Eschenbach: un magnifico Brahms con Filarmonica Scala

sinfonia, cameristica e altri generi di musica non teatrale.

Moderatori: DocFlipperino, DottorMalatesta, Maugham

Eschenbach: un magnifico Brahms con Filarmonica Scala

Messaggioda vivelaboheme » lun 02 apr 2012, 13:23

Per fortuna, ci sono esecuzioni, concerti, interpretazioni, serate che rimettono a posto l’orologio. Christoph Eschenbach esegue la Prima sinfonia di Brahms con la Filarmonica della Scala, e… parto da due considerazioni.
a) Mi auguro che qualche buona anima presente domenica sera 1° aprile 2012 alla Scala abbia piratescamente registrato tale esecuzione-interpretazione. Non tanto a giovamento di chi c’era ma perché, essendo per l’appunto una di quelle rare letture che fanno testo e rimettono a posto l’orologio, va passata a coloro che verranno, così come è stata, “dal vivo”, non reincisa, no: questa qui, di domenica sera 1° aprile.
b) Gli orchestrali hanno giustamente fatto festa ad Eschenbach. Spero che coloro che suonano in Filarmonica e anche nelle opere abbiano colto la differenza che passa fra battere i piedini da bambini capricciosi al ragionier Marc Albrecht per un decente Strauss e…. questo straordinario (sì!) Brahms! Perchè qui, da parte di un ambiente meno mortifero di quello dei bagonghi abbonati Filarmonica, sarebbe stato giusto e dovuto l’applauso ritmato di tutto il teatro, orchestra e pubblico, in piedi. Era da standing ovation.

Per ricordare, alla Scala, un Brahms dal vivo di tale portata intellettuale, culturale, interpretativa – e per di più di tale cuore: un “calore” di suono indescrivibile – devo risalire a Giulini (e chi ricorda la “sua” Prima di Brahms sa di cosa parlo). Molto diversa, per impostazione, ma pure eccezionale. Per collocare giustamente la lettura di Eschenbach – fin dallo straordinario inizio, (densità e nello stesso tempo trasparenza di suono: sembrano contrari, invece c’erano tutt’e due) – è evidente che ci si rifà diritti-diritti alla lezione del Maestro del Suono, che per Eschenbach giovane, e giovane pianista, ebbe predilezione: Herbert Von Karajan. Per intendersi, l’impostazione parte da lì (ed è giusto: dal forse più grande interprete di sempre, della sinfonia in Do min.di Brahms) . Come direttore, Eschenbach è un interprete “di tradizione”, il che non ha niente di negativo, è una semplice constatazione di fatto. All’inizio, ha proposto una Jupiter di Mozart che, meno “filologica” non si sarebbe immaginato, ma che importa! Era magnifica, per sottigliezza dei colori, delle dinamiche (gli sbalzi forte -piano nell’andante e nel trio del minuetto!), del canto! Non è detto che Mozart si debba fare per forza “da filologi”, se il musicista è di qualità. C’è Jacobs e ci sono “filologi” mediocri o pessimi, così come, fra i “tradizionali” nelle Nozze ci sono stati ieri Erich Kleiber o lo stesso Muti di una famosa “ripresa”, e c’è oggi… Battistoni!!!! Ma, diversamente da tanti strumentisti (pianisti, più di tutti) che ad un certo punto si sono dati alla direzione (uno “fa” il direttore stabile alla Scala…), Eschenbach non “fa” il direttore. “E'” un fior di direttore, con un senso delle proporzioni del suono, dei colori, del fraseggio, dell’ascolto reciproco fra gli orchestrali, che…. magari il suo collega stabile alla Scala ce l’avesse! Anche Barenboim è tradizionale, fa tanto suono, ma nella sua costipata concertazione manca, quasi sempre, ciò che in quella del direttore Eschenbach c’è sempre, qualunque sia il grado dei decibel: aria, ossigeno, slancio, colore.
Ecco, era un Brahms così. Con ancora altre doti: avete in mente il tema innodico famoso del finale della Prima? E’ raro ascoltarlo così nobile, ma stupisce ascoltarlo completamente variato nell’espressione ad ogni ritorno: lo enunciano gli archi ed è solenne, lo riprendono i legni ed Eschenbach gli cambia tempo e colore ed espressione: diventa giocoso. Quando torna, alla fine, è ancora diverso (queste cose, a parte stavolta da Eschenbach oggi le sento fare solo da Pretre, quando esegue Brahms). Una nota merita anche la stretta finale. Nessuno è mai riuscito e probabilmente nessuno riuscirà a dare il senso di “precipizio” che il cadenzato Giulini (che non era banalmente “lento”, ma aveva un incredibile senso del ritmo) riusciva ad esprimere (è documentato in tutte le sue incisioni della Prima). Eschenbach ha risolto con una – quasi altrettanto eccezionale – violentissima accelerazione di incredibile esattezza tecnica.
Tutto quanto detto, è al servizio di una lettura che colloca, esattamente, Brahms, al culmine di quella concezione utopica-ideale, della Sinfonia, oltre la quale… Mahler farà meravigliosamente a pezzi il tutto. Il “clima” in cui si colloca la straordinaria lettura di Eschenbach è questo… ed è Brahms, all’ennesima potenza.

