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Chopin

MessaggioInviato: mer 05 dic 2012, 2:55
da Triboulet
Mi fa piacere raccogliere l'invito di Mat e parlare un po' di musica da camera, che quì su operadisc è parecchio trascurata. E invece la musica da camera strumentale (e quella con e per il pianoforte in particolare) è forse quella che più si avvicina all'idea di "canto", quantomeno in senso lato. Ovviamente non sono intenditore, ma appassionato ascoltatore sì, quindi condivido volentieri con voi le mie impressioni e i miei gusti, augurandomi di non essere il solo ad intervenire :mrgreen:

Parlare di Chopin non è semplice, artista popolarissimo e (purtroppo o per fortuna, dipende dal punto di vista) inflazionatissimo, ridotto non di rado a poltiglia salottiera da sottofondo. Comincerei col dire che esiste Chopin e Chopin, non è detto quindi che un pianista che si senta a suo agio in un certo tipo di pezzi diventi automaticamente "interprete chopiniano". Non credo del resto esistano interpreti chopiniani (o lisztiani o quel che volete), se non in una accezione popolare molto debitrice delle tradizioni. Ma poi, anche tra gli interpreti "di riferimento" troviamo delle specializzazioni. Mat non si arrabbierà se prendo in prestito la sua classificazione. Esempi al volo: Rubistein ("vocalista") era campione di canto, e quindi preferiva i pezzi dove era la linea melodica ad essere privilegiata (famosi i suoi notturni). Non incise mai (per dire) gli studi, che invece erano repertorio d'elezione di Richter ("declamatore"), assieme ai pezzi più sbalzati e/o più strutturati (Scherzi, Ballate). Horowitz ("colorista") odiava ad esempio le sonate (nonostante abbia suonato spesso la seconda) e in parte anche i notturni, mentre prediligeva il fascino ambiguo delle mazurke (che definiva "oro puro") e di alcuni pezzi più rapsodici (Fantasia-Impromptu ad esempio). E' una regola che ha molte eccezioni, ma è utile per capire quanto sia varia la scrittura - e in pratica lo stile - di questo compositore.

Partiamo coi concerti per piano e orchestra, che sono già un bell'arcano. Discendenti diretti del cosiddetto stile Biedermeier (quello di Field e Hummell), sono caratterizzati da una predominanza del pianoforte sull'orchestra, da un virtuosismo molto agile e poco muscolare, aperture liriche e un rapporto piano-orchestra molto "teatrale" (nel senso di orchestra che accompagna il canto solista) più che drammatico. Si può dire che i concerti di Chopin siano i nipoti dei concerti di Mozart, anzi ne rappresentano la trasfigurazione in chiave ottocentesca, l'ultima peraltro, dato che da lì in poi questo modello verrà abbandonato in favore della linea stilistica tracciata da Beethoven. In questo senso sono più "musica da camera allargata" che sinfonica. Le esecuzioni che io personalmente ritengo più soddisfacenti nel complesso sono proprio quelle fresche, aeree e antiretoriche che si agganciano in qualche modo all'universo biedermeier, ad esempio quelle stupefacenti del giovanissimo Kissin, oppure quelle "gouldiane" di Weissemberg. Lo so, vado controccorrente... certo, perdiamo molto in romanticismo e melensaggini assortite, e sicuramente anche nella definizione dei dettagli, ma la purezza cristallina e spontanea di questi interpreti sarà difficile da ritrovare in gente come la Argerich (impetuosa e muscolare) o la Joao Pires (ad alto contenuto di zuccheri). Per quel che concerne invece le letture del fronte "analitico", da citare secondo me la particolarissima seconda registrazione di Zimmerman, in pratica un falso storico (specie nel suono dell'orchestra) ma molto affascinante, quasi cinematografico, seppur lontano dal mio ideale (spontaneità zero, ovviamente, come tutto lo Zimmerman in studio), il 2 di Pogorelich (sulla carta un declamatore, dal suono molto scolpito, eppure il suo Chopin è sempre convincentissimo) e le prove di Gilels e Sokolov - il cui stile è abbastanza accostabile - pianisti analitici "caldi", dal suono umido e rotondo e dalla sensibilità "rilassata" (non so davvero come descrivere) che lavorano piuttosto sull'introspezione che sull'esteriorità, virtuosistica o lirica che sia. Li diremmo declamatori morbidi, o non saprei. Stranamente (ma neanche tanto) un virtuoso-colorista come Bolet delude un po', ma tant'è che nè Horowitz nè Pletnev hanno mai immortalato su disco questi concerti.

