La Boheme, Salisburgo

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Re: La Boheme, Salisburgo

Messaggioda DottorMalatesta » ven 24 ago 2012, 16:18

MatMarazzi ha scritto:Proprio la Bohème non mi pare abbia ricevuto da Karajan e dal recente Gatti contributi tali da ribaltare, come ho spesso letto, le prospettive tradizionali.


Scusa Mat, ma come la mettiamo con la Bohème impregnata di impressionismo di Karajan? Ti sembra in linea con le prospettive tradizionali? Ok, forse si inserisce sul filone di un Serafin, però mi sembra che il risultato sia nettamente diverso...
Mi piacerebbe saperne di più su quello che pensi in proposito!
Grazie e ciao,
Francesco

P.S.: continuo a sognare quello che in Bohème avrebbe potuto fare Sinopoli!!!!
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Re: La Boheme, Salisburgo

Messaggioda vivelaboheme » ven 24 ago 2012, 16:26

"continuo a sognare quel che avrebbe potuto fare Sinopoli in Boheme!"

Eh sì, sul rimpianto per questo sogno mancato sono completamente d'accordo. Stanti le straordinarie testimonianze lasciate anche in Puccini, una Boheme-Sinopoli penso avrebbe avuto risvolti "musical-psicologici-drammaturgici" assolutamente sconvolgenti. Se non sbaglio, da qualche parte nel mondo fece a tempo ad eseguire Turandot, e mi spiace di non averlo potuto ascoltare, in una di queste due opere. Del resto, la direzione di Fanciulla, alla Scala, era straordinaria! Hai fatto benissimo a ricordare Sinopoli, parlando di Puccini.

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Re: La Boheme, Salisburgo

Messaggioda vivelaboheme » ven 24 ago 2012, 16:42

A Mat. Discordo su Karajan (trovo che la sua Boheme sia fra quelle "fondamentali"). Discordo su Gatti che, evidentemente da quanto ho scritto, ho assai apprezzato (e, essendo stato in sala a Salisburgo, terrei presente l'annotazione di Mattioli, sull'ascolto "dal vivo", nella quale mi ritrovo). Discordo profondamente, in negativo da parte mia, su Serafin.
A proposito di Boheme, non è che io sia talebano: anzi, apprezzo approcci estremamente differenti,da Kleiber ovviamente, al memorabile Pretre scaligero, e non sottovaluterei l'ultima di un anzianissimo Gavazzeni, sempre alla Scala: una straordinaria ricostruzione "archeologica" d'ambiente in musica. Aggiungo che possiedo in CD quella, notevole per la direzione (meno, per il canto), incisa da Riccardo Chailly, che in Puccini ha spesso mano felice e dovrebbe piacere a Mat in quanto eminentemente "novecentista".

Ovviamente, discordo con simpatia. Carissimi saluti.


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Re: La Boheme, Salisburgo

Messaggioda vivelaboheme » ven 24 ago 2012, 18:02

Più in generale - e sempre con simpatia! - ho da tempo la netta impressione che su Daniele Gatti occorrerebbe aprire un discorso. I Wiener gli affidano l'integrale di Brahms nell'anniversario degli Amici della Musica, dopo avergli affidato la Nona di Mahler nel giorno anniversario della scomparsa. Apre Salisburgo con La Boheme. Da Sinopoli in poi, è stato l'italiano invitato a Bayreuth. Dirigerà Parsifal al Metropolitan il prossimo inverno e, nello stesso periodo, è stato scelto dalla Boston Symph. per la sua tournèe. Ma, sui blog o forum italiani è regolarmente trattato con sufficienza, di più: con un certo astio.
Io, stimandolo sicuramente il miglior italiano fra quanti nati post-Abbado e uno dei massimi direttori in attività (fra l'altro, straordinario il recente concerto Wagner, Berg, Strauss con la Gustav Mahler Jugend in tournèe europea, da me ascoltato a Bolzano) continuo a pensare che tutto ciò sia strameritato ma, a Milano e dintorni, è un classico caso di "nemo propheta in Patria". Appena provi a dire che lo stimi, c'è tutto un certo tipo di "ascoltatori" italiani/milanesi che si sollevano, spesso anche infuriati. Posso capire che a) non sia "piacione" nei modi,ancorché estremamente signorile (ma questo lo ritengo un pregio: non fa proclami-stampa ogni volta che dirige, né è tipo da fan-club di adoratori), b) non abbia certe caratteristiche gradite ad un certo tipo di "melomani" (ma anche questo lo ritengo un pregio). Quel che, però, mi stupisce, è la reazione quasi sempre un po' stizzita, sull'argomento. Non riesco a motivarla.


