Pelleas et Melisande, Gatti-Abbado, Firenze

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Pelleas et Melisande, Gatti-Abbado, Firenze

Messaggioda vivelaboheme1 » ven 19 giu 2015, 11:17

Esiste il suono dell'ansia? Esiste il suono dell'angoscia? Esiste il suono dell'attesa? Ed esiste il suono del desiderio della luce?
Sì. E' tutto quanto Daniele Gatti ha evocato, mediante la straordinaria orchestra del Maggio e un cast compatto e totalmente dedito, nella sua lettura di Pelleas e Melisande andata in scena ieri sera a Firenze. Ansia, angoscia, attesa, luce sono, per Gatti nella musica di Debussy, elementi di teatro. Siamo lontanissimi dalla linea interpretativa estetizzante Karajan-Pretre, o da quella più "strutturale" Abbado-Boulez (tutti eccelsi, in Pelleas, ma differenti). Per Gatti, questa musica, questo rincorrersi di disegni e frasi musicali, è comunque teatro in musica. E il suo "Pelleas" si accende, in un suono denso - verrebbe da dire "carnoso", se il termine non fosse un po' eccessivo - nel quale il dettaglio (e tutto è dettagliatissimo) si fonde nell'insieme. Il Pelleas di Gatti, rispetto alla line degli "esteti", ha un "ritmo interno" ininterrotto, che viene dalla densità della pennellata ("denso" è anche il coro, nel suo breve intervento) e dalla "rotonda" continuità con cui una ritmo, una frase, si lega alla successiva. Teatro in musica: e Debussy teneva lo fosse. Dunque lettura nuova, ma pertinentissima.
"Rotonda". Il cerchio (l'anello, i cerchi d'acqua...) è, assieme al "desiderio di luce", un tema di questa lettura. Allora: rotondo è il suono, e nello stesso tempo - quasi ad esprimere il desiderio più volte espresso da Melisande - è un suono che vorrebbe esser luminoso ma resta cupo, come se la luce, quella che Melisande invoca e cerca, "premesse" per uscire, senza riuscirvi. Il che trova realizzazione, in scena, nel bellissimo cannocchiale-caleidoscopio inventato da Daniele Abbado e collaboratori alla parte scenica (un solo appunto: Pelleas nel solito paltò, di cappotti ne abbiamo visti troppi, ormai. Bene invece i costumi vagamente "da cacciatore" di Golaud). Che ha, fra l'altro, il gran merito di annullare, unito alla concertazione di Gatti, le note difficoltà acustiche buca-palco-sala del nuovo teatro fiorentino: stavolta si sente tutto benissimo, l'equilibrio voci-orchestra è perfetto, e dentro il cannocchiale le voci risultano
proiettate. Il cerco scenico e il suono denso-cupo- ricerca di luce (memorabili i timpani "sordi" voluti da Gatti) rendono bene il senso della calustrofobia del castello e della sofferenza di Melisande ("non sono felice, qui"). Per il resto, Abbado lascia al pubblico in toto il compito di immaginare ciò che non si vede, esempio preclaro i capelli lunghi di Melisande (la Bacelli conserva il suo taglio corto). Il castello, l'acqua e quant'altro sono solo evocati da giochi di luci: a chi vede è lasciato (ma l'orchestra di Gatti è un aiuto potente) il compito di vedere con gli occhi della mente ciò che in scena non si vede: il che è elemento di grande fascino.
Suono denso, colori (sia pur "spenti", nella densità): ad ogni personaggio è richiesto di esprimere un colore. Il Golaud del formidabile Frontali (altra prova d'affiatamento con Gatti dopo il Macbeth parigino) è nero-antracite, un nero che diventa selvaggio nell'assalto di gelosia e si spegne in un grigio doloroso nel finale. Il bruno (e questo è insolito) di Melisande, che qui è colei che cerca la luce: Bacelli bravissima nella parola, nel colore, nel gesto, a lei Abbado chiede, e ottiene, una recitazione da icona movente, bellissima nel gioco delle mani, della testa, del corpo. A lei "corrisponde", nella tinta, la Genevieve di Sonia Ganassi, che qui parrebbe una sorta di Melisande invecchiata, in un gioco di corrispondenze fra colori ed espressioni che è uno dei segnali interpretativi di questa lettura musicale (e scenica). Pelleas è colui che porta - porterebbe, ma finirà male - luce: ed ecco il canto schiarito di Paolo Fanale, che si conferma, di ruolo in ruolo, una delle migliori novità del teatro lirico di questi anni. Il "chiaro", in questo Pelleas, è affidato a lui e alla freschezza dell'Yniold di Silvia Frigato. C'è un colore della giovinezza e uno della vecchiaia. Così al grigio-nero del Golaud sofferente di vecchiaia incipiente ("i capelli grigi, la barba") di Frontali corrisponde quello dolente dell'Arkel di Roberto Scandiuzzi (Andrea Mastroni interpreta pastore e dottore).



marco vizzardelli
Ultima modifica di vivelaboheme1 il ven 19 giu 2015, 13:35, modificato 1 volta in totale.
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Re: Pelleas et Melisande, Gatti-Abbado, Firenze

Messaggioda reysfilip » ven 19 giu 2015, 11:54

Grazie marco per il resoconto di quella che è sicuramente la produzione più attesa di questo festival. Io vado martedì.
Secondo te Gatti è riuscito nell'impresa di dare una lettura "italiana", come ha più volte dichiarato nelle interviste inerenti a questa produzione?
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Re: Pelleas et Melisande, Gatti-Abbado, Firenze

Messaggioda vivelaboheme1 » ven 19 giu 2015, 13:27

Secondo me, sì. In quella densità e colore e rotondità di suono e nel lavoro capillare con i cantanti, la cui resa è molto compatta, pur con diversità di efficacia (certo, qualche voce comincia ad essere un po' "anziana", ma Gatti è stato bravo a sfruttare anche questo: il tema della vecchiaia e del dolore per la vecchiaia è ben presente in Pelleas. E qui va benissimo, ad esempio, il contrasto fra il fratello giovane Pelleas-Fanale e il fratello vecchio Golaud-Frontali). L'"italianità", se così vogliamo chiamarla, fa sì che si tratti, in primo luogo, di un Pelleas molto teatrale, drammatico. Un aspetto che non sempre si associa a questa opera, ma cui Debussy stesso teneva. Siamo - volutamente - lontani (come già scritto sopra) - dai Pelleas "liquidi", evanescenti della pur meravigliosa "linea estetizzante" dei Pretre, dei Karajan. Ma anche dallo strutturalismo Abbado-Boulez. E' un Debussy "di corpo", nella concezione e nel suono (ma al di là del concetto di "italianità" si sente che Gatti l'ha frequentato con la National de France). Devo ribadirti che fondamentale è stato l'apporto dell'orchestra del Maggio, formidabile: raramente ho sentito Debussy suonato a questo livello da un'orchestra italiana.

marco vizzardelli
vivelaboheme1
 

Re: Pelleas et Melisande, Gatti-Abbado, Firenze

Messaggioda mattioli » mer 24 giu 2015, 16:59

Visto ieri sera: quoto il Vizza.
Bellissimo.

AM
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