Ora ho sonno ma domani continuo volentieri.....

Re: Chopin

MessaggioInviato: mer 05 dic 2012, 11:36
da Enrico
Qual'è la seconda registrazione di Zimmerman? io ho quella del primo concerto del 1979 (Concertgebouw).
Sai se Magaloff, oltre all'integrale per pianoforte solo della Philips, ha inciso anche i concerti?

Re: Chopin

MessaggioInviato: mer 05 dic 2012, 14:12
da Triboulet
Questa Enrico:

Immagine

Di Magaloff non so, anche perchè è un pianista che non mi fa impazzire. Diciamo che qualcosa di "simile" (passamela) e a mio gusto pure più interessante puoi trovarla quì:

Immagine

Un altro che ho dimenticato di citare è Cziffra, pianista sottovalutatissimo (anche perchè gli hanno appiccicato l'etichetta di "virtuoso") e dalla grande personalità prima di tutto interpretativa. Io ho il primo concerto, estremamente romantica come lettura e tendente al colorismo, ma insolitamente intima e volatile, a dispetto di quel che si potrebbe credere (come molto del suo Chopin del resto), direi quasi impressionista.

Re: Chopin

MessaggioInviato: mer 05 dic 2012, 15:55
da Enrico
Il primo pezzo di Chopin che ho sentito dal vivo, credo nel 1987, è la polonaise per violoncello e pianoforte, suonata da Antonio Meneses con Nikita Magaloff. Magaloff l'ho sentito dal vivo tante altre volte, l'ultima nel 1989 con un programma tutto dedicato a Chopin, ma l'integrale delle registrazioni ce l'ho solo da alcuni anni; Chercassky solo una volta, in un programma che andava da Bach a Stockausen (e ho sempre apprezzato il suo cd chopiniano pubblicato dalla Nimbus): nel sito della Victor Encyclopedyc Discography ci sono diverse registrazioni di quand'era bimbo prodigio.

Re: Chopin

MessaggioInviato: mer 05 dic 2012, 23:08
da Triboulet
Chopin non andava molto daccordo con la sonata. Quando scrive le sonate è evidente che fa uno sforzo enorme per adeguarsi a modelli beethoveniani, riuscendoci solo alla fine, con la terza, il cui primo tempo in particolare è un vero primo tempo di sonata in tutto e per tutto. La seconda, pur bella, sembra una serie di pezzi messi lì a costruire una sonata mentre la prima (che non si esegue quasi più) è poco più che un esperimento.
La scrittura di conseguenza cambia abbastanza dalla seconda alla terza sonata. Non è un caso che Horowitz abbia proposto quasi sempre la seconda, mentre Gilels abbia preferito di solito la terza. La seconda sonata si presta ad un'organizzazione costruita per contrasti dinamici e agogici, mentre la terza è una composizione più solida nel complesso, con un'intricato gioco polifonico specie nel primo tempo. I coloristi quindi si tengono di solito a distanza dalla terza sonata, la cui unica esecuzione convincente in questo senso è quella di Bolet, colorista dal tono molto avvolgente e dal tocco misuratissimo. Pletnev, che invece assomiglia più ad Horowitz nel suo colorismo molto personale ed estremo, prova a farla sua, ma non mi riesce di credergli, francamente. A sorpresa si segnala l'esecuzione di Gould che, contrariamente a certe malelingue poco informate, non perdeva il suo tempo a incidere autori che non gli interessavano solo per sfregiarne il nobile nome. Tant'è che Gould, che notoriamente odiava molta musica romantica, decide di incidere proprio la terza sonata, dandone una lettura molto trasparente e mettendone in luce le fitte trame contrappuntistiche. Simile a lui Casadesus, e con profondità diversa Pogorelich - che però riuscì anche a "declamare" in maniera convincente la seconda sonata.
La seconda sonata ha avuto davvero una marea di esecuzioni, ma trova i miei interpreti d'elezione in Rachmaninov e Kapell, accomunati da un pianismo di equilibrio unico e tutt'altro che ageè come ci porterebbe a pensare la data di nascita di questi due artisti. Il ritmo e le inflessioni del canto sono la chiave di queste interpretazioni, oltre ad una qualità dei colori per entrambi assolutamente peculiare. Il problema di questa sonata è che appare squilibrata, se non le si da un respiro adatto. Ma siccome non dobbiamo fare sempre i passatisti, dirò che una delle esecuzioni recenti che mi hanno convinto di più è proprio quella di Yuja Wang, pianista asiatica a cui mi sono accostato con non pochi pregiudizi, pregiudizi che devo dire almeno il disco è riuscito a smentirmi. Siamo dalle parti di un certo colorismo horowitziano senza gli eccessi (geniali) di quest'ultimo, con maggiore coesione e rispetto della forma ma con una attenzione al dettaglio che, all'ascolto, appare comunque molto naturale. Menzione speciale per la lettura solenne e affannosa di Witold Malcuzynski, pianista ormai dimenticato, il cui Chopin è molto interessante e sembra precorrere in un certo qual modo le rivoluzioni di Pogorelich, rispetto a cui risulta però più marcatamente istintivo. Sicuramente ho dimenticato qualcuno :mrgreen:

