Elektra (Strauss)

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Re: Elektra (Strauss)

Messaggioda marco » lun 30 ago 2010, 12:22

Maugham ha scritto:
marco ha scritto:ho detto Giorgetta perchè è comunque previsto a Londra nel prossimo settembre 2011 un Trittico diretto da Pappano e con la regia di Jones dove la W. è appunto prevista come G. e credo la Harteros come Angelica


: WohoW : : WohoW : : WohoW :
Questa è una notizia! Se poi mettono Terfel a fare Schicchi (di cui Mat mi ha detto meraviglie...)...
WSM


potrebbe fare anche Michele intanto che c'è :D
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Re: Elektra (Strauss)

Messaggioda Riccardo » mer 01 set 2010, 23:35

La Schumann-Heink due anni prima di creare Clitennestra.



Crolla qualche certezza. O no? :)
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Re: Elektra (Strauss)

Messaggioda MatMarazzi » gio 02 set 2010, 0:19

Riccardo ha scritto:La Schumann-Heink due anni prima di creare Clitennestra.



Crolla qualche certezza. O no? :)


Sì... Ric, sul fatto che la grande Schuman Heink fosse o no la cantante giusta a cui affidare Elektra.
In merito ci furono, proprio sul nostro forum, aspri battibecchi alcuni anni fa.
Io però posso dirti che fra la mitica Ernestine e Strauss ci furono furibonde litigate.
Lei rilasciò un'intervista, durante le prove, dicendo (significativamente) che la parte di Clitennestra era incantabile, che Strauss aveva talmente esasperato l'uso declamatorio della voce che non gli si poteva stare dietro, ecc...
Tipiche rimostranze da vocalista alle prese con un ruolo declamatorio, verrebbe da dire! :)

Comunque Strauss si vendicò alla prova generale.
A un certo punto gridò agli ottoni "più forte, signori! Più forte! Sento ancora la Schumann Heink".

:)

La prima vera Clitennestra (di cui Strauss fu finalmente entusiasta) fu la Bahr Mildemburg.
Non a caso una titanica declamatrice.

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Re: Elektra (Strauss)

Messaggioda Riccardo » gio 02 set 2010, 11:46

Questa storia insegna che la "legge" dei creatori va comunque vista con un po' di flessibilità, no?
Chi ci dice che episodi analoghi non siano successi anche negli anni di Rossini, Bellini e Donizetti senza che noi ne abbiamo testimonianza?

Certo è chiaro che è con il tardo Ottocento-Novecento che la composizione inizia a rendersi talvolta indipendente dalle immediate richieste della rappresentazione.
Rossini, al posto di Strauss, avrebbe scritto ben altrimenti la parte di Clitennestra avendo in cartellone a Dresda simile cantante. Senza per questo esitare a rivoluzionarne la scrittura in un secondo tempo per la Bahr Mildemburg.

Ho come l'impressione, da questa vicenda straussiana, che ad un certo punto si siano invertiti i ruoli. La forza prescrittiva e rivoluzionaria rispetto alla scrittura musicale del compositore che avevano i cantanti, più tardi è diventata a volte prerogativa del compositore. Non potrebbe essere che Strauss abbia "inventato" un nuovo modo di cantare con la sua rivoluzionaria scrittura vocale per Clitennestra, invece di registrare l'esistente come divinamente sapevano fare i grandi operisti italiani del primo Ottocento (e non solo, naturalmente)?

Sono finito su questo argomento proprio perché di recente riflettevo un po' sulla Siems, prima Zerbinetta (della prima versione tra l'altro!) dopo (!) aver creato Chrysothemis e la Marescialla. Tutto nel giro di pochi anni.
Ve le immaginate la Gruberova (o la Dessay) al cimento in queste parti, certo non declamatorie, ma tuttavia almeno apparentemente un po' diverse? :)

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Re: Elektra (Strauss)

Messaggioda MatMarazzi » gio 02 set 2010, 14:46

Riccardo ha scritto:Questa storia insegna che la "legge" dei creatori va comunque vista con un po' di flessibilità, no?



Caro Ric,
ecco cosa scrivevo io il 7 novembre del 2008, proprio su questo forum (ho messo in grassetto la parte importante).

