Die Frau ohne Schatten (Strauss)

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Re: Donna senz'ombra alla Scala

Messaggioda Alberich » lun 19 mar 2012, 12:32

Ma lo sai che io non riesco mai ad andare a teatro e che quando lo faccio mi diverto come un bambino. :-D E che quindi sono molto buono... A parte tutto, l'opera non e' di quelle che ho molto frequentato in passato, quindi le mie impressioni son da prendere per quello che sono....ma quello che mi ha colpito e' la resa complessiva dello spettacolo. Senza stare a soffermarsi sui singoli cantanti.
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Re: Donna senz'ombra alla Scala

Messaggioda beckmesser » lun 19 mar 2012, 12:40

Vista la terza recita, e devo dire che, pur trattandosi di certo di uno spettacolo importante, qualche aspettativa per me è andata delusa. A partire da Guth: che ha realizzato uno spettacolo bello, estremamente curato, di forte impatto visivo e di intelligente impostazione, ma che alla fine non mi sembra abbia aggiunto alcunché a quanto sappiamo della Frau. Come ormai si è detto, tutta la storia viene ripensata come un sogno/incubo dell’imperatrice, cosicché i diversi personaggi diventano proiezioni simboliche delle sue nevrosi reali: l’imperatore è il riflesso del marito che si vede all’inizio, Keikobad di un padre reale altrettanto oppressivo e “castrante”, la copia Barak-Tintora è la proiezione che l’imperatrice si crea della propria aspirazione/repulsione ad una vita matrimoniale “borghese”, e così via. Malgrado alcune sottolineature forse eccessive ed alcune trovate che vanno molto vicino alla solita sciarada da teatro di regia, il tutto funziona decisamente bene.

Solo che seguire tutto un processo di destrutturazione costa fatica, e compito primo di un regista che ci si imbarca è quello di convincere il pubblico che ne vale la pena. Se prendo qualche grande esempio del genere (che so, e tanto per stare sul recente, l’Angelica di Jones, il Don Giovanni di Carsen o quello dello stesso Guth) tutto il lavoro portava ad una ridefinizione (se non un vero e proprio ribaltamento) di tutte le prospettive con cui si era fino a quel momento guardato a quelle opere. Alla fine c'èra un notevole valore aggiunto e tutta la fatica di decodificare il lavoro del regista era ben ripagato…

In questa Frau, a metà del secondo atto, mi sono accorto di non aver più voglia di seguire tutti i passaggi della ricontestualizzazione messa in opera da Guth, per il semplice fatto che non ce n’è bisogno: la trasposizione della storia su di un piano onirico non aggiunge nulla alla Frau; la storia resta quella, le dinamiche fra i personaggi restano quelle, tutto l’impianto simbolico-allegorico resta quello. Alla fine mi sono goduto questo spettacolo come una bellissima messinscena tradizionale, che illustrava a meraviglia tutti i contenuti di quest’opera difficilissima con ottimo senso del teatro e belle soluzioni visive. Che non è poco, sia chiaro: ma da Guth era lecito aspettarsi qualcosa di più… A meno che (e questo è sospetto che ho da tempo) sia l’opera stessa ad essere refrattaria a qualsiasi possibile “rilettura”. Il mio disagio nei confronti della Frau (che è opera che mi affascina moltissimo ma che non riesco ad amare fino in fondo) credo derivi dal fatto che è opera che lascia un ruolo ridottissimo all’interprete ed allo spettatore: tutto è detto, spiegato e definito; Hofmannsthal ha predisposto fabula, simboli e metasimboli, tutti rigorosamente esposti e spiegati; Strauss ha poi colmato tutti i pochi buchi rimasti con un gioco di temi serratissimo e blindato. L’opera ed i suoi personaggi sono quelli, fissati e definiti: tant’è che non mi sono mai imbattuto in letture rivoluzionarie o spiazzanti. Don Giovanni e Wotan possono essere tutto e il contrario di tutto, a seconda delle epoche e delle sensibilità ed a prescindere dalle intenzioni di Mozart e Wagner: Barak e l’imperatore sono solo quello che Hofmannsthal e Strauss hanno deciso che fossero. O almeno, finora nessuno è riuscito a dimostrarmi che possano essere qualcos’altro: nemmeno Guth…

