Fidelio (Beethoven)

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Fidelio (Beethoven)

Messaggioda vivelaboheme » mar 13 dic 2011, 16:14

TORINO 2011

Avrei preferito intervenire per la prima volta, qui, con impressioni positive su uno spettacolo, e sono andato a Torino, alla prima replica di Fidelio, con molte aspettative, sia riguardo la direzione di Gianandrea Noseda, che al Regio sta facendo un lavoro in genere eccellente, sia per lo spettacolo di Martone.
Ero dunque presente sabato sera. Ho trovato il tutto di una modestia quasi imbarazzante.
Non parlavo fin qui per stima verso gli artefici, direttore e regista, cui si deve molto, a Torino e anche altrove.
Ma ad un certo punto, diventa questione d'onestà intellettuale.
Martone non sembra lo stesso regista di Così Fan tutte, Cavalleria e Pagliacci, spettacoli tutti di grande intelligenza. Qui costruisce una scenografia di scale che dovrebbero rappresentare un carcere, poi non la usa. Non si tratta di tradizionale o non: si tratta di teatro, e qui ce n'è zero o quasi. Protagonisti al proscenio, la gabbia di Florestano resta al livello di una "trovata" scenica, ma niente "incide", niente resta nella memoria. Non succede niente, per l'intera durata dell'opera. In più, ci sono aspetti completamente criptici: perché Leonora-Fidelio viene bendata? Perché Jacquino zoppica, si è fatto male il cantante? Alla replica cui ho assistito non c'era Gallo, il sostituto fa di Pizarro un tonitruante apoplettico.
Noseda (che io, ripeto, stimo, e l'ho scritto più volte in vari luoghi) qui è come un pesce fuor d'acqua: annaspa, si scalmana, divaricando i tempi sino ad un finale frenetico con le note completamente affastellate ed i cantanti, ognuno per sé, a far gara di urlo (ha "vinto" la Marcellina che nel finale strillava come un'aquila, questo, ripeto, alla replica cui ho assistito io). L'orchestra prova a seguire il suo (ripeto, solitamente ottimo) direttore in questa schizofrenia di tempi, dall'inerzia alla frenesia, ma paga dazio: in un suono senza spessore (ed ero in sesta fila di platea!), e in un confusionario accompagnamento alla grande aria di Leonora.
Onore al merito della protagonista che si è sobbarcata recite a fila per in disposizione della sostituta, e sicuramente, pur con qualche tensione vocale, è nella parte. Ma non basta.
No, il Regio e Noseda ci avevano abituati, nelle ultime stagioni, a ben altro. Se penso a Boris, anche a Salome e gli accosto questo Fidelio, il livello qui scende di molto. Qui il tutto è modesto. Sembra il classico "vorrei ma non posso" , anzi un "volevo ma non son riuscito".
Mi sembra che il tutto sia stato descritto con puntualità da Girardi, sul Corriere della Sera di domenica, cui mi associo nella considerazione di fondo: cioé che, anche in una direzione musicale feconda di successi quale quella di Noseda al Regio un passo falso può accadere. Ma passo falso rimane.

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Re: Fidelio

Messaggioda vivelaboheme » mar 13 dic 2011, 17:58

Ovviamente "descritto con puntualità" a parte lo strafalcione sulla Leonora 3 (che ovviamente sta facendo il giro dei blog) del quale peraltro mi risulta essersi scusato... A parte questo, mi sembra che la recensione di Girardi renda bene l'idea del tutto.


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Re: Fidelio

Messaggioda pbagnoli » mer 14 dic 2011, 0:07

Caro Marco,
certo che fra noi appassionati di opera lirica succedono cose che proprio non ti aspetti!...
Il nostro Alberto/Tucidide ha come "signature" questa frase che a me piace molto: Il mondo dei melomani è talmente contorto che nemmeno Krafft-Ebing sarebbe riuscito a capirci qualcosa...; per la cronaca, Richard von Krafft-Ebing è stato uno psichiatra che ha studiato comportamenti sessuali deviati. Se la frase è di Alberto, gli vada un abbraccio (molto casto) da parte mia per la scelta del suo avatar; se non l'ha scritta lui, complimenti lo stesso per la scelta.
Ma torniamo a noi: perché affermo ciò?
Presto detto.

