Castrazione e regie

problemi estetici, storici, tecnici sull'opera

Moderatori: DocFlipperino, DottorMalatesta, Maugham

Re: Carmen.

Messaggioda VGobbi » mar 25 mar 2008, 0:12

Tanto che ci sei, regala pure il cofanetto della Jenufa con la Kostelnicka della Kniplova (prima registrazione). :mrgreen:
Nemmeno noi siamo d'accordo con il gobbo, ma il gobbo è essenziale! Guai se non ci fosse!
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Re: Carmen.

Messaggioda Pruun » mar 25 mar 2008, 0:55

Ma che davero davero??
Auguri allora Mat!!
Ti regalerò taaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaante registrazioni della Devia!!! :mrgreen: :mrgreen: :mrgreen: :mrgreen: :mrgreen: :mrgreen:
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Re: Carmen.

Messaggioda Tucidide » mar 25 mar 2008, 1:05

Auguroni Mat!
La prossima volta che ci vediamo, proverò a convincerlo a raccogliere i suoi scritti utilizzando tutte le arti retoriche di cui sono capace... Non assicuro il risultato. 8)
Il mondo dei melomani è talmente contorto che nemmeno Krafft-Ebing sarebbe riuscito a capirci qualcosa...
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Re: Carmen.

Messaggioda MatMarazzi » mar 25 mar 2008, 13:29

:shock: :shock:

Ragazzi sono commosso! :D :cry: :D

Grazie mille a tutti voi per gli auguri e la simpatia! :)

..però, non so per chi mi avete preso! :shock: :shock:
Io non ho "scritti" da raccogliere. Magari li avessi...
Le uniche cose che ho scritto ufficialmente sono alcune discografie per il Comunale di Ferrara, di cui fra l'altro non sono minimamente soddisfatto.
Per il resto io scrivo solo su questo sito! :)
Sono solo come tutti un appassionato (issimo) dell'opera, con il piacere di condividere idee e impressioni.
Tutto qui.

Comunque grazie! ;)

E ora vengo a Maugham.

Con il pubblico e con molti direttori artistici (per non parlare poi di larga parte della critica del tutto analfabeta in materia) siamo ancora a allestimento tradizionale/allestimento d'avanguardia. Avanguardia...... :D :D :D :D :D


:)
Allora prendiamo l'esempio dei cantanti.
Sono quattrocento anni che li abbiamo e molta gente è ancora ferma al "lirico" "lirico-spinto" "lirico-medio-drammatico-con-agilità". :)
In realtà, qualsiasi classificazione è incerta, mutevole e soprattutto, prima che sia stata sistematizzate, appre difficilissima, quasi impossibile.

Quando ero ragazzino, guardavo esterrefatto gli schemi e le ripartizioni biologiche delle classi animali.
Sono complicatissime.
Ma la cosa più complicata, credo, non è stato farle, quanto stabilire in base a cosa (a quali caratteritiche fisiche, biologiche, morfologiche) operare le distinzioni, ad esempio, all'interno di un sottogruppo.

Anche per i cantanti non deve essere stato facile cominciare a capire che potevano essere operate suddivisioni complesse, sulla base delle caratteristiche tecniche, stilistiche, psicologiche, oltre che strettamente vocali.
Però ci si è arrivati. Poi che queste categorizzazioni non siano mai scientifiche, bensì fluttuanti, mutevoli e spesso insoddisfacenti, questo è vero.
Però dei criteri "base" sono stati suggeriti.
Con i registi d'opera no... O almeno non ancora.
Vedremo nei prossimi anni!


E comunque sono convinto che tu non faccia tutta questa analisi solo per dire "ve l'avevo detto!"


Come no?????? :D
Cosa c'è di meglio al mondo?
E poi è una delle poche cose che quando non capita dici "pazienza!", mentre quando capita ti senti un dio! :D

quella sera alla Scala mi raggiunse un noto frequentatore del teatro che si mise quasi in ginocchio in mezzo alla platea e, spiccando le parole con fare puntuto e un po' insofferente, di fronte ai miei apprezzamenti mi disse: "Allora, visto che per te è così bravina perchè non vai in camerino e le chiedi se per la fine ci farà ascoltare almeno una nota?" :lol: :lol: :lol:


Forse non fu la sera migliore! Quando ci andammo io e molti amici di questo forum, il teatro mancava poco che venisse giù! :) Io ero in uno stato di trionfo...
E quando un socio Wanderer, in mezzo a quel tripudio, mi ha chiesto "ma non senti quanti applausi", io ho risposto - come Elektra:
"Ob ich nicht hoere? Ob ich die Musik nicht hoere?
Sie kommt doch aus mir."
:wink: :wink: :wink:

Prendi l'esempio di Wernicke. Io ho visto il Boris, La Calisto, Orfeo all'inferno, il Giulio Cesare e i Troiani. Dopo il Boris io non avrei mai detto che uno così serioso, politicamente impegnato, potesse cavare qualcosa di buono da Orfeo. E invece...


Quello che dici è giusto, ovviamente, ma stai parlando di "contenuti", non di linguaggio.
Da una parte metti l'impegno politico, la seriosità del Boris... dall'altro metti l'ironia di Orfeo all'Inferno.
Ma qui non si parla di contenuti.
Per tornare all'esempio dei cantanti, non ci sorprende più di tanto che la Simionato abbia cantato sia Azucena, sia Cenerentola: il linguaggio (la tecnica e lo stile) da lei messi in campo per questi due ruoli era lo stesso, benché un ruolo fosse comico e uno tragico.
Idem per Wernicke: i suoi strumenti registici erano pressoché gli stessi, sia nel Boris, sia nell'Orfeo.
E' su questo aspetto che, secondo me, si devono fare le categorizzazioni, e non sui contenuti.