Il cast è solidissimo, ma senza particolari voli: interessante ma impari a 1/3 della parte l’imperatrice della Magee; Botha non sbaglia un colpo, ma non aspettiamoci che abbia una minima idea di chi sia e, soprattutto, cosa rappresenti l’imperatore; la Pankratova a me fa rabbia: è sicurissima, domina una parte quasi impossibile con una sfacciataggine persino insolente, ma non ha la minima idea di cosa sia il grande declamato straussiano e riduce tutta la parte ad uno sbrodolamento vocalico incomprensibile e noiosissimo (per tacere delle qualità di attrice…); Struckmann si conferma grande artista, ma non è parte in cui possa dare il meglio; la migliore alla fine era la Schuster, che fa una Amme abbastanza tradizionale ma molto efficace; la peggiore la voce del Falke, che si è mangiata tutte le acciaccature della parte (ossia l’unica cosa importante…).

Bellissima sorpresa invece sul fronte direzione: Albrecht lascia perdere tutto lo straussismo d’accatto che nove volte su dieci imperversa in quest’opera e si lancia su sonorità nette e taglienti, timbri mai impastati ma anzi ben definiti ed esposti, tempi rapidi. L’orchestra, pur con qualche problema, riesce a seguirlo in una lettura così rischiosa: con lo straussismo tradizionale tutto si impasta e gli errori si stemperano; in una lettura del genere tutti gli strumenti (specie quelli più a rischio) sono dannatamente esposti e in evidenza ma, a parte i soliti svarioni dei corni, tutto ha tenuto bene ed il risultato è la Frau forse più coinvolgente (dal lato orchestrale) che abbia sentito da parecchio tempo.

Saluti,

Beck
Ultima modifica di beckmesser il lun 19 mar 2012, 15:56, modificato 1 volta in totale.
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Re: Donna senz'ombra alla Scala

Messaggioda Ninci » lun 19 mar 2012, 12:52

Se per straussismo d'accatto s'intende Thielemann, posso assicurare, per averlo ascoltato molte volte dal vivo, che la sua orchestra è quanto di più trasparente, analitico, limpido si possa immaginare.
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Re: Donna senz'ombra alla Scala

Messaggioda MatMarazzi » lun 19 mar 2012, 23:57

Alberich ha scritto:Ma lo sai che io non riesco mai ad andare a teatro e che quando lo faccio mi diverto come un bambino. E che quindi sono molto buono... A parte tutto, l'opera non e' di quelle che ho molto frequentato in passato, quindi le mie impressioni son da prendere per quello che sono....ma quello che mi ha colpito e' la resa complessiva dello spettacolo. Senza stare a soffermarsi sui singoli cantanti.


Che sono 'ste civetterie? :)
Tu a teatro ci vai sempre e non è affatto vero che sei molto buono! Amo pensare che tu lo sia stato in questa occasione, tanto per soddisfare i miei pregiudizi su scelte scriteriate (Magee), tradizionalmente assurde (Botha), periferiche (Pankratova) e facilone (Strukmann)! :)


Ninci ha scritto:Se per straussismo d'accatto s'intende Thielemann, posso assicurare, per averlo ascoltato molte volte dal vivo, che la sua orchestra è quanto di più trasparente, analitico, limpido si possa immaginare.
Marco Ninci


Quanto di più analitico? limpido? trasparente? :) Thielemann? :)
Mi viene in mente quel tale che dichiarava di odiare le maggiorate, e di apprezzare pertanto solo anoressiche filiformi, come ...Mae West, Jane Mansfield e Sofia Loren! :D


Cmq salutoni a Ninci e grazie a Beck per averci relazionato a sua volta su questa Frau.
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Re: Donna senz'ombra alla Scala

