Beethoven: sinfonie

sinfonia, cameristica e altri generi di musica non teatrale.

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Beethoven: sinfonie

Messaggioda Triboulet » mar 10 ago 2010, 0:17

Beh le ho stracitate in un'altra discussione...
Sono uno dei banchi di prova dei direttori d'orchestra, e penso che in ogni casa di appassionato di classica ci sia un integrale di queste sinfonie.
Dopo aver consumato i dischi di Karajan da ragazzino (indubbiamente ha il suo stramaledetto fascino) mi sono accorto che non è il mio Beethoven ideale.

Se un integrale deve essere prendo Scherchen!!
Poi Kleiber papà e figlio (purtroppo non tutte le sinfonie, ma quelle che ci sono giunte sono meravigliose) e poi, tra le letture più romantiche e dilatate, Bernstein con i Wiener.

Ovviamente molto belli i già citati integrali di Gardiner e Norrington tra le registrazioni cosidette filologiche (che pure sono tantissime ormai).
Le vostre preferenze, poi magari facciamo due chiacchiere.
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Re: Beethoven: sinfonie

Messaggioda Riccardo » mar 10 ago 2010, 10:12

Purtroppo mi mancano molti dischi, tra cui l'integrale di Gardiner che mi dicono sia ora uscito in offerta.

Comunque la mia predilezione va ovviamente per Kleiber jr per quelle che ha voluto dirigere, anche se non tanto nelle incisioni in studio quanto nei live. In particolare mi fanno impazzire IV e VII da Amsterdam...c'è una vitalità, una verità in quella musica che non sento in nessuna altra esecuzione. Kleiber tra l'altro anticipa praticamente tutte le conquiste dei cosiddetti filologi in termini di freschezza di suono, brillantezza e rapidità, senza però cadere in una secchezza caricaturale.

Di Kleiber non vado matto per la Pastorale, che preferisco più romanticheggiante come la fa Karajan nel ciclo DG anni '60.
Bernstein sinceramente non mi entusiasma eccessivamente nel ciclo coi Wiener, manca di brillantezza.

Abbado, pure con i Wiener, è mediocre, mentre conosco poco i dischi coi Berliner. Ma gli ho sentito fare qualche anno fa Bologna una strepitosa Settima con la Mozart.

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Re: Beethoven: sinfonie

Messaggioda Triboulet » mar 10 ago 2010, 11:56

Riccardo ha scritto:Comunque la mia predilezione va ovviamente per Kleiber jr per quelle che ha voluto dirigere


Carlos è stato davvero un genio in quasi tutto quel che ha fatto. Però ti invito ad ascoltare anche Erich, specie nelle sinfonie più "drammatiche" (III-V-IX); e con lui siamo negli anni '50, però ci senti già molte cose che il figlio erediterà, i tempi serrati ma non solo (ascoltare la V per credere). Semmai Carlos aveva una leggerezza che il papà non aveva, tant'è che andava forte sulle sinfonie "danzanti" (IV e VII)... peccato manchi una sua II o una sua VIII.

Il primo forse che anticipa (a modo suo) certe scelte filologiche forse è proprio Scherchen. La sua terza sinfonia in particolare (ma diciamo un po' tutte) è incredibilmente dinamica, serrata, aggressiva ma curata, molto poco edonista. Lui personaggio molto contestato, una specie di Gould della direzione d'orchestra, amante di Bach (suo è un arrangiamento celebre dell'Arte della fuga), di Haydn ma anche di moltissimi autori moderni. Era uno che dirigeva negli anni 40/50 Beethoven così:


quando all'epoca si dirigeva di solito così:


Riccardo ha scritto:Bernstein sinceramente non mi entusiasma eccessivamente nel ciclo coi Wiener, manca di brillantezza.


