soggettività e oggettività del giudizio critico

problemi estetici, storici, tecnici sull'opera

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Messaggioda stecca » mar 23 ott 2007, 15:12

però nella inteerssante discussione che dico subito troverà sempre seguaci dell'una o dell'altra "scuola di pensiero" e anni di loggione scaligero me lo hanno insegnato, dimenticate un dato che forse può fare quadrare il cerchio...ovvero la "durata" di una voce o di un cantante.
La storia ci insegna che i cantanti che cantano in modo considerato convenzionalmente corretto "conservano" più a lungo la voce e quindi la loro carriera finisce con l'essere più "spesa" in cose belle che trascinata.
Esempi ticpici potrebbero essere fatti a iosa pensiamo a un Di Stefano che cantava come dire un pò troppo "naturalmente"...voce benedetta da Dio ed emozioni a non finire ci mancherebbe ma ben presto Di Stefano divenne lontano parente del miracoloso Di Stefano degli esordi, certo ha continuato a cantare e a mietere trionfi ma ben poco da un certo momento in poi merita ancora oggi di essere davvero salvato, è indubbio per restare tra i tenori che gente come Kraus, Bergonzi e Pavarotti abbiano invece lasciato fin quasi all'ultimo testimonianze sonore meritevoli di essere ancora oggi più che apprezzate ma loro cantavano seppur in modo diverso con una tecnica corretta.
Al paro tra le donne prendiamo il "caso" Suliotis voce di natura forse tra le ineguagliabili eppure.....eppure fu sostanziale meteora perchè già dopo 4 anni la Suliotis era diventata quasi inascoltabile e pensate anche alla diversa sorte di una Cossotto o di una Obratsowa, la seconda quando fece Don Carlos in Scala sembrò un fenomeno al cui confronto la Cossotto poteva fare da buona sostituta, eppure negli anni 80 io ho sentito con le mie orecchie una straordinaria Amneris in Arena e quando ormai la Obratsowa faceva russismi in patria.....
Cero la Freni ha potuto togliersi notevoli soddisfazioni fino all'ultimo ma perchè era arrivata alla maturità con voce integra grazie ad una emissione adamantina, non così la Ricciarelli (di natura forsde ancora più dotata) e tante altre, e fermo restando, ed anche questo è un dato storico, che alla fine della fiera quando si devono citare i grandi soprani del dopoguerra ricorrono sempre quei nomi lì...Tebaldi, Callas, Sutherland, Caballè, Scotto, Freni, Gencer.....tutta gente che aldilà delle emozioni e dei gusti personali sapevano cosa volesse dire cantare.
In sintesi: va benissimo fregarsene della tecnica finchè un cantante "arriva" ugualmente al pubblico ma occhio perchè a breve quell'incanto se la tecnica è periclitante potrà finire e questo vale in tutti i mestieri della vita e anche nello sport, chi ha sentito in Scala il giovane Carreras nella forza del bicentenario non potrà avere provato le stesse sensazioni quando solo sei anni dopo venne a fare il sostituto di Domingo nel Don Josè inaugurale.....
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Messaggioda teo.emme » mar 23 ott 2007, 22:01

MatMarazzi ha scritto: Voglio ricordare a tutti (e in questo caso a Teo.Emme) che i nostri giudizi
sulle competenze degli interlocutori (l'abbiamo già detto varie volte) non soltanto sono sgradevoli e inopportuni, ma non interessano minimamente il topic.
Mi scuso se son sembrato scortese, anche se non mi sembra affatto. Anzi, ho scritto un'ovvietà: non voglio giudicare le conoscenze altrui, ci mancherebbe altro, dico solo che quando si usano argomentazioni tecniche si deve conoscere la corrispondente disciplina. Io non parlo di trapianti di fegato o di fissione nucleare, non ne ho le conoscenze, neppure basilari. Credo sia così anche per la teoria musicale e i rudimenti di armonia.
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Messaggioda MatMarazzi » mer 24 ott 2007, 12:26

teo.emme ha scritto: dico solo che quando si usano argomentazioni tecniche si deve conoscere la corrispondente disciplina. Io non parlo di trapianti di fegato o di fissione nucleare, non ne ho le conoscenze, neppure basilari. Credo sia così anche per la teoria musicale e i rudimenti di armonia.


