Da Axelrod a Oue: ahi, che Mahler!

sinfonia, cameristica e altri generi di musica non teatrale.

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Da Axelrod a Oue: ahi, che Mahler!

Messaggioda vivelaboheme » sab 01 feb 2014, 8:44

Ne abbiamo ascoltate di ogni, nella vita, ma il porno-Mahler ancora ci mancava!
La Sesta sinfonia nelle mani (a volte nude a volte munite di un tronchetto di bacchetta) di Eiji Oue, ieri sera a Milano, sfuggiva ad ogni definizione che non fosse, da parte dell'ascoltatore... l'istinto di accendere il cellulare e chiamare due infermieri che "prelevassero" il maestro giapponese dall'Auditorium milanese durante una "espressione intensa" del volto, ponendo fine alla paranoica esperienza, della quale, peraltro, vanno precisati alcuni punti:
1) Eiji Oue è tutt'altro che uno sprovveduto sul piano tecnico. Gli spaventosi scarti di tempo, le frenate, le accelerazioni, i boati degli ottoni erano chiesti ed immancabilmente ottenuti con implacabile esattezza - e con perversa soddisfazione disegnata in volto (la resa espressiva del tutto era in periglioso bilico fra Ben Hur e Cicciolina). Ovvero: la tecnica funziona, ma è al servizio di una psiche, diciamo così, particolare. Una descrizione a parte vorrebbero la "mise" (una specie di frac superattillato a collo rialzato, capelli laccatti dritti in testa), le "inginocchiate", i sospiri. Le cronache di facebook riportano che il personaggio, inquietante ma non antipatico (anzi), accortosi d'aver dato un attacco imperfetto in prova, si sia fatto perdonare pagando da bere all'intera orchestra!
2) l'orchestra Verdi, scaraventata in una situazione da Helzapoppin', vi si è lanciata senza reticenze. A parte qualche scivolata di qualche ottone verso la fine (accade, in Mahler) ha puntualmente e bravamente eseguito le acrobazie richieste non senza che qualche strumentista esprimesse, nel volto, logici sentimenti (alla graziosa violinista di prima fila e allo stesso primo violino scappavano sorrisi, a fronte delle inenarrabili espressioni facciali del Maestro nelle ultime battute).

Potremmo archiviare questo concerto affermando che, a tratti, ci si è divertiti (vedasi il tour finale di ringraziamento del Maestro all'orchestra, condito di pantomime). E che - questo di sicuro - nella sua paranoia questa Sesta è stata più digeribile rispetto alla triste, velleitaria Seconda della settimana precedente. Quella era stata più Morte che Resurrezione, questa, almeno, più Folle che Tragica. Pur nella perversione, la tecnica di Oue è altra cosa dalle approssimazioni in cui è incorso Axelrod.
Il limite del tutto è sintetizzabile in una considerazione e una (non) sommessa richiesta conclusiva.
La considerazione: se Eiji Oue è sempre "così", la prima volta può soprenderti, alla seconda già fa capolino la noia per il "facciamolo strano" ad ogni costo (e già in questa Sesta c'erano momenti di noia, nella insistita ricerca degli effetti). Leonard Bernstein poteva permettersi di essere Bernstein perché era Bernstein. I suoi allievi (non è la prima volta che ne incontriamo alla Verdi: anche lo stesso Axelrod ci è passato) hanno davanti a sé qualche rischio, se una certa regola non prevale sull'estro. Di Lenny, ce n'è stato uno, immenso e irriproducibile: difficile esserne figlio o nipotino.
La richiesta: posto che abbiamo dovuto comunque rinunciare alla presenza, tanto attesa, di un Vladimir Jurovski, facciamo che fino ad adesso abbiamo scherzato. Quando ci verrà ridato, alla Verdi, un bel Mahler, diretto con cognizione di causa? L'Auditorium dell'orchestra è posizionato nel "largo" milanese dedicato al grande Gustav. E' troppo chiedere che alla sua musica sia dedicato adeguato, rispettoso servizio?

marco vizzardelli
vivelaboheme
 
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