SPAZIO ALLE INTERVISTE

problemi estetici, storici, tecnici sull'opera

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Re: SPAZIO ALLE INTERVISTE

Messaggioda dottorcajus » ven 07 mar 2008, 0:51

tatiana ha scritto:
MatMarazzi ha scritto:
tatiana ha scritto:Nel repertorio belcantistico se il direttore sotto è mediocre è la morte del cantante sul palcoscenico.


Quello che dici, ovviamente, è comprensibilissimo.
Ma non pensi, Tatiana, che lo stesso dramma sia quello di chi deve cantare un'opera di Wagner e si trova a dover fare i conti con un direttore modesto?
Non ritieni che il problema sia lo stesso, se non peggiore?

Salutoni,
Matteo


Matteo, un direttore mediocre è sempre un dramma, ma ti assicuro che è proprio nel repertotio belcantistico che il cantante soffre al massimo a causa di un direttore mediocre. In Wagner e Strauss il cantante riesce a salvarsi di più.
Il pubblico invece è penalizzato in tutti i casi quando il direttore è mediocre.

Tatiana

Questo forse perchè il repertorio belcantistico in Italia è più frequentato e conosciuto dalla massa del pubblico e perchè la sonorità orchestrale, di solito non eccessiva, lascia più allo scoperto il cantante ne segue di conseguenza che il rapporto orchestra-palcoscenico è più importante. Ovviamente un direttore mediocre, come un cantante mediocre, penalizzano sempre la riuscita ottimale dello spettacolo, indipendentemente dal titolo eseguito.
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Re: SPAZIO ALLE INTERVISTE

Messaggioda MatMarazzi » sab 08 mar 2008, 15:49

dottorcajus ha scritto:Questo forse perchè il repertorio belcantistico in Italia è più frequentato e conosciuto dalla massa del pubblico e perchè la sonorità orchestrale, di solito non eccessiva, lascia più allo scoperto il cantante ne segue di conseguenza che il rapporto orchestra-palcoscenico è più importante.


Sono assolutamente d'accordo.
In questi termini capisco benissimo cosa volete dire.
Io volevo solo osservare che se un wagneriano perde per strada il suo ritmo e il suo rapporto con l'orchestra, sarà più difficile recuperarlo, data la maggiore fluidità e autonomia dell'orchestra wagneriana.
In un'opera italiana dopo qualche battuta di imbarazzo, è più facile rimettersi al segno.

Però capisco che non è di questo che tu, Teo.Emme e Tatiana parlate.
Non si parlava di "incidenti" ma di gestione della frase musicale, dei suoi respiri e delle sue pulsazioni, che è difficile rendere senza un'adeguata intesa con la fossa.

Salutoni,
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Re: SPAZIO ALLE INTERVISTE