Premetto che, anche se non ci conosciamo, ho letto diverse cose che hai scritto su La voce del loggione: ammiro la tua competenza e il tuo garbo espositivo. E' per questo che sono disposto a darti tutti il credito che meriti quando affermi le cose che dici.
E sono costretto ovviamente a farlo a scatola chiusa, perché non ho visto lo spettacolo di Torino né ne ho sentite o viste registrazioni.
Ma ecco la sorpresa di cui parliamo: ho letto il blog del CdG. Niente di strano: lo faccio, ogni tanto.
Lo fanno anche loro, regolarmente, sistematicamente, angosciosamente: prova ne sia, in questi giorni, il riferimento ossessivo e compulsivo (tanto per restare in area di Asse II, Gruppo C) a tutto ciò che abbiamo scritto sulla regia di Carsen, naturalmente con il tono dileggiante di chi non ha capito nulla - ma proprio nulla - né della regia in genere, né di questa in particolare, ma si sente di pontificare sul tema.
A questo trend fa eccezione Gilbert-Louis Duprez, persona amabile e ottimo commensale (abbiamo condiviso una bella serata a mangiare risotti nel lodigiano) e che gentilmente si concede anche a queste pagine con il nom de plume di teo.emme; è per questo motivo che mi viene facile leggere le cose che scrive anche se le scrive su un altro sito.
Bene: lui scrive ESATTAMENTE IL CONTRARIO di quello che dici tu.
A chi si crederà?, si chiederebbero Anna e Ottavio, tanto per restare sul tema del Don Giovanni inaugurale.
Non lo so.
Non ho esperienza sufficiente di Noseda, ma sono disposto a credere che sia davvero bravo; e, quanto a Martone, cinematografico che non mi piace, come regista d'opera mi è sembrato ben poco interessante in Pagliacci & Cavalleria alla Scala, ma può darsi che effettivamente l'abbia imbroccata con "Fidelio".
Parlar male di Gallo è quasi un must - e sul CdG non si tirano mai indietro quando c'è da parlare male di qualcuno - e Hawlata non è sicuramente il basso più interessante che esista sulla faccia della terra.
La coppia di fidanzati giovani mi sono sconosciuti, per cui continuo a restare in dubbio fra quello che dici tu e il CdG.
Ma arriviamo a Leonore, che è Ricarda Merbeth.
Chi è costei?
Oggettivamente, un personaggio assolutamente secondario nel panorama odierno che, invece, propone ben altri nomi. Se non ho capito male, tu le dai una generica sufficienza.
Duprez invece va oltre e, preciso com'è, circostanzia le sue affermazioni:
Ad onta di una certa fissità negli acuti e di qualche difficoltà nel legato, mostra un buon centro e un buon controllo dell’intonazione. Certo la grande aria soffriva di un fraseggio un po’ anonimo, e una maggior saldezza nelle zone più alte della tessitura avrebbe aiutato, però, nel complesso, una prova abbastanza convincente: a parte la solita considerazione sul fatto che la scrittura di Leonore richiederebbe voci di tutt’altro genere (più vicine a Vitellia, a Donn’Anna o a Fiordiligi)

Però.
Pas mal, verrebbe da dire.
Se non fosse che conosco anch'io la Merbeth: ripeto, oggi il mercato offre di molto, ma molto meglio; lo sa bene quel signore che commenta anche lui in stile Asse II ogni cosa che scrivono lì sopra e che afferma che in Germania ce ne sono centinaia di cantanti migliori nelle piazza più periferiche, eccetera.
Non basta?

Lo stesso CdG afferma nel corso del tempo sulla Merbeth, per voci di vari recensori, quanto segue:
penosa Riccarda Merbeth quale Elsa
(sedicente Giuditta Pasta, in una delle tante valutazioni a prescindere delle stagioni operistiche; a prescindere vuol dire sulla carta, cioè senza aver ascoltato né visto)


Ricarda Merbeth quale Primadonna-Ariadne ha cantato con voce incolore e di penosa emissione durante l’intera serata. … Senza entrare nei dettagli si può dire che Ricarda Merbeth è inudibile nel registro centrale e grave e che grida in quello acuto. Ogni nota esce dal suo corpo separatamente, come se ogni volta ci fosse bisogno di uno sforzo inumano, con ciò distruggendo l’infinita bellezza di ogni frase della principessa abbandonata. Inutile nel “Ein Schönes war” che richiede un legato ed un fiato di esemplare stabilità; indistinta all’inizio e spinta alla fine del “Es gibt ein Reich”. Nel duo finale con Bacchus, ogni volta che tentava di cantare piano, emetteva suoni simili al borbottio di acqua. Gli applausi che ha ricevuti alla fine erano comunque più che cordiali. Ed è Ricarda Merbeth a passare oggi per una delle più grandi “specialiste” del repertorio straussiano (Daphne, Imperatrice) e wagneriano (Senta, Eva, Elsa, Sieglinde). E’ una di quei soprani con voce grossa, timbro incolore, fraseggio senza capo né coda che affrontano e dominano il repertorio lirico-spinto di Wagner e Strauss. Si chiamano Manuela Uhl, Michaela Kaune, Anja Harteros, Ricarda Merbeth, Camilla Nylund etc.