Non sei il primo a cui lo sento dire, in realtà è proprio così, se ti aspetti un Beethoven dinamico, frizzante (Kleiber) oppure implacabile e sferragliante (Karajan) questo integrale non è la scelta giusta. Eppure c'è una umanità in questa lettura, un ritmo ondivago e pulsante, l'attenzione a certi dettagli, un romanticismo più moderno, per una volta privo di quella ampollosità filo-wagneriana, che me la fanno apprezzare. I Wiener non strombazzano come i Berliner, e Bernstein dirige in maniera molto più sciolta di Karajan, ma senti cos'è l'Adagio della IX (così per fare il primo esempio che mi viene in testa), staccato lentissimo, ma non con la lentezza tronfia dei direttori di area tedesca, ma con quella sensibilità malheriana che Lenny aveva indubbiamente nel sangue (nonostante il suo Mahler non sia necessariamente sempre il migliore).

Abbado so che ha fatto abbastanza di recente (sicuramente negli ultimi 10 anni) un integrale dal vivo molto "cameristico", ma non lo conosco non so dire. Effettivamente c'è tanto Beethoven in giro, che uno dovrebbe avere una vita a disposizione per tutti questi ascolti! Comunque se ti capita di trovare Gardiner acciuffalo, è un gran bel sentire, aldilà della filologia, degli strumenti ecc. sono le idee del direttore che rendono interessante il risultato, e Gardiner è un signor direttore (Hogwood per esempio, a quel che mi ricordo, in Beethoven è una bella noia).
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Re: Beethoven: sinfonie

Messaggioda pbagnoli » mar 10 ago 2010, 15:48

Cosa dite dell'integrale di sir Simon Rattle?
Io non ho la competenza necessaria per valutare un'interpretazione sinfonica, ma a me piace molto, soprattutto per il suono pulito, terso, luminoso, esente da romanticismi estetizzanti.
Qualcuno di voi la conosce?
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Re: Beethoven: sinfonie

Messaggioda Triboulet » mar 10 ago 2010, 22:48

Ma sai che pensavo proprio a Rattle mentre scrivevo? al fatto che tra le interpretazioni moderne è quella che ho più curiosità di ascoltare. A me lui piace molto, ma non mi posso certo dire suo estimatore (nel senso di profondo conoscitore). Le mie speranze vedono conferma nel tuo intervento. Me lo procurerò.
E tra l'altro neanche io ho tutta questa competenza, butto giù solo qualche impressione.
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Re: Beethoven: sinfonie

Messaggioda Riccardo » mar 10 ago 2010, 23:31

Conoscevo Scherchen sono un po' in Mahler, non sapevo facesse un Beethoven così moderno!! Grazie per la segnalazione!

In quanto a Klemperer non potevi scegliere di meglio per dare un'idea della "vecchia" e seriosa scuola tedesca. Pure seduto, in questo video :)

Pietro, così come per l'opera non c'è da essere esperti su nulla...solo appassionàti e assetati di condivisione d'opinioni!!
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Re: Beethoven: sinfonie

Messaggioda Triboulet » mer 11 ago 2010, 1:37

Riccardo ha scritto:In quanto a Klemperer non potevi scegliere di meglio per dare un'idea della "vecchia" e seriosa scuola tedesca. Pure seduto, in questo video


Non vorrei sbagliarmi, ma aveva una paralisi da un po' di anni... a parte questi spiacevoli dettagli biografici, è il Beethoven più lento che si possa ascoltare, di una lentezza solenne e seriosa, impassibile. Furt era quantomeno evocativo.
Ok è una registrazione del '70, ma non è che 30 anni prima andasse così più veloce eh :D
Eppure se leggi un po' in giro nel web c'è chi la considera una delle letture di riferimento. La lentezza del resto è come se sacralizzasse automaticamente la musica, la facesse apparire più monumentale, più trascendente, in qualche modo più importante. Liszt, Wagner, Bruckner, Malher avevano acquisito questo concetto di "sacra immobilità" e lo utilizzavano all'occorrenza, ma Beethoven, fondamentalmente un Haydn impazzito dallo spirito rivoluzionario come lo definisce Norrington, lo coglierà soltanto negli ultimi quartetti (quindi dopo le sue sinfonie).

