Castrazione e regie

problemi estetici, storici, tecnici sull'opera

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Re: RATTLE VS ABBADO

Messaggioda MatMarazzi » sab 19 apr 2008, 16:41

Maugham ha scritto:Ormai definitivamente tramontata, la figura del dramaturg di fatto è quella di direttore artistico (tipo Kusej a Salisburgo per la prosa).
Mi pare che solo Morabito lavori con il dramaturg Jossi Wieler.


Assolutamente no! :)
Nei programmi di sala raccolti ai quattro angoli di Europa in questi ultimi dieci anni, ti assicuro che sono tantissimi i casi in cui il nome del "drammaturgo" è presentato in organigramma, insieme al light-designer, allo scenografo e al costumista.
Ti sorprenderà ma anche i Racconti di Hoffmann di Carsen a Parigi avevano un drammaturgo; a Parigi, a Salisburgo, ad Amsterdam è spesso indicato e con registi insospettabili.
E' una pratica diffusa ancora oggi e non certo solo in ambiente tedesco e consiste proprio in quello che ho detto io: si interpella una studioso (in genere umanista o filosofo) e gli si chiede di elaborare un progetto critico a cui il regista darà immagine.

Poniamo che Melchior risorto e impazzito decida di fare Idreno (uso un personaggio monodimensionale) perchè, a suo dire, è il prototipo dell'heldentenor.
Canta le sue due belle arie e il concertato spianado tutte le agilità, abbassando di due toni e declamando come un forsennato.
Cosa diremmo?
Che Melchior non padroneggia lo stile declamatorio d'impronta wagneriana?
No, lui quella tecnica ce l'ha eccome.
Peccato che Idreno sia un'altra cosa e che lui, per cantarlo, abbia cambiato le carte in tavola.
Potremmo dire che Melchior non ha la tecnica giusta per Idreno se provasse a cantarlo in tono con tutte le agilità previste.
Ma se per assurdo accettiamo l'idea che Idreno possa essere cantato da un tenorone wagneriano, allora Melchior ha la tecnica giusta.
Stessa cosa per l'Aida di Ronconi che a te non è piaciuta.
Se accettiamo l'idea che quest'opera altro non sia che un portare a spasso bellissimi oggettoni assieme a cantanti trattati come pupazzi, allora Ronconi avrà la tecnica giusta per realizzare quel contenuto.


Su cosa si misura l'efficienza di una tecnica?
Sulla capacità di affrontare i problemi che è chiamata a risolvere.
Era l'esempio che facevo tempo fa a proposito del pugile o del ballerino: non importa quanto il pugile abbia studiato e si sia allenato; se verrà chiamatao a fare un balletto sarà tecnicamente impreparato.
Le sue idee? Non ce ne frega nulla. Quel che conta è che la tecnica non funziona.

Tornando al tuo esempio, se Melchior canta Idreno, la sua tecnica non gli consentirà di far fronte agli specifici problemi (oggettivamente riscontrabili in partitura) della scrittura.
Può avere le più raffinate idee del mondo, ma colerà a picco.
La Silja è un genio, in termini di idee.... si mangia a colazione tutte le belcantiste del mondo su questo terreno.
Però se le fai fare due note di Bellini va a fondo: e non ci sono chiacchiere, intellettualismi, considerazioni contenutistiche che possano tenerla a galla.

E' troppo comodo dire che "per me" un balletto è come un match di pugilato.
O che "per me" se sai cantare Tristano puoi cantare anche Idreno.
O che Aida si può risolvere con patetici monumenti di cartapesta portati a destra e a manca nel palcoscenico.
Ci sono dati oggettivi a cui confrontarsi.
...E per fortuna! Altrimenti tutti saremmo artisti, tutti saremmo scienziati, tutti saremmo tutto...

E invece, per quanto profonde siano le mie idee, se non so il tedesco non potrò fare l'annunciatore radiofonico in germania.
C'è poco da "sfogliar verze"! :)
E il fatto che io abbia idee tanto più profonde dell'annunciatore medio delle radio tedesche non interessa proprio a nessuno! :)
Tranne ai critici delle regie operistiche in Italia! :)

Ma una volta accettato che il Parsifal fosse quella roba lì, allora la tecnica di Schlingensief era perfetta.


