Sposa dello Zar alla Scala

recensioni e commenti di spettacoli visti dal vivo

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Sposa dello Zar alla Scala

Messaggioda DottorMalatesta » lun 03 mar 2014, 17:41

Sposa dello Zar alla Scala: il culto dell´immagine e la rivincita di Tcherniakov

Se il primo match (la Traviata dello scorso 7 dicembre) si era concluso con una situazione di sostanziale parità, con questo spettacolo il regista russo Dmitri Tcherniakov si prende la rivincita sul pubblico scaligero.
Molte le contestazioni finali ad una regia concepita come uno spietato, lucidissimo atto d´accusa contro la supremazia dell´immagine e il conformismo estetico – idolatra, acritico culto di vuote forme – che nasce dall´adesione a modelli visuali condivisi ma in realtà imposti dall´alto e da altri. Buona parte del pubblico scaligero non si è sottratto alla primadonnesca tentazione di mettersi in mostra con una contestazione chiaramente premeditata, strascico polemico contro il regista della tanto contestata Traviata inaugurale. Così facendo è però caduto nella trappola tesa abilmente da Tcherniakov, confermando nei fatti la validità dell´assunto di base dello spettacolo, concepito come una fredda analisi della violenza e della sopraffazione che scaturiscono dall´atteggiamento di chi resta ancorato alla superficie dell´immagine, al vuoto contenutistico e valoriale dell´apparire, del bello ideale ed archetipico, svincolato dalle problematicità della storia e della realtà. Una profonda riflessione sul ruolo dell´immagine nel mondo d´oggi, l´immagine che, creata, manipolata, distorta, diventa strumento di seduzione, inganno, potere. Chi possiede il controllo dell´immagine detiene il potere assoluto. Nell´era dell´immagine il dominio si esercita tramite l´immagine: basta un click del mouse e la realtà, distorta, manipolata, ricreata, diventa virtuale.
Nella visionaria concezione di Tcherniakov, lo zar (personaggio centrale in quest´opera, sebbene ridotto a semplice “immagine”, fugace e muta apparizione al secondo atto) è una creatura virtuale, un´immagine assemblata a tavolino nell´asettica realtà di un laboratorio di computer graphic: il volto di un uomo bello, forte, muscoloso, seducente, concepito come strumento per manipolare le coscienze, i desideri, le emozioni dei consumatori, inducendo in essi dei bisogni da soddisfare. Lo Zar come prodotto pubblicitario, immagine attraverso cui viene esercitato il potere. Cos´altro fu il “matrimonio per concorso” tra lo Zar Ivan IV “il terribile” e la popolana Marfa se non una gigantesca operazione pubblicitaria, un mezzo di propaganda al solo scopo di creare e rafforzare l´immagine del sovrano?
La realtà virtuale creata al computer nell´anonimato minaccioso e misterioso di una chat (“la chat degli Oprichniki”) avrà inevitabilmente delle conseguenze disastrose quando entrerà a contatto con la realtà “reale”. L´adolescente Marfa, che ancora non ha conosciuto la durezza della vita e che ignora la sofferenza (splendido il confronto alla fine del secondo atto con il folle dolore di Ljubasa), vive di sogni di ricordi, di speranze. La sua vita ha la serenità irreale di uno screen-saver (quel fondale che riproduce le foglie primaverili dell´albero sotto cui da bambina cantava insieme all´amato Lykov). È lei la prescelta, la sua vita verrà sacrificata perché lo “Zar” ha bisogno di carne viva per sopravvivere, la realtà virtuale, il mito dell´immagine nasce dalla vita reale, di essa si alimenta fino a sostituirla ed annientarla. Marfa, adolescente che vive in una casa che si apre sulla realtà come uno schermo televisivo (e dove la televisione, che trasmette in continuazione immagini di una Russia vittoriosa e dominante – imprese spaziali, giochi olimpici, campi di grano – è sempre accesa), è la vittima predestinata: sarà lei la “sposa dello Zar”. La ragazza si lascia sedurre dall´immagine virtuale dello Zar visto in televisione. D´ora in poi il reale e il virtuale si confondono, creando una spaccatura che lascerà il segno nel corpo e nella mente di Marfa.
La selezione delle ragazze, le cui foto si susseguono l´una dopo l´altra, è un esplicito richiamo alle procedure dei provini televisivi in cui la donna è ridotta ad immagine, oggetto estetico, bambola priva di contenuto, emozione, personalità: foto di corpi valutati a seconda dei criteri dominanti nella civiltà dell´immagine. La selezione della sposa è in realtà selezione estetica e selezione sessuale della donna. Ed è una selezione alla quale lo spettatore, seduto in sala, non può – consapevolmente o meno – sottrarsi.
Inevitabile che, come avevano presagito gli anonimi “manipolatori del reale” nella loro chat, il gioco finisca male. Dietro l´immagine da pin-up, Marfa è infatti una donna reale che muore sotto i riflettori di uno studio televisivo (come una delle tante ragazze vittime del culto dell´immagine, corpi svuotati, gusci senz´anima) nel dolore reale censurato dalle immagini televisive che continuano a essere trasmesse in ripetizione, sempre uguali, e che la mostrano viva, sorridente, forte, eterna. L´uomo muore, ma l´immagine, anche se vuota, rimane. Vincente. Immortale.
Notevole la parte musicale. Il cast, nel complesso ottimo e omogeneo, è dominato dalla Marfa di Olga Peretyatko, non si sa davvero se più bella o più brava, e dalla Ljubasa di Marina Prudenskaya. Stentoreo e poco rifinito vocalmente, il Grigorij di Johannes Martin Kränzle si riscatta con una presenza scenica di grande immediatezza, buono (anche se talora a disagio negli acuti) il Lykov di Pavel Cernoch, e piuttosto anemico Stephan Rügamer che si limita ad abbozzare il subdolo personaggio dell´alchimista Bomelij. La veterana Anna Tomowa-Sintow fa del suo meglio per venire a capo della parte di Domna Ivanovna Saburova, anche se per lei le neiges d´antan si sono sciolte da tempo. La cosa vale anche per Anatoly Kotscherga, che interpreta il padre di Marfa, e che si dimostra tuttavia dotato di un senso della parola e di una capacità di stare in scena che sono il marchio inconfondibile del vero artista. Ottime le parti di fianco e buona la prova del coro. Teutonica e squadrata, la direzione di Barenboim è del pari funzionale e noiosa.
In definitiva, uno spettacolo interessantissimo, realizzato con un dominio tecnico sorprendente (cosa sono certe luci!), e con un´ottima parte musicale.
L´immagine, sembra dirci Tcherniakov, è un filtro potente: può far innamorare, può creare, può sedure, può distruggere. Una cosa è certa: il fascino e il valore di questo spettacolo non si esauriranno nel breve tempo di uno spot pubblicitario.