Se posso dirla tutta, credo che questo sia il motivo per cui è ancora così difficile per molto pubblico giudicare un regista.
Si fermano al "contenuto" (per non dire il "messaggio", l'idea), mentre la cosa più importante da valutare è il "come" viene realizzata quell'idea, a contatto con le specifiche esigenze di un'opera.

Certo, non vedo Chereau che mi allestisce un'Italiana però non puoi mai dire. Invece se Kaufmann o Cura ti chiedono di fare Lindoro li guardi come se fossero pazzi.


E' esattamente quello che intendevo io.
Mentre con Cura in Italiana noi siamo in grado di fare un discorso di "linguaggio" prima che di "contenuti" (ossia, caro il mio Cura, quale che sia la tua "idea geniale" su Lindoro, resta il fatto che non sapresti realizzarla), con Chereau non siamo in grado.
Invece io penso che Chéreau sarebbe una catastrofe peggio di Cura nell'Italiana in Algeri, proprio perchè non ha alcuna idea (e lo ha spesso dimostrato) di come le articolazioni della musica, la ciclicità della forma chiusa possano anzi debbano diventare "immagine". Di come l'immagine debba muoversi anche quando teatralmente non avviene nulla (perché la musica ha il sopravvento sulla narrazione).

Relazionarsi con gli artisti è qualcosa di più alto del tipo "signora cosa vorrebbe cantare?" Significa entrare in contatto con loro, saggiarne i limiti, esplorarne le possibilita umane e tecniche, ridimensionarne gli entusiasmi e solleticarne la curiosità. Nel tuo caso il problema non era la Jones. Era il direttore artistico che non ha saputo valutare la bontà del sogno nel cassetto.


:) certo! Hai ragione...
Ho semplificato troppo per ...amor di tesi!
magari ci fossero più direttori artistici che cercano di capire gli artisti anche come persone.

Ma vorrei dirti che le televisioni satellitari, salvo grandi eventi, sono pagate per trasmettere gli eventi.


Ma è appunto di grande evento che sto parlando! :)
E per quello mi risulta che la televisione paga, e anche bene! o no?

Sai perchè ho pensato a lui?Perchè ho rivisto da poco la sua Rusalka. E anche la sua Turandot (che non c'entra con la Beatrice). Però che idea, una Pechino tutta macchine governata da un computer di cui Turandot è la scheda madre. Con quella citazione di Hal di 2001... :shock:


VEdi che sempre lì vai a parare? :)
I contenuti... Ma io invece vorrei parlare di tecnica, di mestiere, di linguaggio, di strumenti.
L'idea ci vuole, per carità... E Pountney è un vulcano in questo senso. Ti rigira tutto in modo stupefacente.
E dispone di una tecnica regista sopraffina, da primo della classe (gli ho visto fare un Osud a Vienna da capogiro).
Ma il punto è: come funziona la sua tecnica registica a contatto con le specificità dell'opera belcantistica?
Fermo restando il declamato geniale della Moedl, come si regolerebbe con Amina della Sonnambula?
:)

Secondo me non c'era nessuna ricostruzione storica da parte di Chereau. Si è limitato a trasporre sullo schermo la Parigi falsa di Dumas (ma affascinante più di quella vera) che è piena di sangue, lussuria e ignominia.

E' vero... ma volevo solo dire che, in quel caso, l'ambientazione non era limitata a cappottoni.
C'era una contestualizzazione di tipo cinquecentesco.
E poi uno che si diverte come lui a sguazzare nel sangue e nel fango delle guerre di religione, chissà come si diverte con i diavoli di Ludun! :)
Boh... certo attiererebbe il pubblico (certo ci vorrebbe anche un cast da grandi occasioni).

Salutoni e ...scusami di averti impestato la Pasquetta! :)
Mat
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Re: Carmen.

Messaggioda Alberich » mar 25 mar 2008, 13:31

Augurissimi (in ritardo...)!
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Re: Carmen.

Messaggioda MatMarazzi » mar 25 mar 2008, 13:49

Alberich ha scritto:Augurissimi (in ritardo...)!


Grazie infinite! :)
Mat (ahimé) trentottenne
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Re: Carmen.

Messaggioda dottorcajus » mar 25 mar 2008, 14:13

Tanti auguri giovincello!
Quasi quasi ti faccio arrivare il famoso manuale: L'ABC del canto, le uniche connotazioni oggettive del canto lirico; l'unico volume che riesce a mettere in crisi il mio relativismo relativo.
Auguroni, con una punta di invidia per la tua "serissima" grandissima passione e curiosità per me sempre stimolante.
Anzi colgo quest'occasione per ringraziare te e gli altri dotti partecipanti a questo forum che mi hanno permesso di scoprire e conoscere altre prospettive da cui osservare il mondo della lirica e trarne ancor più piacere.
Roberto

P.S.
Insisto, sta arrivando la bella stagione, promuoviamo un nuovo meeting che personalmente vorrei fatto nuovamente a Ferrara dove c'è un ideale luogo di incontro presso la sede del tuo club, luogo che contiene tutto quello che serve per effettuare degli ascolti e dar via ai nostri commenti. Se alternativa ci deve essere dovrebbe avere lo stesso supporto tecnico-logistico di Ferrara.
Roberto
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Re: Un Ercole così?