Altra riflessione, le sinfonie di Beethoven sono prevalentemente solari, gioiose, ironiche, ritmate, immaginifiche, gli elementi musicali oggettivi che portano verso una visione pomposa e affettata sono veramente pochi, e si riducono ad un paio di movimenti della III e altrettanti della V e della IX. Tutto il resto (ovvero gran parte della musica) è energia, spirito, e persino comicità. Questo cozzava con l'idea di Beethoven genio burbero e padre del romanticismo tedesco, tant'è che in una certa epoca furono le suddette sinfonie le più eseguite, perchè meglio si prestavano alla rivisitazione stile "cavalcata delle walkirie".

Se Scherchen sentiva Beethoven come l'elemento centrale tra Bach e Schoenberg (rifiutandone quindi l'elemento sentimentale), altri lo vedevano anello tra Mozart e Brahms (Kleiber) oppure papà di Schubert e antenato di Mahler (Bernstein, dal romanticismo ora lieve ora tormentato ora lucente) oppure ancora come pietra miliare nella strada che porta dritti dritti alle sinfonie di Bruckner (per citarne uno che non abbiamo ancora citato):



E' questo essere artista di transizione che permette all'intepretazione beethoveniana questa molteplicità di manifestazioni.
E Karajan? Karajan è il solito ruffiano! :D
Tempi sostanzialmente toscaniniani (altro fautore del Beethoven "serrato"), ma dove Toscanini era secco (Muti forse si riaggancia a lui e al neoclassicismo di Cherubini e Spontini) Karajan propone un suono sontuoso e curatissimo come suo solito, esplosioni spettacolari di ottoni e archi felpati e avvolgenti quasi fosse Schumann. Un po' romantico, un po' neoclassico, un po' edonista, un po' rigoroso... il risultato è che negli anni è diventato il riferimento per moltissimi nell'ambito della intepretazione beethoveniana, quasi elemento di sintesi, che coniuga un po' tutti i gusti. Oggi preferisco letture che imboccano una strada più chiara.
Tra le letture "di compromesso" segnalerei forse quella di Kubelik, che sceglie deliberatamente di utilizzare 9 orchestre diverse! Il risultato, oltre ad essere multicolore, è interessante perchè coniuga la magnificenza di Klemperer (di cui Kubelik era ammiratore) ad un approccio più dinamico ed analitico, a tratti teatrale.
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Re: Beethoven: sinfonie

Messaggioda Riccardo » mer 11 ago 2010, 9:35

Triboulet ha scritto:Liszt, Wagner, Bruckner, Malher avevano acquisito questo concetto di "sacra immobilità" e lo utilizzavano all'occorrenza, ma Beethoven, fondamentalmente un Haydn impazzito dallo spirito rivoluzionario come lo definisce Norrington, lo coglierà soltanto negli ultimi quartetti (quindi dopo le sue sinfonie).

D'accordo con te su Beethoven.
Ma anche Mahler non capisco come possa essere inteso secondo i parametri della "sacra immobilità". Forse non c'è nessun autore così instabile, impazzito, turbinoso, "operistico" anche.

In realtà questo mito tedesco di sacralità musicale è un'ideologia tutta novecentesca, che tra l'altro abbiamo visto dove ha poi portato.
In realtà tutta la musica dall'Ottocento all'indietro aveva una buona dose di flessibilità, anche testuale, e non è certo nata come verbo divino, assoluto, intoccabile.
Con buona pace di Klemperer, e anche di Celibidache che pur adoro come interprete. Grazie per il video, è incredibile come la dilatazione per lui sia tutta a vantaggio dello scavo, della chiarezza e mai veramente della "lentezza".
E poi dice quella cosa sul finale della sinfonia, che non è scritto bene come il II tempo (o in generale il resto)...che in effetti è un'impressione che un po' ho sempre avuto anch'io, ma che se non sei Celibidache non si può dire : Chessygrin :