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Una Sposa per lo Zar

Messaggioda Arturo62 » lun 03 mar 2014, 17:51

Carissimi, e' la prima volta che oso scrivere in questo forum, a causa della mia nota e confessata ignoranza musicale.
Mi piace l'Opera, la guardo e la ascolto costantemente, ma la mia preparazione culturale in questo campo e' davvero imbarazzante.
Fatta questa premessa, vorrei condividere le mie impressioni su "Una Sposa per lo Zar" vista ieri sera alla Scala.
Conoscevo solo la versione registrata al Bolshoi nel 1945 ed una versione, difficile da guardare ed ascoltare per la scarsa qualità, trovata su YouTube.
Di Tcherniakov ho visto solo la tanto discussa Traviata di quest'anno alla Scala.
Devo ammettere che ho trovato geniale l'allestimento di ieri sera, perché riesce ha sottolineare i temi fondamentali dell'Opera, rendendola al tempo stesso fruibile e piacevole da vedere e da ascoltare.
Nei grossolani limiti espressi sopra, ho apprezzato sia la direzione che i cantanti, particolarmente Marina Prudenskaya.
Al termine dello spettacolo, si sono sentiti unanimi applausi per i cantanti e per Barenboim, ma la comparsa di Tcherniakov ha diviso in due il teatro. I "buu!" si sono sovrapposti ai "bravo!".
Immagino che questo sia quello che il regista vuole ottenere, fare innovazione ma anche scalpore. E ci riesce sempre!
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Re: Sposa dello Zar alla Scala

Messaggioda michele cesareo » lun 03 mar 2014, 20:13

Caro Francesco,
come tu dici, l'immagine è un filtro potente: può far innamorare, creare, sedurre, distruggere...
Anche la parola, come da par tuo elaborata, ha la stessa forza , talvolta anche stravolgente...
Grazie per la tua recensione, accurata e di piacevole lettura. La farò oggetto di un ripetuto e più attento ed accurato approfondimento.
Lo merita ampiamente e mi aiuterà a vedere e capire il verso e il recto della medaglia.
Michele
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Re: Sposa dello Zar alla Scala

Messaggioda VGobbi » lun 03 mar 2014, 21:12

Anch'io ho avuto la fortuna di vedere questo spettacolo. Spettacolo, come ha già anticipato e descritto ottimamente da Francesco, semplicemente memorabile e con una sua logica, senza inutili forzature, come possono inevitabilmente generare nelle regie "contestualizzate".

