La traviata - Teatro alla Scala 2013

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Re: La traviata - Teatro alla Scala 2013

Messaggioda vivelaboheme » lun 06 gen 2014, 16:23

Riporto qui questa riflessione: Opera Disc è stato, nell'occasione, forse il solo forum sul quale, nell'occasione, la discussione sia stata tal quale l'allestimento meritava, per essere amato, o discusso così come sempre si deve, ma al livello che gli era dovuto.

... e così se ne va, in gran parte non capita, una Traviata, per molti aspetti (direzione, protagonista, regia) storica. Spettacolo che ha fatto testo più sulla stampa estera che nella autodistruittività nazionale, ma di cui la Scala può andare giustamente orgogliosa.
Io non credo ascolterò più, nella vita, un Addio del Passato quale quattro volte ho ascoltato durante queste repliche. E, dopo la Dessay di Aix-En-Provence (che alla Scala avrebbero fatto passare per deficiente, laddove era immnesa) la Damrau di Milano è la seconda, grande Violetta di questi tempi. Non ascolterò più una lettura di profondità pari a quella data da Gatti, grazie a scelte di tempi ed espressione tutte legate al testo e al dramma. Vivrò, invece, altre messe in scena altrttanto valide che questa, spero altrettanto stimolanti nella ricerca non di un nuovo fine a se stesso (non c'è scandalo, se non nella testa di certo pubblico, in questo allestimento di Tcherniakov) ma di ciò che Traviata ha da dire, a me, oggi e domani (non ieri). Cero non facilmente vivrò momenti di teatro musicale intensi quali l'arrivo di Alfredo all'ultimo atto di questa Traviata: Annina girata verso di lui e Violetta girata all'opposto, l'annuncio dato mentre lui è già lì ma lei non lo vede ancora: momento grandioso dello spettacolo di Tcherniakov.

E così se ne andrà Lissner, in gran parte non capito nel tentativo di portare la Scala fuori da un provinciale narcisismo faidaté in cui certa milanesità ama cruogiolarsi, credendosi il centro del mondo (poi uno mette il naso fuori, e si accorge che così non è: Lissner veniva da fuori, lo sa, e ha provato a far aprire gli occhi ai locali, forse invano, forse - ai posteri - no).

E così arriva Chailly (non si capisce bene in base a quali meriti operistici acquisiti in anni recenti) e ci vengono annunciati i grandi ritorni di un ottantacinquenne parecchio fischiato negli ultimi anni (e non senza ragioni), di un ottantenne eccelso ma malato grave, di un grande direttore un po' invecchiato. Queste le prime grandi novità annunciate dalla nuova gestione. Auguroni.

Io penso rimpiangeremo questa Traviata, e il Tristano Cherau-Barenboim, e il Lohengrin Kaufman-Guth, e Salonen-Janacek, e Lulu-Wozzeck-Gatti, e Idomeneo-Harding, e Carmen-Buniatishvili-Dante Barenboim, e in genere il Wagner-Barenboim. E il Grimes Jones-Ticciati. E le direzioni di Harding in svariati reperetorii. E il ritorno (vero, avvenuto) di Claudio Abbado. E l'apertura a registi (Tcherniakov, Jones, Carsen, quest'anno McVicar, la Warner, Michieletto) che sono patrimonio europeo e mondiale anche se una certa prosopopea locale tende a farli passare per mentecatti

Altre cose - più che in gestione di rapporti che in scelte artistiche - non saranno rimpiante. L'abilissimo Pereira, in questo, è forse più "uomo di mondo" rispetto ad un Lissner che - esempio - di fronte alle continue tendnziosità e denigrazioni di un critico villanzone, ha detto no, a costo di mettersi contro certi poteri forti milanesi. Certo, serviva più "miele". Spero che il barattolo di Pereira (grandioso anche nel CORAGGIO delle scelte, negli anni trascorsi a Zurigo e nelle scelte inziali operate a Salisburgo, ma un po' "calato" in quest'ultimo anno salisburghese: il festival 2014 non pare . a quel livello, ovviamente! - fra i più stimolanti) non si svuoti di miele, per mancanza di quel coraggio che a Zurigo dimostrò, in acquiescenza alle conventicole milanesi notoriamente afflitte da provincialismo unito alla prosopopea, completamente fuori dal tempo, di "Milano e poi più": che non è tale (neanche in tempi di Expo) né lo è mai stata. Le prime sortite verbali sono parse più che altro astute. Spero prevalgano il Pereira e il Chailly-organizzatore "aperti" di mente. E mi auguro che il Chailly-direttore (ultimamente più mediatico che artista in parecchi esiti locali piuttosto "routinier") trovi nuovo smalto dalla nomina. Ma l'ambiente - da via Solferino alle sciurette ai cumenda ai massoni a certo loggione - resta quel che è.
Io penso che a Monaco, a Parigi., a Vienna, ad Aix, ad Amsterdam, a Berlino, a Londra, questa Traviata - a mio avviso memorabile - avrebbe avuto accoglienza diversa.
Ma, qui, siamo (o molti sono) fatti così.