(questa volta la Rez'dora in persona, GG, che parla per di più di Ariadne come di un'eroina belcantistica in ciò dimostrando scarsa confidenza con lo stile straussiano, ma... non licet omnibus adire Corintum; basterebbe solo rendersene conto)


Terribile l’Elisabeth di Ricarda Merbeth: “Dich teure halle” è fiacco e sporcato da un vibrato eccessivo, da una mancanza di legato e da una intonazione precaria; il duetto successivo sembra più un cordiale ed educato colloquio sulla temperatura del tè e sulla fragranza dei pasticcini; il disperato intervento per salvare Tannhäuser, tutto giocato in partitura su un cantabile, che insiste nella fascia centro-acuta, è privo di nerbo e manca di convincimento; la preghiera finale compitata tra squittii come un meccanico rosario scivola via con discrezione e quasi chiedendo scusa.
A peggiorare le cose un fraseggio da Barbarina che cerca invan la spilla ed un timbro aggraziato, ma lezioso e petulante

qui invece si produce da par suo la Mara Maionchi del CdG, vale a dire Marianne Brandt, che mi rifiuta l'amicizia su Facebook e non so perché :lol:
Corrosiva, no?


sempre da Bayreuth proviene Ricarda Merbeth, l’Elisabeth torinese che sostituisce la prevista Emily Magee.
Ed è un peccato, poiché la voce della Merbeth sarebbe sufficiente per Freia e Gutrune o al massimo Eva, ma non per Elisabeth di cui le manca totalmente la drammaticità, il senso di sacrificio, la patina volitiva, tutta protesa al contrario, verso un fraseggio che vorrebbe evocare quello di un giovinetta e invece si trasforma in una statuina di porcellana fragile e zuccherosa, con l’aggravante di un timbro troppo linfatico, troppo vuoto in basso, privo di appoggio in alto e senza corposità

sempre Mara Maionchi Brandt

Ora, mi chiedo: anche ammesso che Gilberto Duprez sia colui che maggiormente si distacca dalla linea editoriale del CdG, come si spiega che una cantante giudicata un'idiota o giù di lì dagli articolisti del blog, diventi improvvisamente per uno di essi tanto brava da sostenere senza particolari lodi, ma anche senza infamia, una parte mostruosamente difficile come Leonore?
Che per di più richiede - o richiederebbe - doti belcantistiche lontane le mille miglia dal repertorio frequentato abitualmente dalla Merbeth?
Cos'è, improvvisamente ha imparato a cantare sul fiato?
E' diventata esperta di canto professionale?
E adesso tutti gli altri in ginocchio sui ceci, a dire che è la nuova Siems?
Ripeto: conosco la Merbeth anch'io. E' cantante di statura modesta, poco interessante, lontana le mille miglia dalle vette di un personaggio così complesso.
Può darsi che, per una volta, l'abbia - come si suol dire - fatta fuori dal vaso, ma ci credo poco: il ruolo è davvero difficile e, come dice giustamente Gilberto, e come noi affermiamo da una vita, la vera voce di Leonore sarebbe quella di una belcantista pura.
No, non ci siamo: qui c'è qualcuno che ciurla nel manico! :lol:
Se non fosse che ho la massima stima dell'onestà intellettuale di Gilberto/teo, mi verrebbe il sospetto che abbia un po'...tirato l'acqua al mulino di Torino, per dimostrare quanto siano cazzoni a Milano.
E poi quel Carsen, che non si capisce una cippa di quello che dice!
Non si dica mai una mezza volta che abbiano ragione una mezza volta quei quattro pirla su Operadisc!
Però intanto sempre a leggerci... e a citarci!