Divertente anche la questione della noia impiegatizia degli orchestrali, ma la soluzione che prospetta lui secondo me finirebbe per portare allo stesso risultato...
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Re: Beethoven: sinfonie

Messaggioda Triboulet » mer 11 ago 2010, 14:06

Su Mahler hai ragione, ma se c'è una cosa che cerca di fare Mahler è proprio cercare di descrivere il silenzio musicalmente, tutti quei passaggi che sembrano "a vuoto" sono un tentativo di descrivere tramite una cosa che si muove (la musica nel tempo) l'immobilità del silenzio, per contrapporla a quei clangori per cui il maestro era così celebre. Era a questa tecnica che mi riferivo.

Celi è un altro mio mito, su Beethoven non mi entusiasma ma vederlo provare è sempre istruttivo, anche quando non condividi nello specifico il suo punto di vista.
Il finale della IX è una delle cose più pompose e insignificanti della musica di Beethoven, per dirla alla Gould. L'ultimo fuoco di artificio di un artista dal successo all'epoca in declino (purtroppo era così) che cerca di arruffianarsi il pubblico in qualche modo per l'ultima volta. Una sorta di tentativo estremo un po' populista, se me lo si concede.
Io l'ho sempre vista così, forse sarò esagerato.
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Re: Beethoven: sinfonie

Messaggioda Riccardo » mer 11 ago 2010, 19:45

Triboulet ha scritto:Il finale della IX è una delle cose più pompose e insignificanti della musica di Beethoven, per dirla alla Gould. L'ultimo fuoco di artificio di un artista dal successo all'epoca in declino (purtroppo era così) che cerca di arruffianarsi il pubblico in qualche modo per l'ultima volta. Una sorta di tentativo estremo un po' populista, se me lo si concede.
Io l'ho sempre vista così, forse sarò esagerato.

E' interessantissimo quello che dici! Però non riesco ad essere così estremo...

Sicuramente la scrittura è strana, scarna nell'armonizzazione conclusiva del corale, è urlata, volgare.
Ma non riesco a leggerla come una semplice mossa populista di Beethoven, anche perché col populismo - inteso in questo caso come ricerca del massimo consenso immediato - secondo me la musica deve più o meno sempre fare i conti (e quando smette di farli, l'opera d'arte incomincia a diventare qualcosa di molto strano).

Questo finale lo vedrei più come uno sfogo, qualcosa di estremo, conseguenza della sofisticazione, delle "elocubrazioni" dei movimenti precedenti. Un grido di liberazione. Certo però non illuministico come tante volte lo si vorrebbe far passare, anzi...c'è molta violenza.
Ricordo che da bambino l'accordo dissonante dell'ultimo tempo mi faceva veramente paura!

Ma così la pensa Lenny
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Re: Beethoven: sinfonie

Messaggioda teo.emme » lun 20 set 2010, 19:03

Difficile consigliare una sola integrale beethoveniana. Provo a ragionare.

Tra i classici Mengelberg (1940). Lo preferisco a Furtwangler nel complesso. Nonostante l'epoca non vi è alcuna concessione a suggestioni tardo romantiche. Per chi non lo conoscesse, fu un grandissimo direttore olandese. Diresse per 50 anni i complessi di Amsterdam. Amico di Mahler. Epurato vergognosamente nel dopoguerra per motivi politici, dai "vincitori" del '45.

Poi Bernstein, ma non il ciclo coi Wiener (deludente), bensì il primo, drammatico, vitalistico, con la NYP.

Naturalmente Karajan, ma la primissima (anni '50/60).

Interessante - come sempre - Harnoncourt.

L'ultima di Abbado è imprescindibile.

Tra le filologiche: pollice verso per Hogwood e Norrington (insopportabili, in particolare il secondo), buono Gardiner. Piacevolissima sorpresa il recente Immerseel (forse tra quelle filologiche la migliore).