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Re: La Boheme, Salisburgo

Messaggioda MatMarazzi » sab 25 ago 2012, 20:39

vivelaboheme ha scritto:Più in generale - e sempre con simpatia! - ho da tempo la netta impressione che su Daniele Gatti occorrerebbe aprire un discorso. I Wiener gli affidano l'integrale di Brahms nell'anniversario degli Amici della Musica, dopo avergli affidato la Nona di Mahler nel giorno anniversario della scomparsa. Apre Salisburgo con La Boheme. Da Sinopoli in poi, è stato l'italiano invitato a Bayreuth. Dirigerà Parsifal al Metropolitan il prossimo inverno e, nello stesso periodo, è stato scelto dalla Boston Symph. per la sua tournèe. Ma, sui blog o forum italiani è regolarmente trattato con sufficienza, di più: con un certo astio.
Io, stimandolo sicuramente il miglior italiano fra quanti nati post-Abbado e uno dei massimi direttori in attività (fra l'altro, straordinario il recente concerto Wagner, Berg, Strauss con la Gustav Mahler Jugend in tournèe europea, da me ascoltato a Bolzano) continuo a pensare che tutto ciò sia strameritato ma, a Milano e dintorni, è un classico caso di "nemo propheta in Patria". Appena provi a dire che lo stimi, c'è tutto un certo tipo di "ascoltatori" italiani/milanesi che si sollevano, spesso anche infuriati. Posso capire che a) non sia "piacione" nei modi,ancorché estremamente signorile (ma questo lo ritengo un pregio: non fa proclami-stampa ogni volta che dirige, né è tipo da fan-club di adoratori), b) non abbia certe caratteristiche gradite ad un certo tipo di "melomani" (ma anche questo lo ritengo un pregio). Quel che, però, mi stupisce, è la reazione quasi sempre un po' stizzita, sull'argomento. Non riesco a motivarla.


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Carissimo, scusa se vado un po' di fretta... ma oggi è una giornata così. :(
Volevo solo dire che va benissimo aprire un thread su Gatti e ragionarci sopra.
Io - lo premetto - lo ascolto dal vivo da anni ma non sono mai diventato un suo ammiratore: e dire che dal vivo non l'ho ascoltato solo a Bologna, ma (per fare un esempio) anche a Bayreuth, nel Parsifal.
Francamente non mi è piaciuto, almeno quanto non mi piaceva il suo Rossini a Pesaro. Sorry... E' vero che di solito io non resisto ai direttori "piacioni" e per "melomani" ( :D :D :D) , ma sono comunque e sempre curioso di sentire le esperienze altrui e disposto a modificare le mie opinioni, se mi si fanno notare aspetti di cui non mi ero accordo.

L'unica cosa che aggiungerei, in linea generale, è che forse non è ancora il momento confrontare la carriera di Gatti (e l'incidenza esercitata sulla storia della musica) con quella settantennale di Tullio Serafin...
Anche perché se è vero che Gatti è invitato a dirigere Strauss a Salibsurgo, è anche vero che Serafin discuteva tagli ed effetti espressivi del Cavaliere della Rosa - di cui fu primo interprete in Italia - direttamente con Richard Strauss, a casa sua.