Messaggioda teo.emme » dom 09 mar 2008, 15:37

Finalmente trovo il tempo di rispondere e intervenire in questa discussione, per me molto interessante.
Innanzitutto voglio subito chiarire che, come ricorda giustamente MatMarazzi, non si parla qui di incidenti o di direttori palesemente impreparati o di sbagli evidenti, è ovvio che in tali casi qualunque sia il repertorio, da Monteverdi a Henze, il risultato è penalizzante per tutti, per chi ascolta e per chi canta. Il discorso vuole essere più generale, credo.
Ecco, per sgombrare il campo da equivoci e fraintendimenti chiarisco subito che per me (ovviamente è mio parere personale) il "dramma musicale" wagneriano non ha alcuna supremazia estetica o strutturale sul belcanto e sul melodramma. Trovo che sia una fase ovviamente importantissima dell'evoluzione dell'opera, ma non credo che esso sia per forza un progresso e, neppure, che la musica precedente tendesse ad esso o cercasse di raggiungerlo in una sorta di concezione hegeliana dello spazio e del tempo. Considerare il dramma musicale wagneriano come la sintesi della musica ad esso precedente è, per me, una grossissima falsificazione storica e filosofica, un pregiudizio pericoloso che ha consentito di leggere tutta la musica precedente (con particolari sopravalutazioni di autori che si credeva fossero epigoni di tale "progresso", penso a Gluck visto come anticipatore di Wagner da molta critica tedesca e anglosassone) in modo distorto e scorretto. Detto questo non penso che neppure Wagner sia da leggere esclusivamente alla luce del dramma musicale, dal momento che larga parte dei suoi lavori si richiama alla tradizionale opera romantica tedesca. Ci sarebbe poi da considerare il debito con l'opera italiana, capitolo sempre glissato dai "bidelli del Walhallah" e che varrebbe invece la pena approfondire (penso ai notevoli influssi di Bellini e di Rossini, ma anche del tanto detestato Donizetti).
Lasciando perdere queste premesse voglio ritornare al tema, cioè al rapporto tra direttore e orchestra e tra orchestra e cantanti in Wagner piuttosto che nel belcanto.E voglio subito chiarire - tranquillizzando il Bagnoli - che non mi spaventano certo dei fortissimi orchestrali, nè sono incapace di trovare le infinite finezze delle complesse partiture wagneriane: la mia definizione circa la loro forma (intricata o "gigantesca") però, non risiede in considerazioni da pescivendola o banalità da piazza, bensì nel rilievo oggettivo che tali costruzioni presentano una densità orchestrale molto più grande rispetto a Donizetti ad esempio. Insomma, basta vedere gli organici orchestrali richiesti per l'Oro del Reno e quelle di Lucia di Lammermoor. Così pure è oggettiva la maggiore importanza data all'orchestra (ed è ovvio, dato il suo ruolo evocativo, col sistema dei leitmotive) rispetto ai cantanti, che da protagonisti vengono in parte declassati a parti di un insieme. Però proprio questo nuovo ruolo dato all'orchestra, ricco di suggestioni sinfoniche (non dico ovviamente che l'orchestra di Wagner è sinfonica, sarebbe una fesseria), ha fatto sì che si inaridisse il rapporto tra palco e buca. Una volta risolto il problema orchestrale, metà dell'opera è fatta. Un'orchestra duttile e ben diretta, porta a casa la serata, sostenendo i cantanti, mascherandone i problemi (porto sempre l'esempio del Tristan scaligero e di San Barenboim). Non così nel belcanto, dove se il cantante è in difficoltà non si finisce decentemente la serata: qui il direttore poi, non può concedersi il minimo sbandamento, una scelta di tempi errata provoca autentici disastri, soprattutto perchè rischia di mettere in grandi difficoltà il cantante. Prendi l'ultima Stuarda scaligera: lì un pessimo direttore ha completamente frainteso l'opera, non è stato in grado di sostenere i cantanti di cui disponeva (parlo soprattutto della Lungu, assai più convincente della Devia, ma che ha sofferto una direzione alla sua voce inadeguata, smollata e lenta, che più volte l'ha fatta sbandare). Penso che nel belcanto il direttore è sì meno protagonista (e forse è per questo che i grandi direttori l'hanno schivato, non dando soddisfazione al loro smisurato ego, più appagato da valchirie e incantesimi del venerdì santo) ma ha compito infinitamente più difficile e delicato: trovare i colori e i tempi giusti, gli accenti, il fraseggio, la chiarezza. L'orchestra nel belcanto, deve respirare iniseme ai cantanti, in Wagner e Strauss è spesso il contrario. E lo conferma anche Tatiana, da diretta interessata, quanto più difficile sia cantare quel repertorio con direttori impacciati, piuttosto che Wagner o Strauss, dove, se coadiuvati da buona orchestra, anche se la lettura è scolastica o manierata, alla fine si porta a casa dignitosamente la serata (insomma il Lohengrin diretto da Gatti è stato applaudito nonostante tutto, così pure Bayreuth riscuote acritici consensi). Io penso che dirigere Bellini, Donizetti e, soprattutto, Rossini, sia molto, ma molto più difficile che dirigere Parsifal o Tristan und Isolde, proprio per la difficoltà di "servire le voci", capacità questa che solo pochissimi direttori possiedono.
Sui tenori che cantano Edgardo di Ravenswood: i tenori che tu citi dimostrano davvero la tua scarsa dimestichezza col belcanto, perchè ritenere cantanti come Meli (che si strozza invece di cantare) Filianoti (ormai al lumicino) Alagna (che interpreta ogni ruolo come compare Turiddu), Siragusa (del tutto inadatto alla tessitura e al peso del ruolo), Kunde (finito) Mironov e von Bothmer (due zanzarine fastidiose), Florez (che oltre a Nemorino et similia non va, non disponendo del peso sufficiente) e Ford (cantante che mi piace moltissimo, ma che ormai è a fine carriera e che non è mai stato un grande Edgardo), adatti al ruolo, significa sparare nomi a caso, ignorando le caratteristiche vocali che tale parte richiede. Quindi, sei io devo astenermi dal parlare di Wagner, tu dovresti in egual modo astenerti dal parlare di Donizetti. O forse sarebbe meglio accettare le posizioni diverse e conforntarsi entrambi con le proprie convinzioni, senza inutili insulti.....
Infine su Tristan, ribadisco quel che ho scritto, che ti piaccia o no la parte di Rodrigo, o di Pirro o di chi vuoi è molto pù difficile tecnicamente, per tessitura, agilità, colorature etc.... che mi spiace per te, sono le difficoltà del canto, e visto che il Tristano è un'opera, con il canto ha a che fare. Può essere parte faticosa e lunga (ma lo è anche Idomeneo, e molto più difficile tra l'altro), ma più difficile proprio non te lo concedo.
Su Domingo mi vien da sorridere (e mi stupisco che tu possa dar credito a certe dichiarazioni autoassolutorie): mi vorresti far credere che un cantante dalla voce da sempre adatta a quel ruolo, aspetta la fine della carriera (quando oltre al LA iniziano problemi di intonazione tenuta e vibrato) per affrontarlo???? Suvvia... Come Otello (altro ruolo che non è certo tra i più complessi della letteratura tenorile, a prescindere da miti e leggende). Erano molto meglio i suoi Otelli anni '60/70 che l'ultimo e orrendo della Scala. Così pure per il Tristan sarebbe stato meglio inciderlo prima, ma lo incide ora perchè è parte che, soprattutto con le facilities di una sala d'incisione, è molto comoda. Ti faccio notare poi che Domingo incise pure Lucia e Idomeneo, e con esiti disastrosi, anni prima del Tristan (che invece è molto buono). Traine tu le conseguenze in merito alla difficoltà dei ruoli.
teo.emme
 