Mettiamo il caso, Teo.Emme, che questo sia un forum di anatomia.
Chi lo ha detto che tu non avresti il diritto di esporre le tue sensazioni e i tuoi dubbi sui trapianti di fegato, pur non avendo una conosceza professionale?
Sarebbe comoda per i medici (come l'amico Bagnolo! :) ) se solo loro potessero parlare e noi (i pazienti) sempre zitti! :D
Tu infatti, restando all'esempio, potresti avere avuto esperienze dirette o comunque situazioni tali da autorizzarti (e lo saresti in tutti i casi) a intervenire.
Poi ti si potrà correggere, discutere, contestare... ma nessuno potrà dire (come hai fatto tu) "le cose stanno così e basta... evidentemente chi scrive diversamente non sa nulla".

In questo forum non scrivono solo musicisti (grazie a Dio!) e nemmeno musicologi (GRAZIE A DIOOOOOOOOOOOOOOOOOO!!!!!!) e chiunque può dire quel che pensa o che prova.
Se qualcun altro ne sa di più, o crede di saperne di più, dovrà semplicemente replicare a una tesi con gli argomenti che ritiene giusti, mettendo in evidenza cosa (secondo lui) non è corretto.
Al di là della sgradevolezza o meno, è anche inutile al progresso della discussione il commentare i livelli di competenza altrui.

Questo in generale.
Nel caso particolare, poi, credo che tu non abbia capito il discorso di Beckmesser, che peraltro dimostra di saperla lunga in tutto quel che dice.

Tutti noi sappiamo benissimo cos'è il modo maggiore.
E' solo che lui sottolineava la difficoltà, in tanti casi, a riconoscerlo con assoluta certezza.
Personalmente non contesto questo: è solo che non mi sembrava attinente al mio esempio.
Io dicevo solo che se un tema è chiaramente in maggiore, vuol dire che il compositore ha voluto assecondare certe regole condivise.
Proprio come il cantante quando emette un suono "alla Garcia".
Ci può essere ambiguità, ma non soggettività.
Almeno secondo me.

Ma credo che a questo punto ci siamo chiariti benissimo tutti! :)

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Messaggioda MatMarazzi » mer 24 ott 2007, 12:43

stecca ha scritto:La storia ci insegna che i cantanti che cantano in modo considerato convenzionalmente corretto "conservano" più a lungo la voce e quindi la loro carriera finisce con l'essere più "spesa" in cose belle che trascinata.
.....


A parte il fatto che è tutto da vedere che i macilenti Alfredi settantenni di certi tenori "longevi" o le penose Lucie sessantenni che a me ricordano Nonna Abelarda siano oggettivemente considerabili "cose belle" rispetto a creazioni geniali e folgoranti come la Medium della Crespin o la Clitennestra della Varnay... a parte questo, dicevo, la Storia non ci dimostra affatto quello che dici tu.
Moltissime dive ottecentesche (alla fasta epoca di Garcia) erano già considerate sfinite a quarant'anni; inoltre la Caballé, la Sills, la Gencer hanno avuto carriere non particolarmente lunghe.
La Callas e la Tebaldi poi le hanno avute cortissime, se si considera che anche la nostra Tebaldona a soli dieci anni dal debutto era già indurita e compromessa nel registro acuto.
Al contrario non si contano i casi di carriere interminabili tra (ad esempio) i cultori dle canto aperto.
Tu citi Di Stefano e hai ragione... ma dove mettiamo la De los Angeles, che non ha mai chiuso una nota in vita sua e che ha cantato per cinquant'anni? E Fischer-Dieskau? E lo stesso Vickers?

Credimi Stecca, la longevità artistica (oltre che vocale) è un fatto che comprende vari elementi e la fonazione è solo uno (e nemmeno il più importante).
In compenso trovo sbagliato valutare la tecnica da questo punto di vista, perché quel che conta sono i risultati.
Se la Callas, invece di dieci/dodici anni, ci avesse messo sei mesi a distruggersi, avrebbe avuto ugualmente una delle più incredibili tecniche vocali di tutti i tempi.

Così almeno la vedo io.

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Messaggioda MatMarazzi » mer 24 ott 2007, 12:50

Tucidide ha scritto:Ci sono centravanti con i piedi quadrati, che non fanno gioco nemmeno a morire, ma poi segnano goal a grappoli. E allora, hai voglia a dire che sono scadenti!


Io trovo calzantissimo il tuo esempio.
Solo che mi fa pervenire a conclusioni diverse rispetto alla tua.
Io credo che metta semplicemente in evidenza quanto sono sbagliati i giudizi "tecnici" che vengono dati.