Evito come sempre Celibidache (sia come direttore che, ancora peggio, come pensatore), ineffabile e retorico maestro del nulla, profeta di fesserie new age, divo dell'antidivismo (e per questo vero virtuoso del marketing), venditore porta a porta di illusioni di profondità, imbonitore livoroso che si è costruito un piedistallo da cui crede di dominare il mondo... I suoi giudizi su colleghi e compositori (come quello sulla IX di Beethoven, assai più "supponente" di quello di Gould) sono squallide "trovate" per aumentare il costo dei suoi ingaggi...
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Re: Beethoven: sinfonie

Messaggioda Tucidide » lun 20 set 2010, 19:49

teo.emme ha scritto:Evito come sempre Celibidache (sia come direttore che, ancora peggio, come pensatore), ineffabile e retorico maestro del nulla, profeta di fesserie new age, divo dell'antidivismo (e per questo vero virtuoso del marketing), venditore porta a porta di illusioni di profondità, imbonitore livoroso che si è costruito un piedistallo da cui crede di dominare il mondo... I suoi giudizi su colleghi e compositori (come quello sulla IX di Beethoven, assai più "supponente" di quello di Gould) sono squallide "trovate" per aumentare il costo dei suoi ingaggi...

Premetto che non intendo fare alcuna polemica e che quello che chiedo non sottintende alcuna ironia, ma è una semplice curiosità.
Teo.emme, cercando sul forum la voce Celibidache ho visto che se ne era parlato a proposito della sua mancata frequentazione dell'opera lirica. Tu scrivesti, circa tre anni fa, che "adoravi" Celibidache. E' perfettamente legittimo cambiare anche radicalmente idea su un artista: io stesso l'ho fatto diverse volte. Solo gli imbecilli non cambiano mai idea, diceva quel tale. :D
Sarei però curioso, se posso, di sapere i motivi di questo cambiamento di opinione su di lui: se è stato un riascolto delle sue incisioni, il confronto con altri direttori, la lettura delle sue dichiarazioni, l'analisi della sua storia artistica, o qualcos'altro. A volte, più che il cambiamento d'opinione in sé, è interessante sapere i motivi.
Saluti
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Re: Beethoven: sinfonie

Messaggioda teo.emme » lun 20 set 2010, 20:38

Tucidide ha scritto:
teo.emme ha scritto:Evito come sempre Celibidache (sia come direttore che, ancora peggio, come pensatore), ineffabile e retorico maestro del nulla, profeta di fesserie new age, divo dell'antidivismo (e per questo vero virtuoso del marketing), venditore porta a porta di illusioni di profondità, imbonitore livoroso che si è costruito un piedistallo da cui crede di dominare il mondo... I suoi giudizi su colleghi e compositori (come quello sulla IX di Beethoven, assai più "supponente" di quello di Gould) sono squallide "trovate" per aumentare il costo dei suoi ingaggi...

Premetto che non intendo fare alcuna polemica e che quello che chiedo non sottintende alcuna ironia, ma è una semplice curiosità.
Teo.emme, cercando sul forum la voce Celibidache ho visto che se ne era parlato a proposito della sua mancata frequentazione dell'opera lirica. Tu scrivesti, circa tre anni fa, che "adoravi" Celibidache. E' perfettamente legittimo cambiare anche radicalmente idea su un artista: io stesso l'ho fatto diverse volte. Solo gli imbecilli non cambiano mai idea, diceva quel tale. :D
Sarei però curioso, se posso, di sapere i motivi di questo cambiamento di opinione su di lui: se è stato un riascolto delle sue incisioni, il confronto con altri direttori, la lettura delle sue dichiarazioni, l'analisi della sua storia artistica, o qualcos'altro. A volte, più che il cambiamento d'opinione in sé, è interessante sapere i motivi.
Saluti
Tuc