Tanto "perfetta" che tu stesso hai dichiarato che la sua messinscena "disturbava la musica!" :)
Bell'esempio di tecnica perfetta! :)

E poi scusa... ma quali contenuti sono più parziali, infantili, profondamente erronei di quelli di un Chéreau che cerca di spacciare la Tetralogia come un caso di "lotta di classe" :)
Stando almeno alle tesi, un Parsifal buddista è assai meno assurdo di un Ring marxista.
Eppure il Ring di Chéreau sta in piedi, altroché.
Perché le idee non contano, quando il prodotto regge tecnicamente. Almeno a me sembra così.

Salutoni,
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Re: RATTLE VS ABBADO

Messaggioda Maugham » sab 19 apr 2008, 18:17

Nei programmi di sala raccolti ai quattro angoli di Europa in questi ultimi dieci anni, ti assicuro che sono tantissimi i casi in cui il nome del "drammaturgo" è presentato in organigramma, insieme al light-designer, allo scenografo e al costumista.


ma dài!
Non lo sapevo. Dal momento che nella prosa non esiste più davo per scontato che questa figura di mediatore culturale fosse scomparsa anche nell'opera. Quando hai tempo metti giù un po' di nomi? Accidenti, i brontosauri faticano a estinguersi.



Tornando al tuo esempio, se Melchior canta Idreno, la sua tecnica non gli consentirà di far fronte agli specifici problemi (oggettivamente riscontrabili in partitura) della scrittura.
Può avere le più raffinate idee del mondo, ma colerà a picco.


Certo. Ma leggi bene quello che ho scritto. Se Melchior avesse la pretesa di cantare Idreno come Rossini l'ha scritto!
Ma io ipotizzavo che volesse cantare Idreno COME un heldentenor.
Ovvero facesse come certi registi o dramaturg che per essere fedeli alla loro idea preconcetta (Melchior ha deciso che Idreno è un heldentenor ante-litteram - quindi contenuti) snaturano un lavoro oppure ne approfondiscono solo alcuni aspetti che portano acqua al loro mulino.
A quel punto non è più un problema di tecnica.
Perchè Melchior la tecnica ce l'ha. Ovviamente una tecnica che non c'entra nulla con Rossini. :D
Ma di contenuto.
Ovvero, non me ne frega niente che uno abbia la tecnica per gestire i concertati di Rossini se poi mi racconta che l'Italiana in Algeri è in realtà un'opera crepuscolare e malinconica sulla segregazione delle donne e la loro incapacità di rivolta contro la brutalità dei maschi.

Ci sono dati oggettivi a cui confrontarsi.


Come no. Contenuti e tecnica. Ma legati strettamente. Tu stesso dici che Bergonzi aveva un tecnica sopraffina ma mancavano... i contenuti. E pur con tutta la buona volontà del mondo Bergonzi non riuscirà mai a convincerti che quello è il tenore verdiano. Vedi che non è un problema SOLO di tecnica. Ma di tecnica applicata ai contenuti.


Ma una volta accettato che il Parsifal fosse quella roba lì, allora la tecnica di Schlingensief era perfetta.


Tanto "perfetta" che tu stesso hai dichiarato che la sua messinscena "disturbava la musica!" :)


Matteo, leggi bene. Non era la tecnica di Schlingensief a disturbarmi. Era la complessità del suo allestimento (a conti fatti inultimente arzigogolato) a disturbare la mia percezione della musica. Cercando di decifrare tutte quella roba, finivo per distrarmi. Magari uno più sveglio di me c'è riuscito benissimo.

Stando almeno alle tesi, un Parsifal buddista è assai meno assurdo di un Ring marxista.


Allora. La tesi è una cosa. Il teatro a tesi è un'altra. Ovvero l'applicazione della stessa ficcandola a forza anche dove non ci sta.
Comunque, visto che Wagner quando cominciò a pensare al Ring frequentava soggetti tali che lo spinsero a dichiarare che: era meno grave derubare una banca che fondarla :shock: ... bè non la vedo così peregrina. Anche perchè, come hai detto tu, fin dai tempi di Shaw il Ring è stato letto in chiave "marxiana".
Il Parsifal invece, buddista, animalista, terzomondista, multietnico, cabalistico, psicanalitico, internazionalista di Schlingensief mi pareva molto più assurdo.
E, converrai con me, che tra i due che citiamo non era certo la tecnica a fare la differenza.

