Werther (Massenet)

recensioni e commenti di spettacoli visti dal vivo

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Re: Werther (Massenet)

Messaggioda Maugham » lun 01 feb 2010, 14:46

Bertarido ha scritto: Purtroppo non riuscendo a vedere ARTE, che ha di recente trasmesso lo spettacolo (ma è sulla piattaforma SKY? Mi potete dire come si fa per vederla?), .


Adesso non mi ricordo il numero preciso, ma lo vedi scorrendo i canali dal 500 al 600.
Ciao
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Re: Werther (Massenet)

Messaggioda Enrico » lun 01 feb 2010, 19:19

Sul sito di Arte on-line il video integrale dell'opera. : WohoW : : WohoW : : WohoW :
http://liveweb.arte.tv/fr/video/Werther ... _Bastille/
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Re: Werther (Massenet)

Messaggioda Bertarido » mar 02 feb 2010, 11:21

Maugham ha scritto:Adesso non mi ricordo il numero preciso, ma lo vedi scorrendo i canali dal 500 al 600.


Grazie!!! : Chessygrin : trovato!
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Re: Werther (Massenet)

Messaggioda MatMarazzi » mer 03 feb 2010, 1:48

Bertarido ha scritto:le incertezze che sotto questo punto di vista avevo notato a Milano, e mi scusino qui i kaufmaniani, sono a mio avviso del tutto scomparse sotto il cielo di Francia, indizio, forse, di uno studio più attento: piani e pianissimi erano veramente tali (vale dire timbrati, pieni e sonori e non indietro e falsettistici), così come le superbe mezze voci, timbro scurissimo ma morbido e legato di gran classe (siete sicuri che sia proprio un “declamatore”?)


Caro Bertarido,
questa tua frase dimostra, a mio sentire, come ancora il nostro atteggiamento "italiano" di non accettare che nel mondo dell'opera esiste una pluralità di "radici" tecnico-canore.
Insomma si continua a rimproverare a un pittore surrealista di non essere abbastanza realista, e che se fa le sedie storte è perché non ha studiato abbastanza.

Ma ti pare davvero possibile che un cantante in carriera da quindici anni possa cambiare tecnica e proiezione dei pianissimi (in un base a uno "studio più attento") da un mese all'altro, da una Carmen milanese a un Werther parigino?
Che in due mesi si sia messo a studiare (Garcia alla mano) come si fanno i pianissimi, come si "timbrano" i suoni, come non si mandano indietro, e via cellettando?
Secondo me in questi due mesi ha fatto altro... :) anche perché se ascolti bene ti accorgi che da Milano a Parigi non è cambiato assolutamente nulla.
Kaufmann canta allo stesso modo: ossi asecondo i precetti del suo solido, ferrato e tecnicamente inappuntabile "declamato".

I pianissimi...
Anche i declamatori fanno i pianissimi, li hanno sempre fatti (anche i jazzisti fanno i pianissimi, anche i monaci tibetani) e non è detto che siano "indietro", "spoggiati", "falsettanti" (per altro di pianissimi "falsettanti" ne trovi a iosa anche negli ammiragli del vocalismo, come Bergonzi, Gigli, Lauri Volpi, eccc...).
I pianissimi di un declamatore (sia quelli della Carmen, sia quelli del Werther) sono diversi da quelli di un vocalista, proprio come suoni: per un declamatore la "pasta" del suono sillabico prevale sulla linea e le sue smorzature non sono (né possono) essere sostenute col fiato come quelle di un vocalista, perché per quest'ultimo il fiato è un regolatore dell'intensità dinamica (come la pressione del braccio sull'arco del violino), nel caso del declamatore è invece un reattore, un propulsore che alimenta l'esplosione sillabica, la sua diffusione nello spazio.
Se ascolti uno dietro l'altro il "pourquoi me reveiller" di Kaufmann e quello non dico di Schipa, ma persino di Villazon (quello del CD) ti rendi conto subito dell'abisso tecnico che separa un declamatore da un vocalista: per il primo (Kaufmann) il suono, ogni singolo suono, è "carne", è "materia"; per il secondo è "linea".


Salutoni,
Matteo
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Re: Werther (Massenet)

Messaggioda Tucidide » mer 03 feb 2010, 10:21

MatMarazzi ha scritto:E ringrazio Milady e Tuc per aver detto quello che anche io affermo da tempo... Una cosa è un forum operistico, un'altra cosa è il bar Sport.
Nulla contro il bar Sport: ci si può parlare d'opera in modo chiassoso e divertente; vi si possono fare le risse e ci si può "sbertucciare"; ma il forum è un'altra cosa.