Un salutone e scusa la fretta... :),
Mat
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Re: La Boheme, Salisburgo

Messaggioda MatMarazzi » sab 25 ago 2012, 23:08

DottorMalatesta ha scritto:Scusa Mat, ma come la mettiamo con la Bohème impregnata di impressionismo di Karajan? Ti sembra in linea con le prospettive tradizionali? Ok, forse si inserisce sul filone di un Serafin, però mi sembra che il risultato sia nettamente diverso...
Mi piacerebbe saperne di più su quello che pensi in proposito!


Caro Francesco,
la Bohème di Karajan piace a talmente tanta gente che mi sento persino a disagio a dire che io, in fondo in fondo, ne faccio a meno.
Non ci crederai, ma il ruolo del Bastiano non mi piace.
Impressionismo...
Non so. Tu dove lo senti? Sì, certo... l'iper-dettaglio cromatico della tavolozza orchestrale, accompagnato a un'esaltazione struggente del respiro melodico, possono dare in effetti una sensazione alla Debussy. Ma poi che ne è dell'impressionismo di questa Boheme? finisce lì? Dove uscirebbe il nuovo Pelleas? Nel semplice alzare di varie tacche il grado di "piacevolezza" sonora?
Cosa ha aggiunto Karajan alla definizione dei personaggi? Alla loro miseria e alla loro grandezza?
Cosa ci ha spiegato delle loro motivazioni meno appariscenti?
Che fossero carini, innamorati e giovani in una parigi da notti incantate (ma lo sono davvero incantate?) lo sapevamo già.

Sarà che quando ho comprato l'Arianna a Nasso di Karajan (appena quindicenne) ho avuto una rivelazione di quelle da sobbalzare sulla sedia. Sai quando ti sembra che qualcuno dica la cosa più giusta e più semplice, che pure nessun altro prima di lui aveva detto?
Ecco... per me l'Arianna di Karajan è questo.
Nessuno sfarzo alla Crauss, nessun classicismo serioso alla Boehm: ma una narrazione aguzza, rapida come nelle quinte di un teatro (appunto), come in una prova d'opera seria alla Gnecco, con tante tensioni, tante rabbie nascoste, tanta solitudine e tante bollicine di champagne nel canto della Streich. Una luce, un'umanità e una freschezza che nessuna Arianna (non parliamo, poveri noi, di quella recentissima di Harding) mi ha più restituito.
E poi il Tristano di Bayreuth (sì, quello Live)...
E poi il Trovatore con la Callas... in cui persino Di Stefano, persino la Barbieri sembrano entrare, efficaci e spicci, in questa giostra senza senso, di volta in volta troppo assolata e troppo buia.

Scusa se sto diventando retorico (mi capita quando ripenso agli amori discografici della mia gioventù).
Però anche tu devi capirmi se, quando ho sentito la Bohème, sono rimasto deluso...
Che me ne faccio di quella cartolina sdolcinata? Che cosa mi rappresenta?

Ho parlato schietto schietto.
Ora dimmi la tua!
Salutoni,
Mast
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Re: La Boheme, Salisburgo

Messaggioda DottorMalatesta » dom 26 ago 2012, 10:08

MatMarazzi ha scritto:Impressionismo...
Non so. Tu dove lo senti? Sì, certo... l'iper-dettaglio cromatico della tavolozza orchestrale, accompagnato a un'esaltazione struggente del respiro melodico, possono dare in effetti una sensazione alla Debussy. Ma poi che ne è dell'impressionismo di questa Boheme? finisce lì? Dove uscirebbe il nuovo Pelleas? Nel semplice alzare di varie tacche il grado di "piacevolezza" sonora?
Cosa ha aggiunto Karajan alla definizione dei personaggi? Alla loro miseria e alla loro grandezza?
Cosa ci ha spiegato delle loro motivazioni meno appariscenti?
Che fossero carini, innamorati e giovani in una parigi da notti incantate (ma lo sono davvero incantate?) lo sapevamo già.