P.S. Tu sai perchè poi Boulez ha abbandonato quell'allestimento?
Sai bene i motivi perchè ho scritto così a singhiozzo..... :evil:
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Re: RATTLE VS ABBADO

Messaggioda MatMarazzi » sab 19 apr 2008, 21:30

Maugham ha scritto:ma dài!
Non lo sapevo. Dal momento che nella prosa non esiste più davo per scontato che questa figura di mediatore culturale fosse scomparsa anche nell'opera. Quando hai tempo metti giù un po' di nomi?


Ho preso un blocco di programmi di sala (che come sai tengo come l'oro :) ) tanto per darti qualche nome.
Sia il Capriccio, sia i Racconti di Hoffmann che Carsen ha allestito a Parigi recano il nome di Ian Burton (Dramaturgie).
L'Ifigenia in Tauride di Gluck sempre a Parigi con la regia di Warlikowski porta il nome di Miron Hakenbeck (dramaturgie).

Cambiamo teatro.
Stagione 2006 del festival di Salisburgo, l'anno Mozartiano.

Le Nozze di Figaro di Claus Guth recano il nome di Ronny Dietrich (dramaturgie).
L'Ascanio in Alba di David Hermann indica il nome di Dorothea Hartmann (dramaturgie).
L'oltraggioso Ratto dal serraglio con la regia di Herheim riporta il nome di Wolfgang Willaschek (dramaturgie).
Il Don Giovanni di Kusej (nientemeno) annuncia addirittura due nomi: Sebastian Huber e Hans Thomalla (dramaturgie).
Due nomi (ma diversi) anche per la Clemenza di Tito dello stesso Kusej: Marion Tiedtke e Regula Rapp (dramaturgie).
La Zaide (sempre di Guth) annuncia invece una certa Yvonne Gebauer (dramaturgie).
Anche il Mitridate (regia di Kraemer) esibisce alla voce dramaturgie: Jens Neundorf von Enzberg.

Credo possa bastare.
Sinceramente io non la considero una prassi così oltraggiosa.
Sai come la vedo: :) un regista deve far marciare il palcoscenico, non necessariamente deve scervellarsi in idee o "tesi" originali. Alle volte può persino mancare dell'orizzonte culturale adeguato...
In fondo non si richiede a registi lauree in storia, filosofia e psicologia!
Oddio... se è in grado lui di formulare le idee ben venga... anche se è in grado di disegnarsi il progetto luci.
Ma non ci vedo nulla di male che, in caso contrario, si interpellino professionisti specifici, ovviamente alle sue dipendenze.

io ipotizzavo che Melchior volesse cantare Idreno COME un heldentenor.
Ovvero facesse come certi registi o dramaturg che per essere fedeli alla loro idea preconcetta (Melchior ha deciso che Idreno è un heldentenor ante-litteram - quindi contenuti) snaturano un lavoro oppure ne approfondiscono solo alcuni aspetti che portano acqua al loro mulino.
A quel punto non è più un problema di tecnica.


Ok! :) ho capito.
Be, Willy, devo ammettere che l'ipotesi e la sfida mentale che ci proponi è affascinante!

Tempo fa, Beckmesser se lo ricorderà, abbiamo discusso del fatto che le alterazioni del testo che - nel passato remoto - erano prassi, favorivano cantanti che oggi, stante l'integralità del testo, faticherebbero a imporsi.
Proprio Beckmesser aveva proposto l'esempio di Schipa in Donizetti, se ricordo bene.
Ai suoi anni era un mito, ma oggi forse non sopravviverebbe alla restaurazione della scrittura originale.

Mi pare che questo discorso si avvicini alla tua ipotesi su Melchior.
Tu dici:
Mettiamo che le prassi esecutive autorizzino a spianare tutte le agilità di Idreno, mettiamo che le convenzioni ci consentano di abbassare impunemente le tonalità, mettiamo che il linguaggio rossiniano venga ispessito ed eroicizzato fino a farlo assomigliare a quello wagneriano...

be' tutte questo ipotesi (che autorizzerebbero il debutto di Melchior nella Semiramide) non sono poi così assurde! :)
In fondo è già tutto successo, in altre epoche.
E' già successo che si spianassero le agilità, è già successo che si abbassassero le tonalità, è già successo che si wagnerizzasse il linguaggio.
Prendi il Macbeth di Verdi nella Germania primo-novecentesca!
La parte di Lady veniva letteralmente riscritta pur di poterla affidare a contraltoni wagnieriani, ritenuti evidentemente più consoni al cattivissimo personaggio rispetto ai soprani acuti e virtuosi (per i quali, guarda caso, l'opera era stata scritta).
Quindi proprio il caso di Melchior da te proposto.

