Castrazione e regie

problemi estetici, storici, tecnici sull'opera

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Re: Un Ercole così?

Messaggioda pbagnoli » mar 11 mar 2008, 20:47

Ribadisco: continuo ad essere sempre più attratto da questo Ring.
Era già da un po' di tempo che mi chiedevo come mai la TDK avesse commercializzato un'edizione che - sulla carta - sembrava quanto meno bislacca.
Adesso mi frenano solo i costi (non banali)!...
"Dopo morto, tornerò sulla terra come portiere di bordello e non farò entrare nessuno di voi!"
(Arturo Toscanini, ai musicisti della NBC Orchestra)
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Re:

Messaggioda MatMarazzi » dom 23 mar 2008, 12:31

Vorrei riaprire, a un mese di distanza, il Maugham-pensiero sulle regie d'opera.
Nell'ambito dei "veri registi d'opera", tu insierisci "Carsen e Mussbach o Pelly e Boussard".
Deploro (ahimé) la mancanza di Richard Jones, il mio attuale idolo su questo fronte.
Mussbach appartiene a un mondo, quello dell'intellettualità mitteleuropea, che secondo me è sul viale del tramonto.
Questo rende malinconici e tristi (perché irrimediabilmente fuori tempo massimo) molti dei suoi spettacoli, infarciti di enigmi e simbologie a quiz, di provocazioncine contro la nostra cinica società, di totem vetero-ideologici.
Però, ne convengo con te, è un grande: nel senso che io attribuisco a questo aggettivo.
Ossia sa gestire il materiale drammatico in funzione della musica.
E tuttavia non vorrei in un mio "teatro ideale" spettacoli belli ma irrimediabilmente vecchi come il Doktor Faust, la Traviata e altri, che vidi a Berlino.
Stesso discorso per un altro vecchio gigante come Luc Bondy, un vero T-Rex sopravvissuto al mesozoico e costretto a girovagare solitario e perplesso in un mondo radicalmente mutato.
Anche Bondy seduce e conquista per la sua capacità tecnica, il suo senso del teatro, il suo amore per l'"immagine sonora", ma mi intenerisce per quel suo essere "vecchio in un mondo di giovani": mi sembra uno di quei vecchi intellettuali che rifiutano il computer, scuotendo la testa contro i tempi crudeli in cui si trovano a vivere...
:)

...Pelly è invece l'attualità, la modernità, la PCgeneration, la capacità di relativizzare tutto e trovarsi ugualmente bene con tutti i linguaggi (dal barocco all'operetta): cosa che che nè Bondy, nè Mussbach, nè Chéreau, nè gli altri sopravvissuti della loro generazione possiedono.

Cosa manca a Pelly? La statura umana e culturale, l'incisività che quei vecchi artisti, nonostante tutto, avevano e hanno.
Ecco perché io giuro su Richard Jones!!!
Perché è nuovo! Nuovo nelle suggestioni cinematografiche e internettiste, nelle ossessioni e nei simboli da 3° millennio, nel cinismo "metrosessuale" esilarante e terrorizzante, nella velocità del respiro narrativo, nella "globalizzazione" del suo linguaggio. Eppure ha la statura, il profilo culturale e umano dei grandi vecchi della regia operistica.
Insomma: è la quadratura del cerchio.

Nel mio "teatro ideale" lui sarebbe il re! :)
Voglio quotare in pieno la tua frase sui registi che tu chiami di "tendenza".
Devo dire che è una sintesi stupenda! :)
Complimenti...
Ti ringrazio anche perché io ho un conto aperto con questi registi (te ne sarai accorto con l'editoriale livoroso che alcuni mesi fa ho rivolto loro). E quindi non sono obbiettivo come sei stato tu.
Personalmente li detesto con tutte le mie forze e non andrò mai più a vedere un loro spettacolo.

Maugham ha scritto:Poi ci sono (non in gerarchia, ovviamente) i registi che io chiamo “di tendenza” a cui offro diritto di cittadinanza ma che mi interessano il giusto, più come fatto di costume che di cultura. Tra i tanti, ad esempio Kusej, Bieito, Nel, tanto per restare in tema. Si tratta di artisti o anche solo di abili professionisti che si esprimono attraverso segni grafici più o meno incisivi. Con loro non è –o magari non è ancora- possibile parlare di poetica perché questi segni, riconoscibili immediatamente in quanto parte del nostro quotidiano, sono solo giustapposti e a volte nemmeno sviluppati. Si tratta solo di topoi presi dalla cultura maistream e delle mode più popolari del momento senza particolari elaborazioni. Pescano nel mondo delle convenzioni, dei trip, dei giovanilismi più smaccati e popolari, dei videogiochi e a volte confezionano il tutto con una buona dose di furbizia. Non sono mica visivamente brutti i loro spettacoli, intendiamoci!, semmai sono poveri di contenuti. Di solito questi registi, che ti immagini intenti a creare in qualche loft minimalista berlinese con le scrivanie di Alvar Alto, hanno un'ossessione che informa tutte le cose che fanno. Kusej, tanto per citare il già citato, è ossessionato dalla claustrofobia e dal sesso visto come sterile coazione a ripetere quindi priva di significato. :roll: Altri hanno, butto lì, il circo, l'ecologia, il militarismo, il multietnico... Quando quest’ossessione viene applicata a tappeto le forzature sono evidenti. Si tratta comuque di personaggi che parlano un linguaggio "tecno-estetico" proprio del nostro tempo e, se imbroccano lo spettacolo, come Kusej in Elektra o Bieito nel Wozzeck, si fanno ricordare. Quando toppano, o sono fastidiosi o semplicemente innocui. A volte il presunto aggiornamento di linguaggio di cui si fregiano è semplice giustapposizione. Come se un editore pubblicassi una nuova versione della Certosa accompagnando il testo di emoticons tanto per far vedere di essere al passo con i tempi.


Certo che essendo giunta la regia a un tale livello linguistico e a una tale libertà di movimento, diventa sempre più importante da parte dei teatri scegliere bene il regista giusto per l'opera giusta (proprio come si fa - o si dovrebbe fare - per cantanti e direttori d'orchestra).
Anche sulla regia stanno nascendo scelte di repertorio.

Vi propongo un gioco.