Ciao Mat,
peró ammetterai che la ricchezza coloristica della tavolozza orchestrale di Karajan (con le voci superbe di Pavarotti e Freni, ma so che la Mirellona non é una tua passione ;-)) rappresenta la miglior traduzione "visiva" (!) della bohéme sicuramente idealizzata di un Puccini che nell´orchestrare quest´opera riandava con la mente alla propria personale bohéme. E qui davvero giovinezza é bellezza. Poi, concordo nel dire che, bella forza, non ci vuole un genio per capire che "fossero carini, innamorati e giovani in una parigi da notti incantate". Ammetterai peró che, nella resa sonora, Karajan di questa visione "tradizionale" é forse senza rivali!
Poi sono d´accordissimo. Forse non erano notti incantate. Erano notti in cui si battevano i denti dal freddo e si languiva per la fame. Ma, nella visione di Karajan (interprete di Puccini), il ricordo velato di nostalgia e melanconia per la giovinezza trascorsa trascolora le durezze della quotidianitá.
Comunque, nessun dubbio che Toscanini abbia dato di quest´opera un´interpretazione infinitamente piú personale.
Ciao!
Francesco
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Re: La Boheme, Salisburgo

Messaggioda pbagnoli » dom 26 ago 2012, 18:26

DottorMalatesta ha scritto:
ammetterai che la ricchezza coloristica della tavolozza orchestrale di Karajan (con le voci superbe di Pavarotti e Freni, ma so che la Mirellona non é una tua passione ;-)) rappresenta la miglior traduzione "visiva" (!) della bohéme sicuramente idealizzata di un Puccini che nell´orchestrare quest´opera riandava con la mente alla propria personale bohéme.

Ciao Francesco.
No, non sono d'accordo.
Sto riascoltando in questi giorni la Bohème di Karajan e mi trovo d'accordissimo con Matteo (negli ultimi tempi non mi capita spesso).
Credo anzi che la personalissima bohème di Puccini avesse ben poco a che spartire con i colori ora sgargianti (II quadro), ora acquerello di Karajan.
Sono d'accordo con te nel dire che sia molto bella da ascoltarsi, e che Pavarotti e la Mirella dell'epoca fossero favolosi... ma se penso a una Bohème "vera", in bianco e nero, sofferta, macilenta, ricca di freddo e di fumo, con personaggi veri; se penso a una Bohème "pucciniana" l'unica, fra quelle discografiche più note (escludendo un paio di incisioni tedesche molto interessanti) è quella del grandissimo Antonino Votto con Maria Callas e Pippo Di Stefano
"Dopo morto, tornerò sulla terra come portiere di bordello e non farò entrare nessuno di voi!"
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Re: La Boheme, Salisburgo

Messaggioda DottorMalatesta » dom 26 ago 2012, 20:08

pbagnoli ha scritto:Credo anzi che la personalissima bohème di Puccini avesse ben poco a che spartire con i colori ora sgargianti (II quadro), ora acquerello di Karajan.
Sono d'accordo con te nel dire che sia molto bella da ascoltarsi, e che Pavarotti e la Mirella dell'epoca fossero favolosi... ma se penso a una Bohème "vera", in bianco e nero, sofferta, macilenta, ricca di freddo e di fumo, con personaggi veri; se penso a una Bohème "pucciniana" l'unica, fra quelle discografiche più note (escludendo un paio di incisioni tedesche molto interessanti) è quella del grandissimo Antonino Votto con Maria Callas e Pippo Di Stefano


Non saprei... Del resto è la profondità dei veri capolavori, quella di permettere prospettive di lettura e interpretazione anche molto diverse tra loro.
Forse la Bohème che aveva in mente Puccini si potrebbe avvicinare all'interpretazione di Toscanini (altro personaggio molto legato alla bohème personale di Puccini), che citerei accanto a quella, splendida, di Votto.
Ciao,
Francesco