Se dovessi dare una definizione di "tecnica" direi che è il "modo per cui si perviene a risultati".
Un goleador non fa goal per intercessione divina: ha un modo per pervenire a quel risultato e quel modo è "tecnica".

Il problema è che di solito gli "esperti" sono talmente fieri delle loro nozioni, che cercano di giudicare una tecnica non sulla base dei risultati, ma sull'osservanza rispetto alle loro nozioncine.
E questo li porta a emettere giudizi assurdi, almeno per me.
Allo stesso modo nel canto vengono assolte cantantine da laboratorio che non fanno goal nemmeno a morire, e censurate delle campionesse da serie A! :D

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Messaggioda stecca » mer 24 ott 2007, 20:22

MatMarazzi ha scritto: inoltre la Caballé.... hanno avuto carriere non particolarmente lunghe.



Alla faccia....ha debuttato in Boheme a Basilea nel 1956 e ad aprile era a Vienna nella Figlia del reggimento.....ognuno davvero può dire quello che vuole quando si parla della caballè qui dentro, direi che è quasi divertente anche perchè poi leggo che la Nebretko sarebbe una grande Viletta....

P.S: sulla De Los Angeles mi "adesivo" al noto Celletti (cfr. confronto con Scotto in recensione di Butterfly)

Abbracci
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Messaggioda pbagnoli » mer 24 ott 2007, 21:26

stecca ha scritto: Alla faccia....ha debuttato in Boheme a Basilea nel 1956 e ad aprile era a Vienna nella Figlia del reggimento.....ognuno davvero può dire quello che vuole quando si parla della caballè qui dentro, direi che è quasi divertente anche perchè poi leggo che la Nebretko sarebbe una grande Viletta....

Certo: era a Vienna nella Fille nella parte della Krakentorp che è parlata...
Certo: si può dire quello che si vuole della Caballé perché è (stata) una grande, grandissima cantante e, come tutti i "veri" grandi artisti, è stata esagerata nelle cose belle e nelle cose brutte. E ne ha fatte in abbondanza sia delle une che delle altre.
E sì, certo, la Netrebko "è" ( non: "sarebbe" ) una grande Violetta...
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Messaggioda pbagnoli » mer 24 ott 2007, 21:31

teo.emme ha scritto: Io non parlo di trapianti di fegato

:roll:
Sapessi quanto mi devo confrontare ogni giorno con chi mi vuole insegnare il mestiere...
Io non avrei scelto proprio questo paragone :cry:
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Messaggioda teo.emme » mer 24 ott 2007, 22:42

pbagnoli ha scritto:
teo.emme ha scritto: Io non parlo di trapianti di fegato

:roll:
Sapessi quanto mi devo confrontare ogni giorno con chi mi vuole insegnare il mestiere...
Io non avrei scelto proprio questo paragone :cry:


Oops....era solo il primo esempio che mi è venuto di qualcosa del tutto estranea e lontana dalle mie conoscenze.... :wink:
teo.emme
 

Messaggioda MatMarazzi » gio 25 ott 2007, 0:19

stecca ha scritto: Alla faccia....ha debuttato in Boheme a Basilea nel 1956 e ad aprile era a Vienna nella Figlia del reggimento.....


Come ha già detto Bagnolo, citare proprio quella Fille non era il caso. :)
O per lo meno la si sarebbe potuta citare (più a proposito) nel thread dove si accusavano le grandi declamatrici di "parlare".
Ecco... quello era parlare.

Resta il fatto che trent'anni fa (trent'anni prima della Fille a Vienna) la Caballè dava già allarmanti segni di declino.
Io l'ho sentita negli anni '80 ed era assolutamente finita.
Se si considera che prima del 1965 nessuno sapeva chi fosse, resta uno stentato quindicennio di gloria.

Poco! Obbiettavemente poco (in termini di longevità, sia chiaro)

Abbracci anche da parte mia. :)
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Re: I rischi di certe interpretazioni

Messaggioda dottorcajus » mer 16 apr 2008, 17:05

IN ALTRO THREAD, Maugham ha scritto:

Maugham ha scritto: Ovvero, hai ad esempio solo tre arie, butto lì, del Ballo in maschera. Da quei nove minuti scarsi alcuni -i più onesti- traggono ipotesi più o meno valide, a seconda della sensibilità personale- su come Caruso affrontasse e cantasse Riccardo. Ipotesi, però. Suggestive e fantasiose oppure razionali e circostanziate, non importa. Ma sempre ipotesi.
Altri, formulano anche loro ipotesi, le trasformano in certezza e ti dicono, la faccio semplice per non essere frainteso, il Riccardo di Caruso era così, colà.