A dire il vero, io non ho mai pensato che fra blog e forum intercorresse qualche differenza. Di inesattezze e boiate si possono mietere abbondanti messi in ogni luogo: libri, giornali, riviste, fori e blog. Sono anni oramai che frequento i luoghi melomani della rete, blog e fori, e in ogni luogo ho letto frasi che ho ritenuto boiate così come perle di saggezza. Il forum non è ontologicamente migliore del blog. Dipende tutto da cosa e come si scrive. :wink:
Il mondo dei melomani è talmente contorto che nemmeno Krafft-Ebing sarebbe riuscito a capirci qualcosa...
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Re: Werther (Massenet)

Messaggioda Bertarido » mer 03 feb 2010, 13:02

Caro Mat

Ho letto con particolare interesse il tuo post che mi sollecita ad intervenire su un argomento che amo particolarmente e che mi interessa moltissimo. Quando parlo di canto come hai ben capito il mio punto di partenza, per ragioni “culturali”, è di matrice italica o, volendo essere più precisi, prettamente “belcantista”; e questo data anche la mia predilezione per il repertorio “antico”, in particolare handeliano dove questa tecnica trova massima e mirabolante espressione. Tornando a noi, volevo comunque premettere che non ritengo affatto questo tipo di tecnica la sola esistente e soprattutto adatta a qualsiasi repertorio: è noto come il canto, inteso come fatto tecnico, sia stato declinato in maniera diversa, anche radicalmente, nelle diverse contrade musicali europee. Però esistono a mio modo di vedere alcuni requisiti tecnici senza i quali, sia cantando l’olocausto di Brunilde o un aria del Giulio Cesare, non si arriva a portare a casa il pezzo. E veniamo al dunque.
MatMarazzi ha scritto:Secondo me in questi due mesi ha fatto altro... anche perché se ascolti bene ti accorgi che da Milano a Parigi non è cambiato assolutamente nulla. Kaufmann canta allo stesso modo: ossi asecondo i precetti del suo solido, ferrato e tecnicamente inappuntabile "declamato".

Mi permetto di dissentire. Un pianissimo è un pianissimo e a qualunque latitudine un cantante abbia studiato si deve sentire, deve essere “sonoro” se vogliamo che gli spettatori presenti in sala lo odano; e i pianissimi di Kauffamn a Parigi si sentivano, eccome ed erano tutt’altra cosa da quelli emessi a Milano: non credo che il nostro Jonas sia sia rimesso a studiare il Garcia; semplicemente credo che alla Bastille mostrasse una forma fisica e canora migliore. Tu dici giustamente che anche cantanti di provata tecnica “italiana” emettono piani in falsetto: del tutto vero dal momento che smorzare un suono è, dal punto di vista tecnico, in particolare per gli uomini, tra le difficoltà maggiori, a cui non tutti riescono a venire a capo; Pavarotti per esempio emetteva piani molto scadenti e poco udibili. Un portento in questo era Corelli capace di autentici miracoli, ma si tratta di una rarità. A differenza delle colleghe, tenori e baritoni sono stati abituati ed istruiti in genere a cantare sempre forte, come se i pianissimi potessero metterne in discussione la possanza virile.
MatMarazzi ha scritto:per un declamatore la "pasta" del suono sillabico prevale sulla linea e le sue smorzature non sono (né possono) essere sostenute col fiato come quelle di un vocalista
Anche su questo mi permetto dissentire; se canti sdraiato, a testa in giù, Wagner o Heandel, se sei ungarico o mandarino, chiunque abbia dimestichezza con i fondamenti della tecnica di canto sa che il suono non può privarsi dell’”appoggio” altrimenti si sgonfia come un soufflé e l’intonazione va a farsi benedire. Con l’appoggio buono, ma non solo quello, puoi fare poi quello che vuoi, declamare ed accentare le sillabe, e farle diventare “carne e materia”, oppure tradurre il suono in una linea perfetta; ma queste sono scelte “meramente” stilistiche. Prima di concludere volevo dire che ho letto anche con grandissimo interesse la tua recensione della Sonnambula in particolare quanto hai scritto sulla Dessay sulla cui vocalità mi piacerebbe poi fare alcune riflessioni.

Carissimi saluti

Bert
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Re: Werther (Massenet)

Messaggioda Enrico » mer 03 feb 2010, 18:56

Bertarido ha scritto: i pianissimi di Kauffamn a Parigi si sentivano, eccome ed erano tutt’altra cosa da quelli emessi a Milano [...] Pavarotti per esempio emetteva piani molto scadenti e poco udibili.