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Re: La traviata - Teatro alla Scala 2013

Messaggioda DottorMalatesta » mar 07 gen 2014, 10:11

vivelaboheme ha scritto:Riporto qui questa riflessione: Opera Disc è stato, nell'occasione, forse il solo forum sul quale, nell'occasione, la discussione sia stata tal quale l'allestimento meritava, per essere amato, o discusso così come sempre si deve, ma al livello che gli era dovuto.


Devo concordare :mrgreen:

E così se ne andrà Lissner, in gran parte non capito nel tentativo di portare la Scala fuori da un provinciale narcisismo faidaté in cui certa milanesità ama cruogiolarsi, credendosi il centro del mondo (poi uno mette il naso fuori, e si accorge che così non è: Lissner veniva da fuori, lo sa, e ha provato a far aprire gli occhi ai locali, forse invano, forse - ai posteri - no).


Io, per ragioni anagrafiche, l´unica Scala che ho vissuto è stata quella della gestione Lissner. Criticabile (e criticata, soprattutto qui su OD) per molti aspetti, in primis per il suo “tempore”, per il timore di osare di più. Ma, e certamente Marco ha ragione, gli ambienti milanesi non devono essere i più facili né i più all´avanguardia. E allora va dato atto a Lissner di aver iniziato un processo di “svecchiamento” (soprattutto registico), aprendo la finestra in una stanza chiusa da troppo tempo e che sapeva di stantio. All´attivo di Lissner restano due o tre spettacoli veramente importanti e destinati a diventare “grandi classici” (Tristan, Peter Grimes, Lohengrin, Traviata).
Confidiamo in Pereira…

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Re: La traviata - Teatro alla Scala 2013

Messaggioda Maugham » mer 08 gen 2014, 13:21

vivelaboheme ha scritto:E così se ne andrà Lissner, in gran parte non capito nel tentativo di portare la Scala fuori da un provinciale narcisismo faidaté in cui certa milanesità ama cruogiolarsi, credendosi il centro del mondo (poi uno mette il naso fuori, e si accorge che così non è: Lissner veniva da fuori, lo sa, e ha provato a far aprire gli occhi ai locali, forse invano, forse - ai posteri - no).