Re: SPAZIO ALLE INTERVISTE

Messaggioda MatMarazzi » dom 09 mar 2008, 19:44

teo.emme ha scritto:Ecco, per sgombrare il campo da equivoci e fraintendimenti chiarisco subito che per me (ovviamente è mio parere personale) il "dramma musicale" wagneriano non ha alcuna supremazia estetica o strutturale sul belcanto e sul melodramma.
(cut)
Lasciando perdere queste premesse voglio ritornare al tema


Ma Teo.Emme,
Tu non hai affatto lasciato perdere queste premesse!!!!
Ti ci sei dilungato sopra per almeno dieci righe! :)

E questo, scusa se mi permetto, è estremamente significativo del pregiudizio che ti porti dietro.
Tu rintuzzi una tesi (quella che vorrebbe Wagner su un piedistallo rispetto a quella roba dozzinale e schifosa che è l'opera italiana) che nessuno qui ha mai difeso!

E nell'affermare, a cappello della tua risposta, che questa supremazia non esiste e che respingi questo pregiudizio (che nessuno di noi ha mai avuto), tu fai capire benissimo quale è il TUO pregiudizio.
Mentre noi parlavamo solo di un dato tecnico (la difficoltà di cantare Wagner con un direttore che non sa dirigere), tu stavi facendo la solita battaglia contro i fantasmi cellettiani di "hegeliani" e "idealisti" morti e sepolti da decenni.

Vedi, Teo.Emme,
Quando Celletti, quaranta anni fa, parlava di "bidelli del walhalla" o di estetologi hegeliani e idealisti, lo faceva perché aveva di fronte a sè un bel po' di "sopravvissuti" propugnatori (allora!) di questa estetica.
Ma tu?
Chi sono i tuoi "bidelli del Walhalla" (visto che freudianamente citi questa definizione?)
Ma lo sai che la non-superiorità di Wagner rispetto al resto del repertorio è già stata affermata nei primi anni '70 nella stessa Bayreuth, all'atto della costituzione della nuova fondazione? :)
Non sai che fu proprio l'allora ministro della cultura tedesca a dichiararlo all'inaugurazione della nuova istituzione?
Sono passati QUASI QUARANT'ANNI DA ALLORA!!!
Già... queste cose nei libri di Celletti e nei conciliaboli dei suoi stanchi esegeti non sono citate! :)

Uff... Non sarebbe il caso, secondo te, di concentrarsi sui problemi (ad esempio quello della difficoltà di cantare Wagner senza un direttore adeguato) invece di trasformarli in battaglie ideali, specie se si tratta di battaglie non nostre, ma semplicemente ereditate?
Che ne dici?

è oggettiva la maggiore importanza data all'orchestra (ed è ovvio, dato il suo ruolo evocativo, col sistema dei leitmotive) rispetto ai cantanti, che da protagonisti vengono in parte declassati a parti di un insieme. Però proprio questo nuovo ruolo dato all'orchestra, ricco di suggestioni sinfoniche (non dico ovviamente che l'orchestra di Wagner è sinfonica, sarebbe una fesseria), ha fatto sì che si inaridisse il rapporto tra palco e buca. Una volta risolto il problema orchestrale, metà dell'opera è fatta.


Il fatto che con Wagner l'orchestra abbia aumentato il suo ruolo, non significa affatto che i cantanti abbiano visto ridotto il loro.
Al contrario, ad essi è richiesto moltissimo, e dal punto di vista strettamente musicale è richiesto mille volte di più che ai cantanti d'opera tradizionali (lo sai che a Vienna non poterono allestire il primo Tristano, perché dopo un anno di prove il primo tenore del luogo - grande rossiniano - non era stato in grado di imparare la parte?).
I cantanti wagneriani devono ad esempio far fronte a una complessità armonica che nelle opere italiane non esiste: qualunque tema italiano è canticchiabile, mentre Wagner non lo si canticchia. Il cangiare armonico costante, l'assenza di un melodizzare facile mette il cantante alla frusta.
Prova a far cantare a qualcuno il Liebestod: il tema è sempre quello, ma dopo qualche battuta (senza l'orchestra sotto) diventa difficilissimo seguire le volute dell'armonia.
Baterebbe questo (oltre all'esempio del Liebestod della Meier, rovinato da Baremboim) per far capire l'importanza di un direttore capace.

Prendi l'ultima Stuarda scaligera: lì un pessimo direttore ha completamente frainteso l'opera, non è stato in grado di sostenere i cantanti di cui disponeva (parlo soprattutto della Lungu, assai più convincente della Devia, ma che ha sofferto una direzione alla sua voce inadeguata, smollata e lenta, che più volte l'ha fatta sbandare).


Capirai gli esempi che citi! eheheh...
La Lungu e la Devia! Siamo a posto.
Se anche ci fosse stato Karajan, quelle sarebbero rimaste la Lungu e la Devia.

Infine su Tristan, ribadisco quel che ho scritto, che ti piaccia o no la parte di Rodrigo, o di Pirro o di chi vuoi è molto pù difficile tecnicamente, per tessitura, agilità, colorature etc.... che mi spiace per te, sono le difficoltà del canto, e visto che il Tristano è un'opera, con il canto ha a che fare.


Oh poveri noi! :D
Poiché il Tristano ha "a che fare col canto", si giudicano le sue difficoltà sulla base di trilli e volanti e altri obbiettivi meramente belcantistici?
Scusa Teo.Emme, ma con questa frase tu ci confermi la tua totale non-comprensione del problema.