Re: Chopin

MessaggioInviato: gio 06 dic 2012, 13:43
da Triboulet
Qualche ascolto sulle sonate vale la pena inserirlo:

II sonata







III sonata






Re: Chopin

MessaggioInviato: gio 06 dic 2012, 21:02
da MatMarazzi
Leggo... ascolto... e imparo! :)
Grazie mille Trib.
Conto di dire la mia al più presto.

Mat
PS: e il Requiem?

Re: Chopin

MessaggioInviato: gio 06 dic 2012, 21:18
da Triboulet
: Chessygrin : addirittura, prego! spero di avere qualcuno che mi fa da contraddittorio, non vorrei insegnare corbellerie mio malgrado...

E il Requiem... mi sto riascoltando un po' di registrazioni (e non sempre uno ha voglia di metter su una messa da morto :lol: ), e poi deciderò come chiudere la mia piccola avventura in questo capolavoro! presto arriverà in home una mia recensione operistica che ho inviato la scorsa settimana, se può interessarti, giusto per tenere buono il mio pubblico! : Nar :

Re: Chopin

MessaggioInviato: ven 07 dic 2012, 1:20
da beckmesser
Proverò a dire la mia su Chopin non ho appena trovo un momento, ma una cosa che mi ha sempre colpito moltissimo è il fatto che il buon Fryderyk potrebbe essere arruolato a buon titolo fra gli operoinomani classificati dal buon Mattioli. Il suo epistolario è una miniera inesauribile di dettagli sulla vita operistica della Parigi del tempo e denota una conoscenza ed una passione notevolissimi.

Alcuni spunti mi hanno sempre incuriosito moltissimo, per il modo di schizzare i grandi cantanti del tempo in due parole, tipo quando scrive “Rubini è un tenore perfetto, prende le note a piena voce, mai in falsetto, e volte gorgheggia per due ore (ma talvolta ricama troppo e vibra apposta con la voce, inoltre esegue trilli senza fine, cosa che tuttavia gli frutta i più grandi applausi). Il suo mezza voce è ineguagliabile.”

Oppure: “Anche la Cinti-Damoreau canta perfettamente, come meglio non si può; preferisco il suo canto a quello della Malibran. La Malibran sorprende, la Cinti incanta e rende le gamme cromatiche meglio di Tulon, celebre flautista. Non si può avere voce meglio perfezionata, e fa così poca fatica, che sembra non accorgersi del pubblico”.

Altri quadretti sono irresistibili, tipo: “C'è qui la Schroder-Devrient, ma non fa grandi furori come in Germania. La Malibran interpretava il ruolo di Otello, e lei quello di Desdemona. La Malibran è piccola, la tedesca enorme; sembrava che Desdemona strangolasse Otello. E' stata una rappresentazione costosa per vedere una Malibran nera che non cantava molto bene in quel ruolo”. Le follie del mondo dell'opera restano sempre le stesse...