Sul cast, ad una direzione davvero teutonica e poco consona allo spirito korsakoviano, ha fatto riscontro un cast eccellente. Bravissime le due primadonne, con una menzione con lode per chi interpretava Ljubasa. Pollice verso, sia vocalmente che scenograficamente (troppo esagerato nelle mosse, poco credibile e troppo gigione, quasi una macchietta) il Grigorij di Kranzle. Mi è piaciuto il Lykov di Cernoch, bravo nella romanza, di bell'aspetto fisico e di gradevolezza timbrica. Rugamer deludente quale anemico Bomelij, dove un eccellente caratterista avrebbe dato altro spessore a questo vitale personaggio. La Tomowa era palesemente alle corde, mentre Kotcherga, forse io sono di parte, mi ha fatto sobbalzare dalla sedia. Presenza scenica e voce più unica che rara che non possono lasciare indifferenti.

Piccola postilla. Ho avuto modo di rivedere Francesco, splendida persona e dotato di un acume che lascia stupefatti, frutto di un mente sempre aperta e scevra di pregiudizi. Inoltre per la prima volta, ho avuto l'onore di conoscere l'intrallazzatore per eccellenza, Mattioli. Un'istituzione alla Scala, visto che praticamente si è messo a parlare con tutti ... mi vengono in mente Giudici, Gatti, Lissner, Gavazzeni ... mentre stranamente ha ignorato Furlanetto, presente nello stesso bar in cui c'eravamo io è Francesco a sorbirci l'aperitivo (ma che il sottoscritto sciaguratamente ha fatto cadere il suo bicchiere con la consueta figura di b.e.e.p.).

Insomma, l'avete capito ... mi sono divertito un mondo e questo spettacolo merita assolutamente di essere visto!!!
Nemmeno noi siamo d'accordo con il gobbo, ma il gobbo è essenziale! Guai se non ci fosse!
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Re: Una Sposa per lo Zar

Messaggioda VGobbi » lun 03 mar 2014, 21:16

Grazie mille per le tue considerazioni, per inciso interessanti. Spiace solo di non esserci conosciuti dal vivo. Magari la prossima volta. :wink:
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Re: Sposa dello Zar alla Scala

Messaggioda DottorMalatesta » lun 03 mar 2014, 21:46

Premessa: caro Arturo62 mi sono permesso di fondere i due thread in uno solo per praticità ed "economia"!

Arturo62 ha scritto:Carissimi, e' la prima volta che oso scrivere in questo forum, a causa della mia nota e confessata ignoranza musicale.
Mi piace l'Opera, la guardo e la ascolto costantemente, ma la mia preparazione culturale in questo campo e' davvero imbarazzante.
Fatta questa premessa, vorrei condividere le mie impressioni su "Una Sposa per lo Zar" vista ieri sera alla Scala.
Conoscevo solo la versione registrata al Bolshoi nel 1945 ed una versione, difficile da guardare ed ascoltare per la scarsa qualità, trovata su YouTube.


Un caloroso BENVENUTO ad Arturo62!!! : Thumbup :
Grazie per aver voluto (ed osato : Sailor : ) condividere con noi le tue impressioni!
All'opera la preparazione culturale conta fino ad un certo punto, tutto il resto è quello che conta per davvero!!!

Di Tcherniakov ho visto solo la tanto discussa Traviata di quest'anno alla Scala.
Devo ammettere che ho trovato geniale l'allestimento di ieri sera, perché riesce ha sottolineare i temi fondamentali dell'Opera, rendendola al tempo stesso fruibile e piacevole da vedere e da ascoltare.


Sono molto d'accordo. E in fin dei conti si è trattato di uno spettacolo sempre estremamente "leggibile" e chiaro, non trovi?

Al termine dello spettacolo, si sono sentiti unanimi applausi per i cantanti e per Barenboim, ma la comparsa di Tcherniakov ha diviso in due il teatro. I "buu!" si sono sovrapposti ai "bravo!".
Immagino che questo sia quello che il regista vuole ottenere, fare innovazione ma anche scalpore. E ci riesce sempre!