Messaggioda pbagnoli » sab 05 apr 2008, 15:08

Be', ringrazio WSM che mi ha offerto una visione di questa produzione. E' chiaro che, per ora, ho potuto solo vedere a spizzichi e bocconi, ma quello che ho visto mi sembra interessante.
E' una produzione per nulla banale e ricca di spunti di interesse.
Anche la Walkiria di Nel, per quel poco che ho visto, mi sembra ricca di motividi riflessione
"Dopo morto, tornerò sulla terra come portiere di bordello e non farò entrare nessuno di voi!"
(Arturo Toscanini, ai musicisti della NBC Orchestra)
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Re: RATTLE VS ABBADO

Messaggioda Maugham » gio 17 apr 2008, 13:32

DA ALTRO THREAD

beckmesser ha scritto:Sono completamente d’accordo su questo. Il problema di Marthaler è quello di tanti registi non cresciuti a pane e opera: ossia quello di appiccicare le proprie idee (spesso interessanti) SULLA drammaturgia dell’opera (intesa come mix testo-musica), anziché farle nascere DA quella. Quando ciò si applica ad opere in cui la forma è fondamentale (Mozart, ma anche il repertorio italiano dell’800), spesso sono dolori: su opere come Wozzeck, il gioco riesce meglio.


Caro Beck,
hai visto giusto e hai centrato, parlando del Wozzeck (che non ho visto), il punto nodale della poetica di Marthaler.
Ti riporto questo brano (tradotto a vista e quindi pieno di strafalcioni ma l'importante è il senso)
L’unicità dello stile del regista e musicista austriaco è da ricercare nel fascino che deriva dalla debolezza e dallo sforzo. I personaggi che si muovono sul suo palcoscenico sono la perfetta negazione del’agire finalizzato a uno scopo peciso. Stanchi bidelli, scontrosi proletari, grigi burocrati, oziosi pensatori assieme ad altre psicologie completamente arrese al destino. Con lui l’inerzia assume connotati eroici. Ma a differenza della commedia e della satira, che mette in scena profili psicologici simili, la forza del teatro di Marthaler non deriva da uno sguardo caricaturale sulla vita dei perdenti. Anche quando mette in scena un ubriaco razzista che si è pisciato nei pantaloni da jogging o un imprenditore fallito, i suoi personaggi mantengono sempre una profonda dignità. E nella loro comunanza fatta di attese, di gesti maldestri nati da una profonda timidezza e rassegnazione si legge sempre, a prescindere dalle differenza, un profondo vincolo che li lega, fatto di emozioni e umorismo.
Till Briegleb

Ovviamente, ma questo lo dico io, una tale poetica (e forse tutte le poetiche come tutte le ideologie) se applicata in teatro indiscriminatamente diventa perniciosa.
Cosa che Marthaler sembra invece fare.
Non ho visto i titoli di cui parla Mat, eccetto la bellissima e jonesiana :wink:, Kabanowa.
Lì c'erano perdenti eccome. Anche nel Wozzeck. E forse nella Traviata.
Però ho visto le sue Nozze e anche lì siamo al disastro come reiferisce Matteo sul DG.
Perchè se c'è un'opera dove la vitalità tracima....
Vedi, secondo me il problema non sta nella maggiore difficoltà "tecnica" di un repertorio rispetto a un altro.
Lo ripeto, a costo di diventare noioso e stucchevole.
Il problema sta nelle regie a tesi. Già funeste nella prosa (ma passi! :roll: ). Invece disastrose all'opera.
Perchè è un genere che ha talmente tanti codici espressivi mutevoli e differenti (in confronto alla Norma il Lear può apparire modimensionale) da creare subito forzature che vengono lette nella peggiore delle ipotesi come semplici provocazioni.
E' l'errore in cui incorrono molti registi soprattutto in area tedesca dall'immenso talento quali Schlingensief, Jossi Wieler e a volte Kusej.
Decidono a priori il "significato" dell'opera anziche cercarlo e crearlo direttamente sul testo e sulla musica.
Non sempre per incapacità tecnica o dilentattismo (Marthaler è un musicista diplomato) ma per sensibilità esasperata e, forse, egotismo.
Poi ci sono gli sciocchi che provocano per il puro gusto di sghignazzare dietro le quinte... ma Marthaler non mi sembra di questi.
Saluti
Somerset
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Re: RATTLE VS ABBADO

Messaggioda beckmesser » ven 18 apr 2008, 10:28

Maugham ha scritto:Il problema sta nelle regie a tesi. Già funeste nella prosa (ma passi! :roll: ). Invece disastrose all'opera.
Perchè è un genere che ha talmente tanti codici espressivi mutevoli e differenti (in confronto alla Norma il Lear può apparire modimensionale) da creare subito forzature che vengono lette nella peggiore delle ipotesi come semplici provocazioni.


A parte la considerazione che questo thread credo stia diventando l’incubo dei moderatori, dato che ormai ci si parla di qualunque cosa…, devo dire che sono d’accordissimo quanto alla diagnosi, ma credo che la terapia per evitare un tale tipo di risultati implichi appunto una buona dose di “tecnica”, che non può che essere legata anche al tipo di repertorio.