Hai sentito Kaufmann dal vivo a Milano e a Parigi oppure giudichi dall'ascolto radiofonico o televisivo? mi interessa saperlo, perché credo che, parlando di "udibilità", gli unici confronti possibili siano quelli basati su ascolti dal vivo.

Su Pavarotti: sentito dal vivo una sola volta in un recital al Bellini di Catania da un palco un po' laterale: era accompagnato dal solo pianoforte e non dall'orchestra, ma a 66 anni ipnotizzava il pubblico molto più con i pianissimi e le mezze voci che con gli acuti (sempre però belli e squillanti); è anche vero che dava l'impressione di controllare perfettamente ogni minima vibrazione del respiro che diventava suono proprio grazie alla capacità di "appoggiare la voce" in senso tradizionale.
Enrico B.
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Re: Werther (Massenet)

Messaggioda Teo » mer 03 feb 2010, 19:15

Bertarido ha scritto:se canti sdraiato, a testa in giù, Wagner o Heandel, se sei ungarico o mandarino, chiunque abbia dimestichezza con i fondamenti della tecnica di canto sa che il suono non può privarsi dell’”appoggio” altrimenti si sgonfia come un soufflé e l’intonazione va a farsi benedire. Con l’appoggio buono, ma non solo quello, puoi fare poi quello che vuoi, declamare ed accentare le sillabe, e farle diventare “carne e materia”, oppure tradurre il suono in una linea perfetta; ma queste sono scelte “meramente” stilistiche.


In linea di principio mi trovo abbastanza d'accordo con Bertarido per quanto sopra quotato.
Probabilmente perché credo di condividere con lui l'interpretazione che da al significato della parola "appoggio".
Dico questo perché è mio personale avviso, che l'appoggio, per come lo si intende e per come lo si concepisce, è il nocciolo della questione legata alla fonazione e quindi, alla visione che ognuno di noi ha, in merito a come si realizza il canto.

Lungi da me sostenere che esista una sola e sacra scuola di pensiero, o che si debba realizzare un suono "credibile" in un unico e determinato modo, quindi, sgomberiamo per favore il campo da tutti quei fantasmi o preconcetti che sovente dividono gli appassionati in guelfi e ghibellini, sacri e profani (spero di essere stato chiaro).

Se guardo alla mia esperienza personale, soprattutto intesa come rapporto tra studente e insegnante di canto, a proposito del suddetto “appoggio”, potrei raccontarvi tutto e il contrario di tutto.

La foniatria così come la otorino e logopedia, ci spiegano scientificamente (ovvero tecnicamente) come avviene la fonazione, la respirazione, l’emissione, ecc. ma poi quando si tratta di passare dalla teoria alla pratica, il rapporto non è così immediato, anzi, sovente le problematiche somatizzate nel passato si riflettono sulla persona e contribuiscono a creare al corpo un ulteriore confusione.

Tutti ovviamente sostengono che “l’appoggio è il fondamento del canto”, ovvero, se non appoggi non puoi emettere un suono sostenuto, libero, che mette in risonanza i risuonatori del nostro corpo, ecc. ecc. ecc., ma poi nella pratica, le indicazioni che vengono date sul “come fare” sono quasi sempre le più diverse e disparate.

Massime del tipo: “è come quando stai sulla tazza del wc”, “pensa di spingere in basso”, “quando attacchi spingi l’addome in dentro”, “siediti sul fiato e spingi!”, “immagina di allargare una cintura elastica”, ecc. ecc.
Per non parlare di quelli che praticamente non dicono un bel nulla… “lascia uscire il fiato”, “pensa alla natura”, “immagina di soffiare in una cannuccia”, ecc.
Gli insegnati poi che nel passato hanno avuto una carriera operistica, sia con grandi o modesti risultati, sono i più interessati a questo tipo di esternazioni. Chi racconta che Tito Schipa diceva di sentire l’appoggio sulle labbra, chi raccontava di aver visto Bergonzi stringere la cinta dei pantaloni tirando indentro la pancia più che poteva (per sostenere meglio l’appoggio), e così via…

Perdonate la divagazione, ma tengo a precisare che queste non sono “barzellette” o “leggende metropolitane”, e credetemi, sono certo di non essere ne una mosca bianca ne un naufrago su un’isola che non c’è.

Quando una persona decide di provare a studiare canto, nella migliore delle ipotesi, parte da una tabula rasa, da un prato vergine, nella peggiore delle ipotesi, arriva con problematiche proprie o influenzate dalle esperienze precedenti; resta il fatto che alla fine, tutti cercano di “affidarsi ed affidare” la propria voce ad un presunto maestro che gli è stato raccomandato o per il quale ha sentito parlar bene, o semplicemente perché è o è stato “il maestro di….”.
A questi insegnati, non sono richiesti studi particolari, non ho mai sentito chiedere se quel tale maestro fosse diplomato o se avesse frequentato anche solo qualche esame in conservatorio (ma forse questo per certi versi può anche essere un bene…); si sa solo se è stato un grande cantante o se ha degli allievi in carriera (e anche qui si potrebbe aprire un ulteriore parentisi…).