Scegliete il regista giusto per le opere di questa ipotetica stagione.
E sceglieteli non solo sull'efficacia del rapporto col titolo, ma anche sul fatto che attirino l'interesse del pubblico!

Proserpine (Lully)
Beatrice di Tenda (Bellini)
I Diavoli di Ludun (Penderecki)
Hercules (Haendel)
Oberon (Weber)

:)

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Re: Re:

Messaggioda MatMarazzi » lun 24 mar 2008, 11:29

MatMarazzi ha scritto:Scegliete il regista giusto per le opere di questa ipotetica stagione.
E sceglieteli non solo sull'efficacia del rapporto col titolo, ma anche sul fatto che attirino l'interesse del pubblico!

Proserpine (Lully)
Beatrice di Tenda (Bellini)
I Diavoli di Ludun (Penderecki)
Hercules (Haendel)
Oberon (Weber)


insomma! Nessuno partecipa al mio gioco?
neanche i super-esperti di registi? :)

Be' allora parto io...
Tutte e cinque le opere affidate a Richard Jones!
:lol: :lol: :lol:
Dai, scherzo.

Allora, la Proserpine la affiderei a uno che ami il barocco "visionario" che oggi va tanto di moda: ad esempio Peter Greeneway.

La Beatrice di Tenda a uno che sappia muoversi bene con le opere fortemente strutturate e che sappia valorizzare la poetica più indifesa e sottile di Felice Romani; sono indeciso tra la Zambello o la coppia Leisher/Caurier.

I Diavoli di Ludun reclamerebbero proprio uno di quei registi d'antan, che prima definivo come dinosauri: l'opera esce dalla temperie giusta, quella degli anni 70. Propendo per Patriche Chéreau, che fra l'altro ha dimostrato anche al cinema di amare i "pasticciacci" orridi da storia di Francia e guerre di religione.

L'Hercules di Haendel dovrebbe avere senso del movimento, dell'esubero classico-barocco di figure retoriche e, magari, di gags irridenti all'inglese: direi David Mc Vicar.

L'Oberon dovrebbe essere la festa del sogno e dell'evasione (ma con una spolverata di cinismo); inoltre vorrei qualcuno in grado di scuotere una drammaturgia che oggi rischia di apparire compassata, ma senza ridurre tutto a trovate moderniste e provocatorie: almeno qui mi lasciate interpellare il mio Richard Jones? :)

Ok, che ne pensate?
Cosa non va?

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Re: Re:

Messaggioda Maugham » lun 24 mar 2008, 14:49

MatMarazzi ha scritto:insomma! Nessuno partecipa al mio gioco?
neanche i super-esperti di registi? :)


Un attimo...arrivo. Sono solo con la marmaglia e quindi scrivo con la mano sinistra costantemente interrotto :twisted: :twisted: :twisted:
Allora, giochiamo al direttore artistico.
Premesse:
a) io non sono un esperto di regie d'opera nè tantomeno super. :D Da un po' di anni, con il boom delle opere su DvD e il web che ti permette di trovare biglietti per i teatri fuori d'Italia, ho cominciato a considerare, oltre a quello musicale, anche l'aspetto teatrale di un allestimento d'opera. In questi anni ho visto abbastanza materiale per poter stilare un discorso complessivo sulla regia d'opera (tra l'altro non è molto dissimile alla prosa) ma sono ben lungi dall'avere una vera competenza in materia.
Infatti, come tutti i discorsi generali, sono convinto che anche il mio tenda allo schematismo e, soprattutto, faccia riferimento a quello che ho visto che, come ho detto, non è poi molto. Ad esempio, tanto per citare il tanto da te odiato Kusej (vedremo assieme l'Elektra, non ti salverai! :D ), con il Flauto di Zurigo festeggiava il suo sessantesimo allestimento d'opera. Io ne ho visti solo quattro... :( , che dire è sufficiente?
Per un hobbysta dell'opera, penso di sì. Ma per un direttore artistico -qui giochiamo a questo- che mai deve lasciarsi condizionare dai propri gusti personali, è davvero poco per poter valutare un rapporto così complesso come regia/opera.
b) Dunque, se fossi direttore artistico per abbinare titoli/registi non farei riferimento solo a quello che ho visto che dovrebbe essere, se non tutto, almeno molto. Userei il mio potere per entrare in contatto con i registi a prescindere dalla scrittura, cercherei di parlare a lungo con loro, di lanciare provocazioni, di sentire se hanno desideri nl cassetto... Inoltre valuterei il mio pubblico (ricettivo oppure solo in cerca di conferme, di media età oppure di età avanzata, colto o popolare), il repertorio dell'istituzione che dirigo (è inutile che osi con Guth quando a malapena mi digeriscono Ronconi), il sociale della città in cui lavoro se industriale, agricola, grande, piccola, se ha un'universita, se è turistica. Poi farei cassa. Lo dico sempre, un direttore artistico di un teatro a volte è come un cuoco; deve anche saper far cucina con quello che ha in dispensa.
c) Detto questo, accidenti Matteo! Come sempre punti molto in alto. :wink: Si tratta per gran parte di opere non di repertorio e tolti Beatrice e Oberon, gli altri titoli o li conosco poco (diavoli) perchè non mi interessano particolarmente o non li conosco per niente come Hercules e Proserpine (qui perchè sono ignorante e ho poco tempo).
Quindi potrei andare alla cieca ma sarebbe inutile quindi per Hercules e Proserpine... ti telefonerei e ce ne andremmo in giro per l'Europa a cercare il nome giusto. 8)


Allora:
Beatrice.
Dipende da chi ho sottomano.
Se ho una belcantista tutta pulitina e un tenore-tenore, sia come testa che come voce, ho bisogno di qualcuno con pochi fronzoli che sappia muovere anche i frigorigeri. Uno con un mestieraccio tipo Zambello (concordo con te, tanta resa poca spesa) oppure Pezzoli. Tutt'altro pianeta ma grande tecnica nell'uso del palcoscenico. Oppure l'estetizzante Martinoty. Che fa chic ma non impegna. Oppure un allestitore di buon mestiere come Copley.
Se invece ho un interprete fuori dal coro e dirige Harnoncourt, mi butto, prenderei Poutney. Sperando che tiri fuori tutto quello che di agghiacciante c'è in quest'opera. Oppure, andando nell'empireo e indebitandomi fino al 2020 Willy Decker. Anche se poi non c'è molto nella Beatrice di ragion-di-stato e ragioni-del-cuore da solleticarlo. Guarda, prenderei Villegier, ma lo metterei in accoppiata con Christie. Pensa che strano Bellini!

