Friedrich Gulda

sinfonia, cameristica e altri generi di musica non teatrale.

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Friedrich Gulda

Messaggioda Riccardo » gio 21 apr 2011, 12:30

Tempo fa si accennava con Triboulet ad un thread specifico dedicato a questo pianista. Bene, eccolo!

Mi piacerebbe molto sapere che considerazione avete di lui, quanto lo valutate, quali pregi e quali difetti gli riconoscete, che ruolo gli attribuite tra i musicisti del secolo scorso. O anche solamente qualche impressione sparsa...
A ormai più di dieci anni dalla morte, forse è possibile fare qualche riflessione critica.

La personalità di Gulda trasudava viennesità da tutti i pori: nella personalità da eccentrico ottimista ma nel contempo pacata e dallo sguardo nostalgico; nel suo essere, per tutta la vita, un figlio della rigida accademia viennese, evidente proprio nel suo inquieto e continuo ribellarsi ad essa. Le jam sessions a New York, la devozione per Bach prima, Beethoven dopo e Mozart alla fine, i suoi provocatori rave parties negli anni '90. E ancora la Freie Musik al Musikforum sul lago di Ossiach, i recital con programma ignoto fino al momento dell'esecuzione, i duetti e le improvvisazioni con Herbie Hancock, Joe Zawinul o Chick Corea...

Molti critici sembrano non aver colto l'essenza del personaggio limitandosi, negli ultimi anni, a dire che Mozart lo suonava ancora bene (ovviamente quando si serviva di Bösendorfer e non della vergognosa Clavinova Yamaha), ma tutto il resto era immondizia.

Gulda rappresenta nella musica un po' tutto quello che è stato il terremoto degli anni Sessanta, con quel vento di ribellione e protesta...che però celava uno spirito in realtà sostanzialmente conservatore alla pari del mondo che intendeva combattere.
Gulda non si sganciò mai dai classici, dalla terna Bach Mozart Beethoven in particolare. Poco Schubert, poco Debussy, un po' di Chopin.

Il suo modo di suonare è per alcuni freddo: gesto massiccio ma poco pedale, virtuosistico nell'articolazione, tempi rapidi, poche dinamiche. Eppure tradisce la profondità di chi ha capito molte cose della musica, di chi controlla ogni dettaglio non solo in quanto interprete di musica altrui, ma in quanto complice del compositore. Per lui, dal talento teatrale, la musica era sostanzialmente l'atto performativo, poco altro.

Relativista fino alla provocazione, diceva non a torto che la dissonanza in musica non esiste: negli accordi esistono solo diversi livelli di tensione rispetto al tono fondamentale.
Parlandò di sé e della propria presunta tecnica perfetta, spesso elogiata dalla critica, confessò a Joachim Kaiser che in realtà il suo segreto era il repertorio, scelto in modo tale che i suoi limiti non venissero mai rivelati.
E infatti, chi mai l'ha sentito cimentarsi in pubblico con Liszt o Rachmaninov? : Sailor :

Il pianismo di Gulda, così ancorato al dettaglio dello spartito nello spirito, sembra non distinguere tra esecuzione di composizioni altrui e proprie: si tratta in tutti i casi di un atto espressivo; quel che cambia è soltanto il livello di mediazione.
Arrivò al punto di suonare nudo note in libertà insieme al canto selvaggio di Ursula Anders (pure lei nuda), onde mettere in discussione tutte le barriere e le convenzioni della comunicazione musicale "colta".

Ma l'impressione è che tutte queste barriere volesse contestarle per metterle alla prova e, una volta rese più solide, in un certo senso restaurarle.
Di qui la polemica degli anni Ottanta nei confronti delle avanguardie contemporanee e dunque il profilo tonale, per alcuni kitsch, della sua musica, a partire dal Concerto per violoncello scritto per l'amico Heinrich Schiff oppure il pianistico Concerto for Myself.

Il colpo di scena della morte, annunciata un anno in anticipo e poi smentita per pubblicizzare il proprio ultimo progetto dal nome "Resurrection Party", ma poi avvenuta all'improvviso nel 2000 proprio il giorno del compleanno di Mozart, chiude l'esistenza di un personaggio che riduttivamente qualcuno ha etichettato come scandalistico.
Gulda ha invece incarnato la crisi e certe inquietudini dell'Occidente, dell'Europa conservatrice soprattutto, nei confronti di una tradizione culturale fattasi talmente pesante da risultare schiacciante.