Ci sono legami tra un interprete e un personaggio che trascendono le "note" scritte e che si imprimono nel sottotesto, in una trama complessa e articolata di relazioni, rimandi, evocazioni.
Sono più difficili da decifrare, ma forse anche più importanti delle note stesse.
Tutto questo, naturalmente, è valido solo nel caso di primi interpreti famosissimi (o per lo meno profondamente noti al compositore, nel momento in cui scriveva per loro); primi interpreti scelti indipendentemente dalla volontà dell'autore non interessano a questa dinamica.


Che ne dici? Avevo o non avevo dato prova di flessibilità? :)

Proprio la questione della Schumann-Heink in Clitennestra, come ti dicevo, era stata oggetto di un dibattito molto acceso su Operadisc, alcuni anni fa.
E in quel dibattito ero proprio io a negare che vi fosse un rapporto stringente, in questo caso, fra prima interprete e personaggio, in polemica con altri che invece invocavano (proprio sulla scorta della Schumann-Heink) un ritorno a Clitennestre non dico belcantistiche, ma certamente "vocalistiche".
Credo anche io che la flessibilità (come in tutte le cose) sia importante.

O per lo meno... (hai perfettamente ragione) non è tanto una questione di flessibilità, quanto di approfondimento.
Applicare in modo bruto le caratteristiche del creatore agli interpreti attuali non è tanto una "mancanza di flessibilità", quanto una mancanza di "approfondimento".
E' infatti ovvio che non basta.

Nell'analisi del primo interprete vanno considerate tante cose.

1) il compositore e il librettista sapevano - mentre creavano un personaggio - chi sarebbe poi stato il creatore? (certamente Strauss, quando ideò l'Elektra, non aveva idea di chi avrebbero scritturato a Dresda; al contrario Rossini sapeva benissimo che la primadonna a Napoli sarebbe stata la Colbran).

2) e se anche lo conscevano di nome, erano a conoscenza delle sue caratteristiche? (Strauss aveva conosciuto la Schumann-Heink, fra l'altro di stanza nella Bayreuth di Cosima, ma almeno dieci anni prima... non credo poi che ne acquistasse i dischi, considerate le scelte discografiche della Heink. In compenso, come dicevamo tempo fa, nemmeno Rossini conosceva direttamente Garcia quando concepì il suo Norfolk).

3) infine, ammesso che conoscessero benissimo il futuro creatore e il suo "quid" tecnico-poetico, erano sempre in grado di valorizzarli? (questa ultima considerazione non è mia, ma di Beckmesser, e va tenuta a sua volta in grande considerazione: il caso più clamoroso resta quello di Bellini, costretto a modificare - a prove in corso - la tonalità di Casta Diva. E ... se non conosceva la Pasta lui! :) ).

Tutti questi aspetti vanno tenuti in conto.
Senza di loro una ricerca sul primo interprete non ha molto senso: se bastasse guardare su Wikipedia chi ha creato cosa, allora tutti sarebbero capaci di farlo! :)
Non è questione di "flessibilità", ma di qualità della ricerca.

E tuttavia, secondo me, nemmeno nel caso peggiore (quando ai tre punti sopra esposti si dovesse sempre rispondere "no") sarebbe giustificata la non considerazione di chi fu il creatore.

In questo panorama, infatti, agisce un'altra figura rilevante: chi ha fatto la "prima" scrittura.
Colui che - con un nuovo spartito davanti - ha dovuto impostare una relazione con gli artisti o le tipologie di artisti di moda al momento.
A fare la "ur-scrittura" poteva essere il direttore d'orchestra, il direttore artistico di un teatro, o talvolta lo stesso compositore (Wagner stesso scritturò i creatori del Ring, anche se - nel quarto di secolo in cui ha composto l'opera - non aveva la più vaga idea di chi l'avrebbe effettivamente creata).

In questo "primo pensiero" di chi ha dovuto far corrispondere un ruolo a un cantante o a una tipologia si svelano già tanti, tantissimi elementi che non possiamo trascurare, se vogliamo davvero comprendere questo strano, affascinante fenomeno (tanto trascurato dalla ricerca, ma tanto centrale nel successo di un'opera, ieri come oggi).
Quindi anche l'errore (se così vogliamo considerarlo) di chiamare una vecchia super-star vocalista come la Schumann Heink, portabandiera del Wagner internazionale (e diva del Met) per creare Clitennestra, può rivelarci tanto cose.
Alla peggio ...anche sull'inconciliabilità tra questa scrittura e un cantante come lei (se si fosse considerata la cosa, ad esempio, non si sarebbe chiamata per questa parte una Ludwig).