Oberon. Dal momento che lo vorrei diretto da Gardiner o da Pappano con la Stemme e Kaufmann (altrimenti non lo faccio) vorrei Carsen. E se Carsen non può allora ripiegherei su Montalvo. Tutt'altra cosa, ovviamente, tutta tecnica multimediale e velatini, ma penso che possa muoversi in questo campo con accortezza e fantasia.

Diavoli. Come ti ho detto la conosco poco. Lascerei stare Chereau perchè non ne potrei più di cappottoni, di muraglioni e di una batteria di luci degna dei Pink Floyd per fare quaranta tipi diversi di buio. Vorrei invece uno nuovo, che trattasse quest'opera come scritta ieri mattina. Pensa, io ci metterei l'irriverente, coloratissimo, tecnico perfetto Pelly. Peccato non ci sia più Wernicke. Senza fare troppe provocazioni (si tratta di un opera contemporanea) chiamerei Dresen.

Scusa il post buttato giù alla carlona e con poco tempo per pensarci.
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Re: Carmen.

Messaggioda marco » lun 24 mar 2008, 15:00

La Beatrice di Tenda - Zambello


se non ricordo male, molti anni fa vidi alla Fenice una Beatrice proprio con la regia della Zambello, ma non ricordo niente di particolare, un pò di costumi stravaganti, nel complesso una "normale" messa in scena all'italiana
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Re: Carmen.

Messaggioda Maugham » lun 24 mar 2008, 15:46

marco ha scritto:se non ricordo male, molti anni fa vidi alla Fenice una Beatrice proprio con la regia della Zambello, ma non ricordo niente di particolare, un pò di costumi stravaganti, nel complesso una "normale" messa in scena all'italiana


Infatti. Anche la Carmen di Londra con Pappano, Antonacci e Kaufmann non mi ha detto molto. Se accusiamo Kusej di avere l'idea fissa sul sesso (e un po' ce l'ha, l'ammetto), anche la Zambello non scherza! In quella Carmen, tutta tette, fianconi e sederoni non c'è una femmina normale. Tutte quante sono sempre colte nell'atto di sedurre, si siedono a cavalcioni del primo uomo che capita soldato o contrabbandiere che sia, ancheggiano, fanno moine, accennano passi di danza, protendono labbra procaci, lanciano occhiate assassine. Anche se sono stanche morte dopo una giornata passata a saltabeccare in mezzo ai monti. Alla fine, dai che ti dai, l'insieme stanca. Senza dubbio era una scelta precisa. Forse la Zambello voleva farci vedere il mondo femminile con gli occhi di Josè, ovvero un uomo sessualmente infantile e quindi spaventato da quello strano oggetto che è la femmina per il nostro eroe sempre dietro a fornicare e a sedurre. Mah? :?:
Però in un contesto scenico così realistico, è un segnale che, dato per scontato che ci fosse, passava quasi inosservato. Per fortuna che c'era l'Antonacci la quale invece, se muoveva un mignolo, lo muoveva perchè lo voleva muovere. E nel finale sia lei che Kaufmann sono stati appassionanti. Forse un po' eccessivi, poco ci mancava che Kaufamann la scotennasse :D , ma efficaci.
Gli inglesi hanno parlato di terrific acting. E per questa volta non mi sento di dar loro torto. Due autentici animali da palcoscenico.
Marco, cosa intendi per messa in scena all'italiana?
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Re: Re:

Messaggioda Maugham » lun 24 mar 2008, 16:04

MatMarazzi ha scritto:Allora, la Proserpine la affiderei a uno che ami il barocco "visionario" che oggi va tanto di moda: ad esempio Peter Greeneway.


Greeneway per me è un bluff. Non so in teatro ma al cinema sì. Trovate su trovate da allestitore di mostre, raffinatezze da architetto, luci da show-room... comunque sono in minoranza; sono circondato da amici cinefili che lo portano in palmo di mano. Per citare il vecchio Celletti..."non gli affiderei nemmeno l'organizzazione del gioco della papatencia :D , figuriamoci un'opera!"
Ciao
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Re: Carmen.

Messaggioda marco » lun 24 mar 2008, 16:12

[quote]cosa intendi per messa in scena all'italiana?[quote]
intendo belle scene, bei costumi, ma niente idee interpretative sulla drammaturgia dell'opera che si sta allestendo
ovviamente è un filone che ha una sua gloriosissima storia e che può essere ancora oggi molto appagante per gli occhi
fra l'altro ci vedo anche delle sub-categorie, una che può partire da Visconti e proseguire con Zeffirelli e oggi essere attualizata da DeAna, un'altra si potrebbe vedere come precursore moderno Strehler e poi Ronconi, Pizzi ecc
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Re: Re:

Messaggioda MatMarazzi » lun 24 mar 2008, 16:43

Maugham ha scritto: Allora, giochiamo al direttore artistico.

Be' Willy,
io veramente non proponevo di "giocare al direttore artistico" (semmai al direttore di casting).
Proponevo solo di identificare delle continuità fra lo stile espressivo di un regista in rapporto alle peculiarità tecniche e linguistiche di un'opera.
Cosa che oggi non fa quasi nessuno.
Forse perchè la figura del regista d'opera (pur non essendo freschissima) è ancora poco ragionata.

Nemmeno i direttori artistici (intanto) si occupano di "categorizzare" i registi e di impiegarli in repertori opportuni, non lo fanno i direttori di casting, non lo fa il pubblico e nemmeno gli stessi registi, che accettano a caso le scritture (vedi Carsen che accetta di fare Wagner, solo perché fa fino, senza riuscire a dominarlo adeguatamente).

A differenza di direttori e cantanti (oggi persino le orchestre) che vengono inquadrati sulla base delle loro esperienze tecniche e stilistiche e quindi orientati su un certo repertorio, il regista viene chiamato puramente a caso.
Devi fare Traviata? Vuoi un regista di grido? Chi è un regista di grido? Carsen? Bene: gli faremo fare la Traviata.
Se ragionassimo così con i cantanti, per Violetta potremmo chiamare la Bartoli.