Sei come uno che si intende solo di balletto classico e pretende che anche la Boxe si faccia con la stessa tecnica e lo stesso allenamento di un ballerino classico (tanto anche la boxe ha a che fare col movimento corporeo, no?)

E quindi... ma quante piroette deve fare il boxeur?
Nessuna????
E quanti fouettés? Quante glissades?
Nessuna?
Allora il lago dei cigni è più difficile di un incontro di pugilato.
Bene! Proviamo a metterci Bolle al prossimo incontro per il titolo mondiale di pesi massimi! :)

Questo esempio spero possa farti finalmente capire il tuo errore.
Il pugilato richiede tanto allenamento, e altrettanto ne richiede il balletto classico.
Ma saranno due tipi di allenamento radicalmente diversi perché devono servire a risolvere problemi radicalmente diversi, inconciliabili fra loro.

Il fatto che un wagneriano non saprebbe fare trilli e volatine come un belcantista è vero, perché ha ben altri problemi da affrontare e da risolvere.
Problemi di fronte ai quali un rossiniano finirebbe in briciole dopo dieci minuti di opera (dieci minuti, non cinque ore).

Il Wagneriano ha la "parola" cantata da conquistare: la deve esplorare, valorizzare, colorare.
E questo è mostruosamente difficile.
Perché non basta sbattere tutto lassù, nella maschera, come farebbe una Sutherland, per conseguire una bella "uh" omogenea e sempre uguale.

Eh, no!
Occorre cercare nella faccia, insinuare il suono in ogni possibile cavità, fino a produrre diecimila colori diversi, e produrli a qualsiasi altezza, a qualsiasi intensità.
E lo deve fare per centinaia di migliaia di parole.
Perché qui non ci saranno sopracuti o agilità a svegliare l'interesse dell'ascoltatore.
Tutto sarà affidato alla parola, alla parola cantata.

Ma questo non basta... è già atrocemente difficile, ma non basta.
Se bastasse, anche una Von Otter (colorista disumana) potrebbe cantare Wagner.
E invece il Wagneriano ha anche di fronte a sè un muro sonoro, quello dell'orchestra, che va penetrato, al quale occorre integrarsi nota per nota, suono per suono, respiro per respiro.
E quindi va superato, per far arrivare ogni singolo, infinitesimo colore alle orecchie di chi ascolta.

Quindi colorismo caleidoscopico, valorizzazione infinitesima della parola, proiezione nella e oltre l'orchestra.
E' già incredibile, ma non è ancora finita.
Resta da fare un discorso "quantitativo".
Già... infatti le opere di wagner durano ore e ore.
E tutto ciò che è richiesto ai cantanti wagneriani, deve poter essere fatto per tempi interminabili.
Quindi, oltre a tutti i problemi già evidenziati, abbiamo anche quello della resistenza fisica, che andrà dosata con un controllo terrificante, una millimetrica attenzione, fino alle alle ultime risorse possibili del corpo umano.

Quella del cantante Wagneriano è una delle più grandi fatiche possibili.
E il tipo di tecnica che gli è richiesta - quella DECLAMATORIA - è una delle più faticose, raffinate e impegnative che esistano, una di quelle che reclamano un allenamento e una ricerca tecnica senza fine.
Ed è questa la ragione per cui i "veri" cantanti wagneriani sono sempre stati pochissimi e ancora meno i "veri" direttori, che tutto questo riescano a capirlo.

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Re: SPAZIO ALLE INTERVISTE

Messaggioda pbagnoli » dom 09 mar 2008, 19:57

teo.emme ha scritto: Ecco, per sgombrare il campo da equivoci e fraintendimenti chiarisco subito che per me (ovviamente è mio parere personale) il "dramma musicale" wagneriano non ha alcuna supremazia estetica o strutturale sul belcanto e sul melodramma... Considerare il dramma musicale wagneriano come la sintesi della musica ad esso precedente è, per me, una grossissima falsificazione storica e filosofica, un pregiudizio pericoloso che ha consentito di leggere tutta la musica precedente (con particolari sopravalutazioni di autori che si credeva fossero epigoni di tale "progresso", penso a Gluck visto come anticipatore di Wagner da molta critica tedesca e anglosassone) in modo distorto e scorretto. Detto questo non penso che neppure Wagner sia da leggere esclusivamente alla luce del dramma musicale, dal momento che larga parte dei suoi lavori si richiama alla tradizionale opera romantica tedesca. Ci sarebbe poi da considerare il debito con l'opera italiana, capitolo sempre glissato dai "bidelli del Walhallah" e che varrebbe invece la pena approfondire (penso ai notevoli influssi di Bellini e di Rossini, ma anche del tanto detestato Donizetti).