P.S.: comunque anch'io preferisco di gran lunga Toscanini (fu una rivelazione la prima volta che ascoltai la sua incisione) e Votto al più "tradizionale" (ma comunque splendido) Karajan... Ma qui è forse davvero solo questione di gusti personali...
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Re: La Boheme, Salisburgo

Messaggioda Ninci » lun 27 ago 2012, 19:00

La Bohème di Karajan sarà anche tradizionale, ma i commenti all'epoca furono unanimi: si trattava di una prospettiva assolutamente rivoluzionaria. Poi, che la si possa eseguire in maniera antitetica è ovvio. Molto interessante per esempio è l'approccio quasi "operettistico" (nel senso della Fledermaus) di Clemens Krauss. E' il destino di ogni grande capolavoro; l'assolutamente nuovo diventa tradizionale poi, in ottiche diverse, ancora nuovo e così via. Le grandi interpretazioni non rimangono nel tempo uguali a se stesse, né più né meno delle opere cui danno vita.
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Re: La Boheme, Salisburgo

Messaggioda Tucidide » lun 27 ago 2012, 20:44

Ninci ha scritto:La Bohème di Karajan sarà anche tradizionale, ma i commenti all'epoca furono unanimi: si trattava di una prospettiva assolutamente rivoluzionaria.

Forse è solo un mio pregiudizio, ma da sempre ritengo che Karajan, in molte delle sue incisioni anche celebri e celebrate, abbia illuso più che in effetti rivoluzionato. Tanto era strepitosa, sovrumana anzi, la sua tecnica e la bellezza del suono delle sue orchestre, che si era tentati (e lo si è tuttora) di dire che mai prima d'allora si era ascoltata l'opera di turno diretta così. In realtà solo in Wagner (e poi e poi) Karajan mi pare davvero aver detto qualcosa di nuovo - anzi, forse anche nella Lucia di Lammermoor di Berlino.
Ascoltavo qualche mese fa il suo Dittico verista, che tutti i critici pongono come turning point della discografia e dell'intepretazione. Che cos'hanno quei Pagliacci e quella Cavalleria di diverso da tante altre direzioni? Solo il fatto che il suono è stupendo, che l'orchestra "canta" in modo divino e che il canto è accompagnato benissimo. "Hai detto niente!" si potrebbe obiettare. No, certo, non è poco, anzi è moltissimo: sono due incisioni formidabili. Ma secondo me sono altre le direzioni palesemente controcorrente, fuori dal coro: come dissi tempo fa, quelle di Muti, che sembrano ambientate in Carelia invece che nel Sud Italia :mrgreen: ma con effetto spiazzante, strepitoso.
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Re: La Boheme, Salisburgo

Messaggioda Ninci » mar 28 ago 2012, 7:11

Mah, Alberto, penso veramente che sia solo un tuo pregiudizio. Quello che tu dici lo sento ripetere da quaranta anni, sempre uguale. Bel suono, capacità tecnica, mancanza di interpretazione. Chi come me l'ha sentito decine e decine di volte dal vivo, in opera e in concerto, sa bene che questo non è assolutamente vero. Del resto, la creazione di atmosfere inedite (che cos'è se non questo il suo meraviglioso Pelléas, che cos'è se non questo la sua strepitosa Lustige Witwe) è veramente un atto rivoluzionario. Certo, so che in questo sito si preferiscono altri interpreti, per esempio Boehm, con la sua asciuttezza e drammaticità. E Matteo ama Karajan quando assomiglia a Boehm, come nel caso della sua incisione di Ariadne auf Naxos. Ebbene, posso dirti che all'inizio degli anni Settanta Boehm era considerato quasi un contraltare a Karajan. A partire dagli anni Ottanta la considerazione mutò in quella di un ragioniere, anche un po' rimbambito. E' un po' di tempo che è di nuovo sugli altari, mentre Karajan soffre di un ridimensionamento, forse la punizione per una fama troppo grande goduta in vita. Sic transit gloria mundi, è per tutti così. Forse è anche giusto che sia così. Ma sulla immensa grandezza dell'interprete Karajan, uno dei più grandi direttori del secolo, mi sembra assurdo avere dei dubbi. Ma mi sembra altrettanto giusto cercare di ragionarci sopra. Una cosa volevo chiederti: cosa ha fatto di male l'espressione italiana "punto di svolta", in che cosa è meno presisa di "turning point", per subire il destino di essere sostituita da quest'uiltima?
Ciao
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Re: La Boheme, Salisburgo