Ora la situazione delle scritture registiche è questa, ma fra qualche anno non lo sarà più.
Vi saranno "barriere" (o per lo meno "ambiti") di repertorio anche per i registi.
La domanda che intendevo porvi, col mio giochino, era: secondo voi, in cosa consisteranno queste barriere?
Quali elementi tecnici indicheranno in un regista (o nella sua scuola) l'interprete giusto di un certo repertorio, proprio come si fa con i cantanti?

La mia idea, lo ribadisco, era di ragionare insieme su quali saranno, nell'immediato futuro, le categorizzazioni in base alle quali si identificheranno costanti tecniche e drammaturgiche fra i registi, si formalizzeranno le prime "scuole" e si introdurranno le prime direttrici fra queste costanti e uno specifico repertorio.

Quindi non ci tenevo affatto a giocare al "direttore artistico", semmai al "profeta".
Come sai (poiché ci conosciamo da anni) nulla mi piace di più che fare ipotesi e vederle poi confermate puntualmente una decina di anni dopo! :)
E non per virtù magica, ma solo perché la storia (in generale) è molto generosa nell'indicarci le vie che prenderà: essa spande indizi e illumina lampadine rosse; il divertente - sempre che ci si voglia giocare - è interpretare gli indizi e intuire gli sviluppi
...e naturalmente rinfacciarlo a chi (vent'anni dopo) si reca in pellegrinaggio alla Scala per applaudire la Jenufa della Silja, dicendogli: "tu dov'eri quando vent'anni fa io andavo a Bruxelles per assistere al suo debutto in questo ruolo? E, dieci anni fa, cosa dicevi della Silja "declamatoria"?
:D :wink: :wink: :wink: :wink:

Scherzi a parte, evidentemente mi ero espesso male, parlando di "giochino".
Ora spero di aver chiarito quale voleva essere il fine di questo dibattito.

io non sono un esperto di regie d'opera nè tantomeno super.

Lo sei..lo sei! ;)

ho visto abbastanza materiale per poter stilare un discorso complessivo sulla regia d'opera (tra l'altro non è molto dissimile alla prosa)


In che senso non molto dissimile dalla prosa?
A me pare molto dissimile, invece.

tanto per citare il tanto da te odiato Kusej (vedremo assieme l'Elektra, non ti salverai! :D ), con il Flauto di Zurigo festeggiava il suo sessantesimo allestimento d'opera. Io ne ho visti solo quattro... :( , che dire è sufficiente?


Sì, lo è.
Almeno secondo me.
Un'opera (che sia ben realizzata o un buco nell'acqua) ti dà tantissime informazioni sulla tecnica, sullo stile, sul mondo interiore di un regista. Come te le dà su un cantante o su un direttore.
Ti basta sentire un soprano nella Traviata (ad esempio) per capire benissimo verso quali direzioni il suo repertorio può estendersi.
Quello che ci manca, con i registi (e che invece abbiamo con i cantanti) è la "categorizzazione" di queste caratteristiche.
Ed è quello che io, in questo caso, invito a ricercare.


Per un hobbysta dell'opera, penso di sì. Ma per un direttore artistico -qui giochiamo a questo- che mai deve lasciarsi condizionare dai propri gusti personali, è davvero poco per poter valutare un rapporto così complesso come regia/opera.


Non si sta parlando di gusti. Si sta parlando di costanti e affinità, principalmente tecniche (e quindi oggettive).
E' un dato di fatto che una Sills ha più le carte in regola per cantare Bellini di una Gwyneth Jones.
Così come mi pare ovvio che un Caurier ne ha di più di Pountney, sempre se parliamo di Bellini.

b)
Userei il mio potere per entrare in contatto con i registi a prescindere dalla scrittura, cercherei di parlare a lungo con loro, di lanciare provocazioni, di sentire se hanno desideri nl cassetto...


Ahi, ahi! Sicuro che faresti questo? :? :?
Sai perché prima ho citato la Jones in Bellini?
Perché il suo sogno (ripetuto in tutte le interviste) era proprio di cantare Norma, ritenendosi (evidentemente) perfettamente in regola rispetto alle problematiche tecniche dell'opera.
Per nostra somma sciagura, c'è stato un direttore artistico che - pur di averla - le ha chiesto proprio "se aveva sogni nel cassetto".
Il risultato, documentato da un live, te lo lascio immaginare.
A me pare che l'artista non sia tenuto a conoscere i propri limiti o a conoscere il repertorio.
L'ignoranza è, da sempre, la peggiore consigliera di ogni artista (non parliamo degli agenti!).
E' proprio chi scrittura che dovrebbe avere lo sguardo sereno che il cantante (come il regista) non ha su di sè.

Inoltre valuterei il mio pubblico (ricettivo oppure solo in cerca di conferme, di media età oppure di età avanzata, colto o popolare), il repertorio dell'istituzione che dirigo (è inutile che osi con Guth quando a malapena mi digeriscono Ronconi), il sociale della città in cui lavoro se industriale, agricola, grande, piccola, se ha un'universita, se è turistica. Poi farei cassa. Lo dico sempre, un direttore artistico di un teatro a volte è come un cuoco; deve anche saper far cucina con quello che ha in dispensa.


Questo è assolutamente vero! :)
Però l'opera non è più, da tanto tempo, un prodotto da limitate circuitazione, come può essere un'altra forma di spettacolo teatrale.
L'opera non trova il suo pubblico nella cittadina in cui è eseguita.
E' evidente che se uno pensa di allestire una "Proserpine" con Greenway, non lo fa in funzione del tessuto sociale della propria cittadina: dovrà pensare al contrario all'affluenza anche a larghissimo raggio che un simile evento provocherebbe, all'esportazione della produzione, al mercato globalizzato del video e delle televisioni satellitari.
Oggi nascono festival prestigiosissimi anche in cittadine sperdute e fuori da ogni tradizione (pensa a Baden Baden, Innsbruck, Beaune, Treviri e ora - pare - Cortona): non è importante dove uno spettacolo è allestito, perché la gente accorrerà comunque (se il livello è alto) e il prodotto sarà poi venduto a livello mondiale.
Se Dussurget (il geniale inventore e mitico direttore artistico di Aix-en-Provence per vent'anni) si fosse dovuto preoccupare, negli anni 40, del tessuto sociale delle cittadina provenzale e della totale inesperienza di opera in quel sito (il suo sponsor principale era il Casinò del posto) non avrebbe mai fatto la rivoluzione mozartiana che ha fatto!
Lui invece sapeva che sarebbero corsi da Parigi e dall'estero per vedere i suoi Mozart; sapeva che avrebbero fatto dischi diffusi nel mondo e produzioni in grado di essere ripetute anche per quindici anni.