ORA....
:)
Abbiamo detto che la tecnica si misura dall'efficienza con cui si rapporta a "oggettive" difficoltà di un testo.
Per verificare l'efficienza o meno occorre quindi vedere il testo da cui si parte.
Se la Hoengen si fosse dovuta rapportare al Macbeth di Verdi avrebbe fallito.
Ma in realtà è a un altro testo che si è rapportata: quello "elaborato" dai tedeschi degli anni '20.
Ed è quindi in rapporto a quel testo che va rapportata la sua tecnica. No?
Probabilmente sarebbero statate la Gencer e la Scotto ad essere "tecnicamente" in difficoltà col Macbeth para-wagneriano di quegli anni.

La Delunsch si può permettere oggi di pensare alla Medea di Cherubini (quella vera), mentre finirebbe a pezzi nella Medea elaborata da Lachner che tutte hanno cantato nel novecento.
La Borkh, al contrario, è stata una superba Medea di Lachner, ma sarebbe colata a picco nella versione originale.

Idem per Schipa e il Don Pasquale.
La sua efficienza si deve misurare sul testo che ai suoi anni si eseguiva.
E così pure l'efficienza tecnica di Melchior come Idreno andrà valutata sulla sua capacità di far fronte in maniera convincente alle specifiche difficoltà che dovrà affrontare nella Semiramide riscritta in senso wagneriano.

Insomma, il tuo esempio (che può applicarsi benissimo alla storia delle prassi esecutive) mi conferma sempre di più nella mia tesi.
E' sempre questione di tecnica.

Infatti se decidessimo di fare la Semiramide riscritta da Strauss in chiave apertamente declamatoria (metti che esista) sarebbe assurdo chiamare Roqwell Blake per Idreno, il quale avrà pure tutte le idee giuste per la parte, ma resterebbe schiacciato dalle specificità di questo preciso testo.
Al contrario Melchior probabilmente sarebbe ...tecnicamente indicato.

...Non trovi?

Tu stesso dici che Bergonzi aveva un tecnica sopraffina ma mancavano... i contenuti. E pur con tutta la buona volontà del mondo Bergonzi non riuscirà mai a convincerti che quello è il tenore verdiano. Vedi che non è un problema SOLO di tecnica. Ma di tecnica applicata ai contenuti.


Ottimo esempio! :)
Però non c'è solo la tecnica vocale (quella di cui disponeva Bergonzi nel più alto grado).
Esiste anche la tecnica musicale e la tecnica attorale.
Io rimprovero a Bergonzi soprattutto la sprovvedutezza in termini musicali e attorali.

Se ti ricordi, abbiamo parlato anche di Vickers.
Io gli ho rimproverato di essere fiacco nei contenuti e lo ribadisco.
I suoi personaggi sono tradizionali, romanticoni, retorici... Non mi aspetto mai da Vickers letture sconcertanti.
E tuttavia Vickers dominava benissimo (quale che fosse la banalità dei contenuti) la tecnica musicale-attorale.
Questo lo rende, a mio personalissimo gusto, uno dei migliori interpreti verdiani, anche se - gratta gratta - non andiamo mai oltre le più banali e tradizionali raffigurazioni dei personaggi.

Poi, Willy, tu sai benissimo che non sputo certo sulle idee rivoluzionarie (che so?) di un Langridge...
Ben vengano...
Ma Langridge può permettersele perché è quell'attore e quel musicista che sappiamo! :)
La tecnica (quella tecnica) ce l'ha.

Non era la tecnica di Schlingensief a disturbarmi. Era la complessità del suo allestimento (a conti fatti inultimente arzigogolato) a disturbare la mia percezione della musica. Cercando di decifrare tutte quella roba, finivo per distrarmi.


Ok, ok! Ho capito!
:)
Inoltre, non avendo visto lo spettacolo, mi sono già arrampicato sugli specchi anche troppo a lungo! :) :oops:


Comunque, visto che Wagner quando cominciò a pensare al Ring frequentava soggetti tali che lo spinsero a dichiarare che: era meno grave derubare una banca che fondarla :shock: ... bè non la vedo così peregrina.