Vero...ho avuto un ripensamento generale su Celibidache. Mi sono dimenticato di aggiungerlo - ne avevo parlato in altro forum di questo mio revisionismo e, scioccamente, credevo di averlo fatto anche qui - ma lo faccio ora. A quanto scritto prima, avrei dovuto aggiungere che ad una prima lettura Celi affascina, è innegabile...suggestiona, si "fa adorare". Poi, ascoltandolo più volte, si ha una sensazione sgradevole...si scopre un trucchetto, un meccanismo. Celibidache interpreta tutto in un unica maniera: slenta i tempi e condisce con misticismo. Più l'ho ascoltato più ho avuto la sgradevole sensazione di essere preso in giro. A ciò aggiungiamo pure una lettura comparata di sue dichiarazioni e interviste: all'inizio può colpire l'irriverenza, ma poi se la sregolatezza di pensiero diviene regola, allora perde di credibilità. Alla lunga ho percepito Celibidache come un prodotto commerciale abilmente autoconfezionato. Lo reputo un buon direttore (in certi repertori illuminante, penso a Bruckner), in altri non lo riesco più ad accettare. Tutto quì....un ripensamento.

Ecco, se devo indicare sinteticamente un motivo (anche se è più che altro un insieme di ragioni) la individuo in questa mancanza di onestà: Karajan era il re dell'artificio, ma non era artificioso. E la sua interpretazione è sempre autentica cioè estrapolata da suo sentire la musica. In Celibidache non sento questo: la sua lentezza è programmatica, un marchio che appone su ogni suo prodotto, non scaturisce da istanze interiori, ma semplicemente nell'intento di ripetere un fortunato cliché. Un esempio pratico: il suo Requiem verdiano. E' lento, pesante e non riesce a mantenere tensione e ritmo. Mentre il Requiem diretto da Reiner (ancora più lento) ti lascia incollato alla sedia dalla prima all'ultima nota. Ecco questo Requiem è stato la molla che mi ha fatto cambiare opinione su Celibidache.

E poi, approfondendo, ho trovato davvero stucchevole il tono da santone (ma questo dipende dal fastidio che ultimamente provo verso profeti, maestri e vati, di ogni tipo e colore).

Felice di poter approfondire e pure felice della domanda. Mi scuso, naturalmente, per non averlo premesso alla mia precedente dichiarazione.

Ps: nulla contro chi, invece, continua ad adorarlo. Ognuno fa i propri percorsi e probabilmente quello che suscita in me l'ascolto OGGI di una sua interpretazione, è diverso da ciò che suscita in un altro. Nessuno ha ragione e nessuno ha torto.

Pps: nessun problema a cambiare idee...
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Re: Beethoven: sinfonie

Messaggioda Triboulet » mar 21 set 2010, 1:00

teo.emme ha scritto:Vero...ho avuto un ripensamento generale su Celibidache. Mi sono dimenticato di aggiungerlo - ne avevo parlato in altro forum di questo mio revisionismo e, scioccamente, credevo di averlo fatto anche qui - ma lo faccio ora. A quanto scritto prima, avrei dovuto aggiungere che ad una prima lettura Celi affascina, è innegabile...suggestiona, si "fa adorare". Poi, ascoltandolo più volte, si ha una sensazione sgradevole...si scopre un trucchetto, un meccanismo. Celibidache interpreta tutto in un unica maniera: slenta i tempi e condisce con misticismo. Più l'ho ascoltato più ho avuto la sgradevole sensazione di essere preso in giro. A ciò aggiungiamo pure una lettura comparata di sue dichiarazioni e interviste: all'inizio può colpire l'irriverenza, ma poi se la sregolatezza di pensiero diviene regola, allora perde di credibilità. Alla lunga ho percepito Celibidache come un prodotto commerciale abilmente autoconfezionato. Lo reputo un buon direttore (in certi repertori illuminante, penso a Bruckner), in altri non lo riesco più ad accettare. Tutto quì....un ripensamento.