A prescindere dal fatto che scientificamente si può probabilmente definire bene cosa sia l’appoggio, per farlo poi proprio, occorre “fare esperienza”, cercarlo e trovarlo dentro di se, mettendosi in ascolto.
Alla fine diventa un modo di “essere” e come tale è un fatto soggettivo, difficilmente dimostrabile, l’oggettività credo riguardi più il risultato.

Tornando infine al discorso relativo ai pianissimi di Kaufmann, sinceramente non saprei dire quale visione Jonas abbia dell’appoggio, anche se è chiaro che senza sostegno non si può cantare; quello che a mio avviso è certo è che l’attacco del suo pianissimo è realizzato in maniera totalmente diversa da quella che per esempio potremmo ascoltare in un Tito Schipa, anche se alla fine, la dinamica del fiato nel suo processo conclusivo è la stessa (dissolvenza del suono).

Certamente alla base delle proprie convinzioni o verità ci sarà stata una scuola di riferimento (declamatore? Vocalista? …?), tuttavia non mi sento di escludere il fatto che un cantante (soprattutto se dotato di sano intelletto), possa anche trovare in seguito una propria natura nell’adattare un impostazione iniziale ad un certo repertorio che inizialmente poteva risultare “terreno meno adatto”.

E se Jonas ad esempio studiasse da un insegnante a Roma che potremmo definire vocalista? potrebbe significare qualcosa, oppure no…… : Sailor :

Salutissimi.
Teo
l'idea è creatrice di vocalità...
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Re: Werther (Massenet)

Messaggioda MatMarazzi » gio 04 feb 2010, 14:40

Caro Bertarido,
nel nostro forum il presente argomento è stato spesso affrontato (e forse sarebbe il caso di spostare anche questa discussione nelle sedi ove già se ne è parlato; ma tutto sommato credo che sia bene tenerla qui, dove si parla di Kaufmann e del suo Werther "declamatorio").
Io credo di aver turbato molte menti e aver suscitato un diffuso sconcerto col mio "relativismo" tecnico-canoro, specie fra le persone non giovanissime, come sono io (fra poco quarantenne) e mi par di capire anche tu, cresciute negli anni in cui il Cellettismo imperava.
Fra i giovanissimi (cresciuti in anni diversi, nell'era del DVD che ti permette di avvicinare Strauss e Wagner senza timori, negli anni di Internet che ti aggiorna in tempo reale su tutto ciò che avviene nel mondo) ho trovato molto più facilmente persone disposte ad accettare le mie tesi "eversive" con naturalezza, come se non ci fosse nulla di strano. Me ne sono accorto non solo su Operadisc, ma anche in occasione di un piccolo corso sui "cantanti del 2000" che ho tenuto in diverse città italiane. I giovani erano sempre i più disinvolti nell'ammettere suoni che, in base alle tecniche antiche, qualcuno ancora considera scorretti.

La mia tesi (diciamo così "fenomenologica") era che la distinzione fra suoni "leciti" e "non leciti" nell'ambito del canto classico fosse dettata non da "postulati metafisici", bensì da convenzioni, dettate esclusivamente dal gusto (in costante evoluzione) del pubblico, a sua volta connesso ai movimenti delle epoche e dei tempi. le grammatiche canore (come quelle linguistiche) si ricavano da ciò che i cantanti "fanno" DOPO CHE L'HANNO FATTO (e dopo che il pubblico l'ha approvato, inserendolo nel vocabolario), non da regole "a monte", postulati, premesse.
E' la stessa differenza fra la matematica e la fisica: la prima parte da assiomi per discendere, la seconda parte dai fatti per risalire.
Se vogliamo capire il "canto classico" dobbiamo fare lo stesso. Partire dai suoni.
Il creatore di questa "fenomenologia del canto" non sono io, ma un critico, ora morto, a molti ignoto, ma che forse tu ricorderai: Angelo Sguerzi, che era solito scrivere "in principio era il suono".
La sventura di Sguerzi fu di scrivere in anni in cui le dabbenaggini e le semplicionerie del Cellettismo imperavano davvero (non come oggi, che sono rimaste in mano a pochi nostalgici, che nessuno considera più: basta vedere i tripudi che anche in Italia vengono tributati ai cantanti che loro credono di poter demolire). Su Sguerzi cadde il silenzio: eravamo in pochi a comprare i suoi libri editi da Bongiovanni.
Eppure lui fu il primo a intuire già negli anni '80 che la molteplicità di scuole (e suoni) facenti parte quel gran complesso che è il "canto classico" (storicamente inteso) non poteva rientrare in un unico concetto di "respiro", di "sostegno del fiato", di "immascherazione", di "copertura del passaggio", che veniva spacciato come giusto, sacro, eterno, immutabile, insomma "unico".
Non arrivò, lo Sguerzi, a sistematizzare il problema. Si limitò a rilevarlo, e questo fu il suo grandissimo, incalcolabile contributo.