Ah, Marco, scusami se per rispondere a te ho tirato in ballo il CdG! D'altra parte, che ci vuoi fare? Il web è più stretto di quello che si crede, e in Italia non siamo poi in tantissimi a parlare di opera lirica.
"Dopo morto, tornerò sulla terra come portiere di bordello e non farò entrare nessuno di voi!"
(Arturo Toscanini, ai musicisti della NBC Orchestra)
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Re: Fidelio

Messaggioda vivelaboheme » mer 14 dic 2011, 14:41

a) non scusarti. Anzi. Hai fatto bene.
b) il ciurlamento dura da un bel po' , in varie maniere che poi sono sempre una: la denigrazione, o il suo uguale e contrario: l'esaltazione a scopo di denigrazione, metodo vecchio come il cucù, talmente vecchio che l'innamorata di Tristano ci ha costruito e scritto tutta una vita, figurarsi i ciurladores dilettanti: si è anche un po' annoiati...
c) idem sulle cronache dalla Germania... vorrei capire i perché di fondo, ma temo che vaghiamo fra lo psicodramma e/o la rivalsa personale di nonsoché: non sono interessato e mi ritiro in buon ordine.
d) Martone, si evince leggendo le ciurlacronache di ieri poi quelle di oggi, era poco più che un mediocre quando mandò in scena Cavalleria alla Scala, è fantastico allorché manda in scena Fidelio a Torino. Ma guarda! Io lo stimo al di là del singolo esito, e proprio perchè lo stimo trovo sottotono, rispetto alla sua consueta statura di uomo di teatro, la messa in scena di Fidelio. Che sia in scena al Regio, alla Scala, o a Forlimpopoli, non è fatto che mi tange. E siccome stimo ciò che il Teatro Regio sta facendo nelle ultime stagioni, mi sembra che, nel recente passato, abbia allestito ben altro!. Tutto qui: direi che non ci resta che attendere Luisa Miller, o meglio, attendere i cronisti alla prova di Noseda in Luisa Miller alla Scala: certo, se le ciurlacronache ci racconteranno che va male... sarà sicuramente tutta colpa di Milano e della Scala. O no?

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Re: Fidelio

Messaggioda MatMarazzi » mer 14 dic 2011, 18:18

Carissimi,
mi spiace che questo bel thread debba incappare in tante persone che in fondo questo Fidelio non l'hanno visto. :)
Prima il Bagnolo e poi il sottoscritto, che infatti non c'era.

Personalmente non frequento il Regio di Torino da vari anni, perché disapprovo i criteri artistici con cui è gestito da Noseda.
Devo anche dire che, a differenza di Vivalabohème, non sono un ammiratore di Noseda e Martone.
Ed è per questo che la severità del tuo giudizio, Marco, non mi sorprende troppo.

Più in generale, per quanto riguarda il caso del Regio, sono d'accordo con quello che alcuni anni fa scriveva il nostro Ric, torinese doc.

Riccardo ha scritto:Il Regio fa complessivamente degli sforzi apprezzabili per garantire un determinato livello minimo nell'ambito della situazione italiana ed i risultati si vedono in un paese in cui la maggior parte dei teatri a forza di scioperare sta chiudendo (Genova), ha stagioni ridotte a sì e no due titoli (Firenze) o procede con roba di recupero (vedi Fenice).
Quel che semmai dà fastidio è la spocchia di chi strombazza questo galleggiamento come si trattasse di incredibili successi di richiamo internazionale e di storico profilo qualitativo etc etc... Tutta questa retorica ridicolizza in mezzo secondo i pur lodevoli sforzi.


Al mondo esistono Teatri "pilota", di riferimento internazionale... e teatri il cui raggio di influenza è meno vasto.
Il Regio di Torino appartiene ai secondi: non è la Scala, non è il Covent Garden, non é l'Opéra di Parigi; è un teatro di rigogliosa e volonterosa provincia.
Non c'è assolutamente nulla di male!
I teatri di Provincia sono necessari quanto quelli internazionali e farli funzionare è altrettanto difficile.
Inoltre si può essere un teatro internazionale e fare brutte cose; mentre si può essere teatri di provincia e fare meraviglie.
L'importante è capire cosa si è: se si è un teatro di provincia si dovrà far bene quello.

Che senso ha che un teatro come il Regio di Torino si cimenti regolarmente con i titoloni di enorme respiro - sui quali già si fronteggiano i pezzi da novanta nel resto del mondo - dato che non potrà realizzarli (nella migliore delle ipotesi) che in modo domestico e provinciale?
Un grande teatro di provincia dovrebbe servire ad altro: specializzarsi in un repertorio più scelto, meno inflazionato; inaugurare nuove tendenze che magari i teatroni mondiali importeranno successivamente; rischiare sui giovani di talento, setacciando le promesse di tutta Europa; favorire l'accesso in Italia di artisti stranieri che magari da noi non sono ancora arrivati; valorizzare i cantanti celebri ma magari non più al massimo della forma, a cui i "teatroni" mondiali non consentono di sperimentarsi in nuovi personaggi.