Allora:
Beatrice.
(cut)
Se invece ho un interprete fuori dal coro e dirige Harnoncourt, mi butto, prenderei Poutney. Sperando che tiri fuori tutto quello che di agghiacciante c'è in quest'opera. Oppure, andando nell'empireo e indebitandomi fino al 2020 Willy Decker. Anche se poi non c'è molto nella Beatrice di ragion-di-stato e ragioni-del-cuore da solleticarlo. Guarda, prenderei Villegier, ma lo metterei in accoppiata con Christie. Pensa che strano Bellini!


Fermo restando che Harnoncourt (purtroppo) non dirigerà mai il belcanto (perché, da vecchio direttore fintamente moderno, dice di odiarlo), Pountney temo che slitterebbe sui delicati equilibri della drammaturgia belcantistca.
Per far emergere "quanto di agghiacciante" c'è in quest'opera, non bastano le intenzioni, ma anche il saper dominare figurativamente la prigione della forma chiusa, della musica concertante, della dialettica recitativo-aria.
L'esperienza che ho di Pountney (fermo restando che il suo Macbeth è stato molto interessante) me lo dimostra piuttosto fragile in questo, come tutti i registi che approdano all'opera dalla prosa.
Macbeth presenta, grazie a Piave, una drammaturgia talmente fragorosa e sferzante che si può anche trascurare il problema della forma chiusa. Ma Beatrice no...
Stesso limite io ravviso in Decker, che ho apprezzato in molte produzioni (poche delle quali ho considerate di genio, sinceramente); per grande e abile che sia, per lui il pezzo chiuso significa semplicemente piazzare il cantante lì, e lasciarlo cantare (magari con qualche espressioncina convincente).
Ma muovere le immagine sulle strutture della musica, no... Nemmeno nella Traviata (che come Macbeth si avvantaggia del linguaggio già molto moderno di Piave).
Villegier ha già più esperienza in questo senso, perché ha praticato il barocco, ma anche lui spesso cedendo di fronte alle dificcoltà del pezzo chiuso. Finito il recitativo, è come se la luce si spegnesse.
A costo di dar ragione a certi "reazionari" :), devo dire che il belcanto è tecnicamente molto più difficile per un regista di un'opera post-wagneriana, perchè in esso la musica non si può trattare da "colonna sonora" ma occorre interagire alle sue regole, alla sua manipolazione del tempo narrativo, alla mancanza di peso strutturante della parola.

Sai chi, pur puntando al lato "agghiacciante", saprebbe dominare egregiamente la forma musicale antica e farsene vero interprete?
Sellars. :)
Lui sì che non avrebbe alcun problema a lanciarsi nella drammaturgia di Romani e nelle prigioni strutturali dell'aria.
Sarebbe interessante chiamarlo per Beatrice di Tenda.
Personalmente non lo farei, perché ho in uggia il culto "della provocazione".
Il pubblico va persuaso, non provocato.

Oberon. Dal momento che lo vorrei diretto da Gardiner o da Pappano con la Stemme e Kaufmann (altrimenti non lo faccio)


La Stemme?? In Rezia...
Secondo me finirebbe per darci il solito imbroglio della cantante "wagneriana" in un ruolo di Weber.
Rezia reclama esperienze vocalistiche e post-mozartiane che la Stemme, già in crisi con Aida, difficilmente potrebbe mettere in campo.
Invece su Kaufmann assolutamente d'accordo!!!!
A Pappano, preferirei Gardiner (anzi, sogno per sogno, preferirei Rattle con l'orchestra dell'Illuminismo).

vorrei Carsen. E se Carsen non può allora ripiegherei su Montalvo. Tutt'altra cosa, ovviamente, tutta tecnica multimediale e velatini, ma penso che possa muoversi in questo campo con accortezza e fantasia.


Ci avevo pensato anche io a Carsen.
Ma poi l'avevo escluso.
Per gestire il "finto-fiabesco" (evitando di risultare ridicoli) ci vuole tanta, tanta cultura; Carsen è un intuitivo, persino un po' infantile (un bambino di genio?).
E' più adatto al "vero-fiabesco" di Rusalka, secondo me. A lui farei fare, semmai, una Lakmé con la Dessay! :)
Non un'opera in cui la magia deve essere filtrata da un velo di intellettualismo pre-romantico.
Montalvo potrebbe essere, ma - proprio come Beatrice - anche Oberon è opera dalle strutture musicali incombenti.
Un po' più di esperienza in questo senso non mi dispiacerebbe.

Diavoli. Come ti ho detto la conosco poco. Lascerei stare Chereau perchè non ne potrei più di cappottoni, di muraglioni e di una batteria di luci degna dei Pink Floyd per fare quaranta tipi diversi di buio.


Già..hai ragione.
ehehehehe.... :D :D :D :D :D
Ma io non penso proprio che Chéreau farebbe i Diavoli come ha fatto quel Tristano a Milano.
Hai visto "la reine Margot" al cinema?
Anche quello era Chéreau, ma non c'erano affatto "cappottoni" e "muraglioni".
Anzi c'era un culto morboso di ricostruzione storica, sia pure tra i fumi di una Parigi inondata di sangue, lussuria e ignominia.
Non c'erano cappottoni e muraglioni neppure nel Don Giovanni di Salisburgo, anzi effetti "fantascientifici" di impatto sorprendente (la testa gigantesca del Commendatore, che irrompeva sul palcoscenico spaccando tutto, vetrate, mobili...)
Non dobbiamo lasciarci condizionare da quel Tristano scaligero, nel giudicare Chéreau: quello fin sulla carta, doveva essere un omaggio al Ring del 76. E lo è stato.
Un "come eravamo" e poco più.. :)

Vorrei invece uno nuovo, che trattasse quest'opera come scritta ieri mattina. Pensa, io ci metterei l'irriverente, coloratissimo, tecnico perfetto Pelly.