Mi è capitato di rifletterci in questi giorni: a Parigi ho comprato un volume dell’opera omnia saggistica di Boulez (del quale il minimo che si può dire è che è scrittore-teorico del livello del direttore, ossia altissimo). Fra le altre cose, dedica un profilo a molti dei registi con cui ha lavorato. Parlando di Chéreau, ne da una definizione per mio conto fantastica: “un misto di teorizzazione – di ideologia ? – e di pragmatismo” (“un mélange de théorisation – d’idéologie? – et de pragmatisme”). E poi racconta di come Chéreau procedeva, partendo da un’analisi di tutto ciò che stava attorno all’opera, in modo da definirne un’idea teorica (ideologica?), ma poi sottoponendo il tutto ad una spietata valutazione teatrale, abbandonando tutto ciò che non vi si adattava. E in effetti, la cosa che mi ha sempre colpito delle regie di Chéreau è l’altissimo grado di teorizzazione (ideologia?), che tuttavia riesce ad annullarsi completamente nel teatro. Si citava in altro thread, credo, il finale del Crepuscolo, con la Brunilde biancovestita brandente una torcia. Immagine ideologica come poche, in effetti, eppure anche solo teatralmente validissima. Poche sono le caratterizzazioni più politico-ideologiche del suo Loge, eppure è anche “solo” una strepitosa figura teatrale. Sto guardando in questi giorni il dvd del suo “da una casa di morti”, ed è lo stesso. Ovviamente, questo modo di procedere lo ha potuto perseguire solo perché ha scelto con giudizio i titoli ai quali poteva adattarlo e sui quali la sua “tecnica” funzionava. Avesse fatto, che so, Traviata (ammesso che non l’abbia fatta…), credo che i risultati sarebbero stati ben diversi…

Saluti.
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Re: RATTLE VS ABBADO

Messaggioda gustav » ven 18 apr 2008, 11:47

Caro beckmesser,
ti ringrazio per la risposta e per il commento!!!
Ci sarebbero diverse cose da discutere sull'Abbado di oggi...Ad esempio, anch'io comprendo poco la scelta di circondarsi di "personaggi-interpreti minori": sono lontani i tempi in cui un Carreras faceva con lui ruoli di seconda linea come nel Simon Boccanegra!!!
Questo, se i nostri tutor del forum gli facessero un'intervista dovrebbero chiedergli senza peli sulla lingua! Perchè questa scelta? Perchè perseveri?...Quasi come avesse intenzionalmente voluto smettere i panni del grande direttore per ritirasi alle recite "da parrocchia"...Lui che è forse il migliore dei viventi nel suo campo, o che forse lo era sino a qualche anno addietro, se ci mettiamo dentro pure le gemme sinfoniche...

Il regista, poi, a questo punto conferma che il suo posto doveva essere preso da gente che del mestiere se ne intende e non da uno come lui al primo allestimento di lirica!!!E che per giunta, e questo è il vero nodo, sa poco o nulla dell'opera(penso neanche ora, dato che lui stesso ha dichiarato di averla scoperta da poco).

A giugno dovrebbe uscire una nuova edizione delle integrali di Beethoven dirette da lui con i Berliner...E' un live, credo preso da Roma...Speriamo bene...nello stesso periodo dovrebbero uscire anche i concerti per violino con Carmignola di Mozart...Dopo questo, mi auguro anch'io che passi a frequentare autori meno conosciuti che abbisognano davvero di un approfondimento serio e di una lettura come un Abbado ispirato potrebbe dare...
Del Fidelio, ripeto, sappiamo tanto, ma la musica, le opere che si possono interpretare sono così tante e diverse che a questo punto necessitano strade diverse...
O fra i classici classici, perchè non cimenta con Puccini o con Strauss? Lì lo vorrei...

P.s.Cosa pensi del Don Giovanni di Keennlyside? Ti è piaciuto?


Ciao!!! 8)
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Re: RATTLE VS ABBADO

Messaggioda MatMarazzi » ven 18 apr 2008, 14:23

beckmesser ha scritto:Ovviamente, questo modo di procedere lo ha potuto perseguire solo perché ha scelto con giudizio i titoli ai quali poteva adattarlo e sui quali la sua “tecnica” funzionava. Avesse fatto, che so, Traviata (ammesso che non l’abbia fatta…), credo che i risultati sarebbero stati ben diversi…


Be' Beckmesser,
Chéreau non ha fatto Traviata (guai al mondo!!!! un'opera così borghese! :) Ci avresti visto Boulez o Abbado a dirigerla?), ma ha ugualmente trovato il modo di scivolare ripetutamente su Mozart (il famoso Lucio Silla "del muro", il Don Giovanni di Salisburgo, il Così fan tutte di Aix).
Come abbiamo detto a proposito di Abbado in questo stesso thread (ahimé, è vero: delirante quanto al rapporto col topic) per una certa "cultura" anni '70 Mozart è stato il compositore cardinale e irrinunciabile.
Ci è cascato Abbado, come dicevano; e ci è cascato Chéreau.
Questa precisazione ci tengo a farla in risposta alla tua tesi che Chéreau abbia "scelto" il suo repertorio in maniera oculata, ossia con la certezza di saperlo gestire tecnicamente: per me invece non è così!
Non è stato Chéreau, paradossalmente, a scegliere il suo repertorio! E' stata l'estetica e l'idelogia che ha sposato a scegliere per lui. Wagner, Berg, Mozart... per finire l'opera più "di denuncia" di Janacek.
Più che un repertorio è un atto di fede al pensiero filo-germanico anni '70.
Per fortuna, fra questi quattro autori almeno tre si adattano anche linguisticamente alla tecnica di Chéreau.