Che cos'è la musica classica? Che senso ha la separazione dei generi?
Che rapporti deve avere con il grande pubblico?
La musica classica è rito passatistico o futuro?
Sono i classici a vivere oggi o il pubblico classico a vivere nel passato?
Le follie di Gulda a tutto questo hanno tentato di trovare una risposta...

Voi che ne dite?

Mozart - Sonata K 333


Mozart - Concerto n.20


Beethoven Imperatore con Szell - Wiener Festwochen 1966


Gulda - Cello Concerto


Gulda - Für Paul


Gulda/Doors - Light my fire variations


Bach - Aria sulla IV corda


:D
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Re: Friedrich Gulda

Messaggioda pbagnoli » sab 23 apr 2011, 12:40

Argomento affascinante, Riccardo.
Mi scuso per non averti risposto prima ma, un po' per il lavoro e un po' per ignoranza in tema di cultura pianistica in genere e su Gulda in particolare (nome che pure conosco bene), mi sono astenuto sperando che qualcuno rispondesse prima di me al tuo bellissimo e condivisibile post.
Particolarmente interessante, poi, per il fiorire di tutta una serie di Artisti che con la tastiera hanno un rapporto privilegiato e che trasformano il rito dell'esecuzione in uno show personalissimo - penso ovviamente a Lang Lang che abbiamo già trattato su queste pagine, ad altri pianisti caratterizzati dalla giovane età e dal virtuosismo vertiginoso, e ad altri fenomeni tipicamente italiani che mescolano orecchiabilità di motivetti che rimandano a Richard Clayderman, con un look vagamente grunge.
Non ho chiaramente elementi per entrare nel merito, per cui sto sul guado; da un punto di vista tecnico, mi limiterei a chiederti perché alcuni pianisti sembrano caratterizzati da poco o punto uso del pedale (penso ovviamente al mio adorato Glenn Gould), e passerei a commentare quello che - per me - è il nucleo pulsante del tuo post, vale a dire questo:
Che cos'è la musica classica? Che senso ha la separazione dei generi?
Che rapporti deve avere con il grande pubblico?
La musica classica è rito passatistico o futuro?
Sono i classici a vivere oggi o il pubblico classico a vivere nel passato?
Le follie di Gulda a tutto questo hanno tentato di trovare una risposta...

Domanda fondamentale, direi pure esiziale perché è sulla risposta ad essa che si basano tutte le nostre valutazioni.
E credo che la risposta non possa essere univoca, anche perché ciò che è classico per me non necessariamente lo è per un altro e viceversa.
Ma così, dici tu, ci rifugiamo nel solito relativismo che va bene per tutte le stagioni.
Ma sai, se volessimo dettagliare:
:arrow: che cos'è la musica classica: probabilmente Bach, Mozart e Verdi li classificheremmo in questo ambito, e forse ci spingeremmo sino a Schoenberg, Berg e Stravinsky, ma Henze? Heggie? Rautavaara? Cioè: sino a che punto ci spingiamo a classificare quello che ascoltiamo come "musica classica"? Esiste un limite di demarcazione temporale o stilistico? Voglio dire: oggi siamo tutti d'accordo nel classificare come "musica classica" un singspiel che, all'epoca, probabilmente non lo era, o forse non come un concerto grosso o un'opera coturnata. Per traslazione, dovremmo considerare "musica classica" anche certe composizioni di Battiato o le opere rock?
:arrow: la separazione dei generi: credo che abbia solo un'utilità di tipo classificativo. E' una convenzione, comoda come tutte le convenzioni. Basta solo fissarne i limiti
:arrow: che rapporti deve avere con il grande pubblico: ah, qui sono un filo più categorico. Se vogliamo che abbia rapporti con il grande pubblico, dobbiamo seguire l'evoluzione del gusto. Non possono essere sempre le élite culturali a fissare i paletti del gusto. Non ci sono magistri elegantiarum e, quindi, non esistono regole fisse i immutabili. Se ci pensi, è una delle poche regole sulle quali abbiamo fissato questo sito, altrimenti si cade nell'equivoco del passatismo: solo ciò che è antico è bello
:arrow: la musica classica è rito passatistico o futuro: per essere "rito attuale", la musica classica deve vivere di ricerca sulla prassi pregressa, sul modo attuale e anticipazione sulle tendenze future. Credo che Gulda, che tu giustamente hai identificato come figura archetipica di questo modo creativo di vivere l'interpretazione, sia - per quello che sento nei brani proposti - una felice sintesi di tutte queste istanze. E' questo il motivo per cui mi appassiono a figure di musicista come René Jacobs, Marc Minkovski o John Eliot Gardiner, perché sono elementi di sintesi: capacità di studiare il passato e i modi esecutivi del passato, ricreazione di un gusto attuale con un sound di nuovo tipo (in questo, per esempio, per me uno come Spinosi è un genio, ma è una valutazione assolutamente personale), anticipazione del futuro, capacità di creare una tendenza. Diversamente, be', si cade nel passatismo: non è il mio ambito
:arrow: [u]Sono i classici a vivere oggi[/u] o il pubblico classico a vivere nel passato: ti potrei rispondere che, su Operadisc, è assolutamente vera la prima proposizione!!!
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Re: Friedrich Gulda