Coloratissimo? :O
Un'opera che parla di complotti al buio di un convento? Di esorcismi, trame politiche, suore deformi e lussuriose, emissari di Richelieu, preti ribelli, torture e roghi?
Pelly? :shock:
Be' sarebbe un colpo di scena mica da ridere... ma pure il rischio!
Quanto a Dresen e Wernicke (pace all'anima sua) ne avrebbero fatto un monumento di seriosità intellettualizzante anni '70, rendendolo ancor più noioso di quel che è, come il film di Ken Russel (che a me pare inguardabile e morboso).

Piuttosto preferirei Zeffirelli! :) Sarebbe certo più eccitante qui, che in Aida.
Chissà... se, a contatto con drammoni storici morbosi e dodecafonici, tutto il colore da cartolina di Zeffirelli non risulterebbe opportunamente "sgrassante"?
che ne dici? :)

Grazie delle considerazioni e salutoni.
Mat
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Re: Carmen.

Messaggioda Maugham » lun 24 mar 2008, 21:39

AVVISO AI NAVIGANTI Chiedo scusa me devo aver fatto confusione con i quote. Mi sono perso. Pertanto rispondo a Matteo (che è quello in grassetto) l'altro sono io.


io veramente non proponevo di "giocare al direttore artistico" (semmai al direttore di casting).

Senza dubbio. Ma io si. E' un esercizio che faccio spesso per puro piacere intellettuale. Lo ammetto. :oops:

Proponevo solo di identificare delle continuità fra lo stile espressivo di un regista in rapporto alle peculiarità tecniche e linguistiche di un'opera.
Cosa che oggi non fa quasi nessuno.
Forse perchè la figura del regista d'opera (pur non essendo freschissima) è ancora poco ragionata.


Forse ho toppato :shock: , però hai detto provate ad abbinare a questi cinque titoli cinque registi e io ho pensato fosse una cosa un po' più leggera. Appunto tipo, divertiamoci un po' e giochiamo al direttore artistico.
Poi, Matteo tu sai benissimo il rispetto che ho per il tuo metodo di analisi sul repertorio. Lo dico senza remore. Non solo nessuna analizza la figura del regista in rapporto a un determinato repertorio, me nessuno analizza il repertorio... come fai tu. E un po' di gente la conosco e l'ho frequentata. Dovresti cominciare a raccogliere i tuoi scritti. E se ci fosse un emoticon che mostrasse che sto parlando seriamente ce lo metterei.

Ora la situazione delle scritture registiche è questa, ma fra qualche anno non lo sarà più.
Secondo me no. Con il pubblico e con molti direttori artistici (per non parlare poi di larga parte della critica del tutto analfabeta in materia) siamo ancora a allestimento tradizionale/allestimento d'avanguardia. Avanguardia...... :D :D :D :D :D

Vi saranno "barriere" (o per lo meno "ambiti") di repertorio anche per i registi.

Ci sono già, ma secondo me difficilmente inquadrabili con prontezza come per una voce o per un direttore. Forse perchè, come dici tu, non siamo ancora abituati a farlo e non lo saremo fintantochè considereremo in un'opera la drammaturgia come elemento secondario rispetto a quello musicale.

Quindi non ci tenevo affatto a giocare al "direttore artistico", semmai al "profeta".
Ecco, invece io mi fermo a giocare al direttore artistico. Come profeta non mi ci vedo. :D
L'opera fa parte della mia cultura e del mio modo di vivere fin da bambino e devo dire che, seppur a corrente alternata, è l'unica passione che non ho mai abbandonato.
d'altro canto è anche (per me) un elemento della mia vita talmente mutevole e in continua evoluzione che non posso preconizzare niente.
Ho ascoltato titoli lasciati da parte per un po' di anni, titoli e interpreti su cui pensavo di aver raggiunto posizioni definite e un tantino categoriche e mi sono trovato completamente spiazzato. Era tutto diverso...
Non dico però che qualcuno, con maggior sangue freddo del mio e maggiori competenze, non lo possa fare!


...e naturalmente rinfacciarlo a chi (vent'anni dopo) si reca in pellegrinaggio alla Scala per applaudire la Jenufa della Silja, dicendogli: "tu dov'eri quando vent'anni fa io andavo a Bruxelles per assistere al suo debutto in questo ruolo? E, dieci anni fa, cosa dicevi della Silja "declamatoria"?
:D :wink: :wink: :wink: :wink:


Appunto. :roll: Tutto mi cambia intorno. Dieci anni fa ero orientato verso un altro tipo di analisi che mi soddisfaceva. Poi ne ho constatato i limiti. Magari fra un po' di anni, vecchio e biascicante sarò ancora lì con un nuovo bilancino a contare le notine. Per questo non potrei essere un bravo professionista nel mondo dell'opera. E comunque sono convinto che tu non faccia tutta questa analisi solo per dire "ve l'avevo detto!" Tanto, gli irrudicibili ci saranno sempre. Solo gli stupidi non cambiano mai idea. A proposito, quella sera alla Scala mi raggiunse un noto frequentatore del teatro che si mise quasi in ginocchio in mezzo alla platea e, spiccando le parole con fare puntuto e un po' insofferente, di fronte ai miei apprezzamenti mi disse: "Allora, visto che per te è così bravina perchè non vai in camerino e le chiedi se per la fine ci farà ascoltare almeno una nota?" :lol: :lol: :lol:

In che senso non molto dissimile dalla prosa?
A me pare molto dissimile, invece.


Intendevo che la mia analisi sui registi d'opera non sarebbe molto diversa (riguardo alla divisione in categorie) per la prosa. Anche lì gli stessi tic e le stesse mode. Tutto qui.
Con una differenza. Il pubblico della prosa è molto più avanti rispetto a quello dell'opera. Nessun abituale frequentatore della prosa si scandalizza più per attualizzazioni o altri stravolgimenti. Ha limiti di altro tipo.


Quello che ci manca, con i registi (e che invece abbiamo con i cantanti) è la "categorizzazione" di queste caratteristiche.
Ed è quello che io, in questo caso, invito a ricercare.