Saluti,

Beck

Re: Chopin

MessaggioInviato: ven 07 dic 2012, 2:08
da Enrico
beckmesser ha scritto: “Rubini è un tenore perfetto, prende le note a piena voce, mai in falsetto, e volte gorgheggia per due ore (ma talvolta ricama troppo e vibra apposta con la voce, inoltre esegue trilli senza fine, cosa che tuttavia gli frutta i più grandi applausi). Il suo mezza voce è ineguagliabile.”


Molto interessante!

Re: Chopin

MessaggioInviato: ven 07 dic 2012, 13:32
da MatMarazzi
“Rubini è un tenore perfetto, prende le note a piena voce, mai in falsetto”


Questa è talmente clamorosa che meriterebbe un approfondimento, dato che è storicamente appurato che Rubini usava moltissimo il registro che noi chiamiamo "falsetto". Probabilmente la traduzione di "fausette" è un po' affrettata (ammesso che in francese Chopin avesse scritto proprio "fausette"); oppure - come tendo a pensare - la fausette in Francia indicava qualcosa di diverso. O ancora è possibile che Chopin (senza nulla togliere al valore delle sue annotazioni) non avesse poi così chiara la terminologia canora.
Per curiosità, tu hai il testo in italiano o in francese?
Salutoni,
Mat

Re: Chopin

MessaggioInviato: ven 07 dic 2012, 14:10
da Enrico
Oppure Chopin aveva ascoltato Rubini in opere nelle quali, come a volte faceva, si spingeva a piena voce fino al si naturale in fortissimo. Alcuni termini da chiarire (anche parlando dei trilli) ci saranno anche nelle fonti italiane che ho trovato in preparazione ai prossimi capitoli sul vibrato. Non possiamo pensare che arrivasse a note quasi sopranili a piena voce: qualcuno ha ipotizzato che utilizzasse il vibrato proprio per passare da un registro all'altro e per amalgamare timbricamente di diversi tipi di emissione.

Ma qui si parla di Chopin: e chiedo al nostro esperto se due brani intitolati Inno alla patria e Omaggio a Bellini (quest'ultimo basato su un tema dei Puritani, ma con parole che ricordano "Ah non credea mirarti"), con testo di un tal Glinski e musica di Chopin, incisi da Beniamino Gigli con la Philharmonia Orchestra a Londra nel 1949 siano da attribuire allo stesso Chopin di cui stiamo parlando. Il secondo è molto singolare perché ripete il tema a diverse altezza, dai suoni più gravi fino a un falsetto acutissimo (ed è uno dei casi in cui, da un punto di vista vocalistico e tecnico, l'ascolto di Gigli può essere istruttivo). Se l'Omaggio a Bellini è veramente di Chopin mi piacerebbe sapere quando l'ha scritto e per quale cantante.

Re: Chopin

MessaggioInviato: ven 07 dic 2012, 15:48
da Triboulet
MatMarazzi ha scritto:Probabilmente la traduzione di "fausette" è un po' affrettata (ammesso che in francese Chopin avesse scritto proprio "fausette"); oppure - come tendo a pensare - la fausette in Francia indicava qualcosa di diverso. O ancora è possibile che Chopin (senza nulla togliere al valore delle sue annotazioni) non avesse poi così chiara la terminologia canora.


Certo Chopin magari non si intendeva nè di voci nè d'orchestra, tant'è che si tenne lontano da tutto ciò che non era legato al pianoforte (per quel che ne so le uniche sue opere vocali sono i canti incisi dalla Gencer), contrariamente a molti suoi colleghi coevi. Però il fatto che non scriva solo "mai in falsetto" ma specifichi anche "prende le note a piena voce", beh mi pare inequivocabile. Cioè, anche a voler dare alla parola "falsetto" un significato diverso, io dubito che il nostro potesse confondere una "piena voce" con un'emissione che lui riteneva in qualche modo diversa. E' ovvio poi che Chopin lo sta paragonando a cantanti che il falsetto (qualunque esso sia) lo utilizzavano, evidentemente, e che lui probabilmente aveva ben presente, dato che Rubini rappresenta un'eccezione tale da richiedere quella sottolineatura. Possibile che Chopin sia stato tratto in inganno semplicemente dalla continuità dei registri? O dobbiamo accettare che quel "a piena voce" voglia dire il nostro falsetto di oggi. Non so...

Enrico ha scritto:Oppure Chopin aveva ascoltato Rubini in opere nelle quali, come a volte faceva, si spingeva a piena voce fino al si naturale in fortissimo.