Avrei voglia di rispolverare la "oggettività dell'interpretazione del cantante" ma sono troppo pigro e rimando al nostro meeting. Vengo meglio nel contradittorio.
Non entro nella vostra disputa, troppo basso il mio livello culturale per portare un contributo interessante. Non vi nascondo che vi leggo per imparare poichè spesso parlate di cose che non conosco affatto.
Interessante invece l'osservazione su Caruso. In effetti io ascolto in nettissima prevalenza i dischi a 78gg (sto preparando un altro contributo che spero vi interessi) e spesso mi sono chiesto che impressione ricavassi da quegli ascolti.
Credo che l'ascolto di più dischi ci possa far immaginare, pur con un possibile margine d'errore, la personalità interpretativa del cantante considerata nel suoi tratti generali. Quello che non ci può restituire è come il cantante potesse interepretare tutto il ruolo nè, ovviamente, quale fosse la sua prestazione in teatro o quanto il pubblico esaltasse la sua prestazione. Per questi particolari ci dobbiamo rifare alle cronache dell'epoca, che come tutti i resoconti, riporta un impressione personale.
Come ho già scritto il 78gg è genuino, nel bene e nel male ci restituisce una verità sonora ma al tempo stesso è un invito a sognare a far viaggiare la nostra immaginazione. Per questo lo amo più di qualsiasi registrazione moderna.
Per ultimo vorrei sottolineare come il dualismo fra chi si limita a fare ipotesi e chi le trasforma in certezza non riguarda solamente il passato non documentato dai dischi nè i 78gg. Così si comportano normalmente tutti quelli che parlano d'opera e tendono a trasformare le loro impressioni in oggettive e di conseguenza a trasformarle in certezze e verità.
Roberto
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Re: I rischi di certe interpretazioni

Messaggioda Teo » mer 16 apr 2008, 17:41

dottorcajus ha scritto:
Maugham ha scritto: Ovvero, hai ad esempio solo tre arie, butto lì, del Ballo in maschera. Da quei nove minuti scarsi alcuni -i più onesti- traggono ipotesi più o meno valide, a seconda della sensibilità personale- su come Caruso affrontasse e cantasse Riccardo. Ipotesi, però. Suggestive e fantasiose oppure razionali e circostanziate, non importa. Ma sempre ipotesi.
Altri, formulano anche loro ipotesi, le trasformano in certezza e ti dicono, la faccio semplice per non essere frainteso, il Riccardo di Caruso era così, colà.


Interessante invece l'osservazione su Caruso.


beh, tanto per gradire, questo comunque è Caruso
http://boxstr.com/files/1757296_hirlf/C ... 201911.mp3

Discorso interessante quello di formulare ipotesi o meno...credo sia interessante approfondire il tema proposto da Maugham...

Salutissimi.

Teo
l'idea è creatrice di vocalità...
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Re: I rischi di certe interpretazioni

Messaggioda Maugham » gio 17 apr 2008, 14:07

Come ho già scritto il 78gg è genuino, nel bene e nel male ci restituisce una verità sonora ma al tempo stesso è un invito a sognare a far viaggiare la nostra immaginazione. Per questo lo amo più di qualsiasi registrazione moderna.


Senza nulla togliere all'importanza dei documenti acustici o elettrici che siano, voglio però sottilineare che il 78 giri non ci restituisce una verità d'ascolto. Non penso sia possibile richiedere fedeltà (non solo tecnica e sonora, ma anche interpretativa) a un interprete che cantava la Zazà con mezza faccia ficcata dentro un imbuto tipo maschera per aereosol. Inoltre molte voci non passavano. Come molti strumenti.
Ci sono però elementi che l'appassionato può benissimo dedurre dal 78 giri. Ad esempio possiamo dire con certezza dove Caruso passava di registro, dove invece apriva e di brutto (maestro, se ci sei batti un colpo? Non erano forse Caruso, Ruffo e Chaliapine i tre cantanti più importanti del Novecento secondo quanto scrivesti? Chi cantava sempre coperto in maniera ortodossa dei tre?), possima capire l'intonazione, la capacità di tenere il ritmo della frase, l'accento, la scansione. Non possiamo però parlare di timbro per il naturale impoverimento degli armonici. Una voce come la Norman ai tempi del 78 sarebbe passata inosservata. Anche la dinamica fatica non poco a uscire.
Poi sono convinto che la brevità del supporto creasse anche nel cantante quello spirito da highlights per cui si arrivava ad una esasperazione di certi tic e di certe vanità che il rigore del palcoscenico magari (dico magari) attenuava. Non penso che Fleta in teatro fosse quello del CD della LV.
Però da quel CD possiamo stilare con un buon margine di approssimazione quale fosse l'importanza e lo stile di Fleta. Non possiamo certo affermare come fosse il suo Cavaradossi e magari usarlo come paragone per giudicare, che so io, quello di Cura.
Sorridete? :) Allora siete giovani; ripeto negli anni ottanta era uno degli sport preferiti delle conventicole vociologiche ai cui simposi a volte partecipavo.