Che pasticcio, Teo!
Rienzi, secondo te, dipende dall'opera romantica tedesca?
Lohengrin, secondo te, dipende dall'opera romantica tedesca?
Dove vuoi arrivare?
A dimostrare che Wagner è un apax legomenon, che tutt'al più ha qualche debito con Weber?
O, come sostieni più sotto, che l'opera italiana è al centro di tutto, e che quindi anche Wagner va letto rigorosamente in quest'ottica?
I cosiddetti "bidelli del Walhalla" che tu citi, di solito, hanno sempre teso a confermare i criteri interpretativi ancien régime contro le tendenze che si affermarono dai primi Anni Cinquanta, non a impegolarsi in studi esegetici che non avrebbero avuto nessun titolo per affrontare.


teo.emme ha scritto: Lasciando perdere queste premesse voglio ritornare al tema, cioè al rapporto tra direttore e orchestra e tra orchestra e cantanti in Wagner piuttosto che nel belcanto... la mia definizione circa la loro forma (intricata o "gigantesca") però, non risiede in considerazioni da pescivendola o banalità da piazza, bensì nel rilievo oggettivo che tali costruzioni presentano una densità orchestrale molto più grande rispetto a Donizetti ad esempio. Insomma, basta vedere gli organici orchestrali richiesti per l'Oro del Reno e quelle di Lucia di Lammermoor. Così pure è oggettiva la maggiore importanza data all'orchestra (ed è ovvio, dato il suo ruolo evocativo, col sistema dei leitmotive) rispetto ai cantanti, che da protagonisti vengono in parte declassati a parti di un insieme. Però proprio questo nuovo ruolo dato all'orchestra, ricco di suggestioni sinfoniche (non dico ovviamente che l'orchestra di Wagner è sinfonica, sarebbe una fesseria), ha fatto sì che si inaridisse il rapporto tra palco e buca. Una volta risolto il problema orchestrale, metà dell'opera è fatta. Un'orchestra duttile e ben diretta, porta a casa la serata, sostenendo i cantanti, mascherandone i problemi (porto sempre l'esempio del Tristan scaligero e di San Barenboim).

No, no e no.
Scusami, Teo, ma questo andrà bene per te che - lo ripeto - evidentemente non hai nessuna familiarità con questo repertorio. Avere un organico maggiore, non vuol dire usarlo sempre tutto a pieno canale, e se conoscessi le opere wagneriane te ne renderesti conto. Tu ti sarai entusiasmato con il Lohengrin di Gatti: io no. Nessun'orchestra maschererebbe mai i problemi vocali di cantanti impreparati, e quella sera l'unica che avesse un'idea ben precisa del declamato wagneriano era Ortrud, cioè Waltraud Meier. Gli altri, notte e nebbia. Io me ne sono accorto benissimo, sai? Poi parli del Tristan. Per carità, niente da dire della direzione di "san" Barenboim (io, almeno; Matteo, per esempio, di cose da dire ne aveva eccome, e le ha anche dette). Ma nemmeno l'orchestra di Barenboim ha potuto coprire le insufficienze tecnico-espressive di Ian Storey. A te è sembrato il contrario? Scusami, Teo, ma l'unica ragione è che non conosci la parte. Non è un insulto,questo: è una constatazione.

teo.emme ha scritto: Penso che nel belcanto il direttore è sì meno protagonista (e forse è per questo che i grandi direttori l'hanno schivato, non dando soddisfazione al loro smisurato ego, più appagato da valchirie e incantesimi del venerdì santo) ma ha compito infinitamente più difficile e delicato: trovare i colori e i tempi giusti, gli accenti, il fraseggio, la chiarezza. L'orchestra nel belcanto, deve respirare iniseme ai cantanti, in Wagner e Strauss è spesso il contrario. E lo conferma anche Tatiana, da diretta interessata, quanto più difficile sia cantare quel repertorio con direttori impacciati, piuttosto che Wagner o Strauss, dove, se coadiuvati da buona orchestra, anche se la lettura è scolastica o manierata, alla fine si porta a casa dignitosamente la serata (insomma il Lohengrin diretto da Gatti è stato applaudito nonostante tutto, così pure Bayreuth riscuote acritici consensi). Io penso che dirigere Bellini, Donizetti e, soprattutto, Rossini, sia molto, ma molto più difficile che dirigere Parsifal o Tristan und Isolde, proprio per la difficoltà di "servire le voci", capacità questa che solo pochissimi direttori possiedono.


Bayreuth riscuote acritici consensi? E da chi, Teo?
E secondo te l'ego dei direttori è più appagato da Walkirie e Incantesimi del Venerdì santo?
Tu dici che l'orchestra nel Belcanto deve respirare coi cantanti: e su questo sono d'accordo. L'orchestra deve SEMPRE respirare coi cantanti qualunque repertorio faccia, altrimenti NESSUNA serata va in porto.
Secondo te Peter Hofmann, o Reiner Goldberg riuscivano a portare a casa la serata nonostante l'accompagnamento di grandi direttori?
I mediocri tali restano indipendentemente dal repertorio che cantano.
Certo, se tu avessi fatto cantare a Peter Hofmann "Tombe degli avi miei" farà un disastro ben peggiore che nel "Wintersturme" perché non ha la più pallida idea del Belcantismo. Ma d'altra parte, se avessi fatto cantare a Alfredo Kraus il Terzo Atto di Tristan non sarebbe andato oltre i primi 10 minuti, perché non aveva la benché minima idea del declamato wagneriano, che è cosa ben diversa da quella tecnica unica di cui parlate tanto tu e quelli che ragionano come te
Mi rendo conto che non ti convincerò mai su questo punto, pazienza: voglio solo che non passi il concetto che in un repertorio si possa barare e in un altro no