A questo serve la Provincia (con la P maiuscola) e non a invidiare i teatri mondiali con i titoloni (i Parsifal, i Boris, i Fideli, i Vespri stagliuzzati e in italiano), i quali servono solo a vellicare il narcisismo di Noseda e a far accorrere i più ingenui quotidiani nazionali (che ancora credono che basti il titolone per fare l'evento), ma che finiscono per sottolineare ancora di più il provincialismo dell'insieme.

Io, per esempio, non mi sarei mai mosso per questo Fidelio da Ferrara; e meno ancora vi avrei portato i Soci del mio Wanderer Club.
Al contrario, tanto per fare un esempio, correrei al Regio tutti i momenti se esso si lanciasse in un'integrale Massenet o un'integrale Rimskij, da distribuire in DVD, da associare a studi musicologici, da affidare a qualche vero regista internazionale giovane e talentuoso (autori che, come diceva Maugham, potrebbero diventare nei prossimi vent'anni capisaldi del repertorio).
Questo sì che attirerebbe l'interesse del mondo: altro che un Fidelio Noseda-Martone.
E perchè non stringere collaborazioni (come ha fatto Firenze col Saito Kinen ...ed è la cosa più bella che abbia fatto) con festival prestigiosi, magari importando ogni anno una o due produzioni di Glyndebourne, o di Monaco o di Baden Baden?
Perché non valorizzare il Cura di oggi (che a Torino è legatissimo) per proporgli quei personaggi diversi che lui vorrebbe cantare ma che nessun "teatrone" gli proporrebbe: pensate se Torino importasse - per la prima volta in Italia - lo splendido Moby Dick di Heggie, uno dei maggiori successi della recente opera made in Usa e chiamasse Cura nella parte del Capitano Achab, scritta per il maturo Ben Heppner.
Non accorrerei da Ferrara per un progetto simile?
E' a questo che serve la cosidetta Provincia: a aprire percorsi a cui i teatri grandi si ispireranno.
Non a fare i Parsifal e i Boris dei poveri...

Questo almeno è ciò che ne penso io.
Salutoni,
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Re: Fidelio