Non lo so, forse hai ragione, Lissner non sarà stato capito... ma per me lui l'ha capita benissimo. :lol:
Io mi baso su quello che ho letto nelle interviste.
Un Sovrintendente che si lamenta delle difficoltà a dialogare con i sindacati (vero, verissimo, ma è compreso nel prezzo, no?), un Sovrintendente che si lamenta di avere le mani legate da un pubblico principalmente composto di tradizionalisti facinorosi (non del tutto vero, ma comunque anche questo è compreso nel prezzo, no?), un Sovrintendente che sbandiera un pareggio di bilancio quando poi, fonte Repubblica, salta fuori che invece c'è un buco multimilionario ripianato dal Comune e dalla Regione...
Ovviamente capisco le difficoltà, però, cerchiamo di essere obiettivi.
Se vai a sciare non puoi lamentarti che fa freddo. Altrimenti diventi come il nostro ex premier che... non lo lasciavano lavorare... :lol: :lol: :lol:
Guth, McVicar, Jones, Michieletto, Tcherniakov... vero. Prima non c'erano.
Devo però dire che non ci vuole poi chissà quale sapienza per chiamare dei pezzi da novanta quando sono... già pezzi da novanta. 8)
Senza perderci nel paragone, bastava leggere OD e noi parlavamo di questi personaggi ormai da diversi anni. Addirittura li avevamo già digeriti.
Il difficile, Marco, secondo me non sta nell'ospitarli, ma nello scoprirli.
Mortier è stato un genio quando ha recuperato da Novosibirsk l'allestimento dell'Onegin firmato da questo giovane russo. E gli ha fatto inaugurare l'Opéra!
Chiamarlo dopo cinque anni e dopo che mezzo mondo lo acclama e se lo contende è facile.
A Glyndebourne sono stati dei geni quando hanno affidato a McVicar il Giulio Cesare.
Chiamarlo dopo sette anni, quando ha inaugurato il Met, sbancato al Covent Garden, quando si è trasformato in una sorta di Ridley Scott dell'Opera capace di gestire megaproduzioni è facile. Basta un telefono che funzioni e un buon conto corrente. :D
Difficile è capire chi sarà il Cerniakov o il McVicar di domani.
Chiamare Salonen e Pappano è facile.
Lo sappiamo fare anche io e te.
Difficile è capire chi sarà il Salonen di domani.
Quello forse non lo sappiamo fare.
Ma un direttore artistico DEVE saperlo fare. Specie in un teatro come la Scala.
Sei davvero sicuro che con il Verdi di Leo Nucci, Alvarez e Grigolo e le Aide Zeffirelli 1 e 2 e i Don Carli sghembi e i Villazon a fine corsa abbia traghettato fuori dal cortile la Scala?
Davvero?
Secondo me si è trattato di un Sovrintendente di mestiere, che ha alternato cose eccellenti ad altre solo decorose (alcune indecenti), senza particolare fantasia e senza imprimere davvero una svolta al nostro principale teatro.
Ma forse non l'ho capito.

Grazie sempre per le tue cronache operistiche.


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Re: La traviata - Teatro alla Scala 2013

Messaggioda DottorMalatesta » mer 08 gen 2014, 14:21

Oggi che è tornato il Divino possiamo festeggiare l´epifania!!!!
:lol: 8)

Non conosco molto delle pregresse gestioni di Lissner ad Aix e allo Chatelet. Non so quindi se allora fosse un vero "talent scout" e si sia "seduto" arrivando a Milano...

Oro, incenso e birra al Divino!

DM

P.S.: un tuo commento telegrafico su questa Traviata? :roll:
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Re: La traviata - Teatro alla Scala 2013