teo.emme ha scritto: Sui tenori che cantano Edgardo di Ravenswood: i tenori che tu citi dimostrano davvero la tua scarsa dimestichezza col belcanto, perchè ritenere cantanti come Meli (che si strozza invece di cantare) Filianoti (ormai al lumicino) Alagna (che interpreta ogni ruolo come compare Turiddu), Siragusa (del tutto inadatto alla tessitura e al peso del ruolo), Kunde (finito) Mironov e von Bothmer (due zanzarine fastidiose), Florez (che oltre a Nemorino et similia non va, non disponendo del peso sufficiente) e Ford (cantante che mi piace moltissimo, ma che ormai è a fine carriera e che non è mai stato un grande Edgardo), adatti al ruolo, significa sparare nomi a caso, ignorando le caratteristiche vocali che tale parte richiede. Quindi, sei io devo astenermi dal parlare di Wagner, tu dovresti in egual modo astenerti dal parlare di Donizetti. O forse sarebbe meglio accettare le posizioni diverse e conforntarsi entrambi con le proprie convinzioni, senza inutili insulti.....

Veramente si parlava di tenori belcantisti-rossiniani in senso lato: è per quello che ho infilato anche tenori come Mironov che credo non abbia mai cantato una nota di Donizetti. Vatti a rileggere il mio post (che, peraltro, quotava un tuo precedente). Io non sparo MAI nomi a caso: sono tutti cantanti che conosco piuttosto bene. Quanto ai tuoi pareri sui cantanti di cui sopra, sono ovviamente TUOI pareri

teo.emme ha scritto: Infine su Tristan, ribadisco quel che ho scritto, che ti piaccia o no la parte di Rodrigo, o di Pirro o di chi vuoi è molto pù difficile tecnicamente, per tessitura, agilità, colorature etc.... che mi spiace per te, sono le difficoltà del canto, e visto che il Tristano è un'opera, con il canto ha a che fare. Può essere parte faticosa e lunga (ma lo è anche Idomeneo, e molto più difficile tra l'altro), ma più difficile proprio non te lo concedo.

Ah, certo. Mancava, in effetti.
Questa è l'affermazione più succosa.
Certo: mancano agilità, roulades, trilli e picchettati, quindi il ruolo di Tristan è facile.
Oh Teo: certo, in parte hai ragione quando dici che dovremmo accettare le diversità delle rispettive posizioni, e probabilmente hai anche ragione quando dici che alle volte io sono troppo irruento, ma mettiti nei miei panni: come fa un poveretto a mantenere il proprio self-control di fronte a queste affermazioni?
Siamo alle solite: la mancata conoscenza (o il mancato riconoscimento) di una diversa tecnica vocale, che è quella che sposta l'asse dal melodramma ottocentesco propriamente detto al Novecento che verrà (da Strauss a Berg). Questa tecnica è quella del DECLAMATO, che non è il PARLATO (come sostengono i tuoi amici che ti instillano queste idee), bensì un modo di cantare che NON prevede trilli, picchettati, roulades e così via.
Se non accetti questi concetti, semplicemente neghi la Storia del canto. E allora, si ha un bel dire che dobbiamo accettare la diversità delle posizioni, ma proprio non ci siamo. Proprio per niente.

teo.emme ha scritto: Su Domingo mi vien da sorridere (e mi stupisco che tu possa dar credito a certe dichiarazioni autoassolutorie): mi vorresti far credere che un cantante dalla voce da sempre adatta a quel ruolo, aspetta la fine della carriera (quando oltre al LA iniziano problemi di intonazione tenuta e vibrato) per affrontarlo???? Suvvia... Ti faccio notare poi che Domingo incise pure Lucia e Idomeneo, e con esiti disastrosi, anni prima del Tristan (che invece è molto buono). Traine tu le conseguenze in merito alla difficoltà dei ruoli.

Ma scusa, Teo: se è tanto facile, perché non l'ha mai fatto nessun Belcantista? :D
Negli ultimi vent'anni della sua carriera Domingo ha sviluppato una particolare sensibilità per la tecnica declamatoria, il che gli ha permesso la frequentazione di alcuni personaggi (Lohengrin, Siegmund, Parsifal) che, evidentemente per chiunque (tranne che per te e i tuoi amici), si giovano di questa tecnica di canto. Su questa base, non crea nessuna meraviglia il fatto che Idomeneo gli sia riuscito tanto male. Ma non è che per questo motivo gli siano possibili tutti i ruoli wagneriani: Tannhauser, per esempio, l'ha fatto solo in disco; e da Siegfried saggiamente si è sempre tenuto alla larga.
Tu credo sia più giovane di me: è solo per questo che non ricordi che alla fine degli Anni Ottanta si parlava con convinzione di un approccio di Domingo al ruolo. Non ne parlava proprio lui, il diretto interessato. Gli attribuivano una partnership con la Caballé, che poi fece Isolde (in modo ridicolo) per conto suo.

Teo, io non avrei molto altro da dire su questo argomento che mi sembra sufficientemente chiaro.
In astratto hai ragione tu: dobbiamo far convivere la diversità delle posizioni.
Cerchiamo però di stare nell'ambito dello storicamente accettabile, va bene?
Un abbraccio,
Pietro
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(Arturo Toscanini, ai musicisti della NBC Orchestra)
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Re: SPAZIO ALLE INTERVISTE

Messaggioda Pruun » dom 09 mar 2008, 21:19

MatMarazzi ha scritto:Capirai gli esempi che citi! eheheh...
La Lungu e la Devia! Siamo a posto.
Se anche ci fosse stato Karajan, quelle sarebbero rimaste la Lungu e la Devia.


