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La Bohème a NYC (e Beethoven)

MessaggioInviato: gio 26 nov 2015, 15:12
da DocFlipperino
Usato sicuro al Met per la Boheme di fine novembre. Leggo sul programma di sala che delle oltre 1300 rappresentazioni dell'opera al Met, oltre 400 (!) sono state affidate alla regia di Zeffirelli! Sarebbe ora di cambiare.... L'allestimento, pur nella sua storica bellezza, inizia a invecchiare. Certo il fascino rimane con i suoi pregi (l'atmosfera del III atto) ma anche con i suoi difetti (il secondo atto è talmente "crowded" da far sembrare stretto l'immenso palcoscenico del Met, e quell'immensa bandiera francese, celebrativa sì ma tremendamente kitsch, e quel cavallo? eh beh può mancare un cavallo in scena?).
Musicalmente poi le cose non cambiano granchè. Personalmente non vado matto per Bohème; non mi iscrivo certo al club di coloro che vogliono uscire da teatro dicendo "come mi sono divertito, ho pianto tanto". Uscire però dalla sala freddi e senza alcuna emozione mi pare sia però segno che qualche cosa non abbia funzionato. Che cosa è difficile dirlo.

Barbara Frittoli canta male Mimì? No, di certo. La voce leggermente ingrigita si piega ancora bene alle richieste del ruolo. Una generica patina di tristezza viene stesa sulla piccola fioraia, il passaggio dalla spensieratezza alla malattia si avverte bene, le arie sono ben compitate, il finale è eseguito con precisione. E allora cosa manca?
Vargas non è un buon Rodolfo? No, di certo. Canta con sicurezza, precisione, talvolta anche con una delicatezza inusitata.
Insieme stanno bene in scena. Lei così carina sempre stretta nello scialle azzurro, lui così bravino nei suoi immancabili pantaloni a quadri. E allora, cosa manca?
Manca quel guizzo brillante che faccia sollevare una professionalissima prestazione e la faccia diventare un piccolo momento di magia, senza il quale Boheme, alla millesima volta che la vedi, ti annoia!
Guizzo che invece è arrivato dall'altra "coppia": Ana Maria Martinez è una Musetta straordinaria, vivace, frizzante, brillante, mai volgare ma sempre seducente e ammiccante. Il cambio di interpretazione nel quarto atto è davvero impressionante, la frase "io sono indegna del perdono mentre invece Mimì è un angelo del cielo" in bocca alla Martinez assume un rilievo nuovo, un suono che va al di là delle semplici parole. In assoluto la migliore in campo, insieme all'ottimo Marcello del baritono rumeno (a me sconosciuto) Levente Molnàr: bella voce, bella presenza, simpatico in scena ed estremamente carismatico.
Bravi sia il giovane Alexey Lavrov, uno Schaunard molto sollecitato dal regista, sia Christian Van Horn come Colline. L'icona del Met John Del Carlo ha prestato la voce sia ad Alcindoro, sia a Benoit.
La direzione di Paolo Carignani si può definire affidabile e tranquillizzante. Tempi precisi, pochi guizzi fantasiosi, respiri all'unisono con i cantanti, insomma uno di quei direttori solidi, adorati dai cantanti. Qualche schianto di troppo qua e là, soprattutto nel secondo atto decisamente troppo confusionario. Particolarmente kitsch lo schiantone finale dopo il "coraggio". Successo, ma non così esagerato.

Parallelamente due note sul concerto alla Carnagie Hall dei Berliner con Simon Rattle. Sinfonia 9. Praticamente per i Berliner il pane quotidiano. Attesa delusa per Annetta Dasch, sostituita dalla Phillips. Brava la Vogel. Anonimi Elsner e Ivashchenko. Esecuzione precisa, perfetta, forse un po' troppo. E' sempre un piacere immenso sentire i Berliner. Ma è evidente che l'esperienza berlinese di Sir Simon sia giunta al termine. E credo non lo rimpiangeremo molto.

Prossimi appuntamenti, Tosca e Lulu. Poi Norma a LA.
A presto
flip