Cominati-Beethoven

sinfonia, cameristica e altri generi di musica non teatrale.

Moderatori: DocFlipperino, DottorMalatesta, Maugham

Cominati-Beethoven

Messaggioda vivelaboheme » lun 11 giu 2012, 16:01

All'Auditorium di Largo Mahler, a Milano, per la Stagione dell'Orchestra Verdi, felicissimo passaggio di Roberto Cominati nel Concerto nr 4 in sol magg. per pianoforte e orchestra, di beethoven. La strada interpretativa è quella che si era già aperto con l'esecuzione del Secondo, qui alla Verdi. Un "perlage" di suono (bellissimo), quasi pulviscolare, sgranatissimo, leggero ma anche, dove occorre, energico, per una lettura di grande intensità che ha il suo cuore nella straordinario movimento lento: sul quale, Cominati aveva anticipato, intervistato su La Repubblica, la voluta sfasatura ritmica fra il tempo lento, suo, e l'orchestra, secca, laconica. Così si è svolto il dialogo che dà vita a questo incredibile... frammento di movimento. Nel movimento iniziale, impressionante per intensità e colore è anche la cadenza. La dialettica con l'orchestra è permanente. La Zhang Xian, direttore stabile della Verdi, che di suo (ma non sempre: non nella recente, ottima Eroica, non nella Quarta di Brahms) tenderebbe al "muscolare", alleggerisce e dialoga. Ne esce un Quarto notevolissimo, incorniciato da una altrettanto notevole (per asciuttezza, nitore) Quarta di Brahms, e da un Ouverture del Franco Cacciatore sulla quale, per la verità, non ho avuto altrettanto entusiasmo. Là dove la musica si fa "evocativa" (era accaduto con il Klagende Lied di Mahler) la Xian mi sembra meno a suo agio.
Ma il Quarto di Beethoven by Cominati vale la serata. Dopo l'eccezionale integrale discografica di Ravel e gli altri esiti di questi anni (qui alla Verdi e altrove: recente l'esito trionfale dell'Egiziano di Saint-Saens a Santa Cecilia, scelta rara e interessante), Roberto Cominati si conferma fra i grandi del nostro tempo, sicuramente il più importante fra gli italiani nati dopo Pollini. Bisogna un po' "inseguirne" i programmi, ma anche questo non è un cattivo segno: non è certo un pianista juke-box, come va di moda. Lui non balla con i lupi, non mette i giubbotti techno e le paillettes, non ammicca al pubblico contorcendosi alla tastiera. Ma, con il suo abito impeccabile, suona, benissimo, il pianoforte.

marco vizzardelli


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