...E quando lo concluse, il Ring, era diventato famiglio di sovrani! :)
Comunque hai ragione, la lettura di Chéreau non è peregrina, quanto, almeno mi pare, limitativa.
Shaw scriveva un libro e quindi poteva beccare solo le parti della Tetralogia utili alle sue tesi! :D
Ma Chéreau aveva tutta l'opera da far funzionare in questa chiave, e il gioco (come era prevedibile) dopo la Walkiria non gli è riuscito più.
Come spieghi, nell'ottica di Chéreau, la morte di Siegfried?
Perchè il suo ordine fallisce? Perché gli eroi restano vittime dei patti? Perché si rompe il filo delle Norne?
Che senso ha tutto il Crepuscolo?
Non lo dicevi anche tu che il Ring di Chéreau è talmente povero di continuità logica da sembrare (non ricordo le tue parole esatte) una splendida succesione di visioni?
Secondo me questo è dovuto proprio al fatto che la tesi preconfezionata non regge nel corso dell'opera... mi pare proprio un bell'esempio di "applicazione" di tesi aprioristiche e appiciccaticce che tu biasimavi.. :)
Sarà... ma chi se ne importa? :D
Ci piace tanto lo stesso! :)
Come diceva Beckmesser, le immagini di quel Ring bucano, emozionano, hanno partita vinta sulle teorizazioni ed è questa la loro forza. No?

P.S. Tu sai perchè poi Boulez ha abbandonato quell'allestimento?


No! :) dicci! dicci! :D

Salutoni,
Mat

POSTILLA: le contrapposizioni dialettiche - come questa divertentissima fra noi - presentano il rischio di portare gli interlocutori ad apparenti radicalizzazioni. Rileggendo quel che ho scritto, sembra quasi che a me non interessino i contenuti di un allestimento e che non li consideri! :)
Al contrario! E' un elemento eccitante e importante.
Solo che mentre considero la qualità tecnica una "conditio sine qua non", la profondità dei contenuti (per me) può esserci come può non esserci! Depongo le mie idee, annullo la mia opinione su un'opera, accetto le idee dell'artista quali che siano, purché lo spettacolo funzioni. :)
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Re: RATTLE VS ABBADO

Messaggioda Maugham » lun 21 apr 2008, 11:41

Se la Hoengen si fosse dovuta rapportare al Macbeth di Verdi avrebbe fallito.
Ma in realtà è a un altro testo che si è rapportata: quello "elaborato" dai tedeschi degli anni '20.
Ed è quindi in rapporto a quel testo che va rapportata la sua tecnica. No?
(cut)
Insomma, il tuo esempio (che può applicarsi benissimo alla storia delle prassi esecutive) mi conferma sempre di più nella mia tesi.
E' sempre questione di tecnica.
...Non trovi?


Non fa un grinza.
Ma il mio esempio era differente.
Io ho parlato di "adesso". Tu mi sembra che parli di "allora".
Ovvero -per stare al tuo esempio- io parlo di un clone della Hoengen che, nel 2008, decida di fare la Lady in quelle maniera.
Un clone di Melchior che s'incapriccia di fare Idreno heldentenor adesso.
Ovvero un regista (per stare nel nostro discorso) che decida di mettere su un Don Carlos o un'Orfeo con un'idea di fondo egualmente sballata e anacronistica.
Se invece mi contestualizzi sia Melchior che la Hoengen, allora sì, è principalmente questione di tecnica.
Perchè avremo dato per digerito il contenuto.
La Lady wagnerizzata.
Idreno Heldentenor.
Se fossimo al Met negli anni Cinquanta allora la riflessione sulla Peters e la Grist nel Barbiere dovrebbe necessariamente fondarsi sulla tecnica.
Su che altro?
Perchè il "contenuto Rosina" soprano di coloratura sarebbe assodato e, soprattutto, condiviso.
Poi, e in questo mi distacco dal tuo modo di vedere, tu mi dici che, se un cantante ha una tecnica di prima classe (nel senso che intendiamo noi, ovvero wort-ton-tecnica) riesce a farti passare anche la Rosina con i biancanevesmi.
Così come un regista con una tecnica di prima classe riesce a farti digerire contenuti che, sulla carta, sembrano essere forzati o semplicemente sciocchi.
Forse.
Non vorrei essere frainteso.
L'indagine sulla tecnica dei vari registi non solo è un lavoro interessante. E' fondamentale!
Se esistesse un libro o un sito web che affrontasse il problema in questi termini mi ci butterei a pesce! :D
Non ho nessuna intenzione di sminuire la tecnica o di mettarla in secondo piano, non c'è bisogno che lo dica a te che lo sai, ma lo dico per chi non mi conosce di persona.
Penso solo che le due cose vadano di pari passo e siano molto più legate di quel possa sembrare.