Certo è chiaro che è con il tardo Ottocento-Novecento che la composizione inizia a rendersi talvolta indipendente dalle immediate richieste della rappresentazione.
Rossini, al posto di Strauss, avrebbe scritto ben altrimenti la parte di Clitennestra avendo in cartellone a Dresda simile cantante. Senza per questo esitare a rivoluzionarne la scrittura in un secondo tempo per la Bahr Mildemburg.


Non credere Ric...
Anche nel '900 i rapporti fra scrittura e primo interprete erano fortissimi.
Pensa solo a Britten... con lui è quasi assurdo parlare di tenori, soprani, mezzosoprani.
Sarebbe quasi più semplice limitarsi a dire "ruoli-Pears", "ruoli-Cross", "ruoli-Vyvian", "ruoli-Ferrier"....
E Strauss? I ruoli Jeritza! I ruoli Lehmann... o per l'appunto i ruoli Siems.

Ho come l'impressione, da questa vicenda straussiana, che ad un certo punto si siano invertiti i ruoli. La forza prescrittiva e rivoluzionaria rispetto alla scrittura musicale del compositore che avevano i cantanti, più tardi è diventata a volte prerogativa del compositore. Non potrebbe essere che Strauss abbia "inventato" un nuovo modo di cantare con la sua rivoluzionaria scrittura vocale per Clitennestra, invece di registrare l'esistente come divinamente sapevano fare i grandi operisti italiani del primo Ottocento (e non solo, naturalmente)?


Bellissima domanda, Ric! :)
Io sinceramente non la vedo così.
Prendi Giuseppe Verdi.
Lui scrisse il Nabucco per la Strepponi (e penso che possiamo dire che la conoscesse bene), eppure la Strepponi vi si strangolò.
Fu definito, Verdi, Attila delle voci, nel senso che la sua scrittura si rivelò faticosissima per gli interpreti allora attivi. Le cose migliorarono solo quando - a posteriori - nacquero i primi cantanti "specializzati" sulle novità di Verdi.
Ma possiamo davvero affermare che Verdi fosse del tutto avulso dalle tipologie dei cantanti a lui immediatamente precedenti?
Non direi... semmai (sull'onda della sua personalità) egli aveva esasperato certe caratteristiche. Aveva preso i grandi soprani rabbiosi del secondo donizetti (il modello Ronzi, poi surrogato da quello Ungher, Barbieri Nini e appunto Strepponi) e li aveva resi ancora più rabbiosi, ne aveva portato un linguaggio a un tale livello da parossismo che a un certo punto i modelli originari non bastarono più e si dovette andare oltre.
E non di meno, per affermare tutto questo, noi dobbiamo pur sempre sapere che tipo di cantanti erano queste Barbieri-Nini, queste Ungher e queste Strepponi.
Idem per Wagner: la tendenza a esasperare la parola a danno del vocalismo strumentale era già in atto ai tempi di Wagner (un caso per tutti? la seconda Viardot).
Wagner si appoggiò a questo tipo di esperienza, prese il via da essa e la esasperò al punto che, per tenergli dietro, sono dovuti nascere cantanti specializzati, a costo di rinunciare al vocalismo (proprio come i primi veri verdiani specialisti dovettero rinunciare al belcantismo pirotecnico di Rossini).
Anche in questo caso se non conosci le caratteristiche dei cantanti da cui Wagner trasse ispirazione e di quei primi interpreti dei quali fu più soddisfatto (Caronsfield e la Materna ad esempio, che guarda caso nel repertorio tradizionale non erano un granché) non ti rendi davvero conto di tanti piccoli elementi che possono far luce su certi aspetti della sua scrittura.