Su questo forum mi sono dovuto scontrare molto duramente "contra dogmaticos" che non erano disposti a rinunciare alla loro "verità".
Il fatto che i dogmatici se ne siano andati dal nostro forum (non potendo ammettere, come ogni dogmatico, un confronto sui fatti) non è per me motivo di doglianza; a differenza dei "buoni" fra noi (categoria a cui io, Cartman, non posso appartenere) non credo affatto che il contributo di un dogmatico sia così importante alla discussione.
Sono invece rimasti -e per fortuna - tanti amici che, pur accettando "parte" delle mie tesi, sentono il bisogno di restare attaccati a un ultimo spicchio di verità, un piccolo puntello metafisico che dia loro la certezza che "non tutto è il nulla!" :)
Una specie di "cogito" cartesiano o di "noumeno" kantiano....
Un qualcosa a cui comunque attaccarsi: anche nel canto c'è un qualcosa di immutabile, di assoluto... sarà piccolo, sarà minuscolo, ma c'è.
E quello "tutti i cantanti" devono possederlo, altrimenti non cantano bene.

se canti sdraiato, a testa in giù, Wagner o Heandel, se sei ungarico o mandarino, chiunque abbia dimestichezza con i fondamenti della tecnica di canto sa che il suono non può privarsi dell’”appoggio” altrimenti si sgonfia come un soufflé e l’intonazione va a farsi benedire. Con l’appoggio buono, ma non solo quello, puoi fare poi quello che vuoi, declamare ed accentare le sillabe, e farle diventare “carne e materia”, oppure tradurre il suono in una linea perfetta; ma queste sono scelte “meramente” stilistiche. Prima di concludere volevo dire che ho letto anche con grandissimo interesse la tua recensione della Sonnambula in particolare quanto hai scritto sulla Dessay sulla cui vocalità mi piacerebbe poi fare alcune riflessioni.


Io, se fossi savio, dovrei accontentarmi.
In fondo, Tu, Teo, Luca ...ammettete che è vero: i grandi declamatori non sono dei dilettanti, esistono scuole diverse, esistono diverse "famiglie" e una Martha Moedl o un Fischer Dieskau hanno ben più diritto d'asilo nella "storia del canto classico" di quanto non ne abbia una Maria Chiara o una Jessica Pratt (a proposito, come mai è sparita dal cast di Rigoletto alla Scala?).
E allora perché non mi accontento, direbbe un ex-cellettiano: "che più cercate? offersi assai..."
Pur non basta, mi tocca rispondere. Non basta.

No, la frase che ho citato è "logicamente" inaccettabile.
E cosa succede se uno non canta nel modo che tu consideri "giusto"? (appoggio, fiato, ecc...)
Succcede che "sbaglia", risponderesti tu.
E chi lo decide che un suono è sbagliato?
Tu? Celletti? Kant? Cartesio? la "Natura"? Dio?
No! Lo decide il pubblico, la comunità dei fruitori; coloro per cui l'opera è fatta e rappresentata; quel pubblico che si è spellato le mani di fronte al pianissimo di Kaufmann in Carmen.
E se il pubblico decide che quel sono (pur essendo emesso contra dogmaticos) "è giusto" non c'è "cogito" che valga.
Oggi il pubblico fischierebbe molti suoni di antichi geni del canto come la Melba o Plasson; allo stesso modo applaude altri suoni di Kaufmann e la Denoke, che sarebbero stati fischiati ai primi del '900. I suoni antichi sono usciti dal vocabolario; i suoni nuovi vi sono entrati.
I postulati vanno a farsi benedire. E la grammatica, se vuole continuare a essere utile, deve introiettare le evoluzioni, decifrarle, comprenderle, farle proprie.