Cavolo la stessa sensazione che ho io con un certo Karajan ultima maniera! : WohoW :
ma ne abbiamo già ampiamente parlato.
Il Celi io lo vedo sinceramente animato da una sua filosofia. E comunque ha avuto un repertorio non vastissimo se vogliamo (non si è accapigliato per dirigere tutti i classici della musica sinfonica e operistica), è stato coerente con certe sue scelte (forse anche bislacche, come il rifiuto di incidere dischi o di dirigere opere allestite), insomma io non mi sento di condannarlo. Trovo molto più costruito (commercialmente e come immagine) Karajan (che pure secondo me si ridusse a condurre tutto -e di tutto- alla stessa maniera, forse il prezzo da pagare con queste personalità così forti). E' vero, in Beethoven secondo me non funziona, però Bruckner, Brahms, alcuna musica sacra (penso al Requiem di Faure), cavoli, da brivido! Quanto al tempo lento, era un'altra sua convinzione... "come si fa a fare musica suonando veloce?" diceva? sì, è una mezza cazzata detta così : Chessygrin : ma io lo trovo un genio autentico, non un bluff (fermo restando che certe sue cose non mi piacciono affatto). Capisco di più quando lo dicono di Gould (io non lo credo affatto, ma non mi stupisco quando gli muovono questo tipo di critica).

Tornando a Beethoven, Mengelberg l'ho spesso sentito nominare in relazione alle sinfonie, qualche parola in più?
Così pure l'integrale di Abbado, più o meno come si colloca? perchè è imprescindibile?
Su Bernstein coi Wiener non sono daccordo, cioè mi piace proprio una certa morbidezza di quel Beethoven, a tratti struggente... ma mi hai fatto venire la curiosità di ascoltare il primo integrale, che non conosco!
A me Norrington continua a piacere, è così... estremo! : Chessygrin : sì talvolta infastidisce, altre volte è quasi bandistico o eccessivamente secco (diremmo proprio brutto), ma mi intriga, e non fa niente per caso... non lo consiglierei mai come unico integrale, questo è certo. Però mettiamola così, dal mio punto di vista (per come ascolto io la musica) due sono le cose, o è quello che ha più ragione di tutti, o è quello che ha fatto più a pezzi Beethoven, mi va bene in tutti e due i casi!! : Cowboy : con Hogwood non centra niente (no, decisamente non mi piace). Beh Gardiner è sempre Gardiner, per me è una grande testa prima di tutto.
Di Immerseel ho solo sentito parlare, pare che abbia fatto cose magnifiche anche con Mozart...
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Re: Beethoven: sinfonie

Messaggioda teo.emme » mar 21 set 2010, 14:14

Mi fa molto piacere approfondire su Beethoven e Celibidache (anche perchè la mia "carriera" di ascoltatore nasce dalla musica sinfonica: l'opera è venuta dopo).

Effettivamente credo che le nostre riflessioni sull'ultimo Karajan e su Celibidache collimino. Alla fine penso dipenda dalla sensibilità di ciascuno, dal rapporto individuale con la musica e con l'ascolto. Senza torti o ragioni, ci mancherebbe. Devo dire, però, che l'ultimo Karajan - autoreferenziale, manierato, decadente - mantiene, per me, una sua onestà artistica: nel senso che il Karajan più discutibile è omunque un direttore che vive la musica e che riesce a comunicare, dando la sensazione che ogni sfumatura, ogni scelta interpretativa (pur discutibile che fosse) derivi da un percorso artistico effettivo. In Celibidache, al contrario, fatte salve alcune letture entusiasmanti (Bruckner, ad esempio, ma anche Brahms: nutro seri dubbi, invece, sulla musica vocale, soprattutto per l'impaccio che dimostra di avere con il canto) sento molta artificiosità. Inutile riscriverne i motivi: ma il bello della discussione è confrontare opinioni differenti.