Quanto all'efficacia teatrale delle sue regie, io personalmente distinguerei fra la vera tecnica e l'emotività.
Secondo me, è soprattutto nell'emotività (anche la più semplice e istintiva) che le immagini di Chéreau ci colpiscono.
Non neccessariamente per un senso del teatro particolarmente sottile (con questo non voglio dire, ovviamente, che sia un dilettante... intendiamoci! Pur senza essere un modello, è uno che il mestiere lo conosce!).
Però sono talmente tanti i registi che dominano la materia teatrale meglio di lui, che - credo - non sarebbe giusto non evidenziarlo.

Maugham ha scritto:Il problema sta nelle regie a tesi. Già funeste nella prosa (ma passi! ). Invece disastrose all'opera.
Perchè è un genere che ha talmente tanti codici espressivi mutevoli e differenti (in confronto alla Norma il Lear può apparire modimensionale) da creare subito forzature che vengono lette nella peggiore delle ipotesi come semplici provocazioni.
E' l'errore in cui incorrono molti registi soprattutto in area tedesca dall'immenso talento quali Schlingensief, Jossi Wieler e a volte Kusej.


Carissimo Maugham,
come al solito, la tua "tesi" :) è affascinante.
Ma, se posso permettermi, corre lo stesso rischio delle regia "a tesi" che contesti: ossia di non considerare abbastanza i casi "reali" in nostro possesso, che spesso ci presentano regie "a tesi" strepitosamente belle.
Una delle più radicali regie a "tesi" che abbia visto dal vivo è stata la Russalka di Carsen, che (guarda caso) è stata anche uno delle più geniali e complesse che ricordi.

Secondo me, tu hai perfettamente ragione nell'enucleare i rischi legati a scelte aprioristiche e radicali.
Fai benissimo ad ammonire i registi: "bimbi cari, non pensate che perché ricontestualizzate un'opera, o vi imprimete un pregiudizio ideologico, o perché vestite Loge da donna, il vostro lavoro sia finito!! Non è nemmeno incominciato".
Molti registi "a tesi" (ma sarebbe meglio dire dilettanti a tesi) non si curano di servire la musica e il teatro, lasciano andare a male lo spettacolo, limitandosi a incollarvi qualche ideuzza scandalistica, che li faccia sembrare tanto "coraggioso".
Certo! E' giusto prendere posizione contro tutto questo e ricordare a tutti loro che il teatro e la musica vengono prima di qualsiasi idea.
Ma quel che sembra a me è che in questi casi il problema, la ragione del fallimento non sia imputabile alla tesi, bensì al regista, alla sua incapacità.

Proprio come l'idelogia, in sede critica la tesi è ...poco interessante.
O per lo meno, è interessante purché non venga spacciata per capacità registica.
Nel senso che tutti noi (che registi non siamo) siamo capacissimi di formulare idee su come "intendere oggi" le opere del passato. L'interessante dunque non sta in questo.
L'interessante è in ciò che materialmente si fa su un palcoscenico.

E tuttavia, io credo che se una regia è bella, non sarà un difetto l'avere a monte una visione forte, originale, coerente.
No?

Salutoni,
Matteo
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Re: RATTLE VS ABBADO

Messaggioda Maugham » ven 18 apr 2008, 16:14

Chéreau non ha fatto Traviata (guai al mondo!!!! un'opera così borghese! :) Ci avresti visto Boulez o Abbado a dirigerla?), ma ha ugualmente trovato il modo di scivolare ripetutamente su Mozart (il famoso Lucio Silla "del muro", il Don Giovanni di Salisburgo, il Così fan tutte di Aix).


Be' Mat, io non riesco a essere così categorico.
Secondo me Traviata poteva venir fuori anche bene.
Uno che riesce a montare con tale virtuosismo la scena dei Ghibicungi poteva anche muoversi con agio nei salotti verdiani.
Poi magari mi sbaglio e avrebbe fatto morire Violetta anzichè nel pieno del Carnevale durante uno sciopero alla Renault... :wink:
Vedi, tu nella regia distingui contenuti da tecnica.
Per me invece sono inscindibili.

Cos'ha che non va il Così fan tutte di Aix?
Chèreau ha una tecnica sopraffina per esprimere i suoi contenuti.
Che possono non piacere.
Personalmente ho trovato quel Mozart di Aix (a prescindere dalle entrate dal fondo dei personaggi che ormai non le fa più neanche Paolo Poli ma sono un retaggio avanguardista primi anni settanta del tipo "abbattiamo la quarta parete!") molto gradevole. Forse un po' antico...sembrava uno spettacolo di Strehler, ma splendido, con il Teatro Valle ricostruito, luci meravigliose, con quei vuoti che si creavano tra i personaggi in perfetta sintonia con la musica.

E tuttavia, io credo che se una regia è bella, non sarà un difetto l'avere a monte una visione forte, originale, coerente.