Tu scrivi
Un pianissimo è un pianissimo e a qualunque latitudine un cantante abbia studiato si deve sentire, deve essere “sonoro” se vogliamo che gli spettatori presenti in sala lo odano; e i pianissimi di Kauffamn a Parigi si sentivano, eccome ed erano tutt’altra cosa da quelli emessi a Milano:


In generale...
Che un pianissimo sia un pianissimo è un "bel sogno beato di pace e contento".
Un pianissimo della Von Otter non è un pianissimo della Ponselle. Un pianissimo di Schipa non è un pianissimo di Vickers. Così come un pianissimo di Céline Diol non è lo stesso di Modugno.
Sentili a confronto, Bertarido... Fai come faceva Celletti: metti su quel suono, solo quel suono, sentilo cento volte a confronto con gli altri.
E sentirai che è diverso tutto: l'uso del fiato, l'uso dei muscoli della gola (in certi casi rilassatissimi - i vocalisti - in altri volutamente contratti - i declamatori e soprattutto i coloristi), l'uso della maschera.
Non c'è nulla in comune.

Nel particolare (ossia parlando di kaufmann).
Come ha scritto Enrico, tu parli di registrazioni, col microfono nel naso.
Come puoi valutare la diversa "propagazione" dei pianissimi di Kaufmann in spazi diversi?
Io non ho sentito la Carmen, ma ho sentito Kaufmann dal vivo già quattro volte dal 2002 a oggi. E i suoi pianissimi si sentono sempre benissimo, anche in spazi giganteschi.
Ma si sente sempre anche la loro "matericità" (quella che svanisce nella linea di un vero vocalista); i cellettiani direbbero la loro "fibrosità", la loro "legnosità"... Certo che si sente! C'è! E' voluta.
Sono suoni stupendi ottenuti con contrazioni della gola, non con il dosaggio del fiato (pensa ai pianissimi di Pertile ad esempio).
E non di meno sono emozionanti, tecnicamente incredibili, udibilissimi anche nei grandi spazi: proprio come quelli di Vickers.
Posso essere d'accordo con te che sono suoni più indicati per il Werther (ruolo molto orientato verso il declamato) che per il Don José (dalle radici ancora scopertamente vocalistiche), ma credimi sono gli stessi identici suoni.

Una breve risposta anche all'amico Teo.

Tornando infine al discorso relativo ai pianissimi di Kaufmann, sinceramente non saprei dire quale visione Jonas abbia dell’appoggio, anche se è chiaro che senza sostegno non si può cantare; quello che a mio avviso è certo è che l’attacco del suo pianissimo è realizzato in maniera totalmente diversa da quella che per esempio potremmo ascoltare in un Tito Schipa, anche se alla fine, la dinamica del fiato nel suo processo conclusivo è la stessa (dissolvenza del suono).


Senza sostegno non si può cantare... certo anche senza polmoni, senza corde vocali, senza bocca... ecc... ecc...
Ma - come giustamente tu affermi - quel sostegno può essere realizzato in modo completamente diverso.
Nel diverso uso del fiato sta la maggior differenza fra "declamatori" e "vocalisti" (non parliamo poi dei coloristi, un mondo a parte).
Quello che ti dici infatti è giustissimo.
Schipa usa il fiato in un modo, Kaufmann in un altro. Eppure entrambi smorzano.
Solo che i suoni che emettono sono diversi come potrebbero esserli quelli di un rockettaro e di un cantante gregoriano.

Quanto a Schipa e al suo uso del registro centrale, ci sarebbe molto da dire.
Il Cellettismo gli ha steso sopra una coperta di "ufficialità" che ne ha snaturato l'immenso contributo.
Schipa è stato il primo e più grande pioniere del "colore" della storia del canto italiano.

Un salutone,
Mat
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Re: Werther (Massenet)

Messaggioda Bertarido » gio 04 feb 2010, 16:02

Caro Mat
Non ho molto tempo per rispondere ma cercherò di fare del mio meglio finchè la discussione è ancora nel vivo. Il tuo “relativismo” non mi genera affatto sconcerto, anzi mi stimola riflettere su un argomento che come ho già precisato, mi sta molto a cuore e che, ancora dopo molti anni, mi appassiona grandemente. E’ vero, sono cresciuto (da poco cinquantenne) negli anni del cellettismo imperante e del nostro custodivo gelosamente, come livre de chevet, la prima edizione del Teatro d’Opera in Disco di cui ancora ricordo svariati passi quasi a memoria. Non nego che devo molto a questa lettura fonte di innumerevoli nozioni, via via arricchitesi nel tempo grazie ad altre letture. Tutto questo per dire, nonostante tali avi, che non mi sento affatto partecipe della schiera dei passatisti e dei sostenitori della verità unica: per mia formazione culturale rifuggo per principio dalle verità rivelate, in tutti i campi e in tutti i sensi, e cerco in ogni argomento di mantenere una sufficiente distanza per poter ascoltare ed anche recepire quanto possono offrire tesi anche di molto differenti dalle nostre. Riconosco che il tuo post, anzi, direi, i tuoi vari post sull’argomento, mi hanno comunque portato a considerare il canto anche sotto una etichetta diversa da quella prettamente “belcantista” a cui faccio e ho fatto, naturalmente, riferimento. Non ti posso dare torto quando tu dici
MatMarazzi ha scritto:E sentirai che è diverso tutto: l'uso del fiato, l'uso dei muscoli della gola (in certi casi rilassatissimi - i vocalisti - in altri volutamente contratti - i declamatori e soprattutto i coloristi), l'uso della maschera.