Messaggioda vivelaboheme » mer 14 dic 2011, 19:34

Il tuo pensiero mi trova in una parte in disaccordo in una parte... in possibile accordo.
Spero di non sbagliarmi, per quanto ne so il personaggio-Noseda è alieno da eccessi di narcisismo. Fa una sua molto attenta carriera, segnata anche fra l'altro da incisioni di repertorio non usuale e non scontato (Liszt, il sinfonismo russo, un certo repertorio italiano dimenticato). Al limite d'una tendenza alle esecuzioni ipercinetiche (in questo Fidelio, e non solo, l'effetto-centrifuga è in agguato...) fa riscontro il pregio d'una grande capacità di "vivicare", di non rendere quasi mai scontati i lavori cui mette mano, sia nel repertorio sinfonico che in quello operistico. Ritengo che Torino e Stresa gli debbano oggettivamente moltissimo. Sotto la sua direzione il Festival d'estate sul Verbano è diventato un gioiellino. E (il che non guasta) il "tratto" umano di Noseda mi risulta improntato a signorilità e a non-spocchia. Torino ha vissuto, dal momento dell'Olimpiade Invernale in poi, tutta una sua rinascita. Detto in tutta onestà: ha fatto un cammino, da anni piuttosto depressi, quale da milanese amerei vedersi compiere nella mia città. Musicalmente è la città dei concerti del Lingotto, dell'orchestra Rai, del regio, dell'Unione. Non mi sembra il panorama d'un luogo "provinciale". Anzi! Ti inviterei, perché ne vale la pena, a frequentarla in una di queste serate del periodo natalizio, in cui il suo centro è uno splendore, e non esagero. Ti assicuro che non ne esci con il "sentore" della "piccola" (pur grande per dimensione) città, un po' provinciale e chiusa in se stessa, che è stata per anni la sua fama, un po' luogo comune e un po' vera. E' cambiata ed è cambiata in molto meglio: te ne accorgi se non altro da un sintomo, piccolo dirai tu, mica tanto dico io. Itorinesi hanno ricominciato ad usarla, nelle strade, nei locali (bellissimi: a mezzogiorno di sabato, sbagliando un indirizzo ho mangiato in un'enoteca, segnatevela perché vale: I Tre Galli, assolutamente deliziosa), nei negozi (idem). Non è provincia, è stata una capitale ed è una grande città. E il Regio ha tutto il diritto di configurarsi come il teatro lirico di una grande città Che poi, La Scala sia la Scala e il Regio il Regio (qui concordo), credo che Noseda lo sappia benissimo per primo, ma resto anche dell'idea che sia un primato da affermare nei fatti, non da strombazzare. Approvo, pur fra qualche riserva, la gestione-Lissner proprio perché riaprendo la Scala su ciò che di grande o di ottimo avviene nel mondo, l'ha resa meno narcisa e molto meno - sì - provinciale di come e quanto era diventata nell'immediata precedenza, a furia di specchiarsi solo in se stessa. Attenzione: oggi grande lirica si fa al Covent Garden come a Zurigo (avrei delle riserve sull'attuale calendario dell'Opera di Vienna, nel mucchio c'è del buono ma anche tanta routine sia nei nomi dei direttori sia in alcune scelte di spettacoli)... e grandi cose avvengono in luoghi magari impensati. Occorre esser curiosi, guardarsi in giro più che si può, almeno leggendo, informandosi se non è possibile viaggiare. Ciò che mi risulta sempre più inaccettabile è la concezione del teatro d'opera come di un museo dell'immutabilità. Per questo, fra l'altro, mi piace l'opera, italiana e non, così come viene cantata e interpretata oggi da alcuni nomi di spicco sui quali i cultori (più o meno autolelettisi) di una presunta tradizione lanciano i loro strali. Per questo mi piacciono, mi stimolano i Carsen. Per questo amo gli Harding (per fare un nome) che si applicano con intelligenza mai scontata al teatro musicale (ho fatto quell'esempio, percHé quei Pagliacci e quella Cavalleria soprattutto, avevano in sé notevolissimi elemnti di novità, nella lettura delmaetsro inglese). E' la stessa motivazione per la quale ho amato moltissimo, di recente l'Otello zurighese di Daniele Gatti (vi rimando allo scritto, perfetto, di Salmoiraghi su L'Opera).
Sto divagando, spero non inutilmente, e torno al Regio. Mi sembra che in questi anni, con spettacoli quali Boris, Salome, la Butterfly firmata-Michieletto, la presenza d'un regista discusso e discutibile ma affascinante quale Stefano Poda per la Thais (era a mio avviso uno spettacolo impressionante!) e con la presenza di Gianandrea Noseda il Regio abbia avuto un suo ruolo e una partecipazione attiva al rilancio culturale (cioé, di vita) evidentissimo della città. E' proprio per questo che, di fronte ad un Fidelio, per me - come dire - "angusto" nella realizzazione scenica e poco centrato in quella musicale, ho visto un passo indietro, o se preferite chiamamolo solo un passo falso, rispetto ad un recente passato vissuto su molte, ottime realizzazioni. Il per me sovraeccitato sbracciarsi di Noseda di fronte alla scena sostanzialmente inerte mi è parso come esprimere - e l'avevo già scritto - un "volevamo, ma stavolta non siamo riusciti". Il che può capitare: nonho amato questo Fidelio, ma non è un giudizio che vada ad inficiare quel che di buono ho riscontrato e trovato, a Torino, in questi anni.

Ciao
marco vizzardelli
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Re: Fidelio

Messaggioda vivelaboheme » mer 14 dic 2011, 19:42

chiedo scusa per gli errori di battitura, spero si legga.
m.viz
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Re: Fidelio

Messaggioda MatMarazzi » mer 14 dic 2011, 20:16

Chiedo scusa, Marco; mi rendo conto, rileggendomi, che non si capiva da quanto ho scritto che distinguendo fra "teatri internazionali" e "teatri provinciali" non facevo un discorso qualitativo.
Gli uni possono essere pessimi, gli altri possono essere geniali.
Il Metropolitan di New York (mi spiace per Gelb, ci aveva fatto sperare bene) non brilla per la qualità della sua programmazione. Non di meno è un teatro internazionale.
La raffinatissima produzione del teatro del Luxembourg non è certamente "Internazionale" ma si impone per la sua qualità, apre tendenze e attira un pubblico vasto e curioso.

Meno ancora credo nell'equivalenza fra "teatro provinciale" (o di grande provincia) e "città provinciale".
Dire che il raggio di azione di un teatro come il Regio di Torino è assai inferiore a quello dei veri centri internazionali (siano pure discutibili come la Staatsoper di Vienna o l'attuale Opéra di Parigi di Joel), non significa dire che la città di Torino sia o sia ancora "provinciale".
Stiamo parlando di teatri, non di città!
Francoforte non è certamente una città provinciale, ma la sua Oper lo è.