Sono finito su questo argomento proprio perché di recente riflettevo un po' sulla Siems, prima Zerbinetta (della prima versione tra l'altro!) dopo (!) aver creato Chrysothemis e la Marescialla. Tutto nel giro di pochi anni.
Ve le immaginate la Gruberova (o la Dessay) al cimento in queste parti, certo non declamatorie, ma tuttavia almeno apparentemente un po' diverse? :)
[/quote]

Il caso della Siems, per altro grandissima artista, è molto interessante.
Era una cantante estesa nel sopracuto e formidabile nella coloratura.
Tutto il contrario (a parte Zerbinetta) delle cantanti a cui oggi affidiamo i ruoli scritti da Strauss per lei.
E tuttavia ti faccio osservare che a Dresda era allora attiva un'altra straordinaria cantante di coloratura (una leggendaria Norma e Semiramide, per altro; un'incredibile Marguerite di Valois): ossia Irene Abendroth.
Noterai che la Abendroth mai fu chiamata per un ruolo straussiano (men che meno Zerbinetta), mentre la Siems sì.
Come mai?
Evidentemente (e i dischi lo confermano) la Siems non era "solo" un soprano di coloratura.
In lei agiva anche un'attrazione per il canto "nuovo", la valorizzazione della parola, l'accensione dei primi veri colori declamatori, che la rendeva plausibile per le grandi creazioni straussiane.
Nè si può pensare che Strauss trascurasse, in lei, l'altra componente: quella più tradizionale, virtuosa, vocalistica.

Tutto questo forse non era chiaro già dalla prima volta: ossia Crisotemide.
Era la prima volta che Strauss collaborava con lei e probabilmente la conosceva poco (ovviamente la Siems non aveva preso parte alla prima di Salome, per cui era stata chiamata una totale declamatrice come la Wittich, già Isolde a Bayreuth).
Inoltre, come abbiamo detto per la Schumann-Heink, Strauss cominciò a comporre Eletra senza avere un'idea precisa di chi sarebbe stato scritturato nella creazione.

Infatti la parte di Crisotemide è, sì, un po' più acuta di quella di Elektra (ma non come estensione: Elektra arriva più in alto, toccando il do), è sì più lirica, sì più melodica, ma ancora priva di quelle particolarità inconfondibili (tipicamente "Siems") che troveremo nelle due tipicissime creazioni successive.
Marescialla e Zerbinetta.

Su Zerbinetta (prima versione) inutile insistere: tutti ne vediamo l'insolita vocazione sopracuta, il virtuosismo spettacolare, ecc...
Su Marescialla il problema è più delicato, perchè (ovviamente, dato il personaggio) non vi sono nè sopracuti, nè agilità.
E' per questa ragione che il personaggio è presto passato nelle mani dei sopranoni, spesso persino corti in acuto (la grande Lehmann ad esempio).

Eppure a ben guardare la parte è un florilegio di mezzetinte, di colori iridescenti, di sussurri algebrici che rivelano proprio quella singolare commistione di vocalismo "contaminato" che è la più impressionante caratteristica della Siems (oltre all'intelligenza, l'ironia in punta di forchetta, il fascino diafano e moderno).
La rivoluzione della Schwarzkopf in questo ruolo (che all'epoca scandalizzò i tradizionalisti, proprio per la "leggerezza" vaporosa del suo canto, a sua volta a metà fra retaggi vocalistici, filature estatiche e lavorio sulla parola) fu a ben guardare un'opera di "filologia" :)
Non è un caso che la Schwarzkopf fosse stata anche Zerbinetta!

Che begli argomenti, Ric. Aspetto le tue repliche.

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Re: Elektra (Strauss)

Messaggioda Luca » gio 02 set 2010, 15:30

Non è un caso che la Schwarzkopf fosse stata anche Zerbinetta! ....
===============================================================
.... ma anche Konstanze (e l'ha incisa!). Bell'argomento, Matteo, ma esiste qualcosa della Schwarzkopf come Zerbinetta ?

Saluti, Luca.
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Re: Elektra (Strauss)

Messaggioda MatMarazzi » gio 02 set 2010, 17:27

Luca ha scritto:ma esiste qualcosa della Schwarzkopf come Zerbinetta ?


Purtroppo no! :(
Però (e forse è ancora più interessante) possiamo sentire la sua incredibile Ariadne in stile "zerbinetta promossa a gran diva"! :)
Forse il lascito discografico più geniale e impressionate della Schwarzkopf.