Messaggioda vivelaboheme » gio 09 gen 2014, 4:47

Ricordate il caso di Candide di Bernstein by Carsen che Lissner intendeva "fare adattare" per la Scala perché lo spettacolo qui non sarebbe "passato" (che barba questa storia del "qui", alla Scala "non passa"!La sindrome del Tempio) così come era andato in scena a Parigi? O lo scandaletto milanese (<ma ci sarà il nuuudooo?>) per l'Alcina su regia del medesimo Carsen? Ecco, io sto ancora domandandomi, dopo averla vista quattro volte, cosa avesse di scandaloso questa Traviata firmata da Tcherniakov (semmai concordo con chi, qui, riconoscendola come uno dei suoi allestimenti più lineari, ha scritto che avrebbe potuto "rischiare", ma - e ci risiamo - alla Scala e a Milano "non si può": e va a sapere perché non si deve potere...)
L'ambientino che orbita attorno alla Scala (stampa "influente" compresa, purtroppo) non è molto lontano da quelle frange di pubblico per le quali "ma chi è questo Tcherniakov? Un velleitario, in fondo cosa ha fatto fino adesso?". Questo è, più o meno, lo standard locale: "Traviata velleitaria" ha scritto il cosiddetto primo quotidiano milanese. All'ultima replica, in prima galleria, ho colto una signora al cellulare ad alta voce (come si usa a Milano) all'intervallo: <Ah, saaaaì loro canterebbero anche benino ma lo spettacolo è proprio l'ultimo regalo di Lissner prima che se ne vada!>. L'ambientino nel suo complesso, è questo, non andiamo lontano... Giovani direttori? Vogliamo fare l'elenco dei direttori giovani (anche di molto valore) maltrattati in loco in questi anni?
Ecco farò un esempio. Ancora di recente, qui su OD, in coincidenza con l'annunciato ritiro di Natalie Dessay, si è (giustamente) ricelebrata la sua sconvolgente Traviata di Aix (decisamente più "scandalosa", nella rivoluzionaria grandezza di realizzazione del personaggio, rispetto alla pur ottima Damrau). Proviamo a domandarci: come sarebbe stata accolta, in un 7 dicembre alla Scala, quella epocale (per me lo è) Violetta di Natalie Dessay? io non penso di sbagliare se dico: ad improperi, con scandalo appunto, con strali del giornalone e intervista a Zeffy furente per reato di leso Verdi. L'ambientino è questo, non dimentichiamolo quando rimproveriamo ad un Lissner di avere avuto, in certi casi.... metà coraggio. Ecco, semmai, rimprovererei, a livello di comunicazione e di immagine del Teatro, un eccesso di cautela e una comunicativa incompleta: quando il sovrintendente-direttore artistico della Scala comunica che si darà una Traviata firmata da un Tcherniakov, la deve presentare annunciando senza mezze parole che è stato scelto per Milano e la Scala uno dei massimi registi d'opera viventi, attivo in tutto il mondo, (mondo che non inizia e non finisce a Milano, come molti "indigeni" pensano!). Mettendo in chiaro che l'ignorante è colui (coloro) che si chiedono chi sia "questo velleitario". Ecco in questi casi, sì, avrei voluto un Lissner ancora più arrogante, a fronte della prepotenza di quella parte d'ambiente che "non sa" e crede di sapere. Sia o no piaciuto l'esito scenico della Carmen di Emma Dante (a me piacque assai), forse la scelta più coraggiosa (Rachvelishvili compresa, un successo) di Lissner, anche in quel caso, la proposta sarebbe stata da sostenere, in sede di comunicazione, con più forza ancora! Ovvero: vi sto portando una regista che, nella messa in scena, sta dicendo cose nuove, non una pazza velleitaria, ma una che è riconosciuta come una delle voci recenti più forti del nostro teatro di prosa. E' la Scala che deve farsi forte, non subìre ciò che certa stampa generalista (o altri, che non sanno) blaterano. Paolo Grassi era formidabile, in questo: vi sto dando il meglio!
Ora Pereira (vecchia volpe) si è presentato "dribblando" il preannunciato ma "difficile" Gatti (direttore che induce a "pensare", come giustamente sortiva dal bel testo di Malatesta su Traviata) con il più "pop" (viva Verdi! Bollani, facciamo tutti gli anni la Nona e il Requiem ecc) Chailly e annunciando i ritorni di un direttore ottantacinquenne forse un po' avanti di cottura, di un ottantenne eccelso (e appena tornato, grazie a Lissner) ma ora di nuovo ammalato, di un settantatreenne (o giù di lì) che "fa scena" nominare, così il giornalone sta buono. Mi auguro che, nei fatti, le scelte siano meno "scenose" e più incisive. Ma, alla Scala e a Milano, credimi Maugham, non è facile. Hai nominato Salonen: tu sai chi sia e cosa significhi, oggi, nell'evoluzione della direzione d'orchestra, un Esa-Pekka Salonen. Ma (ancorché sia ormai ultracinquantenne e diriga la forse prima orchestra sinfonica del Mondo, o una delle...) non dare per scontato che a Milano "sappiano". Quando venne per Janacek, nel periodo delle prove di Da Una Casa di Morti, i miei occhi sbarrati e le mie orecchie irrigidite dallo sgomento, dovettero vedere e ascoltare un orchestrale milanese che se ne usciva con: <Ma è così famoso? A me non dice molto>. Sài quanti, a Milano e alla Scala, ancora diranno - la vigilia della prima di Elektra - <ma questo Salonen è proprio un direttore "da Scala"? Non era meglio se la dirigeva Muti o Chailly?>


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Re: La traviata - Teatro alla Scala 2013