Messaggioda Maugham » mar 20 mar 2012, 0:14

Dirò la mia.
La sorpresa maggiore arriva da Albrecht. E' l'esempio lampante di quello che su questo forum sosteniamo quando invochiamo un nuovo corso del teatro straussiano. Certo, il suono non è bellone come con i grandi straussiani del secolo scorso (e le caramellose fotocopie di oggi), ma l'ordito orchestrale, i temi (che sono tanti quanto quelli wagneriani ma difficilissimi da stanare perchè costituiti a volte di piccole cellule ritmiche), le stratificazioni dei colori, i numerosi attimi di musica da camera (l'apertura del II atto è esemplare) sono resi con uno straordinario virtuosismo.
Poi, siamo d'accordo, se qualcuno si ferma alla cornice e da Strauss pretende "le opalescenti e cristalline cascate di suoni" (l'ho letta, giuro) allora Albrecht sarà l'ultimo degli orrori.
Guth. Forse la mia aspettativa era troppo alta. Vi dirò la verita: si tratta di un ottimo spettacolo che però mi è parso un po' vecchio. Il konzept era chiarissimo, Guth stava sul pezzo,i simboli mi sono apparsi perfettamente decifrabili, ma non ho sentito, non so come dire, quel colpo di reni che Guth mi ha comunicato in Ariadne o, ancor più, nei due capolavori che sono Don Giovanni e Tristano. Secondo me affidare a un regista geniale -ma comunque nato e cresciuto tra i dramaturgen di Francoforte e quindi propenso a narrare per simboli- un opera così intricata a livello simbolico come la Frau significa correre il rischio di farne una faccenda esclusivamente seria privandola di quell'aspetto suggestivo e fiabesco che comunque sia Strauss che Hoffmanstahl si sono dannati l'anima per preservare. Insomma, è uno spettacolo che mi è piaciuto, ma non mi sono emozionato.
Cast.
Magee. Non ci siamo. Mi dispiace andare contro a tutti gli entusiasmi, e forse sbaglio, ma la soprano americana è il classico esempio di miscasting. Per cantare la parte dell'Imperatrice (e quasi i quattro quinti dei ruoli sopranili di Strauss) occorre padroneggiare alla perfezione la zona fa-reb-re naturale della tessitura. Non basta avere queste note. Occorre che la cantante in questa zona ci si trovi a proprio agio, sia la zona in cui la voce corre meglio, non mostri il minimo sforzo e la minima frattura. Ora, la Magee, che è brava e volonterosa, arriva sicura si e no al sol naturale. Da lì in su le note ci sono ma forzate, gli acuti sono presi con la rincorsa, l'articolazione della parola si perde nello sforzo di tenere l'intonazione. Ed è la stessa cosa che succede -con risultati peggiori, lo ammetto- sia alla Pieczonka che alla Schwanenmills e a tante altre straussiane di oggi. Siamo alle solite. Gli addetti al casting dicono "è Strauss, allora ci vuole il vocione così come ci vuole il direttorone che dirige l'orchestrona. Bisogna che le voci passino". E non si rendono conto che il vero nemico della voce di soprano non sono nè gli archi nè gli ottoni nè le percussioni, ma i legni. Che guardacaso Strauss -non così sprovveduto in fatto di orchestrazione- usa con estrema parsimonia quando cantano i suoi soprani. (al contrario di Mozart :wink: ) Ciò non toglie che la Magee almeno capisca il personaggio e, per il rotto della cuffia, lo mantenga a galla.
Per Botha vale lo stesso principio. L'Imperatore è un eroe e quindi ci vuole il tenorone macinatristani. E invece la parte spinge un buona terza sopra rispetto a quella richiesta agli heldentenor wagneriani. E così l'entrata e il finale (sebbene sonore e potenti) erano a un pelo dalla rottura. L'aria del falco -più centrale, con sprofondi quasi baritonali- è andata meglio.
Pankratova. Già sentita nella parte qui non è che sia andata meglio. Il volume è impressionante ma io ho nelle orecchie quel cataclisma teatrale, quel totem immenso e magnetico che si chiama Evelyn Herlitzius ed è... come paragonare il Canio di Caruso con quello di Bonisolli.
Mi è piaciuta molto la Schuster. E' la terza volta che la sento dal vivo e ogni volta migliora. Certo, la sua Nutrice è quella instradata sull'onde della cattiva da cabaret berlinese, tutta espressionismo e Caligari, ma funziona e, nel terz'atto, sbaraglia.
Struckmann mi ha dimostrato come sia ingrato il ruolo di Barak. O hai una personalità immensa oppure finisci vampirizzato dagli altri componenti della banda. Vi dico la verità, non so esprimere un giudizio che abbia un senso perchè me lo ricordo poco. : Blink :
Detto questo non sarà stata la Frau dei miei sogni (e forse sono un po' severo, ma da spettatore pagante posso permettermelo) però me la sono gustata dalla prima nota all'ultima. E' una delle poche opere -a prescindere da come sia allestita- che per me ha funzioni catartiche.
Qual'è la Frau dei miei sogni e forse delle mie libidini?
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Re: Donna senz'ombra alla Scala