E soprattutto
MatMarazzi ha scritto:Oggi il pubblico fischierebbe molti suoni di antichi geni del canto come la Melba o Plasson

Penso che agli inizi del secolo la Melba fosse di quanto più vicino potesse esserci al vero canto “belcantista della prima metà dell’Ottocento: Melba, e soprattutto la Patti possono essere considerati dei “fossili guida” per rintracciare quello che si intendeva appunto per “belcanto” seppure declinato secondo i canoni vittoriani; ebbene a risentire adesso le due stelle non possiamo a meno, in alcuni casi, di farci un sacco di risate (la Patti era stata apprezzata dallo stesso Verdi in Traviata e dico Traviata): e allora penso: e se la Pasta, che adesso immaginiamo come un bisbisbisnonna della Callas cantava invece con uno stile molto più simile a quello della Patti, cosa che trovo molto più vicina al vero? Su questo non posso che darti ragione: non esiste una sola vocalità e soprattutto un solo modo per dar forma ad un suono, come non esistono, come tu dici, suoni "leciti e non leciti": le tecniche, e tra queste anche quella vocale, mutano inesorabilmente con il succedersi delle epoche: e questo è un dato di fatto, che poi ci piacciano o meno è un altro discorso (da grande appassionato di tennis posso dire che nessuno si aspetterebbe che king Roger Federer, lunga vita a lui!, colpisca oggi la palla come faceva Fred Perry: eppure anche in questo campo ci sono quelli che rimpiangono i bei tempi andati del serve and volley …). Purtroppo mi si richiama all’ordine e devo chiudere ma spero di tornare presto sull’argomento.
Cari saluti Bert
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Re: Werther (Massenet)

Messaggioda MatMarazzi » ven 05 feb 2010, 13:42

Bertarido ha scritto:E’ vero, sono cresciuto (da poco cinquantenne) negli anni del cellettismo imperante e del nostro custodivo gelosamente, come livre de chevet, la prima edizione del Teatro d’Opera in Disco di cui ancora ricordo svariati passi quasi a memoria. Non nego che devo molto a questa lettura fonte di innumerevoli nozioni, via via arricchitesi nel tempo grazie ad altre letture.


Pure io! :)
Ho già detto varie volte, ma sono contento di ripeterlo, che quando Celletti evitava di postulare assiomi o di giudicare il repertorio a lui ignoto con gli stessi strumenti critici che applicava al belcanto, allora era un grande, grande storico e un buon critico.
E' lui che ci ha fatto capire l'importanza di un intero repertorio e che ha indicato una via per interpretarlo.

per mia formazione culturale rifuggo per principio dalle verità rivelate, in tutti i campi e in tutti i sensi, e cerco in ogni argomento di mantenere una sufficiente distanza per poter ascoltare ed anche recepire quanto possono offrire tesi anche di molto differenti dalle nostre.


Pure io! Mi riconosco in pieno in ogni parola. :)

Quanto al felicissimo paragone col tennis, lo sento particolarmente (anche se non seguo più questo sport da svariati decenni); quando ero giovane io, già si deprecava il "declino" introdotto da Lendl, rispetto agli anni felici di Borg e McEnroe.
Come in ogni campo, il piagnucolare sul passato e deprecare ogni evoluzione come "declino" è una prassi di cui - pare - non si possa fare a meno.
E' nella natura dell'uomo e forse è giusto così: l'evoluzione, per essere davvero positiva, ha bisogno di nascere dal contributo di due forze: quella che spinge al cambiamento e quella che tenta di frenarlo.
Da questa sintesi nasce il progresso (inteso non in senso "mistico" di miglioramento, ma di adattamento alle nuove condizioni).

Ti mando un affettuoso saluto e spero che tu abbia il tempo di proseguire il dibattito, anche sul caso Dessay.
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Re: Werther (Massenet)

Messaggioda Tucidide » ven 05 feb 2010, 13:50

MatMarazzi ha scritto:Come in ogni campo, il piagnucolare sul passato e deprecare ogni evoluzione come "declino" è una prassi di cui - pare - non si possa fare a meno.
E' nella natura dell'uomo e forse è giusto così: l'evoluzione, per essere davvero positiva, ha bisogno di nascere dal contributo di due forze: quella che spinge al cambiamento e quella che tenta di frenarlo.
Da questa sintesi nasce il progresso (inteso non in senso "mistico" di miglioramento, ma di adattamento alle nuove condizioni).