Messaggioda Maugham » mar 28 ago 2012, 10:10

MatMarazzi ha scritto:L'unica cosa che aggiungerei, in linea generale, è che forse non è ancora il momento confrontare la carriera di Gatti (e l'incidenza esercitata sulla storia della musica) con quella settantennale di Tullio Serafin...
Anche perché se è vero che Gatti è invitato a dirigere Strauss a Salibsurgo, è anche vero che Serafin discuteva tagli ed effetti espressivi del Cavaliere della Rosa - di cui fu primo interprete in Italia - direttamente con Richard Strauss, a casa sua.

Mat


Preseguo sulla rotta che hai aperto.
Sei anni prima Serafin si trovò con Ricordi e Puccini per decidere i tagli e i trasporti su Madama Butterfly curandone l'edizione definitiva che tutti conosciamo. Per questo ne diresse la prima (aveva 27 anni :shock:) al Del Verme.
Lo stesso anno della prima del Rosenkavalier scaligero che tu ricordavi diresse anche la prima di Arianna e Barbablù di Dukas.
L'anno dopo battezzò la prima di Isabeau e quella di Ivan il terribile di Rimsky.
E aveva 34 anni.
Nel maggio di quell'anno venne chiamato a Parigi a dirigere le prime cittadine di Mefistofele e -su richiesta dello stesso Puccini- di Fanciulla del West. Il cast di quest'ultima era il seguente: Caruso, Titta Ruffo e la Melis.
Fu chiamato per il centenario verdiano a dirigere alla Scala "Don Carlo" e, già che c'era, tenne a battesimo "L'amore dei tre re" di Montemezzi con Galeffi. Nello stesso periodo ritornò a Garmisch dove, con Strauss, preparò la prima italiana alla Scala di Feuersnot (in italiano i Fuochi di San Giovanni), "Le donne curiose" di Wolf-Ferrari e la prima di "Oberon".
Nel 1912 Puccini gli affidò la prima scaligera della Fanciulla con Poli-Randaccio, Martinelli e Galeffi.
Nella stessa stagione diresse 24 (24!!!) repliche di Lohengrin.
Nel 1913 (aveva 36 anni) inaugurò e fondò (assieme a Zenatello) il festival dell'Arena di Verona.
Nei cinque anni successivi la sua instancabile ricerca di novità lo portò a tenere a battesimo, tra i tanti, il Sakuntala di Alfano e La nave di Montemezzi.
Dal 1924 si traferì al Met per un decennio come direttore stabile.
Qui si aprì un sodalizio con la Ponselle con cui preparò e studiò (oltre a Norma su cui -dice la Ponselle- lavorarono due anni) la prima moderna della Vestale, la prima americana de "La cena delle beffe" (Gigli e Titta Ruffo) e della "Vida breve" di De Falla con Lucrezia Bori, "Le Rossignol" di Stravinsky e la prima americana di.... Turandot! Con la Jeritza e Lauri Volpi. Ovvero con il cast immaginato da Puccini.
A questo aggiungiamo la prima assoluta in america de "La Campana sommersa" di Respighi per cui ottenne un mese di prove e tenne fermo con estenuanti prove al pianoforte un cast stellare composto da Rethberg, Martinelli, De Luca e Pinza.
Nel 1929 promosse la prima americana della Luisa Miller (Ponselle, Lauri-Volpi e De Luca) e quella del mio amatissimo Sadko di Rimsky.
Tornato in Italia (a Firenze c'era lui a dirigere gli storici Puritani con Lauri-Volpi, Basiola, Capsir e Kovaceva, regia di Salvini e scene di De Chirico) si mise al timone dell'Opera di Roma dove, tra le numerose novità, diresse la prima del Cyrano di Alfano e quella del "Gallo d'oro" di Rimsky.
Sempre a Roma, nonostante le autorità d'occupazione lo minacciassero in maniera anche pesante, diresse la prima del Wozzeck con Gobbi (3 novembre 1942).
La Scala gli affidò la riapertura nel 1946 e l'anno successivo presentò in prima nazionale il Peter Grimes. Britten ne caldeggiò la scelta.
Dal 50 in poi non è necessario dire niente. Cominciò l'avventura Callas.
Certo, non ha mai diretto Brahms con i Wiener e nemmeno ha mai messo piede a Bayreuth.
Lo ammetto.