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ELEKTRA - AIX-EN-PROVENCE 2013

Messaggioda beckmesser » lun 15 lug 2013, 17:23

AIX-EN-PROVENCE 2013

Il nuovo allestimento di Elektra al Festival di Aix già sulla carta si preannunciava come uno degli eventi di punta dell’estate 2013. Direi che i risultati sono andati, per quanto mi riguarda, al di là delle più rosee aspettative per la parte musicale; un filo più interlocutorio lo spettacolo di Chéreau. Che è bello, sia ben chiaro: uno spettacolo coerente, serratissimo (se c’è una cosa per cui Chéreau mi colpisce sempre è l’incredibile capacità di creare e mantenere, con mezzi semplicissimi, una tensione spasmodica), ma anche così tipico di Chéreau da rasentare ormai il rischio di manierismo da “vecchio maestro”. A Chéreau di tutta la parte storico-mitica di Elektra non importa ovviamente nulla: quello che si vede in scena è un dramma famigliare e, in particolare, un dramma di incomunicabilità fra una figlia e una madre, a causa di un padre (morto) e del loro rapporto con la sessualità (repressa, per la figlia; irrinunciabile, per la madre). È significativo che Chéreau nel programma di sala indichi l’Amleto come parallelo per la drammaturgia della sua Elektra: è un parallelo che si è letto spesso, nella critica, ma che raramente era stato portato in scena. E devo dire che in questo allestimento la scena cardine fra madre e figlia assume connotati decisamente inediti: non uno scontro fra due mondi incompatibili, bensì un vero tentativo di (ri)conoscersi fra due esseri legati e divisi al tempo stesso, tentativo che per un momento sembra veramente stia per concretizzarsi. A fronte di momenti veramente riusciti (la scena citata, ma anche il finale, modificato in alcuni aspetti essenziali che non racconto per non rovinare la sorpresa a chi deve ancora vedere lo spettacolo), altri passano in modo decisamente meno convincente: il personaggio di Crisotemide in particolare risulta abbastanza sfocato, facendo venir meno una fetta importante della drammaturgia dell’opera. Uno spettacolo quindi molto interessante ma che non mi sembra completamente messo a fuoco, cosa che magari avverrà con le tante riprese previste in giro per il mondo.

Messa a fuoco che invece è perfetta nella direzione di Salonen, semplicemente epocale. Innanzi tutto: sorprendente. Contrariamente a quanto mi sarei aspettato, è stata l’Elektra forse più tardoromantica, lirica, persino “melodica” che abbia mai sentito. In linea con l’impostazione della regia, niente furori espressionisti, niente sconquassi, niente cataclismi sonori: per Salonen (come per Chéreau) il mondo di Elektra è un mondo di felicità e nostalgie impossibili, ricordate, a portata di mano eppure irraggiungibili. Mai come con Salonen lo stacco fra Elektra ed il successivo Rosenkavalier mi è parso relativo ed apparente. Più che lo Strauss come siamo soliti ascoltare, sembrava di sentire certo Mahler (ovviamente il Mahler che si ascolta oggi, quello di Boulez o dell’ultimo Abbado, per intenderci): tutti i temi, anche quelli più bruschi e audaci, acquisivano una cantabilità straordinaria, che nasceva e moriva nel giro di un istante e che li faceva imprimere nella memoria in modo indelebile. Ovviamente, ad ancorarci saldamente al presente era l’analisi timbrica che Salonen portava avanti, con una prevalenza di timbri puri (gli ottoni in particolare) che evitava qualsiasi rischio di edonismo sonoro o magniloquenza fine a se stessa. Per mio conto: lo Strauss dei prossimi anni parte da qui (speriamo ci siano seguiti da parte dello stesso Salonen…).