Messaggioda teo.emme » sab 23 apr 2011, 17:47

Argomento impegnativo e discussione potenzialmente sterminata (sia in merito all'arte di Gulda che agli interrogativi su "cosa" sia la musica classica).

Non credo sia "importante" definire, circoscrivere, catalogare, etichettare (è l'ansia hegeliana - di una sistematizzazione della realtà - che ancora "divora" la nostra epoca), certo, però vi sono differenze tra generi e limiti abbastanza precisi (ma non invalicabili: basti pensare a "cosa" sia l'ultimo Beethoven). Distinguerei, invece, la funzione "consumistica" o produttiva che identifica una certa musica. Così pure i fenomeni di mercificazione "puttanesca": ossia il crossover (che è specchio per le allodole e furbo escamotage per dare una patina "colta" alla più vuota superficialità). Nient'altro che spettacolarizzazione fasulla. Naturalmente bisogna intendersi sulla parola: Keith Jarrett che esegue le suite di Handel ha una sua verità artistica; Lang Lang - so che "scatenerò l'inferno" - è invece esempio di superficialità commercializzata, vuoto condito da contratti pubblicitari, una specie di Allevi che gioca a credersi un pianista vero... Ma il discorso è troppo ampio e si rischia di andar fuori tema.

Meglio restare a Gulda. Confesso che, ancora oggi, il suo Beethoven (parlo del ciclo completo del '67/68) è quello che mi piace di più. Di Gulda è impressionante la tensione esecutiva, la perfezione tecnica, la precisione, la chiarezza espositiva. L'uso scarsissimo del pedale e il non indulgere in edonistiche lungaggini, sottrae Beethoven a ogni falsificazione romantica (e parlare di romanticismo per Beethoven, prima di essere un'errore, è una scemenza), a ogni ipertrofia sonora. Un suono agile e razionale. Un approccio "metafisico". Un'interpretazione che diviene un "respirare insieme" alla musica (quasi una seconda creazione). Diversissimo dal Beethoven (svogliatissimo) di Gould. Per comprendere l'arte di Gulda basta ascoltare l'Op. 111 con il suo carattere assoluto, indefinito, aperto, inclassificabile: convive il jazz e il contrappunto bachiano. Nello stesso senso si può richiamare il Beethoven di Brendel (razionalissimo e misuratissimo). Oppure lo stile del grande Van Cliburn (il famoso pianista americano che nel '58 - piena guerra fredda - vinse la prima edizione del Concorso Čajkovskij...nato per dimostrare la superiorità sovietica nelle arti: si racconta che prima di dare il premio avessero dovuto chiedere il permesso a Chruščëv, il quale disse "se è il migliore, premiatelo). Ma si aprirebbe un altro capitolo (affascinante).
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Re: Friedrich Gulda

Messaggioda Riccardo » sab 23 apr 2011, 19:39

Per quanto riguarda il discorso su che cosa sia la musica classica, aveva avanzato una valida proposta Matteo quando lo scorso dicembre si parlava di My fair lady data a Parigi per la regia di Carsen.
Secondo la sua ipotesi, il repertorio classico non sarebbe tanto un contenitore di musica, quanto più un modo di eseguire musica. E cioè quello che prevede tutta una serie di convenzioni che qui Mat aveva ben sintetizzato:

MatMarazzi ha scritto:Vediamoli questi criteri "esecutivi" che permettano a qualsiasi testo "teatrale-musicale" di entrare nelle stagioni operistiche.
Anzitutto il rispetto esasperato, quasi scientifico, per il dato "scritto" (le parole del libretto e le note dello spartito).
Un rispetto talmente profondo che avrebbe sorpreso gli stessi "autori" (quando le loro opere erano popolari) i quali tolleravano senza difficoltà profonde alterazioni dei loro testi a seconda delle esigenze proprie del teatro popolare.
Tale rispetto prevede ad esempio (caso quasi unico nella famiglia delle performing arts) la lingua originale, fosse anche il polacco o il boemo.
Prevede inoltre una ricerca addirittura "filologica" sulle singole note.
Si punta all'integralità in modo estremistico: anche il più piccolo taglio (che sarebbe normalissimo in qualsiasi forma di teatro popolare) all'Opera può scatenare polemiche e dibattiti.
Prevede addirittura il recupero di strumenti antichi e originali (altro che gli "arrangiamenti" propri della musica popolare!) e persino lo studio degli stili e delle prassi esecutive d'epoca.


La conferma che questi aspetti sono la discriminante per definire quella che chiamiamo "musica classica" forse ci è dato proprio da Gulda, che è sempre sembrato voler polemizzare con queste convenzioni, ma spesso in modo goffo ed esagerato. Sembrava come intrappolato nel "modo classico"; forse per questo alla fine è arrivato per esasperazione a questi livelli di "sovversione":


Per quanto riguarda Beethoven anch'io trovo splendide le sonate di quel ciclo: sono velocissime e brillanti, lontane dal mondo di uno Schnabel, ma a mio gusto veramente belle. La Waldstein fa quasi paura!
La cosa bella di Gulda secondo me è che la brillantezza e la velocità, insomma quegli elementi in un certo senso "baroccheggianti" (passatemi il termine, ci intendiamo!), non funzionavano mai a scapito della pienezza di suono e della severità di un tocco che era invece addirittura massiccio!


Io trovo bellissimi anche i concerti beethoveniani che Gulda incise più meno nello stesso periodo con i Wiener Philharmoniker diretti da Horst Stein. Il primo, il terzo e il quarto in particolare sono veramente rivelatori di un modo di fare Beethoven che influenzerà la tradizione esecutiva successiva.
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Re: Friedrich Gulda

Messaggioda teo.emme » dom 24 apr 2011, 1:54

Piò che suono "barocco" lo definirei "deromanticizzato", ma senza rifugiarsi nel classicismo. Un suono brillante e un ritmo sostenuto che non diventa mai meccanico. Trovo che in questo Gulda sia unico nel panorama discografico...lo stesso Brendel (che associo a Gulda nel suo Beethoven razionalissimo) è troppo "intellettuale" (e a volta manierato). Un altro mondo rispetto a Schnabel o Rubinstein o a Kempf o a Richter (prima) e a Barenboim (che come al solito è poco originale e deja-vu), Schiff e Pollini. Ultimamente sto "esplorando" il Beethoven di Lewis.
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Friedrich Gulda - Variazioni Goldberg

Messaggioda Riccardo » mer 27 apr 2011, 13:50

Qualcuno sa se Gulda abbia mai suonato le Variazioni Goldberg?
Io non ho mai trovato notizie in proposito; sembrebbe quasi essersene tenuto volontariamente alla larga...
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Re: Friedrich Gulda

Messaggioda bergonzi » gio 28 apr 2011, 13:13

Gulda non ha mai inciso le Goldberg, che poi le abbia suonate può essere. Occorre eventualmente consultare sul discorso della concertografia il libro di Rattalino su di lui.
Gulda è un mio pallino da sempre; pianista eccezionale tecnicamente, non rientra nei miei 6-7 pianisti preferiti, nè compare fra i fuoriclasse assoluti, ma ciononostante è un pianista che mi piace tantissimo e del quale ho tantissime incisioni live o in studio.
I suoi anni migliori sono stati gli anni 50-60, prima della sua svolta contemporanea-jazzistica, alla ricerca di nuove tendenze e stili espressivi (periodo pianistico di Gulda che mi interessa assai poco).
Certamente le sue escuzioni beethoveniane, bachiane e schumanniane anni 50-60 sono sempre belle e poetiche, senza mai essere "melanconiche"; splendide le esecuzioni mozartiane soprattutto dei concerti per pf. ed orchestra, sempre originali e attraenti. Anche le sonate per vlc. e pf. di Beethoven con Pierre Fournier sono un capolavoro. Il suo Mozart con Abbado non mi ha, invece, mai convinto del tutto: due stile troppo asciutti (anni 70) che non si incontrano. Mentre quando Abbado incontra Serkin, arriva quella comunione di intenti nei concerti per pf. ed orchestra di Mozart, che crea il capolavoro.
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Re: Friedrich Gulda