Messaggioda DottorMalatesta » gio 09 gen 2014, 11:14

Che la Scala sia un covo di vipere è cosa (forse) nota. Quantomeno verosimile. Il problema è che, forse più di altri teatri, la Scala è caratterizzata dall´estrema eterogeneitá del pubblico in termini di etá, generazioni, ceto e classe sociale, gusto, competenza, motivazione, grado di apertura mentale, etc. No, non dev´essere facile fare il direttore artistico della Scala.
Se ti presenti con l´aria di quello che dice “adesso vi faccio vedere io. Voglio portare la Scala alla pari degli altri grandi teatri del mondo” ti ritrovi i fucili puntati da parte di chi 1. è giá convinto che la Scala sia il piú grande teatro del mondo 2. pensa che se uno vuole vedere qualcosa di diverso libero di andarsene altrove 3. è convinto che dal momento che l´opera è nata in Italia la Scala deve essere custode dell´aurea tradizione che ha fatto grande l´Italia nel mondo. Ora, con queste premesse non si va molto lontano. Per cui dubito che l´atteggiamento da evangelizzatore di un direttore artistico pronto ad usare la mannaia per imporre un cambio drastico alla programmazione sia realmente risolutivo e conveniente. Anche perché non penso si possa eliminare metá del pubblico pagante. Senza considerare i condizionamenti diretti o indiretti che pesano sulla gestione artistica del teatro milanese. La Scala riceve dei finanziamenti pubblici e quindi è soggetta al politico di turno (si veda lo scandalo o presunto tale del Berlusconi in mutande nel geniale Candide di Bernstein/Carsen). La Scala poi è (volenti o nolenti) il più famoso teatro italiano. Quindi come si fa a non chiamare i “grandi” (o sedicenti tali) cantanti italiani (tanto per dire, Nucci) o i grandi registi (tanto per dire, Vizioli)? Come si fa a non allestire Rigoletto-Trovatore-Traviata? E naturalmente in ossequio alla tradizione registica italiana. E poi vaglielo tu a spiegare che Traviata o la fai ambientata al giorno d´oggi o commetti un verdicidio (idem se Rigoletto lo ambienti in una paludata corte settecentesca)… Per non parlare delle limitazioni economiche.
E allora? Meglio un atteggiamento tipo carota e bastone? In fin dei conti questa è stata la linea Lissner. Ossia proporre degli spettacoli (orrendi) di titoli “tradizionali” (unica eccezione la Traviata di quest´anno e il ballo di Michieletto, e guardate come sono stati recepiti) per tenere buono il pubblico dei Pizzi e Merletti, provando ad osare qualcosina di piú su titoli estranei al grande repertorio italiano. Ma qui Lissner doveva fare di piú, e mi spiace ma davvero non ci sono scuse. Perché chiamare un regista mediocre come Cassiers (autore di un orrido Fliegende Holländer alla Monnaie) per il Ring? Io, che non sono un talent scout e non so fare il direttore artistico, avrei comunque, nei panni di Lissner, alzato la cornetta e chiamato Herheim senza nemmeno pensarci (soprattutto avendo visto, anche solo in TV, l´Olandese di Cassiers). Perché proporre ad un regista ammuffito come Wilson la trilogia monteverdiana? Perché lo scempio del Fliegende Holländer visto la scorsa stagione? Significa non avere una chiara idea del valore delle persone.
Sul grande repertorio di tradizione italiana alla Scala davvero non saprei come uscirne vivo. Se provi un´innovazione registica vieni fucilato. Se provi a chiamare Minkowski ti senti rispondere “Minko chi?”. Se provi a chiamare la Dessay quella, giustamente, si rifiuta perché non ha nessuna intenzione di finire sepolta sotto metri di polvere in un allestimento di Zeffirelli (né sepolta sotto valanghe di fischi che riceverebbe solo a Milano). Mi sembra un cortocircuito. Una vicolo chiuso dal quale è difficile uscire. Certo, puoi provare a riprendere uno spettacolo tradizionalissimo ma molto curato come la Lucia della Zimmermann (ma se poi lo affidi ad un cast come quello che sentiremo prossimamente a Milano che senso ha?). Oppure puoi provare a mettere in scena Verdi o Puccini con la perfezione cinematografica vista nell´Oneguin inaugurale del Met. Certo, montare uno spettacolo tradizionale di Puccini o Verdi con la fotografia, il montaggio, la recitazione al livello della serie televisiva Downton Abbey sarebbe interessantissimo. Ma… avrebbe senso? Ha senso (e soprattutto è fattibile) in uno spettacolo operistico “tradizionale” rincorrere la perfezione del cinema? Non è una partita persa in partenza? Non ha piú senso cercare nuove vie anche nella realizzazione delle opere del grande repertorio?

Mah….