Messaggioda MatMarazzi » mar 20 mar 2012, 0:32

Maugham ha scritto:Damrau, Herlitzius, Finley, Denoke, Yongoon-Lee, Los Angeles Philharmoniker, Salonen e regia di Jones.


Attento a scrivere queste cose! :)
Rischi che El Greco ti soffi l'idea! ;)

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Re: Donna senz'ombra alla Scala

Messaggioda Maugham » mar 20 mar 2012, 0:36

MatMarazzi ha scritto:
Maugham ha scritto:Damrau, Herlitzius, Finley, Denoke, Yongoon-Lee, Los Angeles Philharmoniker, Salonen e regia di Jones.


Attento a scrivere queste cose! :)
Rischi che El Greco ti soffi l'idea! ;)

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Ma no, sono solo fantasie.... dopotutto sia l'imperatrice che la moglie di Barak sono due soprani. Uno vale l'altro. :lol:
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Re: Donna senz'ombra alla Scala

Messaggioda Ninci » mar 20 mar 2012, 11:24

Caro Marazzi, è proprio così, come sa chiunque abbia ascoltato Thielemann dal vivo.
Ciao
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Re: Donna senz'ombra alla Scala

Messaggioda Maugham » mar 20 mar 2012, 13:00

Ninci ha scritto:Caro Marazzi, è proprio così, come sa chiunque abbia ascoltato Thielemann dal vivo.
Ciao
Marco Ninci


Mi permetto di intervenire poichè io Thielemann (recita più/recita meno) l'ho ascoltato dal vivo all'incirca 50/60 volte nei repertori più diversi, ma principalmente Strauss e Wagner.
Come sapete mi piacciono le persone che argomentano.
Potresti indicarmi (magari con esempi audio) dove Thielemann in Strauss ti risulta quanto di più trasparente, analitico, limpido si possa immaginare?
Thielemann, come ho scritto è un direttore di talento e di smisurata bravura tecnica, ma la sua cifra riconoscibile e le sue intenzioni (lo dice lui stesso nelle interviste) sono ben altre.
Insomma, d'accordo che ognuno ascolta con le sue orecchie e la sua testa, però ci sono dati oggettivi comuni a tutti.
Per quanto io legga con i miei occhi e la mia testa non potrò mai sostenere che la scrittura di Proust è un modello di sintesi, concisione e brevità. Senza nulla togliere a Proust, ovviamente.

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Re: Donna senz'ombra alla Scala

Messaggioda Ninci » mar 20 mar 2012, 13:23

Caro Maugham,
ho ascoltato Thielemann e nel repertorio sinfonico e in quello operistico. Nei Meistersinger viennesi, a parte il fatto che non era affatto pompieristico come spesso viene descritto, veniva fuori una quantità enorme di particolari. E dire che io avevo ascoltato la medesima opera diretta da Karajan all'inizio degli anni Settanta, un'esecuzione che mi sembrava insuperabile, oltre che per molti altri fattori (è la più bella serata d'opera cui abbia assistito in vita mia), proprio per l'analisi cui veniva sottoposto il tessuto orchestrale. E Karajan rimane il direttore più analitico che abbia mai ascoltato (La mer di Debussy, quanto a trasparenza, non aveva nulla da invidiare a quella diretta da Bolulez; forse era addirittura superiore). Thielemann non è stato da meno. Faccio solo un esempio. Non parliamo poi di Bruckner (quinta e ottava), Muenchener Philhamoniker, dove la trasparenza aveva del miracoloso. Spesso nei grandi personaggi le dichiarazioni divergono da quanto fanno realmente.
Ciao
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Re: Donna senz'ombra alla Scala