Quali che siano i meriti che tu, sicuramente giustamente, riconosci al Regio di Torino, non si può pretendere che quel teatro sia - oggi, come ieri - uno di quelli alla cui programmazione tutto il mondo guarda!
E' un teatro di un certo interesse nazionale, ma di scarso interesse internazionale.
E, come dico, non c'è davvero nulla di male; basta fare bene quel che si deve fare.

Io ti credo senz'altro nelle tue validissime (e condivisibilissime) argomentazioni a favore dell'impegno culturale di questa Torino, nello sforzo ad ampliare obbiettivi e orizzonti, nel coinvolgimento del territorio.
Purtroppo non conosco la realtà torinese per poter aggiungere qualche considerazione personale.
Ma guardando la programmazione del Regio astraendola dal suo contesto (ossia con ottica non "localistica"), proprio come faremmo con le stagioni del Memorial House di San Francisco o della Monnaie di Bruxelles - ossia senza calarci nello loro contesto territoriale e nel loro rapporto con la città, ma limitandoci semplicemente a valutare titoli e allestimenti - devo registrare una certa povertà di idee, una non-consapevolezza delle necessità e delle istanze di un teatro di medio livello.

L'altro giorno parlavamo dell'Opera delle Fiandre. E' un teatro che ha sede in due bellissime città: Anversa e Gand.
I mezzi e l'importanza di questa realtà sono del tutto sovrapponibili a quelli di Torino: medie possibilità, profilo nazionale, fondi non scarsi ma certo limitati, posizione nettamente subordinata alla Monnaie.
Eppure nei primi anni '90 ad Anversa seppero scommettere su Carsen e Joosten; seppero lanciarsi su autori che allora (Handel, Janacek) stavano vivendo una clamorosa fioritura; seppero rendersi inconfondibili con l'originalità della loro programmazione. Il mondo cominciò a interessarsi a quello che avveniva alla Vlamse Opera, comprarne gli spettacoli e ispirarsi alle sue idee.
Idem con l'altrettanto impressionante Welsh National Opera. Hanno setacciato il meglio degli artisti inglesi (e parliamo di gente come Richard Jones, il più grande regista musicale al mondo, come Bryn Terfel, Simon Keenlyside) tanto che ancora oggi essi vanno lì a fare i loro debutti.
Come l'amico Maugham ricorderà, due anni fa ci beccammo in due sere il debutto di Keenlyside in Rigoletto e quello di Terfel in Hans Sachs (quest'ultimo nella più sconvolgente produzione wagneriana che abbia mai visto dal vivo, a firma di Richard Jones).
E non è che la Welsh National Opera abbia tante più risorse di Torino.

Insomma, se devo giudicare il Regio per la sua programmazione artistica, non posso non constatare che (fatte salve le tue legittime obiezioni) non ci vuole nessun genio a dire "facciamo il Parsifal"!
Tutti sanno che è una bella opera.
Specie in considerazione che, siamo obiettivi, un Parsifal fatto a Torino non sarà mai al livello di altri Parsifal che si vedono in giro nel mondo.
Nessuno - tranne i torinesi e la Moreni - si interesserà di un Parsifal al Regio.
La vera genialata - per un teatro di provincia - sarebbe stato (che so) fare, in edizione critica, il Domino Noir di Auber o l'Agnes di Hohenstaufen di Spontini o il Dalibor di Smetana.
Una genialata sarebbe guardare oltre alle proprie mura (e quindi in modo non provinciale) e intavolare collaborazioni eccitanti con i teatri esteri...
Collaborazioni che tengano conto di che tipo di teatro è il Regio...
Non sarebbe stato meglio, per esempio, invece di quell'inutile Parsifal, coprodurre con lo Chatelet le Fate di Wagner (direttore Minkowski)?
O unirsi al Covent Garden per la prossima Gloriana di Britten (in programma per il 2013 con la regia di Jones),o la Didone di Cavalli (con i Champs Elysees di Parigi e la direzione di Christie) o l'Ifigenie en Aulide nello spettacolo appena realizzato ad Amsterdam?

Vista dall'esterno, la programmazione torinese mi appare - a giudicare da titoli e nomi - sinceramente provinciale e, purtroppo, proprio nella sfumatura negativa che questo termine si porta dietro.
Comunque, ribadisco, il mio è un giudizio "esterno". Sull'impatto che questa programmazione ha comunque avuto sulla città credo ciecamente a quanto ci hai detto.
E, da questo punto di vista, merita tutta la mia ammirazione.