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Re: La traviata - Teatro alla Scala 2013

Messaggioda Maugham » gio 09 gen 2014, 12:22

Cari Vivalaboheme e Malatesta,
capisco benissimo i vostri punti di vista.
Come capisco benissimo quanto sia facile tagliare e cucire le stagioni dietro a un monitor del PC. :lol:
Che Lissner avesse di fronte un periodo difficile in un teatro difficile in un paese stritolato da una contingenza economica difficile nessuno lo mette in discussione.
Lo sapeva quando ha firmato il primo mandato.
Io mi permettevo solo di riflettere sulla frase di Marco "Lissner non è stato capito".
Frase che esplicitamente libera Lissner da qualsiasi responsabilità di una gestione artistica interlocutoria scaricandola, di fatto, sul pubblico.
Ma il pubblico, i sindacati, la burocrazia, i costi fissi "sono" parte del Teatro alla Scala!
Non sono "cose" capitate per caso come un'inondazione o un lampadario che cade... Lissner le conosceva.
Se come direttore ti lasci condizionare da questi elementi e, ancora peggio, li additi come responsabili del tuo "vorrei-ma-non-posso" i casi sono due:
a) hai sbagliato mestiere.
b) se non mestiere hai sbagliato teatro.
Non vedo altre strade. :D

P.S.: un tuo commento telegrafico su questa Traviata? :roll:


Devo proprio? Cerniakov sottotono (imparagonabile ai capolavori come Kitezh, Carmelitane e Simone e DG e vicino all'Antoniozzi bolognese), Gatti tolto qualche momento al second'atto ha diretto con mano pesante e scelte ritmiche incoerenti, Damrau brava (issima nell'Addio del passato, ma, lo sappiamo, è il punto più "facile" dell'opera), ottimo Lucic e, per me, eccessivamente calpestato Beczala. Quando ho visto l'occhio di bue su Violetta al "perché venni, incauta" per sottolineare che lei parla da sola (roba che non la fa più neanche il prete alla recita della parrocchia) la voglia di alzarmi e prendere l'uscio è stata forte.
Sapete quanto sia allergico ai complottismi e ai retropensieri, ma, vedendo il risultato, comincio davvero a credere -come mi hanno riferito- che Cerniacov avesse un'altra idea registica, idea che, sottoposta al vaglio delle menti pensanti e dei consigli di amministrazione, sia stata bocciata o anche solo rivista e smussata.
Una cosa però mi è piaciuta. E in questo la penso (e anche in altro) come l'amico Beckmesser.
Questa è stata la Traviata più antiempatica cui abbia assistito.
Non parteggiavi nè provavi alcun coinvolgimento nei confronti di nessuno. Tutti e tre i protagonisti (Violetta in testa) erano persone superficiali, grette e meschine.
Lì lo zampino di Cerniakov lo si è visto, eccome! Altro che Traviata tradizionale....

OD è sempre il posto operistico più bello che c'è... :D
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Re: La traviata - Teatro alla Scala 2013

Messaggioda beckmesser » gio 09 gen 2014, 16:26

Se proprio dovessi fare un bilancio della gestione Lissner, non potrei non notare che ha ottenuto risultati memorabili solo quando è andato sull’usato-sicuro: i due Chéreau, Salonen, Kaufmann (in ruoli stracollaudati), la Meier (idem), Carsen, Jones… Tutta roba che, come diceva Maugham, tutti noi (per non andare troppo lontano) avremmo buttato giù se ci fossimo messi a giocare al fantaopera…

Tutte le volte che Lissner ha provato a fare il talent-scout, i risultati sono stati modestini. Tanto per restare al caso Carmen/Dante, il nocciolo non è tanto discutere perché a me quella Carmen è sembrata dilettantesca ed ad altri no, né perché alla prima è stata fischiata e se è stato giusto o sbagliato fischiarla: la realtà nuda e cruda è che il mondo teatrale ha liquidato Emma Dante regista d’opera con una scrollatina di spalle. Fischi o non fischi delle sciure milanesi, nessun grande teatro è corso a scritturarla per produzioni importanti, nessuna traccia è rimasta, persino la Scala non ha più ripreso quella produzione. Ricordo Barenboim dopo la prima che dichiarava spavaldo: questo è uno spettacolo che resterà nella storia. Avessi il suo numero di telefono lo chiamerei per chiedere conferma: sicuro sicuro, Daniel?