Scusa il cronoprogramma tirato giù da una vecchia pubblicazione.

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Re: La Boheme, Salisburgo

Messaggioda Tucidide » mar 28 ago 2012, 11:41

Ninci ha scritto:Mah, Alberto, penso veramente che sia solo un tuo pregiudizio. Quello che tu dici lo sento ripetere da quaranta anni, sempre uguale. Bel suono, capacità tecnica, mancanza di interpretazione.

In verità non parlavo di mancanza di interpretazione, bensì di interpretazione non rivoluzionaria, ciò che è sensibilmente diverso. E' pacifico che HvK sia un notevole interprete, e d'altronde lo è ogni grande virtuoso: se si padroneggia la tecnica con tale perizia, ogni idea ottiene compiuta realizzazione e diviene ben leggibile, quindi l'interpretazione, quale che sia, "passa" e si realizza. Solo, metto in dubbio che molte delle cosiddette rivoluzioni operate da Karajan lo siano realmente state.
Ora che ci penso, anche il secondo Trovatore in disco, quello con Bonisolli, fu un bellissimo esperimento di rarefazione strumentale e di approccio "cavalleresco": come dice Celletti, sembra proprio un'atmosfera da poema cavalleresco. Solo che, chissà perché, furono convocati un tenore muscolare, un soprano declinante incline alle atmosfere lussureggianti e sanguigne, un mezzosoprano e un baritono con voci grandi così e dal canto non proprio finissimo: con queste scelte di distribuzione, sembrò quasi che Karajan per primo volesse in un certo senso mitigare la rivoluzione che a livello strumentale stava proponendo.

Una cosa volevo chiederti: cosa ha fatto di male l'espressione italiana "punto di svolta", in che cosa è meno presisa di "turning point", per subire il destino di essere sostituita da quest'uiltima?

:oops: Eh beh, in effetti niente, se non che l'espressione italiana è un calco di quella inglese e pertanto le è debitrice almeno in termini storici.
Concedimi ogni tanto un uso frivolo di forestierismi modaioli. :mrgreen: Anche nel mondo dell'Accademia talvolta "fa figo" usare parole straniere, come il famigerato "Fortleben" in luogo della nostrana "fortuna".
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Re: La Boheme, Salisburgo

Messaggioda mattioli » mar 28 ago 2012, 13:46

Ma Divino (DG, SSL, : Love : , : King : ),

tutti d'accordo (credo) sul fatto che superTullio sia stato un grandissimo. E fai benissimo a mettere i puntini sulle "i", perché oggi è ricordato poco e male, cioè per le ragioni sbagliate.
Ma non è che Bohème (e il resto) siano morte con lui.
O no?
Miao

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Twitter: @MattioliAlberto
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