Sai che noia, uno spettacolo tiepido tiepido che al massimo evoca qualche svogliato clap clap? A teatro si va per divertirsi, discutere, pensare!

: Thumbup :

VGobbi ha scritto:Grazie mille per le tue considerazioni, per inciso interessanti. Spiace solo di non esserci conosciuti dal vivo. Magari la prossima volta. :wink:


Non ci siamo conosciuti dal vivo, ma di certo, Arturo62, ci hai sentito: all'uscita di Kotscherga per gli applausi gli unici due buffoncelli : Nar : in tutta l'ampia sala del Piermarini a sgolarsi nel gridare "BRAVO!!!!" eravamo noi due (io con timbro da tenore contraltino, Vittorio con voce da autentico baritenore :mrgreen: !).

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P.S.: C'è una cosa più bella di andare all'Opera. Andare all'opera con gli amici!
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Re: Sposa dello Zar alla Scala

Messaggioda VGobbi » lun 03 mar 2014, 22:14

Davvero Francesco, abbiamo gridato senza vergogna per Kotcherga ... certo non pensavo di essere l'unico erede di Chris Merritt. :mrgreen:

Comunque ho notato che hai speso più fiato all'uscita di Tckerniakov ... e di certo non potevo lasciarti solo negli incitamenti! Non vorrei dire castronerie, ma pure Mattioli si è lanciato in acuti baritonali alla Domingo nell'elogiare il regista.

Arturo62, in che posizione eri al teatro?
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Re: Sposa dello Zar alla Scala

Messaggioda mattioli » lun 03 mar 2014, 23:52

Intervengo visto che sono tirato in ballo dal Gobbo, che definisce intrallazzi una normale attività di pubbliche relazioni, anzi proprio due chiacchiere con gli amici.
Non ho molto da aggiungere a quanto scritto dal Malatesta. Sarei semmai più generoso verso Barenboim, di cui si può discutere l'impianto generale della direzione, ma che ha cavato cose egregie da coro e orchestra. E, a parte tutto, alla fine il suo restare immobile per lunghi minuti al proscenio alzando la mano di Cerniakov (perché la Scala lo scrive alla tedesca? Mah...) sotto l'imperversare dei buuu! è un gesto di grande eleganza e di estrema civiltà, di cui sarebbero capaci pochissimi suoi colleghi.
Anche la compagnia mi è sembrata nel complesso assai buona, con due donne eccellenti, mentre mi sfugge la ragione del cameo della Tomowa-Sintow. Kranzle arriva stanco alla fine perché forza troppo all'inizio, ma credo non gli si possa negare una "presenza", scenica e vocale, impressionante, e in effetti Rugamer potrebbe cavare di più da Bomelij, che peraltro sembrava uguale a Renzi.
Inutile dire però che è la qualità eccelsa, interpretativa E TECNICA, dello spettacolo di Cerniakov che rende questa produzione una delle più belle di questi anni alla Scala. Secondo me, il modello di cosa dev'essere, OGGI, uno spettacolo operistico.
E qui veniamo alla dolente nota della serata. Perché a fischiare e contestare non c'erano i soliti quattro che buano qualsiasi cosa, tranne forse quelle che lo meritano: c'era almeno mezzo teatro, compresi molti della platea, che probabilmente avevano appreso dell'esistenza della "Sposa per lo zar" la sera stessa in cui l'hanno vista e, a giudicare dai commenti, non si erano dati nemmeno la pena di leggersene prima la trama. Aggiungo che la regia di Cerniakov era, per così dire, a prova di idiota, nel senso che il suo senso, passatemi il bisticcio, era chiarissimo ed evidentissimo e spiegatissimo (non così tutte le conseguenze che se ne possono trarre. Di questo spettacolo e dei temi che solleva potremmo parlare per settimane, che è APPUNTO la dimostrazione che è riuscito).
E allora cosa spinge la gente a buare? Mettiamo che fosse una minoranza (lo era), ma era una minoranza rumorosa. Io non credo né ai complotti né al fatto che si volesse ancora far pagare a Cerniakov la sua Traviata. Questo varrà semmai per il tribunale dell'Inquisizione del loggione, che una risata basterebbe a seppellire. No, la situazione è molto più preoccupante. E cioè che bisogna arrendersi all'evidenza che una parte del pubblico della Scala contesta A PRESCINDERE qualsiasi cosa esuli da quel che ha sempre visto. Ho sentito con le mie orecchie un povero vecchio dichiarare tutto felice che se lui vuol vedere dei video va al cinema, non a teatro. Ecco, sono motivazioni così, molto più semplici dei cabale, ma ahimè anche molto più preoccupanti.
Che fare? E' chiaro che per Pereira questo sarà un problema, anche perché cinque anni non sono passati invano ed esiste comunque un'altra fetta di pubblico, anche questa tutt'altro che residuale, che non è disposta a tornare a una dieta di Zeffirelli e Pier'Alli. Secondo me, ma non pretendo di avere la soluzione in tasca, l'unica soluzione è andare avanti così, disposti ad accettare i buuu! ogni volta che si presenta uno spettacolo del XXI secolo, quindi spero sempre. Il pubblico italiano sconta i vent'anni che ha perso rispetto al resto del mondo; ma storicamente è sempre stato un pubblico intelligente, capace di comprendere (e perfino talvolta precedere) le evoluzioni del gusto e le novità. Io credo che gli si debba dare fiducia. Certo che se alla Scala le prime iniziassero dalle seconde non avrei l'amaro in bocca di vedere contestato un capolavoro. E che mi impedisce per una volta anche di scherzare e cazzeggiare come al solito.
Beh, scusate la lenzuolata.
Ciao