Ma questo non è fare uno spettacolo a tesi. E'...fare una regia.
Andiamo sul concreto.
Schilngensief a Bayreuth, nel Parsifal, guardacaso con Boulez, ha montato uno spettacolo affascinante, pieno di prodezze tecniche mozzafiato, roba, per capirci, con tecnologia da Cirque de Soleil. Non avevo mai visto niente dal vivo a riprova che, tecnicamente, il palcoscenico di Bayreuth è forse quello più all'avanguardia d'Europa. In cinque ore di musica non c'era praticamente niente che stesse fermo in scena. E non ho sentito nemmeno una quinta che frusciasse.... Da non credere.
Grande Parsifal? Assolutamente no.
Perchè? Perchè il contenuto era, secondo me, debole. Seppure apparentemente forte e originale.
Togliamo via l'elemento cristiano, facciamo un Parsifal buddista (semplifico), mettiamoci l'animalismo, la trascendenza, il doppio che tutti gli esseri viventi sperimentano prima del Nirvana. I cavalieri del Graal diventano guerrieri Masai e il Graal una corpulenta signora di colore dalle forme di certe statuette animiste dell'africa equatoriale. E altre mille cose...
Non ve la faccio tanto lunga, guardate qui: http://www.schlingensief.com/index_eng.html.
Posso dire che Schlingensief non avesse tecnica?
Oppure che lo spettacolo non funzionasse per mancanza di tecnica?
No. Tecnicamente Schlingensief è un padreterno.
Non funzionava perchè l'idea di fondo, per l'appunto la tesi che Schlingensif metteva alla base del suo Parsifal, ovvero l'eliminazione di qualunque riferimento cristiano era applicata a tappeto.
E non in alcuni punti nodali dell'opera, dove magari poteva apparire anche interessante.
No, tutta una fiera di croci divelte, abiti talari bruciati, riferimenti cristiano-cabalistici capovolti... con tutte le forzature del caso.
Quella davvero era una regia che disturbava la musica!
In molti casi, tutto preso a districare (molti senza riuscirci) gli enigmi di Schlingensief mi dimenticavo di Boulez. :D
Saluti
Willie
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Re: RATTLE VS ABBADO

Messaggioda MatMarazzi » ven 18 apr 2008, 22:03

Maugham ha scritto:Be' Mat, io non riesco a essere così categorico.
Secondo me Traviata poteva venir fuori anche bene.
Uno che riesce a montare con tale virtuosismo la scena dei Ghibicungi poteva anche muoversi con agio nei salotti verdiani.
Poi magari mi sbaglio e avrebbe fatto morire Violetta anzichè nel pieno del Carnevale durante uno sciopero alla Renault... :wink:


Non hai colto la mia ironia! :)
Io non ho detto che Chéreau non avrebbe potuto fare una bella Traviata (in effetti ho qualche dubbio, ma non è questo il punto).
Ho detto che LUI non l'avrebbe mai fatta.
Magari oggi potrebbe anche pensarci su (dopo che altri hanno dimostrato che la Traviata non è poi così "piccolo borghese"), ma certamente, negli anni della sua gloria, un "militante" come lui non si sarebbe mai abbassato a cimentarsi con un'opera che considerava tabernacolo di sentimentalismi borghesi.

Con Beckmesser si parlava infatti di scelte di repertorio! Io affermavo, appunto, che Chéreau, Boulez e gli altri esponenti dell'Intellighentsia contestatrice e filo-germanica degli anni '70, avevano paletti rigorossissimi di repertorio.
Fu Boulez, come ricorderai, ad affermare in quegli anni "l'Opéra c'est de la merde". :D
A me fa un po' ridere, pensando a quanti soldi si è fatto in questi decenni dirigendo l'opera! :)
Però quale è stato il suo repertorio operistico?
Wagner, Berg, Debussy, Bartok, Strawinsky, Schoenberg.
Non avrebbe mai diretto... non dico Verdi o Puccini, ma nemmeno Strauss, nemmeno Poulenc, nemmeno Britten (guai al mondo!).

Oggi la mentalità è cambiata: la nuova tendenza, semmai, è proprio di ricavare operazioni "intellettuali" addirittura sull'operetta e sul musical. "Nobilitare" Verdi con letture pesantemente ideologizzate e post-psicanalitiche è ormai una prassi diffusa anche fra i registi più superciliosi e "anciène regime".
E infatti anche Boulez e Chéreau si sono spinti fino alla Casa di Morti di Janacek! :)
Fino a quindici anni fa se ne sarebbero ben guardati entrambi.

Tornando alla capacità di Chéreau di affrontare il dato "tecnico" di un'opera pre-wagneriana, temo di non essere fiducioso e ottimista come te.
Persino il suo Wozzeck tende ad arenarsi quando non è possibile nascondere l'invadenza della struttura musicale.


Vedi, tu nella regia distingui contenuti da tecnica.
Per me invece sono inscindibili.


Be', Willy, che siano "scindibili" lo dimostra il fatto che possono essere (anzi, necessariamente sono) realizzati in fasi diverse.
E, naturalmente, il fatto che possono essere concepiti l'uno autonomamente dall'altro.
Lo dimostra il fatto che spesso un regista si fa affiancare da un "drammaturgo", a cui è affidato il compito proprio di formulare una "lettura" di un testo, a cui poi il regista fornirà le immagini.

Partorire un'idea, formulare una tesi, proporre una lettura diversa di un testo, ecc... sono operazioni che possiamo realizzare tutti noi.
Non importa essere registi per farlo.

Una regia, invece, la può fare solo un regista.
La sua efficacia consisterà non nelle idee che esprime, ma nel come le realizza usando le tecniche e le strategie del codice con cui ha scelto di esprimersi.