Lo stesso per i Baby-direttori: non mi scandalizza chiamare direttori giovani dato che non ho mai creduto alla fregnaccia che la Scala è un traguardo e non un trampolino ma, oggettivamente, i vari Battistoni, Rustioni, Dudamel (come direttore d’opera) cosa hanno ottenuto? Per me, qualcuno ha diretto male, qualcuno benino, qualcuno è interessante ma acerbo, qualcuno acerbo e già vecchio al tempo stesso, ma il punto è: chi se li è filati dopo il lancio scaligero?
Ci si chiedeva sopra cosa sarebbe successo se la Dessay avesse cantato Violetta alla Scala. Sarebbe successo, credo, che il 50% del pubblico sarebbe rimasto indifferente (dato che rimane indifferente a tutto), come avvenuto con la Dante; un 25% l’avrebbe fischiata a prescindere, come avvenuto con la Dante; e il restante 25% le avrebbe tributato un trionfo, cosa NON avvenuta con la Dante. Ossia sarebbe successo quello che, si dice, succedeva tutte le sere con la Callas, e poi il tempo ha giudicato…

La realtà è che i fischi fanno male solo quando cadono su uno spettacolo o su un artista modesto, che scontenta gli eterni-scontenti (che fischiano) e non dà la possibilità a chi crede in un certo tipo di teatro di equilibrare quei fischi, per il fatto che non c’è nulla da sostenere a parte un’idea astratta… E il problema è che la maggior parte degli spettacoli dell’era-Lissner, tolta qualche punta in alto (poche) e diverse in basso (quasi tutto il repertorio italiano), sono stati spettacoli semplicemente modesti…

Saluti,

Beck
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Re: La traviata - Teatro alla Scala 2013

Messaggioda vivelaboheme » ven 10 gen 2014, 2:48

Non sono d'accordo quasi in nulla, soprattutto nelle conclusioni, con Beckmesser (ma è giusto se no perché essere Beckmesser, e va benissimo, perché così continuiamo a discutere). Avevo risposto con una lunga elucubrazione che il pc mi ha appena cancellato (!). Magari la riscrivo ma ho un po' sonno. Mi limito ai nomi fatti da Beck.
Rustioni prosegue la sua carriera come direttore stabile al Petruzzelli di Bari, in questo momento forse il più "effervescente" teatro d'opera italiano, come tale ottimo luogo per la maturazione d'un giovane (che non è comunque il cretino fatto passar per tale a Milano in occasione del Ballo in Maschera). Vi riprenderà Traviata-Ozpetek allestimento del Maggio e farà il prestigioso Trittico-regia di Michieletto (che non è il cretino fatto passare per tale a Milano in occasione del Ballo in Maschera).
Dudamel prosegue la sua carriera a Los Angeles come direttore stabile di una delle massime orchestre mondiali ed è annualmente invitato dai Berliner Philarmoniker. Che poi possa essere più versato al sinfonico che alla lirica può darsi e magari ci saranno verifiche, magari sì magari no, la storia della direzione d'orchestra è piena di esempi illustri in tal senso (uno eccelso: Celibidache). Ma Dudamel non è il cretino fatto passare per tale a Milano in occasione di Rigoletto
Battistoni (sul quale ho perplessità espresse anche qui) è fresco reduce dal trionfone (meritato: c'ero) colto a Genova in Otello (mica operina facile!) in cui ha mischiato immaturità (eccessi gestuali, concertazione non sempre precisa) a momenti, intuizioni di colori, frasi - insomma musicalità - di notevole talento. E' un giovane di carriera in bilico fra lo show e l'approfondimento (a lui e a chi gli sta attorno la scelta). Ma così come l'ho ascoltato a Genova, sforzandomi di eliminare dalla mia testa ogni prevenzione, non è certo il cretino fatto passare per tale a Milano nelle Nozze di Figaro.
Emma Dante dopo Carmen ha fatto e rifarà opera in giro per l'Europa, certo è personaggio "estremo" nel linguaggio teatrale, ma ha debuttato nel cinema con un fior di film, prosegue stimatissima carriera e non è la cretina fatta passare per tale a Milano in Carmen.

Qui sta il punto. Checché se ne sia pensato a Milano, non si tratta di cretini. Forse occorre riflettere sul "modo" di porsi.


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