Ufffffffffffffffffa..... :roll: :roll: :roll: :roll: :roll: :roll: :roll:
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Re: SPAZIO ALLE INTERVISTE

Messaggioda MatMarazzi » dom 09 mar 2008, 21:31

Pruun ha scritto:
MatMarazzi ha scritto:Capirai gli esempi che citi! eheheh...
La Lungu e la Devia! Siamo a posto.
Se anche ci fosse stato Karajan, quelle sarebbero rimaste la Lungu e la Devia.


Ufffffffffffffffffa..... :roll: :roll: :roll: :roll: :roll: :roll: :roll:


Ma io parlavo solo della Stuarda!

:( 8) :D

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Re: SPAZIO ALLE INTERVISTE

Messaggioda Alberich » dom 09 mar 2008, 22:37

Il discorso è molto interessante. Mi permetto solo un banalissimo appunto, per Pietro: Ian Storey alla radio mi ha fatto un'impressione pessima. Qualche giorno dopo (il 20, se ricorod bene) dal vivo, era un altro cantante, che mi ha entusiasmato (complice l'assieme della serata, indubbiamente).
Tu quando lo hai ascoltato?
Un saluto
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Re: SPAZIO ALLE INTERVISTE

Messaggioda Pruun » dom 09 mar 2008, 23:05

MatMarazzi ha scritto:
Pruun ha scritto:
MatMarazzi ha scritto:Capirai gli esempi che citi! eheheh...
La Lungu e la Devia! Siamo a posto.
Se anche ci fosse stato Karajan, quelle sarebbero rimaste la Lungu e la Devia.


Ufffffffffffffffffa..... :roll: :roll: :roll: :roll: :roll: :roll: :roll:


Ma io parlavo solo della Stuarda!

:( 8) :D

Salutoni,
Mat


E io lo sai che schezo! :wink:
Tanto sulla Devia non ti convincerò mai... :cry: :cry:

Ciao ciao
G.
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Re: SPAZIO ALLE INTERVISTE

Messaggioda VGobbi » lun 10 mar 2008, 1:30

Che argomenti interessanti, non c'e' che dire. Io mi soffermerei su un punto essenziale, ovverossia delegettimare un certo repertorio a scapito di un altro, lo trovo del tutto errato e sbagliato. Su questo punto di vista, concordo con Pietro e Matteo : il repertorio wagneriano e' non meno complesso del repertorio belcantistico. Entrambi richiedono due diversi approcci per affrontare le opere, ovverossia il declamato ed il belcanto (quello composto da trilli, sovracuti, roulades e chi ne ha piu' ne metta).

pbagnoli ha scritto:...tu ti sarai entusiasmato con il Lohengrin di Gatti: io no.

Su questo punto, se mi permetti Pietro, esula dalle problematiche affrontate in questo thread. Wagner e' il mio compositore preferito, con nelle orecchie (seppur debilitate) centinaia di ore dei suoi maggiori capolavori. Eppure Gatti nel Lohengrin scaligero l'ho apprezzato moltissimo. E con questo nell'apprezzare il direttore italiano, vuoi forse affermare che bisogna per forza di cose criticare Gatti? La tua frase mi pare del tutto infelice, nel senso che ammettiamo il caso che teo.emme avrebbe apprezzato quel Lohengrin, tu cosa ne avresti pensato? Che non e' in grado di giudicare solo perche' non conosce appieno il repertorio wagneriano, oppure ha il torto di ascoltare Wagner con l'orecchio "cellettiano"?

Vorrei capire, se possibile, e ti chiedo scusa in caso avessi equivocato. Grazie!
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Re: SPAZIO ALLE INTERVISTE

Messaggioda pbagnoli » lun 10 mar 2008, 16:22

Vittorio, se dico che non mi sono entusiasmato al Lohengrin di Gatti sarò anche stato infelice (...), ma è esattamente il mio pensiero schietto (come direbbe Minnie) :? .
Non è che non l'ho apprezzato perché direttore italiano: non l'ho apprezzato perché non mi è piaciuto, indipendentemente da Celletti e compagnia cantante.

Acciocché sia chiaro a tutti, QUI non è che venga disprezzato Gatti o altri in quanto italiano o in quanto filo-belcantista o per qualsivoglia altro pregiudizio del piffero: ritengo - riteniamo - che ogni repertorio necessiti di un approccio meditato e finalizzato. La verità è che non riteniamo accettabile che un unico approccio polivalente vada bene per tutto l'arco costituzionale da Monteverdi a Henze.
Esattamente il contrario - questo sì - di quanto sostenuto dai cellettiani militanti.
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Re: SPAZIO ALLE INTERVISTE

Messaggioda VGobbi » lun 10 mar 2008, 20:55

pbagnoli ha scritto:Vittorio, se dico che non mi sono entusiasmato al Lohengrin di Gatti sarò anche stato infelice (...), ma è esattamente il mio pensiero schietto (come direbbe Minnie) :?.

