Don Pasquale a Roma

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Don Pasquale a Roma

Messaggioda Luca » mer 26 giu 2013, 9:33

Carissimi amici di OD,

ieri sera sono stato al Teatro dell'Opera dove si è svolta l'ultima rapresentazione di un'opera che adoro, appunto il Don Pasquale. Ritengo quest'opera un gioiello, a mio avviso, superiore al tanto amato Elisir d'amore. Donizetti ha nella sua musica e drammaturgia una grandissima umanità e questo lo si nota anche nella psicologia dei vari personaggi drammatici o comici che siano. Inoltre Don Pasquale - a differenza di Elisir - rivela un fondo amarognolo che appare un dato ricorrente con altre opere del genere della commedia lirica o dell'opera buffa. Pensiamo ai successivi Falstaff e Gianni Schicchi.
La parte visiva era affidata alla regia di R. Cappuccio che ha narrato una vicenda in bilico tra una Roma barocca (a questo sono servite le varie proiezioni dei palazzi signorili della capitale che fungevano da siparietti e un'atmosfera da belle epoque con tocchi vagamente cabarettistici anche a giudicare dal movimento in scena nonché dai costumi sfoggiati soprattutto da Norina che, nell'accingersi ad andare al ballo (III atto), la troviamo abbigliata in modo simile a Mistinguette. In questo la vicenda mostrava certa vivacità, non sopraffina ma accettabile. A questo va aggiunto un sapiente uso delle luci curato da A. Angelini che sottolineava i momenti clou della vicenda (es. molto bella la trasformazione dal celeste rosa in un verdastro nella scena dello schiaffo nel III atto.
Spettacolo godibile quindi nella sua veste scenica anche con l'ausilio (che sta prendendo sempre molto piede) delle proiezioni. Scene piuttosto essenziali con elementi mobili (tavoli, canapé, sedie, ecc.) e anche nella scena del giardino tutto era affidato più alle proiezioni che ad elementi naturalistici (alberi, siepi, case ecc.). Di un gradino più basso il livello musicale: Campanella ha diretto con finezza una partitura che è già un ricamo di sonorità in sé, sottolineando però il lato elegiaco e liricizzante sebbene con qualche lentezza e qualche enfasi di troppo che aveva in sentore di una seriosità fuor di luogo (l'attacco di "E' rimasto la impietrato" nella scena del finto matrimonio era eccessivamente solenne). Un momento stupendo per atmosfera di sospensione arcana (tale potremmo dire da fare da ponte tra la lezione mozartiana della coppia Tamino-Pamina ed il duetto verdiano Nannetta-Fenton: quest'ultimo per l'analogia della vicenda) è stata l'introduzione al "Tornami a dir che m'ami" dipanato in punta di piedi, ma tutt'altro che evanescente. Raramente mi era dato di ascoltare tale magia. Nelle parti più comiche e briose si sentivano foremente (complice anche la gestualità che appariva in scena) i legami che uniscono Donizetti a Rossini e qui i cantanti hanno trovato modo di esprimersi anche con qualche moderato eccesso.
Protagonista era N. Alaimo che avevo già ascoltato l'anno scorso come Ezio in Attila: buona la caratterizzazione del personaggio anche per la vocalità anche se devo lamentare un pò certa scarsa propensione allo stile sillabato (per me poco incisivo) specie nella sezione "Vedrai se giovino...." all'unisono con Malatesta. Comunque una prova largamente positiva in cui il cantante, pur costituzionalmente imponente, era dotato anche di buona capacità di movimento. Bene anche M. Cassi come Malatesta soprattutto bella presenza scenica spigliata e perfettamente in linea con il carattere del personaggio che emergeva come il classico gentiluomo brioso e amicone. Molto brava E. Buratto quale Norina: spiritosa e a trattti spiritata, vivace, viperina (quando occorre) ed enfaticamente comica quando occorreva. Straordinaria la sua graduale trasformazione da donna bigotta e collotorto a dominatrice energica nella scena del matrimonio. Sul piano vocale non mancavano preziosità anche nel versante elegiaco (il "Tornami a dir che m'ami" la vedeva assolutamente superiore sul tenore). Insomma l'elemento migliore del cast, la Buratto era anche aiutata da una bella figura scenica. Debole, al contrario, J. Prieto quale Ernesto: ha iniziato bene, ma nell'aria che apre il II atto con il recitativo iniziale non ha concesso molto alle sfumature e ha offerto un canto genericamente corretto, ma non ideale. Inoltre non ha eseguito il da capo della III parte della sua scena ("E se fia che ad altro oggetto"). Ugualmente in lieve ma avveribile difficoltà mi è parso in "Com'è gentil" (specie la conclusione) e nel "Tornami a dir che m'ami" è arrivato alle soglie della stecca nella conclusione, rovinando quell'atmosfera magica creata dal direttore e dalla Buratto.
Completava il quadro G. Gatti quale efficiente Notaro. Molto successo del pubblico (peraltro non numerosissimo). Riflettendo poi personalmente mi sono chiesto il motivo per cui il Teatro dell'Opera non ha affifdato a Muti la conduzione di quest'opera di cui ne ha offerto una pregevole edizione discografica, ne avrebbe vivacizzato maggiormente la vicenda, cosa che con Campanella si è sentita solo a tratti.
Tutto sommato uno spettacolo gradevole. Di edizioni di quest'opera qui a Roma ne ho viste molte, ma negli anni '70 ne ricordo una (con Romero, Washington, Gimenez e la Mazzucato) in cui veniva ricreato in scena un vicolo ed un interno di un palazzo del quartiere Prati vicino a S. Pietro e il tutto finiva con una bella spaghettata (vera!): fedeltà ? non so, ma in quell'occasione mi sono divertito dall'inizio alla fine: tutto era 'elettrico', vivace e ben cantato, non serpeggiava il minimo accenno di noia. Invece ieri sera.....

Saluti, Luca.
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Re: Don Pasquale a Roma

Messaggioda DottorMalatesta » mer 26 giu 2013, 12:12

Luca ha scritto:Ritengo quest'opera un gioiello, a mio avviso, superiore al tanto amato Elisir d'amore.


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