Grazie per gli interessantissimi spunti che ci offri nei tuoi interventi.
Salutoni,
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Re: Fidelio

Messaggioda vivelaboheme » mer 14 dic 2011, 20:53

Perfettamente compreso, ora, e direi pienamente condivisibile. Assolutamente d'accordo sulle coproduzioni "mirate" fra teatri dello stessa fisionomia, credo sia una delle chiavi del far opera oggi

marco vizzardelli
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Re: Fidelio

Messaggioda capriccio » sab 17 dic 2011, 22:20

Ben detto, Matteo!
Sono d'accordissimo con te!
Anch'io ho smesso da tempo di frquentare il Regio, non trovando nulla d'interessante in questa sua tendenza a "imitare" i grandi teatri lirici.
Hai detto cose giustissime!
Vedi anche la querelle di mesi fa fra il Maggio e La Scala sul non volere riconoscere da parte del primo certe inevitabili graduatorie!
E, poi, Noseda è, a mio avviso, assai sovrastimato!!
Bravo!
Cap.
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Re: Fidelio

Messaggioda Riccardo » sab 17 dic 2011, 22:27

vivelaboheme ha scritto:la presenza d'un regista discusso e discutibile ma affascinante quale Stefano Poda per la Thais (era a mio avviso uno spettacolo impressionante!)

:shock: :shock: :shock:
Era veramente impressionante, al punto che spero di non vedere mai più una cosa del genere.
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Re: Fidelio

Messaggioda vivelaboheme » lun 19 dic 2011, 15:26

Eh eh, era discutibile, certo, ma anche affascinante. Certamente, Poda è uno da "prendere o lasciare". Tu lasci, secondo me perdi qualcosa, ammetto però che sia un modo di far teatro tale da poter irritare. Ma allestimento e realizzazione erano di alta qualità.

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Re: Fidelio

Messaggioda Riccardo » mar 20 dic 2011, 23:11

Coloro che abitualmente fissano su queste pagine le linee di pensiero di OperaDisc saprebbero illustrare con fior di argomentazioni perché Poda non è affatto un regista di qualità.

Io mi limito a farti osservare in quali teatri lavora abitualmente e quale livello di circolazione ha avuto uno spettacolo come quella Thaïs...
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Re: Fidelio

Messaggioda capriccio » mar 20 dic 2011, 23:44

Scusami un momento,ho capito bene? Stai dicendo che questo forum ha delle linee di pensiero "ben precise" e "rigide" fissate da qualcuno? E tutti gli altri si adeguano? Quindi Matteo e WSM dettano la linea e tutti gli altri ad applaudire? Tu Riccardo non sai argomentare perchè tal Poda è trash e quindi chiedi aiuto ai succitati?E se uno è in disaccordo totale o parziale, che deve fare? Impiccarsi? Mio Dio, non pensavo di essere finito in un sito Bulgaro!
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Re: Fidelio

Messaggioda Riccardo » mer 21 dic 2011, 1:33

capriccio ha scritto:Scusami un momento,ho capito bene? Stai dicendo che questo forum ha delle linee di pensiero "ben precise" e "rigide" fissate da qualcuno? E tutti gli altri si adeguano? Quindi Matteo e WSM dettano la linea e tutti gli altri ad applaudire? Tu Riccardo non sai argomentare perchè tal Poda è trash e quindi chiedi aiuto ai succitati?E se uno è in disaccordo totale o parziale, che deve fare? Impiccarsi? Mio Dio, non pensavo di essere finito in un sito Bulgaro!
Cordialmente.


Ma non ho mai detto niente di tutto questo...

1) Per quanto riguarda la linea del sito, è chiaro che Pietro Matteo e WSM ne definiscono in buona parte l'identità, anche solo per un fatto di ruoli formali ricoperti. Pietro, in particolare, è colui che ogni tanto ci illustra la filosofia di pensiero del suo sito.

2) Per quanto riguarda me, semplicemente non avevo nessuna voglia di scrivere un post chilometrico e argomentato su Poda...
Scrivere secondo certi standard di chiarezza e puntualità, almeno per me, costa tempo ed energie che non sempre ho voglia e modo di spendere.
Credo poi, nel caso specifico, che non valga nemmeno la pena impegnarsi a criticare un regista che non gioca alcun ruolo significativo nel nostro tempo.

3) Per quanto riguarda chi è in disaccordo, sai benissimo che su queste pagine c'è la massima libertà di espressione e di contraddittorio (naturalmente nel rispetto degli ovvi e normali limiti di civiltà).
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