Torniamo a Beethoven e alle sue sinfonie. Consigliavo Mengelberg. La sua lettura di Beethoven è di incredibile modernità: lontana dai turgori del tardo romanticismo o da certa solennità finalizzata a cogliere il mero dato sonoro delle sinfonie. Al contrario il suono di Mengelberg è nitido, spesso asciutto (soprattutto gli archi), molto drammatico, quasi severo e al contempo duttile. Attento al dettaglio, ogni sua lettura restituisce una chiara visione dell'architettura del brano, di cui evidenza ogni dettaglio, senza mai soffocarlo sotto bordate di suono. L'approccio nei confronti del testo è assai libero (per quanto riguarda i tempi, ad esempio, Mengelberg ama molto una certa erraticità, a seconda del momento: non programma né lentezza né velocità, ma li giustappone all'interno del medesimo movimento o della medesima frase). Identica libertà nei segni d'espressione (le partiture da lui annotate sono una miniera di indicazioni e di ripensamenti). Un Beethoven neoclassico, smitizzato, laddove imperava ancora una lettura di stampo romantico (che riduceva il compositore ad una sorta di titano trascendente). Accanto a Beethoven sono interessantissime le sue letture di Strauss (asciutte e severe anch'esse) e, soprattutto, di Mahler, di cui fu grande amico (e Mahler non va iscritto tra i compositori tardo romantici) e che contribuì a diffondere in Olanda e nel nord dell'Europa. Mengelberg pagò più di tutti gli altri la sua sostanziale adesione al regime nazionalsocialista: al termine della guerra perse tutti i suoi incarichi e privilegi e non diresse mai più nulla di rilevante. Fu allontanato dalla SUA orchestra (il Cocertgebauw) e nel '49 venne pure esiliato in Svizzera, dove morì, dimenticato, nel '51. Persino le su incisioni furono ostracizzate. Eppure le sue interpretazioni furono molto meno "nazionalsocialiste" (nel senso di un certo gusto per una visione epica e retorica della musica) di talune di Furtwangler, e pure la sua vicinanza al Reich fu più sfumata di quella del giovane Karajan e meno compromettente di quella dello stesso Furtwangler (che diresse pure al compleanno del Fuhrer, con tanto di stretta di mano del suo ministro della propaganda, Goebbles, suo grande ammiratore). Ma tant'è...l'ottusità politica non ha bandiere né colori!

Su Bernstein: non dico che sia brutto il ciclo coi Wiener, ma non dice molto di nuovo né di personale. Ascolta il ciclo con la NYP e poi ne riparliamo.

L'ultimo di Abbado è imprescindibile per tanti motivi: non da ultimo l'utilizzo della nuova edizione delle sinfonie (per certi versi rivoluzionaria), l'uso dei Berliner a ranghi ridotti, l'aver saputo togliere Beethoven da una certa melassa tardo romantica, senza impoverire o rinunciare a nulla. Un Beethoven asciutto e severo, ma non asettico.

Norrington non mi piace proprio, perchè mi appare arido e programmaticamente secco. E poi trovo poco corretto interpretare Beethoven come un Haydn impazzito! Non vi è nulla di pazzo in Beethoven.

Concordo con te su Gardiner, grande testa (leggendo le sue note introduttive ci si aspetta molto più di quanto offre), ma che - secondo me - non riesce a tradurre pienamente le sue teorie in suono.

Hogwood non c'entra nulla con Beethoven, verissimo: mancano solo i cembali o il fortepiano per completare il suo fraintendimento.

Immerseel è sorprendente: filologicamente avanzato (nuove edizioni critiche, ma ulteriormente riviste sugli autografi) cura maniacale per il suono e attenzione estrema alle sfumature e all'espressione. E te lo dice uno che ha sempre guardato con sospetto le versioni su strumenti d'epoca.

Ps: Dimenticavo: per comprendere Mengelberg procurati la sua Passione secondo Matteo. Registrata dal vivo ad Amsterdam nel '39 è di una modernità sconvolgente! Dimostrazione che non è l'uso di orchestre moderne a "romanticizzare" Bach. Qui Mengelberg regala l'interpretazione più drammatica, ma di severità ed asciuttezza luterana, della Passione.
Matteo Mantica
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