In scena, la formidabile Elektra della Herlitzius. Certo, il registro acuto presenta diversi stridori (anche se problemi veri ci sono stati solo nel finale del primo monologo), ma a fronti di diversi suoni anche molto discutibili sta un declamato di tale onnipotenza; sta un coinvolgimento scenico talmente impressionante; sta, infine, una tale modernità di approccio nella smitizzazione di questo personaggio che, francamente, chi se ne importa degli acuti traballanti… Di fronte ad un simile vulcano, la Clitemnestra della Meier rischia di sembrare sottotono: in realtà è l’impostazione stessa di Chéreau che, nel ritrarre non la solita vampiresca megera bensì una donna e una madre con uno stile di vita incomprensibile alla figlia depressa, sembra offrire meno carte da giocare. In realtà, anche qui c’è una capacità strepitosa di aderire alle esigenze dello specifico spettacolo, e basterebbe lo sconvolto stupore con cui reagisce all’ultimo attacco della figlia per laurearla interprete straordinaria. Gli altri (la Crisotemide della Pieczonka e l’Oreste di Petrenko) fanno degno contorno, ma non lasciano impronte memorabili. Onore alla storia e al passato di Mazura, ma le battute del precettore di Oreste (cui Chéreau fa per inciso assumere un ruolo del tutto inedito nel finale) erano bofonchiate in modo incomprensibile…

Spettacolo, in sintesi, strepitoso: da non mancare per nessuna ragione l’anno prossimo alla Scala, sperando ovviamente che non ci siano sorprese…

Saluti,

Beck
Ultima modifica di beckmesser il mar 16 lug 2013, 9:19, modificato 1 volta in totale.
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Re: Elektra (Strauss)

Messaggioda Enrico » lun 15 lug 2013, 17:29

beckmesser ha scritto: Il nuovo allestimento di Elektra al Festival di Aix

Trasmissione su Arte il 19 luglio:
http://liveweb.arte.tv/fr/video/Elektra ... e_Chereau/
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Re: Elektra (Strauss)

Messaggioda pbagnoli » lun 15 lug 2013, 18:00

beckmesser ha scritto:AIX-EN-PROVENCE 2013

Il nuovo allestimento di Elektra

Ti ho scrito privatamente. Se puoi, rispondimi
Grazie,
Pietro
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(Arturo Toscanini, ai musicisti della NBC Orchestra)
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Re: Elektra (Strauss)

Messaggioda DottorMalatesta » lun 15 lug 2013, 19:53

Caspita Beck, che splendida recensione!!! : WohoW :
Complimenti e bentornato! Si sentiva la mancanza di una persona del tuo spessore!
Un caro saluto,
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Re: Elektra (Strauss)

Messaggioda VGobbi » mar 16 lug 2013, 0:02

Enrico ha scritto:
beckmesser ha scritto: Il nuovo allestimento di Elektra al Festival di Aix

Trasmissione su Arte il 19 luglio:
http://liveweb.arte.tv/fr/video/Elektra ... e_Chereau/

Grazie infinite per la segnalazione. Questa non me la lascio sfuggire, anche in merito alla splendida recensione del dottor Beck.

Ma è dato sapere l'ora? :oops:

Inoltre, per chi ha Sky, potrebbe gentilmente dirmi a quella canale numerico corrisponde? :oops:
Nemmeno noi siamo d'accordo con il gobbo, ma il gobbo è essenziale! Guai se non ci fosse!
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Re: Elektra (Strauss)

Messaggioda Enrico » mar 16 lug 2013, 0:17

19 luglio alle 20.00. Credo che Arte (televisione franco-tedesca) non ci sia più su Sky e nemmeno tra i canali satellitari "liberi" che si ricevono in Italia.
Credo che dopo la diretta il filmato verrà messo on-line e resterà disponibile per molti giorni.
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Re: Elektra (Strauss)

Messaggioda Maugham » mar 16 lug 2013, 7:33

VGobbi ha scritto:
Enrico ha scritto:
beckmesser ha scritto: Il nuovo allestimento di Elektra al Festival di Aix

Trasmissione su Arte il 19 luglio:
http://liveweb.arte.tv/fr/video/Elektra ... e_Chereau/

Grazie infinite per la segnalazione. Questa non me la lascio sfuggire, anche in merito alla splendida recensione del dottor Beck.

Ma è dato sapere l'ora? :oops:

Inoltre, per chi ha Sky, potrebbe gentilmente dirmi a quella canale numerico corrisponde? :oops:


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Re: Elektra (Strauss)

Messaggioda Maugham » mar 16 lug 2013, 7:38

Beck, magnifica recensione che mi rende "ancor più lunga l'attesa" fino a venerdì prossimo.
Invidio la tua capacità di cogliere il "senso" e il "perchè" di uno spettacolo in poche righe.
Standing ovation!
Propongo di spostare la recensione in un thread apposito, almeno finchè fresca di data.

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