Sottoscrivo ogni parola... ma oggi devi essere di buon umore. :D Altre volte hai menato fendenti mica da ridere sui "passatisti". Io invece, come mi sembri fare tu adesso, difendevo la logica dell'opposizione al cambiamento.
Il mondo dei melomani è talmente contorto che nemmeno Krafft-Ebing sarebbe riuscito a capirci qualcosa...
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Re: Werther (Massenet)

Messaggioda MatMarazzi » ven 05 feb 2010, 17:30

Tucidide ha scritto:Sottoscrivo ogni parola... ma oggi devi essere di buon umore. :D Altre volte hai menato fendenti mica da ridere sui "passatisti". Io invece, come mi sembri fare tu adesso, difendevo la logica dell'opposizione al cambiamento.


Segno che non leggi bene quel che scrivo! :)
O che ne decontestualizzi qualche frase "forte" (nelle quali, ahimè, cado sovente) per poterle così contestare.
Se leggessi le mie modeste opinioni senza cercarvi solo motivi per controbatterle ;) ti accorgeresti che la tesi del progresso come sintesi fra tradizione e sperimentazione l'avevo già difesa io, ben prima di te, plurime volte.

Ecco cosa scrivevo un anno e mezzo fa:

i pregiudizi del pubblico non vanno giudicati negativamente, anzi sono molto importanti; il fatto che il pubblico preservi - col suo apprezzamento - le conquiste del passato, permette la continuità delle scuole e delle tradizioni attraverso i tempi. ...è compito dell'artista e non del pubblico modificare quei pregiudizi (e crearne, così facendo, altri)...

e subito dopo, nello stesso post,

Il pubblico deve essere il garante della tradizione; altrimenti l'arte sarebbe una Babele di velleitarismi e novità (molte delle quali per definizione sbagliate) senza più il vaglio della selezione.
Guarda cosa è successo alle arti figurative e alla musica contemporanea quando il pubblico - accusato di tradizionalismo - se ne è tirato fuori e ha lasciato il campo libero solo ad esperti, artisti e ...Stati.
A un sano sperimentalismo si è sostituito il caos linguistico ed espressivo... e la deriva del genere.


In altro contesto ho anche sottolineato, insistendovi molto, che ciò che depreco non è l'atteggiamento di chi guarda al passato (cosa che io faccio regolarmente), ma quello di chi si rifiuta di guardare il presente.
E' questo il "passatismo" che davvero non serve a nulla.

Salutoni,
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Re: Werther (Massenet)

Messaggioda Tucidide » ven 05 feb 2010, 22:17

MatMarazzi ha scritto:In altro contesto ho anche sottolineato, insistendovi molto, che ciò che depreco non è l'atteggiamento di chi guarda al passato (cosa che io faccio regolarmente), ma quello di chi si rifiuta di guardare il presente.
E' questo il "passatismo" che davvero non serve a nulla.

Eh... sempre lì si finisce... :D
Anche in questo caso sottoscriverei, ma ci resta da capire quali siano gli atteggiamenti che tu bolli come "passatisti" della razza deteriore, e quali quelli denotanti un sano rifarsi al passato. Credo che sia difficile venirne a capo. Facciamo che io sono più buono, tu più cattivo. : Chessygrin : (ve' che scherzo, eh... :wink: )

Una cosa resta da chiarire... :lol: non so da dove ti salti in mente l'idea che io legga i tuoi scritti solo per ribattere e rintuzzare quello che tu dici. Sarebbe preoccupante se così fosse. E di' la verità... senza un po' di confronto, il forum sarebbe assai più povero. :mrgreen:
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Re: Werther (Massenet)

Messaggioda MatMarazzi » ven 05 feb 2010, 22:31

Tucidide ha scritto:Una cosa resta da chiarire... :lol: non so da dove ti salti in mente l'idea che io legga i tuoi scritti solo per ribattere e rintuzzare quello che tu dici. Sarebbe preoccupante se così fosse. E di' la verità... senza un po' di confronto, il forum sarebbe assai più povero. :mrgreen:


era solo una battuta. ;)
Non hai visto gli emoticon... Tuc?
So benissimo che non è così.
E ti dirò di più: il confronto non si limita ad arricchire il forum; è la sua ragione d'essere.

Che dici! Sono buono anche io? : Angle :

Salutoni,
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