Sui registi non ci riesco ancora come per i cantanti e i direttori. E tutto meno evidente. Intendiamoci, è giusto farlo, però trovo sia difficile. E abbia un notevole margine d'errore. Nella mia esperienza di spettatore ho visto registi centrare titoli in cui secondo me non avevano nulla da dire e topparne altri che sembravano scritti per loro. Con i cantanti e i direttori... è più raro che mi capiti.


E' un dato di fatto che una Sills ha più le carte in regola per cantare Bellini di una Gwyneth Jones.

Certo

Così come mi pare ovvio che un Caurier ne ha di più di Pountney, sempre se parliamo di Bellini.

Secondo me no. Non ovviamente riguardo ai nomi cui ti riferisci. Prendi l'esempio di Wernicke. Io ho visto il Boris, La Calisto, Orfeo all'inferno, il Giulio Cesare e i Troiani. Dopo il Boris io non avrei mai detto che uno così serioso, politicamente impegnato, potesse cavare qualcosa di buono da Orfeo. E invece...
Certo, non vedo Chereau che mi allestisce un'Italiana però non puoi mai dire. Invece se Kaufmann o Cura ti chiedono di fare Lindoro li guardi come se fossero pazzi.

Ahi, ahi! Sicuro che faresti questo? :? :?
Sai perché prima ho citato la Jones in Bellini?
Perché il suo sogno (ripetuto in tutte le interviste) era proprio di cantare Norma, ritenendosi (evidentemente) perfettamente in regola rispetto alle problematiche tecniche dell'opera.
Per nostra somma sciagura, c'è stato un direttore artistico che - pur di averla - le ha chiesto proprio "se aveva sogni nel cassetto".
Il risultato, documentato da un live, te lo lascio immaginare.


Divertente. :D Posso immaginare la sua soddisfazione quando il meschino disse di sì. Anche se una sua Norma l'ascolterei volentieri.
Relazionarsi con gli artisti è qualcosa di più alto del tipo "signora cosa vorrebbe cantare?" Significa entrare in contatto con loro, saggiarne i limiti, esplorarne le possibilita umane e tecniche, ridimensionarne gli entusiasmi e solleticarne la curiosità. Nel tuo caso il problema non era la Jones. Era il direttore artistico che non ha saputo valutare la bontà del sogno nel cassetto.

A me pare che un artista non sia tenuto a conoscere i propri limiti o a conoscere il repertorio.
E invece per me si, almeno per quanto riguarda il repertorio. E' il suo lavoro doputto. Studiare, ascoltare, scoprire, indagare. Altrimenti è fermo lì.


Però l'opera non è più, da tanto tempo, un prodotto da limitate circuitazione, come può essere un'altra forma di spettacolo teatrale.
L'opera non trova il suo pubblico nella cittadina in cui è eseguita.


Purtroppo devo dirti che ormai la strada che si percorre in materia di finanziamenti teatrali sia in Italia che in Germania e in Francia (altrove non so) è quella del territorio, dei borderò che attestano le presenze, dall'attività su piazza. Da noi, in misura forse maggiore, con la trasformazione dei Teatri lirici in istituti di diritto privato, quindi con l'obbligo del pareggio di bilancio. Poi noi vediamo dell'estero solo il grande allestimento e ci muoviamo per quello. Ma i crucci dei sovrintendenti sono legati proprio al territorio. E a questa sciagurata politica del feudalesimo culturale. :cry:

E' evidente che se uno pensa di allestire una "Proserpine" con Greenway, non lo fa in funzione del tessuto sociale della propria cittadina: dovrà pensare al contrario all'affluenza anche a larghissimo raggio che un simile evento provocherebbe, all'esportazione della produzione, al mercato globalizzato del video e delle televisioni satellitari.

Certo che può fare un titolo di quello spessore e di così limitato ritorno. E lo deve fare. Ma vorrei dirti che le televisioni satellitari, salvo grandi eventi, sono pagate per trasmettere gli eventi. Il teatro riceve solo un ritorno di immagine. Il mercato del DvD di opera annaspa se mai è decollato. Ne parleremo magari in un altro post.

Se Dussurget (il geniale inventore e mitico direttore artistico di Aix-en-Provence per vent'anni) si fosse dovuto preoccupare, negli anni 40, del tessuto sociale delle cittadina provenzale e della totale inesperienza di opera in quel sito (il suo sponsor principale era il Casinò del posto) non avrebbe mai fatto la rivoluzione mozartiana che ha fatto!

Quarant'anni fa, appunto. E' un discorso molto lungo che ci porterebbe alla deriva. Perdonami, è complesso e rischierei di essere superficiale nella fretta dello scrivere.


Per far emergere "quanto di agghiacciante" c'è in quest'opera, non bastano le intenzioni, ma anche il saper dominare figurativamente la prigione della forma chiusa, della musica concertante, della dialettica recitativo-aria.

Appunto, studierei lo spartito con lui. Ne parlerei anni/mesi prima, vedrei come se la cava. Sarebbe davvero una vera palestra. Sai perchè ho pensato a lui?Perchè ho rivisto da poco la sua Rusalka. E anche la sua Turandot (che non c'entra con la Beatrice). Però che idea, una Pechino tutta macchine governata da un computer di cui Turandot è la scheda madre. Con quella citazione di Hal di 2001... :shock:


Villegier ha già più esperienza in questo senso, perché ha praticato il barocco, ma anche lui spesso cedendo di fronte alle dificcoltà del pezzo chiuso. Finito il recitativo, è come se la luce si spegnesse.

Non l'ho trovato così fermo come dici tu.

Sai chi, pur puntando al lato "agghiacciante", saprebbe dominare egregiamente la forma musicale antica e farsene vero interprete?
Sellars. :)


Mah, a me sembra così fermo a quell'avanguardia così anni Ottanta :?

Il pubblico va persuaso, non provocato.

Secondo me il pubblico va anche provocato. Da artisti che abbiano anche un sufficiente grado... di persuasione. :wink:
Tu quando dici che preferisci il DG di Allen a quello di Pinza, provochi e lo sai. :D
Poi ti spieghi e lo fai così bene che poi uno finisce anche per dire, perchè no? :D


Hai visto "la reine Margot" al cinema?
Anche quello era Chéreau, ma non c'erano affatto "cappottoni" e "muraglioni".