Riconosco comunque che sotto certi aspetti hai ragione.
Karajan è un esempio lampante.
Con la sua mostruosa capacità tecnica, la sua incredibile capacità persuasiva, la sua travolgente musicalità ci ha fatto passare visioni tutto sommato convenzionali di opere di repertorio quali Carmen, Boris e Tristano.
Però, a distanza di anni, sono convinto che la riflessione sul lascito di Karajan in queste opere vada fatto partendo principalmente dai contenuti.





Tu stesso dici che Bergonzi aveva un tecnica sopraffina ma mancavano... i contenuti. E pur con tutta la buona volontà del mondo Bergonzi non riuscirà mai a convincerti che quello è il tenore verdiano. Vedi che non è un problema SOLO di tecnica. Ma di tecnica applicata ai contenuti.


Ottimo esempio! :)
Però non c'è solo la tecnica vocale (quella di cui disponeva Bergonzi nel più alto grado).
Esiste anche la tecnica musicale e la tecnica attorale.
Io rimprovero a Bergonzi soprattutto la sprovvedutezza in termini musicali e attorali.


Ma Bergonzi non sentiva la necessità di quella tecnica perchè non aveva in testa quel contenuto.
Per limiti se vuoi culturali o cronologici o regional-territoriali o anche semplicemente intellettivi.
Ovvero il problema (per chi non ama quel tipo di approccio al tenore verdiano) di Bergonzi era principalmente di contenuti.
Per chi -e come vedi sono tantissimi- il tenore verdiano è solo, ripeto, solo, nobiltà e eleganza allora Bergonzi ha una tecnica di prim'ordine.
Perchè è l'unica che serve. :roll:
Il resto, nella testa dei forcellanti, è verismo :wink: :wink: :wink:
Non potresti mai scrivere un post (e non lo fai) limitandoti a dire che Bergonzi era uno sprovveduto sia come musicista che come attore.
O meglio, lo potresti e lo dovresti fare partendo però dai contenuti.
Quando parlavo di Di Stefano discografico EMI/DECCA (tenore che considero tra i più sopravvalutati di tutto il novecento) ho preso subito le distanze dalla solita analisi tecnico-vocale.
Anzi arrivo anche a dire che in termini di wort-ton-tecnica ne sapesse molto più di tanti suoi contemporanei e successori.
Ne discuto il contenuto. Ovvero l'approccio al ruolo, purtroppo così limitato da potersi realizzare solo con quel tipo di tecnica e fonazione.
Così come il contenuto di Bergonzi può essere realizzato principalmente con quel tipo di tecnica e fonazione.
Il che non significa, come scrivevi sopra, che allora tutti possiamo essere registi, poeti, cantanti.
Possiamo esserlo se abbiamo un buon contenuto e un ottima tecnica finalizzata a quel contenuto.
Un buon contenuto da solo non basta.
Ma non basta nemmeno una buona tecnica.

Se ti ricordi, abbiamo parlato anche di Vickers.
Io gli ho rimproverato di essere fiacco nei contenuti e lo ribadisco.
I suoi personaggi sono tradizionali, romanticoni, retorici... Non mi aspetto mai da Vickers letture sconcertanti.
E tuttavia Vickers dominava benissimo (quale che fosse la banalità dei contenuti) la tecnica musicale-attorale.
Questo lo rende, a mio personalissimo gusto, uno dei migliori interpreti verdiani, anche se - gratta gratta - non andiamo mai oltre le più banali e tradizionali raffigurazioni dei personaggi.


