBADO

Messaggioda beckmesser » mer 16 apr 2008, 13:11

MatMarazzi ha scritto:L'ottimo risultato di Marthaler nel Wozzeck è in fondo molto prevedibile, così come il tracollo in Mozart.


Sono completamente d’accordo su questo. Il problema di Marthaler è quello di tanti registi non cresciuti a pane e opera: ossia quello di appiccicare le proprie idee (spesso interessanti) SULLA drammaturgia dell’opera (intesa come mix testo-musica), anziché farle nascere DA quella. Quando ciò si applica ad opere in cui la forma è fondamentale (Mozart, ma anche il repertorio italiano dell’800), spesso sono dolori: su opere come Wozzeck, il gioco riesce meglio.

E devo dire che, per mio conto, con questo Wozzeck il gioco è riuscito magnificamente. Due sono gli aspetti che mi hanno stupito. Primo: mi sono accorto per la prima volta come, tutto sommato, le diverse letture di quest’opera partivano tutte da una generica ambientazione di modernità novecentesca che, per noi, è ormai tanto “passato” quanto lo è il ‘700 di Mozart. Voglio dire: non mi era mai capitato di vedere un Wozzeck ambientato con coordinate culturali a noi (intendo gente ormai nel XXI secolo) veramente contemporanee, un po’ tipo quello che aveva fatto Sellars con Mozart. Marthaler lo ha fatto, usando coordinate che a me sembravano quelle di certi film (o meglio ancora serie televisive) americane. Scena fissa, una sorta di mensa – tavola calda sperduta chissà dove, centro dove tutta la vita del paese converge, come se ne vedono molte in film on the road, coloratissima e luminosissima, coi personaggi che diventano figure tipiche di quel mondo (tipo: il tamburmaggiore è il bullo vanesio, di successo con le donne, ma in fondo sfigato e perdente anche lui).

Ma soprattutto sorprendente era l’impostazione data a Wozzeck, e qui si passa al secondo motivo, per me, di sorpresa. Non il progressivo distruggersi di una personalità, ma il suo contrario: il formarsi di una personalità; mostruosa certo, ma più evoluta. All’inizio Wozzeck è dipinto come palesemente autistico, ogni contatto con altri esseri che si risolve in un meccanico ordinare oggetti (e Keenlyside è uno spettacolo, talmente bravo da dare punti all’Hoffman di Rain Man, in quanto più sobrio e meno manierato). Un puro, una sorta di Idiota dostojevskiano, sessualmente infantile (bellissimo il modo di usare certo gesti sconci facendo capire di non averli mai provati sul serio: seri dubbi sulla paternità del bimbo di Marie...), vittima predestinata di una società più stupidamente ottusa che violenta. Ogni incontro con altri personaggi (e le umiliazioni che ne conseguono) sembra provocare in lui una presa di coscienza, che non può che sfociare a sua volta in violenza, fino all’omicidio finale di Marie, bellissimo: stanno parlando uno di fronte all’altra e all’improvviso Wozzeck (impassibile, gelido) estrae un coltello e con un gesto pulito e chirurgico le taglia la gola, come avrebbe potuto fare Hannibal Lecter. Ne occulta il cadavere, e nella scena successiva è un altro: sessualmente aggressivo con Margret, la follia pura dell’inizio divenuta psicosi violenta. E poi, non muore: tutto il suo monologo finale è detto al buio, solo una voce e qualche effetto di luce. Al termine dell’invenzione su una tonalità la tavola calda è divenuta la scuola coi bambini. Wozzeck è svanito, probabilmente in giro a scannare altre donne finché l’fbi lo abbatterà a fucilate, oppure semplicemente svanirà nel nulla.

Io l’ho trovato strepitoso: niente proletariato oppresso, colori cupi, tragedia; ma emarginati come li si intende oggi (magari gente non poverissima, ma solo chiusa in una società senza possibilità di sbocchi fuori dal proprio piccolo mondo), colori brillanti che abbagliano con la loro vuota ssurdità, gesti minimi. Fra l’altro (e non so se era voluto), una lettura del genere è perfetta per Keenlyside, la cui maggiore caratteristica di interprete, per mio conto, è proprio quella di riuscire a far percepire la pericolosità della bontà, il lato pericoloso che sta dietro i buoni sentimenti, in Billy Budd come in Hamlet, in Posa come in questo Wozzeck. Il resto del cast era pure formidabile (le scene a due fra Keenlyside e la Denoke erano fantastiche: lei ragazza madre che ha preso Wozzeck solo per avere qualcuno a fianco, anche se alla fine ha forse preso ad amarlo come un bambino). E Cambreling è stato abilissimo nell’adattarsi ad una tale visione (culmine uno strepitoso scherzo nel II atto). In una parola, proprio quello che è mancato nel Fidelio: il teatro. Dove gesto, canto, luce, orchestra interagiscono fra di loro creando qualcosa che è più della semplice somma dei singoli elementi (non importa quanto strepitosi se presi singolarmente).

So bene che, raccontato a parole, uno spettacolo del genere può sembrare sciocco o sterile provocazione, ma a me ha veramente stupito. Mai e poi mai avrei pensato che Wozzeck lo si potesse risolvere (così bene) con un linguaggio a metà strada fra X-files e Grease…

Saluti.
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