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Re: Sposa dello Zar alla Scala

Messaggioda DottorMalatesta » mar 04 mar 2014, 10:47

L´aspetto più inquietante è il fatto che – e questo è un dato davvero inaspettato – la contestazione, che era in fin dei conti prevedibile per la Traviata inaugurale (opera appartenente ad un repertorio considerato inviolabile, almeno in certi ambienti), ha invece riguardato un´opera sconosciuta ai più e rappresentata per la prima volta alla Scala. Difficile capirne le motivazioni. Difficile capire perché all´opera una metà del pubblico vada in una direzione e una parte del pubblico decida di prendere l´autostrada in contromano. Eppure la strada non è a doppio senso di marcia.
E proprio perché la strada non è a doppio senso, ritengo che, pur se sommerso da una valanga di fischi e contestazioni, Cerniakov (adotto la grafia russa!), l´altra sera sia uscito vincitore dal confronto con il pubblico scaligero. Vincitore in una prospettiva estetica, storica, evolutiva ed umana.
L´altra sera si sono contrapposte due visioni radicalmente diverse di bellezza. La prima, quella del pubblico scaligero che ha contestato il regista, è l´idea di bellezza eterna, avulsa dalle problematicità della storia e della realtà. Una bellezza intesa come divinità gelosa, possessiva, che richiede un´adorazione acritica e totale, e non tollera altre concezioni estetiche. Un culto esteriore dell´immagine, idolatra, acritico, per un bello sempre uguale a se stesso. Un bello ideale, che vive nell´iperuranio delle idee, lontano dalle brutture, dalle sfide, dalle complessità della storia. Un vitello dorato al cui altare si comincia con il bruciare dei grandi d´incenso, e si rischia di finire col mettere al rogo chi contesta o mette a rischio quell´ideale estetico ormai sacralizzato (ricordate la regia di Katharina Wagner dei Meistersinger?). Un conformismo estetico che rischia di trasformarsi in fondamentalismo estetico. Dall´altra parte Cerniakov ha proposto una bellezza diversa, che nasce dalla storia, si radica in essa, e con essa continuamente dialoga. Alla bellezza semplificata, virtuale e patinata dei talk show televisivi, Cerniakov contrappone una bellezza problematica, complessa, specchio del reale. Una bellezza nella storia.
Già, la storia. L´altra sera si sono contrapposti anche due modi radicalmente diversi di intendere la storia. Da un lato una concezione circolare, ciclica della storia. Una storia che è eterno ritorno, continua metempsicosi di immagini cristallizzate in un bello ideale. Dall´altro lato una concezione lineare, evolutiva, darwiniana della storia. La storia concepita come una traiettoria, come un avanzamento, come una linea. Non si tratta di politica, né di filosofia. Non è “il sol dell´avvenire” che si contrappone all´uroboro, il serpente dell´eterno ritorno. La concezione lineare, dinamica, evolutiva è una concezione inevitabilmente vincente. Vincente in una prospettiva evolutiva, darwiniana. Nel bel libro “la scimmia nuda”, lo zoologo ed antropologo Desmond Morris scrive: “Lo scimmione nudo [l´uomo] è fondamentalmente una razza dedita all´esplorazione e qualunque società che non sia riuscita a progredire, in un certo senso ha fallito; è accaduto qualcosa che ha operato contro le tendenze naturali della specie che portano a esplorare e a investigare il mondo circostante”. Dal punto di vista neurobiologico (ontologico, verrebbe quasi da dire), l´uomo è un animale che esplora, che si è evoluto e continua ad evolversi grazie al continuo confronto con stimoli diversi che ne potenziano le capacità di adattamento e sviluppo, determinando un aumento dell´intelligenza e lo sviluppo di capacità cognitive che lo differenziano dagli altri primati. Del resto, le neuroscienze di base ci insegnano che un topolino rinchiuso in una gabbia priva di stimoli, al buio, in completo silenzio muore presto di inedia e apatia (esperimenti di deprivazione sensoriale), mentre il topolino sottoposto a continui stimoli cresce sano, forte, vincente. Un neonato sottoposto a deprivazione sensoriale svilupperà dei deficit cognitivi talora anche irreversibili. L´assenza di stimoli causa un deterioramento cognitivo precoce, un´atrofia cerebrale che ci fa scendere di un gradino nella scala evolutiva. In assenza di stimoli ritorniamo ad essere scimmie.
Ecco perché, in una prospettiva storico-evolutiva e neurobiologica, Cerniakov è un vincente. Non si tratta di rifiutare la tradizione. Si tratta di rinnovarla, di farla dialogare con il presente e con il futuro. È un problema di linguaggio, non di contenuti. Se non evolve, la tradizione rischia di mettersi da sola in un vicolo cieco. Un vicolo cieco evolutivo (come alcune popolazioni “primitive” aborigene vissute in isolamento per migliaia di anni) che ne impedirà la progressione, lo sviluppo.
Opporsi all´evoluzione per paura del nuovo, per attaccamento ad un´estetica consolidata e quindi rassicurante, bloccandosi in un conformismo estetico che diventa anestesia, è un atteggiamento perdente. La paura blocca. La curiosità fa progredire.