Ci mancherebbe, Pietro! Nessuno, nemmeno il sottoscritto, contesta la tua opinione.

pbagnoli ha scritto:Non è che non l'ho apprezzato perché direttore italiano: non l'ho apprezzato perché non mi è piaciuto, indipendentemente da Celletti e compagnia cantante.

Scusami, ma chi mai ha affermato, almeno su questo forum, che a te non e' piaciuto Gatti solo perche' italiano? Io no di certo, anche perche' mi pare una motivazione del tutto astrusa!!!

pbagnoli ha scritto:La verità è che non riteniamo accettabile che un unico approccio polivalente vada bene per tutto l'arco costituzionale da Monteverdi a Henze.

Totalmente d'accordo.

pbagnoli ha scritto:Esattamente il contrario - questo sì - di quanto sostenuto dai cellettiani militanti.

Ma bisogna sempre rispolverarli questi cellettiani? E comunque non trovo nulla di scandaloso, nel senso che loro appoggiano una linea di pensiero, condivisibile o meno, ma che vada rispettata come la vostra o chi la pensa diversamente.

Besos anche da parte mia! :wink:

P.s.: e' da oramai trentanni che ascolto musica operistica, seppur prevalentemente in cd. Ed ancor non ho capito a quale pensiero faccio riferimento. Amo Gobbi, mi fa impazzire la Modl, mi lascia indifferente Nilsson, disapprovo in toto la Sutherland, adoro Tucker ma non disdegno l'immenso Vinay ... etc ... etc ... Un bel caos, non c'e' che dire!
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Re: SPAZIO ALLE INTERVISTE

Messaggioda teo.emme » lun 10 mar 2008, 22:01

pbagnoli ha scritto: Tu ti sarai entusiasmato con il Lohengrin di Gatti: io no. Nessun'orchestra maschererebbe mai i problemi vocali di cantanti impreparati, e quella sera l'unica che avesse un'idea ben precisa del declamato wagneriano era Ortrud, cioè Waltraud Meier. Gli altri, notte e nebbia.


..premesso che avrò modo di rispondere con maggiore completezza all'argomento (che resta secondo me, molto interessante), voglio fare una necessaria precisazione: quel Lohengrin mi ha fatto schifo. Non so davvero dove si evinca che possa essermi piaciuto! Infatti, sia la regia, sia l'orchestra, sia il direttore, sia il cast erano al di sotto della sufficienza (la Meier ha fatto una figura certamente migliore, almeno nella mia serata, non così in altre, mi dicono, ma ciò non toglie che vi fossero difficoltà evidenti nella linea di canto soprattutto in acuto). Ma quella produzione non rientra nel discorso mio o tuo, rientra nelle "cose brutte". Tuttavia se Gatti è assai mediocre in Wagner (e pure in Berg: sono reduce dal Wozzeck scaligero di ieri sera), lo è ancora di più in Rossini (prendi Armida o Tancredi) dove è al tempo stesso soporifero, approssimativo e impacciato. Segno - secondo me - di quanto sia più difficile reggere una partitura rossiniana (che non permette nessun tipo di sbavatura e di errore, poichè la struttura, altrimenti, crolla) rispetto ad una wagneriana, dove la densità orchestrale (direi anche la saturazione a volte) e la ricchezza para sinfonica, permette maggiori libertà interpretative e letture differenti. Il Gatti è mediocre in Wagner perchè appiattisce e semplifica, rende tutto una pappa uniforme (credo sia la sua visione: assai rassicurante, così pure era il suo Berg ieri sera), è ancor più mediocre in Rossini perchè manca della benchè minima idea interpretativa e appare del tutto incapace di reggere la costruzione della partitura, che infatti appare spezzata in episodi incongrui e giust'apposti senza alcun legame (per tacere su vere e proprie falle tecniche: tempi sbagliati, suono sporco, pesantezza orchestrale). E questo per me dimostra come sia più difficoltoso e impervio il campo del belcanto, dove non ci sono protagonismi direttoriali d'antan, dove non è necessario sbattere le chiome a destra e a sinistra con aria ora rapita in mistiche estasi ora corrucciata in smorfie rabbiose, ma dove è necessaria una perfetta sintesi con le voci, dove l'orchestra deve saper ascoltare e cantare, facendo un passo indietro e accompagnando, ma al tempo stesso, mantenere l'unità strutturale e la linea del suono. Ovvio che pure Wagner va diretto sapendo cantare e ascoltare (ritengo il Tristan und Isolde opera essenzialmente vocalista e quasi belcantista), ma credo sia più complesso districarsi nei difficili e delicati equilibri del belcanto piuttosto che nelle partiture wagneriane.
teo.emme
 

Re: SPAZIO ALLE INTERVISTE

Messaggioda bergonzi » ven 14 mar 2008, 16:51

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Re: SPAZIO ALLE INTERVISTE

Messaggioda MatMarazzi » sab 15 mar 2008, 11:05

teo.emme ha scritto:ritengo il Tristan und Isolde opera essenzialmente vocalista e quasi belcantista.


:D :D :D :D :D :D :D

Oddio! Questa non l'avevo letta!
Bene! Visto che tu "ritieni" che il Tristano sia "belcantista", io ritengo che "Il paese dei Campanelli" sia una Tragédie Lyrique, che "la Kovantchina" sia un'Intermezzo napoletano e che la "Norma" sia un Musical alla Cole Porter.

Che dire?
Niente! :)

Salutoni,
Matteo
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