A mio parere l'errore capitale che ha commesso la critica (e che continua impunemente a commettere) nei confronti della regia dell'opera è stato proprio quello di lasciarsi abbindolare dai contenuti, forse perché i nostri critici non dispongono degli sturmenti critici necessari a giudicare una regia per ciò che più conta: ossia il suo "essere regia" (e non libro, saggio, trattato, ecc...).
Parlare di contenuti è infinitamente più semplice, ma anche sterile.
Perché un contenuto non fa una regia.
Come non si è cantanti per le "idee" e non si è direttori per le "idee", ma nemmeno scultori, nemmeno poeti, nemmeno architetti. Lo si è principalmente per il fatto di saper realizzare quelle idee (o altre, non importa) con gli strumenti della propria arte.

Si.. lo so! Mi ripeto! :)
Sono logorroico.

Venendo a Schilngensief, io non ho visto quel famigerato Parsifal, però da come lo descrivi tu (e da come l'ho sentito descrivere anche da altri) sono a mia volta convinto che si sia trattato di un fallimento.
Eppure (come faccio a spiegarmi...?) resto dell'idea che il problema non fossero le sue tesi.
Credo che, anche in quel caso, è stata la tecnica "operistica" a fare miseramente diffetto.

Quando parli delle sue prodezze tu così le descrivi:
roba, per capirci, con tecnologia da Cirque de Soleil. Non avevo mai visto niente dal vivo ...
In cinque ore di musica non c'era praticamente niente che stesse fermo in scena. E non ho sentito nemmeno una quinta che frusciasse....


Ma quella che tu descrivi, Willy, non è la "specifica" tecnica di una regia operistica.
E' una tecnica (appunto) da Cirque du Soleil (a cui, sia chiaro, va tutto il mio rispetto).
E' un muovere strutture e persone su una scena.
La tecnica operistica è fatta di incastri e contrappunti tra immagine e suono, di abile gestione di quel potenziale clamoroso che l'accostamento musica-visione può sprigionare.
La tecnica operistica è una narrazione senza parole, è un incastonare l'azione nel tempo della musica, un dialogare continuo fra emozioni suggerite dai suoni ed emozioni suggerite da immagini.

Tu dici che nulla "stava fermo in scena"... e questo che risultato sarebbe?
Io diffido moltissimo di chi "fa molto movimento" durante un'opera.
Il vero regista d'opera, come tu sai benissimo, può sconvolgerti con la sua "immobilità".
Perché è un"immobilità" solo apparente, perché - intanto - la musica procede.
Se anche restano statiche le immagini, evolve di attimo in attimo la relazione con la musica.
Sarà un'immobilità in moto, la stessa che, per esempio, Verdi ottiene nell'Ave Maria dell'Otello, con la voce del soprano che mantiene la stessa nota per battute e battute mentre l'orchestra varia continuamente armonia.
Ecco: anche l'immobilità nell'opera è difficilissima da realizzare, perchè evolve (muovendosi) nelle sue relazioni con la musica. E' molto più semplice scatenare i saltimbanchi, nel vano tentativo (vano all'opera) ti tenere così desta l'attenzione.

Da come mi descrivi quel Parsifal (e considerata la... scarsa esperienza operistica di Schilngensief) l'idea che mi son fatto è del solito dilettante rigurgitante di "idee".
E sei proprio tu a convincermi di aver ragione, poiché scrivi:
Quella davvero era una regia che disturbava la musica!


Per me, al di là di qualsiasi analisi, è proprio questa la prova del fallimento di una regia operistica.
La sensazione di uno stridore rispetto alla musica.
La musica DEVE essere la principale arma per un regista d'opera.
Più del movimento, più della luce, più dello spazio scenico.
Quali che siano le idee di un regista, è dalla musica che egli deve plasmare le sue immagini.
Se tu, assistendo a quel Parsifal, hai avvertito anche il più piccolo stridore rispetto alla musica, allora ci confermi che quella regia era tecnicamente sballata.

E non sto dicendo che il regista deve procedere sempre in continuità contenutistica con la musica.
Può anche sfotterla, difendere opinioni opposte, entrare in corto circuito...
Tutto quello che vuole, ma SEMPRE PARTENDO DA LEI.
L'esempio classico è il coro dei soldati nel Faust di Lavelli: nulla poteva esserci di più contrastante (a livello di contenuti) fra l'immagine dei soldati laceri, distrutti, feriti, avvolti da vapori di morte, e la pompa gioiosa della musica di Gounod; eppure l'effetto era meravigliosamente bello, perché l'immagine di quei soldati era stata concepita da Lavelli in funzione di quella musica e da essa si sprigionava, attimo per attimo.

Insomma, io credo (e sottolineo il "credo") che se Schilngensief fosse stato un VERO regista d'opera (e non il dilettante "operistico" che sappiamo essere) forse avremmo trovato le sue tesi strampalate e infantili perfettamente accettabili, perché la forza dirompente dell'emozione immagine-musica, quando gestita da gente che lo sappia fare, arriva a convincerti di qualsiasi cosa.

Il finale della Rusalka nella regia di Carsen è positivissimo; eppure la musica ci racconta una storia che più tragica non si può. Ma Carsen è un vero regista d'opera, e alla fine mi sono talmente commosso che, a teatro, mi sono venuti i lucciconi! :cry:
Quando il pubblico è coinvolto, emozionato, stregato da uno spettacolo vero accetta - come è giusto che sia - qualsiasi tesi; ed è proprio questa la ragione per cui ritengo che le tesi, le idee, insomma i "contenuti" contano fino a un certo punto.
Non so se sono riuscito a chiarire un po' il mio pensiero...