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Re: Sposa dello Zar alla Scala

Messaggioda mattioli » mar 04 mar 2014, 11:49

Beh, l'analisi è raffinata, al solito. Perfino troppo per fenomeni alla fine abbastanza banali quando non semplicemente idioti.
Io cercavo di porre un'altra questione. Posto che succede questo per le ragioni che sappiamo e cui Malatesta ha svelato lo sfondo, diciamo così, "culturale", la domanda da porsi è cosa deve fare il teatro. Perché possiamo deplorare questo atteggiamento, ma resta un dato di cronaca, che fatalmente influenza il rapporto della Scala con la città, con i media, con gli sponsor, con il potere politico. Meno di quel che pensa o forse spera la parte organizzata della contestazione (molto minoritaria e residuale, a mio modo di vedere - però è chiaro che è difficile appurarlo con certezza) ma certamente sì. Basta leggere la rassegna stampa.
Un teatro non può prescindere dal rapporto con il suo pubblico, e il pubblico della Scala è anche (non solo: anche) questo. Giocoforza quindi ammettere, primo, che sette-otto anni in cui si è cercato di far vedere a Milano quel che succede nel resto del mondo non sono serviti a cambiare questo pubblico, quindi evidentemente si è sbagliato qualcosa; secondo, che la nuova gestione dovrà porsi il problema. E non mi sembra che la soluzione sia facile, perché di certo non si può tornare indietro, ma farsi sistematicamente buare a ogni prima ha dei costi in termini di immagine.
Ammetto di essere perplesso. Il problema mi sembra insolubile, anche perché Lissner non ha cercato di fare una rivoluzione modello tutto e subito, ma ha cercato di agire con gradualità (e infatti ci è toccata anche l'incredibile e indicibile Aida di Zeffirelli).
Boh.

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Re: Sposa dello Zar alla Scala

Messaggioda DottorMalatesta » mar 04 mar 2014, 12:27

mattioli ha scritto:Beh, l'analisi è raffinata, al solito. Perfino troppo per fenomeni alla fine abbastanza banali quando non semplicemente idioti.


In effetti l´australopiteco, rispetto all´homo sapiens sapiens, era un idiota :mrgreen:

E non mi sembra che la soluzione sia possibile, perché di certo non si può tornare indietro, ma farsi sistematicamente buare a ogni prima ha dei costi in termini di immagine.