Messaggioda MatMarazzi » mar 20 mar 2012, 16:46

Io invece, che pure ho sentito Thielemann una marea di volte dal vivo, l'ho sempre trovato quanto di più gonfio ed effettistico sia possibile immaginare.
Certo... con arte! Nessuno glielo nega!
Se a qualcuno piace sentire Bruckner, Strauss e Wagner in stile "Guerre Stellari" sono in pochi ad essere meglio di Thielemann!
Peccato che a me piacciano i direttori davvero analitici! :)

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Re: Donna senz'ombra alla Scala

Messaggioda VGobbi » mar 20 mar 2012, 18:08

MatMarazzi ha scritto:Io invece, che pure ho sentito Thielemann una marea di volte dal vivo, l'ho sempre trovato quanto di più gonfio ed effettistico sia possibile immaginare.
Certo... con arte! Nessuno glielo nega!
Se a qualcuno piace sentire Bruckner, Strauss e Wagner in stile "Guerre Stellari" sono in pochi ad essere meglio di Thielemann!
Peccato che a me piacciano i direttori davvero analitici! :)

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Praticamente Thielemann come Solti?
Nemmeno noi siamo d'accordo con il gobbo, ma il gobbo è essenziale! Guai se non ci fosse!
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Re: Donna senz'ombra alla Scala

Messaggioda Ninci » mar 20 mar 2012, 18:23

Caro Marazzi, forse non ci intendiamo. Penso che a te piacciano molto direttori come Boehm o Krauss; il primo l'ho ascoltato molte volte a Salisburgo, sempre con soddisfazione. Direttori stringati, antiretorici; e analitici, senz'altro. Ma questo non vuol dire che direttori come Thielemann, pur con uno stile opposto, non possano essere altrettanto analitici e trasparenti e limpidi. Come del resto lo era Solti.
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Re: Donna senz'ombra alla Scala

Messaggioda Enrico » mar 20 mar 2012, 19:42

Bene, spiegateci, Ninci e Matteo, che cosa significa per voi "analitici": così forse vi potremo capire meglio.
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Re: Donna senz'ombra alla Scala

Messaggioda Maugham » mar 20 mar 2012, 20:41

VGobbi ha scritto:
MatMarazzi ha scritto:Io invece, che pure ho sentito Thielemann una marea di volte dal vivo, l'ho sempre trovato quanto di più gonfio ed effettistico sia possibile immaginare.
Certo... con arte! Nessuno glielo nega!
Se a qualcuno piace sentire Bruckner, Strauss e Wagner in stile "Guerre Stellari" sono in pochi ad essere meglio di Thielemann!
Peccato che a me piacciano i direttori davvero analitici! :)

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Praticamente Thielemann come Solti?


Beh, no. Solti era un campione di analisi. Le sue direzioni erano fin troppo chiare nell'articolazione ritmica, nell'evidenza del dettaglio, nella cura certosina di ogni singolo strumento. A volte si perdeva il senso dell'insieme. Era quanto di più lontano dalla retorica sia timbrica che ritmica (senti i suoi rubati nel Rosenkavalier e confrontali con il rallentantoni di Thielemann) di molti straussiani e wagneriani della scuola storica. (Un po' cellettiano lo sono ancora). Quando apparvero le sue prime ragistrazioni Decca, Solti rappresentava il nuovo. Il suono era aggressivo, tagliente, i dettagli strumentali evidenziati all'inverosimile con furia dimostrativa e stereofonica. La sua Arabella, il terz'atto di Walkiria con la Flagstad, certe prime registrazioni di Mahler -ormai fuori tempo massimo- con quelle dinamiche squassanti, i ritmi nervosamente esplosivi erano quanto di più lontano da certe letture di Walter, Mengelberg, Knapperstbusch e Furtwangler. Solti, per l'epoca, era davvero il muscoloso alfiere della rinascita musicale dalle macerie del dopoguerra. Non era però nè gonfio nè retorico. Semmai gli si poteva e gli si può attribuire una mancanza di senso delle proporzioni teatrali quando dirigeva l'opera. Ma caramelloso e "sbrodolone" non lo fu mai. Sta di fatto che il suo Wagner venne pesantemente osteggiato nel vecchio continente e invece conquistò in breve tempo le praterie del Midwest dove Solti divenne -negli anni- un indiscusso e autorevole interprete.

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