Salutoni,
Mat
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Re: RATTLE VS ABBADO

Messaggioda Maugham » sab 19 apr 2008, 14:49

Be', Willy, che siano "scindibili" lo dimostra il fatto che possono essere (anzi, necessariamente sono) realizzati in fasi diverse.
E, naturalmente, il fatto che possono essere concepiti l'uno autonomamente dall'altro.
Lo dimostra il fatto che spesso un regista si fa affiancare da un "drammaturgo", a cui è affidato il compito proprio di formulare una "lettura" di un testo, a cui poi il regista fornirà le immagini.


Mat, so bene cosa intendi quando parli di dramaturg.
Però ritengo sia utile chiarire il concetto perchè non vorrei mai che qualcuno pensasse che il regista non sia altro che un realizzatore tecnico di pensate altrui.
Il dramaturg (esperienza molto circorscritta sia cronologicamente che territorialmente) salta fuori verso la fine degli anni sessanta in Germania e in molti paesi del blocco comunista. Si tratta di una sorta di supervisore artistico, di guida ispiratrice, di coordinatore di un gruppo di lavoro fatto da registi, scenografi, attori, muscisti... quasi sempre raccolti all'ombra di qualche prestigiosa istituzione tipo il Thalia Theatre di Amburgo. All'ombra del teatro di "dramaturg" si sono formati registi notevoli del calibro di Flimm, i coniugi Hermann, Guth, Nel... In Italia eravamo... più all'amatriciana e ci accontentavamo dei collettivi e delle cooperative teatrali.
Ormai definitivamente tramontata, la figura del dramaturg di fatto è quella di direttore artistico (tipo Kusej a Salisburgo per la prosa).
Mi pare che solo Morabito lavori con il dramaturg Jossi Wieler.



La sua efficacia consisterà non nelle idee che esprime, ma nel come le realizza usando le tecniche e le strategie del codice con cui ha scelto di esprimersi.


Ecco il nodo.
E qui continuamo la tenzone...
L'efficacia di una regia secondo me sta nelle idee che esprime attraverso una tecnica adatta a quel tipo di idee.
Ovvero la tecnica è una conseguenza del contenuto.
Occorre prima valutare l'efficacia del contenuto.
Poi domandarsi se quel regista (in quella determinata occasione) ha messo in moto una sufficiente serie di cognizioni tecniche per far passare quel contenuto.
Le due cose sono inscindibili.
Anche nel canto.
Poniamo che Melchior risorto e impazzito decida di fare Idreno (uso un personaggio monodimensionale) perchè, a suo dire, è il prototipo dell'heldentenor.
Canta le sue due belle arie e il concertato spianado tutte le agilità, abbassando di due toni e declamando come un forsennato.
Cosa diremmo?
Che Melchior non padroneggia lo stile declamatorio d'impronta wagneriana?
No, lui quella tecnica ce l'ha eccome.
Peccato che Idreno sia un'altra cosa e che lui, per cantarlo, abbia cambiato le carte in tavola.
Potremmo dire che Melchior non ha la tecnica giusta per Idreno se provasse a cantarlo in tono con tutte le agilità previste.
Ma se per assurdo accettiamo l'idea che Idreno possa essere cantato da un tenorone wagneriano, allora Melchior ha la tecnica giusta.
Stessa cosa per l'Aida di Ronconi che a te non è piaciuta.
Se accettiamo l'idea che quest'opera altro non sia che un portare a spasso bellissimi oggettoni assieme a cantanti trattati come pupazzi, allora Ronconi avrà la tecnica giusta per realizzare quel contenuto.





A mio parere l'errore capitale che ha commesso la critica (e che continua impunemente a commettere) nei confronti della regia dell'opera è stato proprio quello di lasciarsi abbindolare dai contenuti, forse perché i nostri critici non dispongono degli sturmenti critici necessari a giudicare una regia per ciò che più conta: ossia il suo "essere regia" (e non libro, saggio, trattato, ecc...).


Non difendo di certo la critica nostrana che in fatto di regie teatrali è analfabeta. Però ribadisco, la riflessione sul contenuto, ovvero sull'idea alla base di un allestimento è fondamentale per valutare anche la tecnica. Per contenuto non intendo ovviamente gli scritti programmatici o le tesi.

Perché un contenuto non fa una regia.


Siamo d'accordo. Ma la tecnica deve essere valutata in relazione al contenuto che deve esprimere. Non sono d'accordo quando dici che Schlingensief, qualora fosse più scafato tecnicamente, magari avrebbe potuto far passare anche le sue idee sul Parsifal. Perchè in quell'allestimento i contenuti erano cervellotici o, per essere più morbidi, parziali. Ma una volta accettato che il Parsifal fosse quella roba lì, allora la tecnica di Schlingensief era perfetta.



La tecnica operistica è fatta di incastri e contrappunti tra immagine e suono, di abile gestione di quel potenziale clamoroso che l'accostamento musica-visione può sprigionare.
La tecnica operistica è una narrazione senza parole, è un incastonare l'azione nel tempo della musica, un dialogare continuo fra emozioni suggerite dai suoni ed emozioni suggerite da immagini.


Esatto Matteo! Quello era esattamente il lavoro fatto da Schlingensief in quel Parsifal. Peccato che fosse il contenuto a non reggere :D . Oppure, non voglio esagerare, di contenuti ce n'erano troppi con troppa carne al fuoco.

Ciao
Willie
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