Sono d´accordo. E c´è un altro aspetto da considerare. Quello della "fuga dei cervelli" verso aree culturali meno ... sottosviluppate :mrgreen: . Come hai notato, Cerniakov è stato di fatto trascinato a forza sul proscenio al momento degli applausi. Ho come l´impressione che in futuro non metterà piede volentieri alla Scala.

Ammetto di essere perplesso. Il problema mi sembra insolubile, anche perché Lissner non ha cercato di fare una rivoluzione modello tutto e subito, ma ha cercato di agire con gradualità (e infatti ci è toccata anche l'incredibile e indicibile Aida di Zeffirelli).


Poco sopra scrivevi:

Che fare? E' chiaro che per Pereira questo sarà un problema, anche perché cinque anni non sono passati invano ed esiste comunque un'altra fetta di pubblico, anche questa tutt'altro che residuale, che non è disposta a tornare a una dieta di Zeffirelli e Pier'Alli. Secondo me, ma non pretendo di avere la soluzione in tasca, l'unica soluzione è andare avanti così, disposti ad accettare i buuu! ogni volta che si presenta uno spettacolo del XXI secolo, quindi spero sempre. Il pubblico italiano sconta i vent'anni che ha perso rispetto al resto del mondo; ma storicamente è sempre stato un pubblico intelligente, capace di comprendere (e perfino talvolta precedere) le evoluzioni del gusto e le novità. Io credo che gli si debba dare fiducia.


Ancora una volta sono d´accordo. Sia chiaro: è necessario, doveroso, benefico continuare a produrre spettacoli „illustrativi“. Ma un conto è una pacchianata Gardaland-style come l´Aida di Zeffirelli, un conto sono Les Troyens di McVicar. Il problema non è consegnare la programmazione scaligera ad esponenti del teatro di regia più spinto e radicale. Il problema è “rimuovere” le “zavorre evolutive” e al contempo proporre spettacoli in cui la tradizione possa dialogare con la storia e con il presente. Il modello "bastone e carota" non ha portato grandi frutti. Forse il modello "cesoia" potrebbe essere preferibile (come sa il contadino, il ramo che non porta frutto viene potato così potrà tornare a fruttificare). E´inevitabile, lo sappiamo tutti, che l´evoluzione, la storia non si possono fermare. Sappiamo qual è il modello evolutivo "vicente". Ma rimane il rischio che la Scala resti un "isolato culturale" e che, il pubblico "intelligente, capace di comprendere (e perfino talvolta precedere) le evoluzioni del gusto e le novità", a furia di vivere in una costante deprivazione sensoriale, regredisca a orangotago.

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Re: Sposa dello Zar alla Scala

Messaggioda Arturo62 » mar 04 mar 2014, 23:10

Grazie davvero per il caloroso benvenuto! :D
Si, lo spettacolo era davvero "leggibile" e chiaro, anche per un pubblico non preparato. Ed il merito é del regista, visto che l'opera non é fra le più semplici (ricordatevi sempre dei miei standard, molto bassi). Peccato che così non sia stato, principalmente per la incapacità di apprezzare la novità, visto che capirla era davvero facile.
Anche io ho colto diversi commenti, in coda al guardaroba, del tipo "non é uno spettacolo da Scala". Il personaggio era il tipico da cui ci si poteva aspettare un commento simile, piuttosto diffuso nel nostro teatro :(
Comunque, sono assolutamente d'accordo che la discussione é sempre costruttiva e piacevole, sarebbe noioso un plauso unanime!
Ero seduto in platea fila R a destra. Nel nostro gruppo, familiare, di 6 persone erano presenti mia figlia di 22 anni ed una sua amica. Anche loro appassionate ma non esperte. Entrambe hanno apprezzato come e forse più di me lo spettacolo ed hanno contribuito a gran voce ai "bravo!" diretti al regista.
Mia figlia ha giustamente sottolineato come per tanti dei presenti la scena iniziale della chat potesse non essere intellegibile, tanto più se non avevano letto almeno la trama. Allo stesso modo, l'utilizzazione dei video a teatro diventa facilmente incomprensibile. Verosimilmente, il pubblico degli under 30 avrebbe reagito diversamente, più attento alla reale bellezza dello spettacolo che ai pregiudizi.
In accordo con quanto scritto sopra, sarebbe utile uno sforzo ulteriore per avvicinare i giovani all'Opera, affiancati e sostenuti dai meno giovani anagraficamente, ma sempre giovani di mente : WohoW : E su questo punto la direzione artistica potrebbe lavorare...
Infine, sono molto contento di aver letto una citazione da "La Scimmia Nuda". Ho sempre immaginato che fosse stato letto da due persone, ma non avevo idea di chi fosse la seconda ;)
Spero di incontrarvi, la prossima volta. pbagnoli mi conosce bene : Chessygrin :
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Re: Sposa dello Zar alla Scala