No, però era tutto un correre da una parte all'altra dello schermo di gruppi di armigeri. Secondo me non c'era nessuna ricostruzione storica da parte di Chereau. Si è limitato a trasporre sullo schermo la Parigi falsa di Dumas (ma affascinante più di quella vera) che è piena di sangue, lussuria e ignominia.
Comunque un bel film. Anche se più adatto a chi mastica di palcoscenico.


Un'opera che parla di complotti al buio di un convento? Di esorcismi, trame politiche, suore deformi e lussuriose, emissari di Richelieu, preti ribelli, torture e roghi?
Pelly? :shock:

Sì, come ti dico conosco poco l'opera e non posso andare sul dettaglio, ma pensa al movimento, alle luci, agli oggettoni che si muovono, al palcoscenico usato in tutte le sue dimensioni e non come fanno molti al solito entrano-da-destra-escono-a-sinistra. Penso ai sagomatori che ritagliano fette di palcoscenico senza farti vedere nient'altro. Pensa a un illuminazione che parte da un spot centrale e arriva poi a un totale di feroce e abbagliante potenza. Okay sto delirando... :D


Chissà... se, a contatto con drammoni storici morbosi e dodecafonici, tutto il colore da cartolina di Zeffirelli non risulterebbe opportunamente "sgrassante"?
che ne dici? :)


Guarda, senza dubbio farebbe il pienone! :D

Mat... solo tu mi spingi anche il lunedì di pasqua a far lavorare il cervello....

Ciao
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Re: Carmen.

Messaggioda pbagnoli » lun 24 mar 2008, 21:46

Maugham ha scritto:
Poi, Matteo tu sai benissimo il rispetto che ho per il tuo metodo di analisi sul repertorio. Lo dico senza remore. Non solo nessuna analizza la figura del regista in rapporto a un determinato repertorio, me nessuno analizza il repertorio... come fai tu. E un po' di gente la conosco e l'ho frequentata. Dovresti cominciare a raccogliere i tuoi scritti. E se ci fosse un emoticon che mostrasse che sto parlando seriamente ce lo metterei.


Amico, io queste cose (cioè, di raccogliere gli scritti) a Matteo lo dico da una vita.
Il problema è che stiamo parlando di uno degli esseri più pigri ed infingardi che abbiano popolato il globo terracqueo. Appena il grasso signore (che, a proposito, oggi compie gli anni) sente parlare di cose del genere, ritira immediatamente la testa dentro il guscio della tartaruga.
Se ci riesci tu a convincerlo, benvenuto :(
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Re: Carmen.

Messaggioda tatiana » lun 24 mar 2008, 22:09

pbagnoli ha scritto:Amico, io queste cose (cioè, di raccogliere gli scritti) a Matteo lo dico da una vita.
Il problema è che stiamo parlando di uno degli esseri più pigri ed infingardi che abbiano popolato il globo terracqueo. Appena il grasso signore (che, a proposito, oggi compie gli anni) sente parlare di cose del genere, ritira immediatamente la testa dentro il guscio della tartaruga.
Se ci riesci tu a convincerlo, benvenuto :(



Immagine Matteo, è vero quello che afferma Pietro??? Se si, allora mi arrabbio :evil: Perchè tu DEVI raccogliere i tuoi scritti. Capito???Immagine

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Re: Carmen.

Messaggioda pbagnoli » lun 24 mar 2008, 22:16

tatiana ha scritto: Immagine Matteo, è vero quello che afferma Pietro??? Se si, allora mi arrabbio :evil: Perchè tu DEVI raccogliere i tuoi scritti. Capito???Immagine

Tatiana

P.S. Auguri di Buon compleannoImmagine

L'amabile grassone compie 38 primavere, interamente sprecate a scrivere cose bellissime che non vuole raccogliere.
Io non sono mai riuscito a convincerlo.
Provateci voi...
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Re: Carmen.

Messaggioda VGobbi » lun 24 mar 2008, 22:42

pbagnoli ha scritto:
Maugham ha scritto:
Poi, Matteo tu sai benissimo il rispetto che ho per il tuo metodo di analisi sul repertorio. Lo dico senza remore. Non solo nessuna analizza la figura del regista in rapporto a un determinato repertorio, me nessuno analizza il repertorio... come fai tu. E un po' di gente la conosco e l'ho frequentata. Dovresti cominciare a raccogliere i tuoi scritti. E se ci fosse un emoticon che mostrasse che sto parlando seriamente ce lo metterei.

Amico, io queste cose (cioè, di raccogliere gli scritti) a Matteo lo dico da una vita.
Il problema è che stiamo parlando di uno degli esseri più pigri ed infingardi che abbiano popolato il globo terracqueo. Appena il grasso signore (che, a proposito, oggi compie gli anni) sente parlare di cose del genere, ritira immediatamente la testa dentro il guscio della tartaruga.
Se ci riesci tu a convincerlo, benvenuto :(

Questa proprio non lo sapevo. E' scandaloso che uno come Mat, si rifiuta di far pubblicare i suoi scritti che non sono per nulla pedanti, anzi invogliano ad approfondire un repertorio che per natura tendiamo a trascurare. Io personalmente, dopo aver letto il thread su Lully, mi e' venuta voglia di ascoltare qualcosa in merito. E non solamente ascoltare ...

Ed auguri Mat!!! :P
Nemmeno noi siamo d'accordo con il gobbo, ma il gobbo è essenziale! Guai se non ci fosse!
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Re: Carmen.

Messaggioda Maugham » lun 24 mar 2008, 23:00

Provateci voi...


Ci proverò. Abbiate pazienza...
Comunque ho già pronto un bel regalo di compleanno.
Gli duplico, nell'ordine,
a) Elektra - Kusej :evil: :evil:
b) Wozzeck - Bieito :evil: :twisted:
c) un po' di Wernicke :twisted: :twisted: :twisted:
d) la Carmen di Zeffirelli da Verona :twisted: :twisted: :twisted: :twisted: :twisted:
Secondo voi mi leva il saluto?
Auguroni Mat. :D :D :D
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Mae West: I'm intellectual and you are the opposite.
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