Dopodiché, voglio sperare che la Filarmonica (che ascolto, quasi ininterrottamente dalla Terza di Mahler con Abbado in poi, cioé dall’inizio) abbia ben presente che questa Prima di Brahms, di questa sera, si colloca fra i momenti più alti nella vita dell’orchestra medesima. E in questo senso dovrebbe servire a rimettere a posto l’orologio, rispetto a ben peggiori prove: e, forse, a capire, perché chi ascolta regolarmente non è “tenero” come questa volta.
Nell’occasione, davanti ad una prova di – finalmente! – ascolto reciproco e compattezza (resta qualche sforzo degli ottoni, ma stavolta hanno fatto cose anche splendide: il corale del finale in Brahms era magnifico per intensità) non sarebbe giusto per l’insieme citare solisti: ma va citato, per forza, quel che si è udito dal favoloso clarinetto di Fabrizio Meloni nell’”andante sostenuto” e nell’”un poco allegretto e grazioso”: una tal bellezza di canto e colore che ad un certo punto Eschenbach ha quasi smesso di dirigere, lo ha guardato in faccia e ha avuto un chiara espressione di giusto apprezzamento. Al proposito, il senso direttoriale del colore del legni, in particolare (anche in Mozart: splendido il fagotto, e in Brahms oboe e flauto) da parte del “nato-pianista” Eschenbach è sbalorditivo. Idem dicasi la compattezza degli archi, le viole, in particolare. Oltre al valore “tematico” e culturale della lettura della sinfonia in Do min. di Brahms, il punto è che – finalmente: in questa stagione, fra opera e Filarmonica, era successo solo sotto la guida di Daniel Harding – abbiamo “ascoltato un’orchestra che si ascolta reciprocamente”, un organismo di armonia fra le parti. Con Christoph Eschenbach, in concerto con la Filarmonica è accaduto (non con il pur professionale baccano di Albrecht nella Donna di Strauss…). Era ora… speriamo si ripeta.

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Re: Eschenbach: un magnifico Brahms con Filarmonica Scala

Messaggioda Alberich » lun 02 apr 2012, 14:05

vivelaboheme ha scritto:Spero che coloro che suonano in Filarmonica e anche nelle opere abbiano colto la differenza che passa fra battere i piedini da bambini capricciosi al ragionier Marc Albrecht per un decente Strauss e…. questo straordinario (sì!) Brahms!


Io, invece, spero che qualcuno mi spieghi come mai quando si commenta la musica classica si debba essere sempre sgradevoli e maleducati.
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Re: Eschenbach: un magnifico Brahms con Filarmonica Scala

Messaggioda vivelaboheme » lun 02 apr 2012, 14:44

Scusi Alberich, per capire la sua reazione sono andato a rileggermi i suoi, e anche altri commenti alla recente Donna Senz'Ombra scaligera. Lei è rimasto entusiasta della direzione. Ne sono felice per lei. Io, non altrettanto. Potrei dilungarmi sul perché, diciamo che c'era un commento di Maugham, altrettanto entusiasta, nel quale attribuiva ad Albrecht un merito che io considero un demerito. Uno Strauss "svecchiato" da un certo compiacimento timbrico. Ma , a mio parere, questa è la Donna, non è Elektra. E leggerla in un totale, sia pur efficientissimo, blanc et noir orchestrale mi pare limitativo. Ecco, io ho trovato Albrecht efficiente, non di più. Credo sia legittimo avere differenti sensazioni. Quanto a quei piedini battuti che ho citato, avevano tutta l'aria di una reazione a... vicende della volta prima (Aida). Tutto qui.

Cordiali saluti
marco vizzardelli
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