Messaggioda DottorMalatesta » mer 05 mar 2014, 10:24

Arturo62 ha scritto:
Si, lo spettacolo era davvero "leggibile" e chiaro, anche per un pubblico non preparato. Ed il merito é del regista, visto che l'opera non é fra le più semplici (ricordatevi sempre dei miei standard, molto bassi).


Uno che ha letto "La scimmia nuda" NON HA degli standard bassi! : Sailor :

Arturo62 ha scritto:Mia figlia ha giustamente sottolineato come per tanti dei presenti la scena iniziale della chat potesse non essere intellegibile, tanto più se non avevano letto almeno la trama. Allo stesso modo, l'utilizzazione dei video a teatro diventa facilmente incomprensibile.


Trovi davvero che fosse difficilmente leggibile?
Voglio dire oggi chiunque abbia un computer ha almeno una minima idea di cosa sia una mail o un social network o una chat...

Quanto all´assistere a un´opera senza aver letto almeno la trama... Qui bisogna intendersi. Personalmente ritengo che l´opera non sia (più) un divertimento per borghesi snob, un modo per sviare (de-vertere) l´attenzione dalle complessitá e dalle sfide del reale. Al contrario, l´opera è sempre più (ma in fondo lo è sempre stata) specchio della realtá, delle sue inquietudini, dei suoi problemi… Sapere cosa si va a vedere è a mio modo di vedere una premessa indispensabile per poter formare un giudizio consapevole su quanto si va a vedere. Se uno contesta senza aver capito o è un cretino o è andato all´opera pensando di andare al Luna Park.

Arturo62 ha scritto:In accordo con quanto scritto sopra, sarebbe utile uno sforzo ulteriore per avvicinare i giovani all'Opera, affiancati e sostenuti dai meno giovani anagraficamente, ma sempre giovani di mente : WohoW : E su questo punto la direzione artistica potrebbe lavorare...


Età anagrafica non è sinonimo di età mentale, hai detto bene! La cosa inquietante è constatare che spesso i più chiusi al nuovo, all´opera, sono proprio i giovani!!! Comunque la tua "ricetta" mi piace!!!

Infine, sono molto contento di aver letto una citazione da "La Scimmia Nuda". Ho sempre immaginato che fosse stato letto da due persone, ma non avevo idea di chi fosse la seconda


Un libro bellissimo e, a suo modo, divertentissimo!
8)

A presto!!!

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Re: Sposa dello Zar alla Scala

Messaggioda vivelaboheme » gio 06 mar 2014, 3:10

Adesso è tardi e me ne vado a nanna, ma... vista stasera e bisogna pur che dica il minimo: troppe volte si fa tanta, vuota retorica sul "ruolo" o i presunti primati di un teatro quale la Scala. Ecco, qui invece non c'è retorica, qui c'è il dato di fatto: questa SENSAZIONALE messa in scena complessiva - l'incredibile, capillare direzione di Barenboim, lo spettacolo di Cerniakov tripudiante di intelligenza, e l'una perfettamente integrata all'altro (e nel cast due protagoniste femminili da antologia) - hanno, sì, la fisionomia di una realizzazione da primo teatro lirico del mondo. Il livello è quello. Mi fermo qui, poi se mi viene dico altro. Ma era giusto dirlo subito dopo averlo visto e ascoltato: è spettacolo di una bellezza, e grandezza, sconvolgenti.

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Re: Sposa dello Zar alla Scala

Messaggioda Alberich » gio 06 mar 2014, 10:42

DottorMalatesta ha scritto:Trovi davvero che fosse difficilmente leggibile?
Voglio dire oggi chiunque abbia un computer ha almeno una minima idea di cosa sia una mail o un social network o una chat...


Premesso che non ho visto lo spettacolo, basta aver visto uno o due film negli ultimi 30 anni per sapere cos'è una chat...almeno dai tempi di Jumpin' Jack Flash del 1986
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