teo.emme ha scritto:Certo è molto comodo tirar fuori la solita balla dei facinorosi che aizzano il pubblico, o dei complotti di chi tutela l'arte del canto (riferimento pietoso e insultante, che ti prego di rettificare, dato che pure io ne farei parte e non sono certo un facinoroso troglodita). E' comodo e ingiusto: questo spettacolo - strombazzato come simbolo dell'era Pereira - era una schifezza e come tale è stato trattato. Quando si viene strapagati, si percepiscono denari pubblici, si pretende di far cultura...ci si espone anche al giudizio della gente. Di chi paga i biglietti per gli spettacoli (non godendo di amicizie, pass o accrediti) e che nel 100inaio di euri spesi (più o meno) si compra anche il diritto di disapprovare. Ma è storia trita e ritrita: semplicemente c'è chi ritiene che nessuno abbia il diritto di contestare se non nel proprio intimo. La pensiamo diversamente.
Non ero alla prima di questo spettacolo (vedrò una replica, anche se me ne sta passando la voglia) e sono abbastanza convinto che non sia un granché, però, suvvia, non esageriamo nell’altro senso, raffigurando il loggione della Scala come un’enclave di riflessivi e ponderati pensatori… Sia ben chiaro che: 1) nessuno contesta il diritto di contestare, anche rumorosamente e, 2) in quel che segue non mi riferisco né a te (ci mancherebbe) né a particolari gruppi di persone (rappresentanti di blog/siti o quant’altro), per il semplice fatto che non li conosco. Ma sono più di vent’anni che vado alla Scala in galleria e sono più di vent’anni che noto uno strano fenomeno: ogni tanto si verifica una curiosa congiuntura di circostanze per cui sopra uno spettacolo o su un interprete si addensano malumori, frustrazioni, ansie di rivalsa o quant’altro: è un qualcosa, una specie di odore di sangue, che si avverte già salendo le scale. In questo senso, non sono d’accordo quando dici che il caso di Kleiber è diverso: il metodo è esattamente lo stesso e lo scopo è meramente dimostrativo (in quel caso, dimostrare a priori che “Verdi si dirige in un altro modo”; in questo, dimostrare che Pereira è un incapace, che magari è anche vero). È la stessa situazione che si era creata per la Traviata di Karajan. Il fatto che in quei casi il bersaglio fosse sbagliato mentre (immagino) in questo Otello le ragioni ci fossero, non cambia in nulla la valutazione del metodo: è un banale caso di frenesia da sangue. Questo Tang avrebbe anche potuto dirigere benino o discretamente (benissimo mi pare dura), ma comunque gli si sarebbe gridato di tornare a Zurigo, perché il bersaglio non era lui, ma Pereira.
All’ingresso in loggione alla prima del Ballo in Maschera io e Maugham siamo stati abbordati da una tizia che ci chiedeva se volevamo dei biglietti contro Michieletto da lanciare dopo il primo atto. E c’era diversa gente con quell’approccio, c’era coordinamento… È lo stesso approccio che, una ventina di anni fa, mi lascio attonito di fronte a persone che, prima dell’inizio di una recita dell’Attila di Muti, mi chiesero se ero disposto a fischiare la Studer (altra bestia nera del loggione scaligero).
Ribadisco all’esasperazione: non mi riferisco a te (ci mancherebbe…), che sono certo hai contestato su solide basi e dopo aver ascoltato (e posso anzi credere che anche a me verrà voglia di tirare carta igienica dopo aver sentito); così come non so se queste persone (non le conosco né mi interessa conoscerle) facciano capo a qualche gruppo in particolare: ma siamo onesti, il metodo è quello.
Poi, ripeto, può essere benissimo che questo Otello sia una schifezza: ma nemmeno una schifezza può giustificare la caterva di insulti e il clima da armageddon riportati da Malatesta, e che tante volte ho vissuto in circostanze simili…
Beck