Anche quì, quante opere possiamo elencare di quel tipo? lo chiedo perchè non lo so, di filologia del canto non ne so proprio nulla... fatto sta che Chopin notoriamente amava molto la musica di Bellini - scopro l'acqua calda se ricordo l'influenza pesantissima di Bellini nella sua di musica. Ora, considerando che le principali opere di Bellini (tolta Norma) mi sa che sono scritte per Rubini, io posso immaginare che almeno un Bellini cantato da Rubini Chopin l'avesse ascoltato. Esiste un'opera di queste in cui Rubini non canta "mai in falsetto"?
Interessa anche a me la storia dell'Omaggio a Bellini, di cui non ho mai sentito parlare... vediamo beck cosa dice.

Re: Chopin

MessaggioInviato: ven 07 dic 2012, 15:54
da DottorMalatesta
MatMarazzi ha scritto:
“Rubini è un tenore perfetto, prende le note a piena voce, mai in falsetto”


Questa è talmente clamorosa che meriterebbe un approfondimento, dato che è storicamente appurato che Rubini usava moltissimo il registro che noi chiamiamo "falsetto".


In effetti se é cosí allora davvero non capisco piú niente!!!! :shock: :shock: :shock:

Buon Sant´Ambrogio a tutti!
Malatesta

Re: Chopin

MessaggioInviato: ven 07 dic 2012, 16:36
da Enrico
DottorMalatesta ha scritto:
MatMarazzi ha scritto:
“Rubini è un tenore perfetto, prende le note a piena voce, mai in falsetto”


Questa è talmente clamorosa che meriterebbe un approfondimento, dato che è storicamente appurato che Rubini usava moltissimo il registro che noi chiamiamo "falsetto".


In effetti se é cosí allora davvero non capisco piú niente!!!! :shock: :shock: :shock:


"Rubini terminate le rappresentazioni al Teatro Carcano in Milano nel mese di marzo del 1831 fra le più strepitose acclamazioni di un pubblico entusiasmato, e fra inusitati onori, partì con sua moglie alla volta di Londra. Egli debuttò su quelle scene coll'opera del Pirata e gli Inglesi rimasero stupefatti, convenendo essi pure a ciò che sul di lui conto avevano letto, cioè che la sua voce è dolcissima, di un'intuonazione assai perfetta, e di più di un genere affatto particolare e talmente alta che, laddove ad altro tenore sarebbe forza usare del falsetto, egli non adopera che le migliori e più facili sue note di petto" (Agostino Locatelli, Cenni biografici sulla straordinaria carriera teatrale percorsa da Gio.Battista Rubini, Milano 1844)

Parigi, 1837, La Sonnambula: "...cantò l'andante: Il più tristo de'mortali, e l'allegro: Ah! perché non posso odiarti, con gli accenti i più appassionati e penetranti, e facendo sentire di tutta forza dei la e dei si bemol di petto di un effetto prodigioso, fece sbalordire il pubblico spingendolo in preda ad un trasporto difficile a descriversi"
(Agostino Locatelli, Cenni biografici sulla straordinaria carriera teatrale percorsa da Gio.Battista Rubini, Milano 1844)

"La voce di Rubini era quella di un tenore altissimo, avente un'estensione di più di due ottave, dal mi fino al fa acuto, a cui egli giungeva in certi passaggi con un sbalzo eroico che eccitava sempre l'ammirazione dell'uditorio. [...] Egli poteva andare fino al si acuto imprimendo a ciascun suono quella vibrazione possente e virile che si chiama voce di petto. Pervenuto a questo limite estremo il cantante pareva come scomparire in un falsetto luminoso che formava con le corde precedenti un contrasto magico [...]. L'orecchio attonito seguiva il cantante nella sua ascensione fino agli ultimi confini della voce di tenore, senza scorgere alcuna soluzione di continuità in questa lunga spirale di note diversamente colorite e che spiccavano su un tessuto melodico sempre persistente"
[Storia delle Lettere e delle Arti in Italia giusta le loro reciproche rispondenze ordinata nelle vite e nei ritratti degli uomini illusti dal secolo XIII fino ai nostri giorni per cura di Giuseppe Rovani, Tomo IV. Milano per Francesco Sanvito succ.alla ditta Borroni e Scotti 1858.]