Messaggioda Riccardo » gio 28 apr 2011, 13:28

bergonzi ha scritto:Gulda non ha mai inciso le Goldberg, che poi le abbia suonate può essere. Occorre eventualmente consultare sul discorso della concertografia il libro di Rattalino su di lui.

Se ben ricordo non sono segnalate, ma devo controllare!

bergonzi ha scritto:I suoi anni migliori sono stati gli anni 50-60, prima della sua svolta contemporanea-jazzistica, alla ricerca di nuove tendenze e stili espressivi (periodo pianistico di Gulda che mi interessa assai poco).

Questo è un po' il pensiero diffuso della critica, Rattalino compreso. Basta dare una scorsa alle recensioni dell'ultima tournée italiana tra Roma, Piacenza e Torino per rendersi conto di come di un'intero e provocatorio spettacolo venissero considerati e salvati soltanto i dieci minuti mozartiani.
A me invece pare che la personalità di Gulda vada un po' vista nel suo insieme... Il talentuoso pianista degli anni '50 - '60 è solo una parte della sua figura (parte non a caso insufficiente per un confronto paritario con gli altri grandi pianisti del secolo).

bergonzi ha scritto:Il suo Mozart con Abbado non mi ha, invece, mai convinto del tutto: due stile troppo asciutti (anni 70) che non si incontrano. Mentre quando Abbado incontra Serkin, arriva quella comunione di intenti nei concerti per pf. ed orchestra di Mozart, che crea il capolavoro.

D'accordo sull'incontro non straordinario con Abbado, molto meglio il successivo binomio Gulda-Harnoncourt, grazie al quale abbiamo anche una splendida incisione del doppio concerto in mi bemolle con Chick Corea.
Invece ti confesso che il Mozart di Serkin e Abbado mi sembra fiacco, anche se confesso di aver sentito solo il Jeunehomme.
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Re: Friedrich Gulda

Messaggioda bergonzi » gio 28 apr 2011, 13:45

Questo è un po' il pensiero diffuso della critica, Rattalino compreso.

Pensa che ancora non ho letto il libro di Rattalino su Gulda! Beh, la penso uguale al Ratta :)

Invece ti confesso che il Mozart di Serkin e Abbado mi sembra fiacco, anche se confesso di aver sentito solo il Jeunehomme.

Ascolta i KV 466 Abbado-Serkin e anche il concerto per pf. e orch. n. 27, poi mi dirai.

Si, concordo: meglio risuscito l'incontrro con Harnoncourt, anche se non ne è scaturito un esito eccezionale.
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Re: Friedrich Gulda

Messaggioda teo.emme » gio 28 apr 2011, 14:40

bergonzi ha scritto:
Invece ti confesso che il Mozart di Serkin e Abbado mi sembra fiacco, anche se confesso di aver sentito solo il Jeunehomme.

Ascolta i KV 466 Abbado-Serkin e anche il concerto per pf. e orch. n. 27, poi mi dirai.

Secondo me il maggior esito di Abbado nei concerti per pianoforte e orchestra, resta l'incontro con la Pires.
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Re: Friedrich Gulda

Messaggioda Riccardo » ven 29 apr 2011, 16:30

teo.emme ha scritto:
bergonzi ha scritto:
Invece ti confesso che il Mozart di Serkin e Abbado mi sembra fiacco, anche se confesso di aver sentito solo il Jeunehomme.

Ascolta i KV 466 Abbado-Serkin e anche il concerto per pf. e orch. n. 27, poi mi dirai.

Secondo me il maggior esito di Abbado nei concerti per pianoforte e orchestra, resta l'incontro con la Pires.

Forse è un po' tutto l'universo mozartiano ad esser diventato terreno valido per Abbado soltanto dagli anni '90 in poi.
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