Mi ricordo benissimo. Ma sebbene, come ho detto e scritto, ascolti volentieri il Verdi di Bergonzi non mi sognerei mai di metterlo vicino a un tenore dall'intelligenza, dalla curiosità, dalla vastità di repertorio, dalla musicalità di Vickers.
Qui secondo me è proprio è un discorso di contenuti.
Che si concretizzano in una tecnica teatrale di grande spessore.
Per quanto tu possa trovare convenzionale l'approccio di Vickers (per certi aspetti condivido), rispetto a Bergonzi, sotto il profilo teatrale e drammaturgico -inteso nel senso di valorizzare la struttura e la costruzione drammatico-musicale di un lavoro- siamo su un altro pianeta.
E' come paragonare Bruce Springsteen a Ligabue. :D


Ma Chéreau aveva tutta l'opera da far funzionare in questa chiave, e il gioco (come era prevedibile) dopo la Walkiria non gli è riuscito più.
Come spieghi, nell'ottica di Chéreau, la morte di Siegfried?
(cut)
Non lo dicevi anche tu che il Ring di Chéreau è talmente povero di continuità logica da sembrare (non ricordo le tue parole esatte) una splendida succesione di visioni?
Secondo me questo è dovuto proprio al fatto che la tesi preconfezionata non regge nel corso dell'opera... mi pare proprio un bell'esempio di "applicazione" di tesi aprioristiche e appiciccaticce che tu biasimavi.. :)


No, come ti ho detto e scritto, quel Ring funziona senza dubbio per la tecnica di Chéreau ma anche perchè il contenuto... non è così ideologicamente orientato come dici.
Forse, dico forse perchè non lo so, in corso d'opera Chéreau si è reso conto che la tesi "proletaria" non poteva tenere in un'opera come quella.
E da uomo di teatro autentico ha risolto, di momento in momento, gli interrogativi e i problemi drammaturgici e musicali che si presentavano.
Dando poi, nel corso degli anni, una unità teatrale (se non stilistica) al suo lavoro.
Culminato nella videoregistrazione.
Non pensi che la mancanza di continuità logica sia di Wagner e che Chéreau ne abbia preso atto e ci si sia buttato a capofitto? :D
Non per niente Stoccarda ha affidato il Ring a quattro registi non certo per amore di novità e di provocazione.
Come al solito mi ci fai pensare.....

P.S. Tu sai perchè poi Boulez ha abbandonato quell'allestimento?

No! :) dicci! dicci! :D


Non era una domanda retorica! :D Non lo so proprio e lo chiedevo a te e al gruppo. I miei gossip bayreuthiani sono antichi, quando mature signore intrattenevano uno sbarbino che le guardava con questa faccia! :shock:
Adesso tengono la bocca cucita e mi danno del Lei :(

Depongo le mie idee, annullo la mia opinione su un'opera, accetto le idee dell'artista quali che siano, purché lo spettacolo funzioni.


Su questo non discuto. L'ho sempre detto che la capacità persuasiva (con tutto quello che si porta dietro) è il primo obiettivo di chiunque voglia montare su un palcoscenico.

Ciao :D
Willie
Ultima modifica di Maugham il lun 21 apr 2008, 15:20, modificato 1 volta in totale.
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Re: RATTLE VS ABBADO

Messaggioda beckmesser » lun 21 apr 2008, 12:00

MatMarazzi ha scritto:Secondo me questo è dovuto proprio al fatto che la tesi preconfezionata non regge nel corso dell'opera... mi pare proprio un bell'esempio di "applicazione" di tesi aprioristiche e appiciccaticce che tu biasimavi.. :)


A me invece sembra esattamente il contrario… Un regista “a tesi” riesce sempre, come dici tu, ad “appiccicare” le proprie “tesi aprioristiche”, per quanto forzate e sconclusionate possano essere, all’oggetto del proprio lavoro. E Chéreau, se avesse voluto farlo, credo avrebbe avuto gioco relativamente facile: non ci vuole poi molto ad appiccicare una qualche spiegazione “marxista” alla morte di Siegfried… Mi sembra invece che la componente ideologica (che pure c’è ma che non è certo peregrina per un lavoro come il Ring) sia solo il punto di partenza, una specie di tinta generale che non viene però spinta alle conseguenze estreme della “tesi”. C’è differenza, mi pare, fra una regia “a tesi” e una regia “con una tesi”: la prima alla tesi sacrifica l’opera, costi quel che costi; la seconda usa la “tesi” come filo conduttore, fermandosi un momento prima della forzatura.
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