.Così si comportano normalmente tutti quelli che parlano d'opera e tendono a trasformare le loro impressioni in oggettive e di conseguenza a trasformarle in certezze e verità.


Vedi, secondo me, uso il tuo termine, occorre distinguere tra impressioni pure semplici e impressioni... circostanziate e suffragate da dati e riflessioni. :D
Purtroppo molti appassionati pensano alla musica e all'opera (ma all'arte in generale) come una cosa esclusivamente legata all'emotività. Che considerano, in quanto sorgiva e spontanea, un sufficiente strumento per esprimere pareri di un qualche valore. Cosa che non succede in altri campi dello scibile.
Lo diceva anche Russell. "Se uno, di fronte alla teoria della relatività, non capisce, deduce di non avere gli strumenti necessari per comprenderla. Lo stesso, di fronte a un dipinto che non capisce, ne deduce soltanto che è un brutto quadro"
Saluti
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Re: I rischi di certe interpretazioni

Messaggioda dottorcajus » gio 17 apr 2008, 20:37

Non riesco a riportare solamente parti di un intervento quindi in questa risposta a Maugham non includo niente e, odiando gli emoticons, sottolineo che i miei messaggi comprendono sempre la faccia sorridente.

Forse mi sono espresso male ma per "verità sonora" intendevo esclusivamente il fatto che tali registrazioni erano reali, non manipolate (anche se qualcuno sostiene che si potesse influenzare la resa degli armonici). In realtà concordo con te sul fatto che restituiscono solo una piccola parte delle potenzialità del cantante e per questo ritengo siano un invito ad immaginare.
Il baritono è forse quello che rende meglio, la voce riesce quasi ad essere interamente captata. Devo però ricordare che all'epoca le matrici venivano sfruttate per intero. Se un tecnico aveva 20 matrici le incideva tutte. Poi naturalmente l'artista, se era abbastanza importante, poteva vietarne la pubblicazione, per il resto si pubblicava tutto, errori grossolani compresi. Spesso la resa dell'incisione poteva essere influenzata da difetti presenti nella macchina di registrazione ed a ciò si possono imputare alcuni improvvisi slittamenti nell'intonazione. Concordo con te che, specie all'inizio, gli artisti non offrissero il massimo delle loro capacità espressive e spesso erano a disagio di fronte a quella novità. Molti di loro si rifiutarono di fare dischi.

Le impressioni semplici e quelle circostanziate.
Non sono assolutamente d'accordo con la citazione di Russell se espressa con carattere assoluto. Personalmente credo che qualunque forma d'arte abbia i suoi codici di comunicazione che comprendono sempre il fattore emotivo. Attraverso questa conoscenza si arriva alla formulazione di un opinione personale che non sia superficiale. Personalmente sia di fronte alla teoria che di fronte al quadro avrei lo stesso atteggiamento di attesa. Studiare, comprenderne i codici e successivamente formare la mia opinione, sempre che la cosa stimoli il mio interesse. Certamente arrivare a comprendere la teoria potrebbe essere più facile che arrivare a comprendere un quadro. La teoria è frutto di formulazioni complicate ma oggettive, la seconda no.
Un impressione semplice, pur assolutamente differente, ha lo stesso valore della circostanziata perchè entrambe alla fine saranno solo opinioni personali. Opinioni che probabilmente saranno condivise o invise da molte persone.
Nego infatti il carattere oggettivo della opinione circostanziata rispetto alla soggettività di quella semplice. Ovviamente la prima, anche se totalmente sbagliata, sarà più profonda, avrà risposto a molti degli interrogativi che la musica pone mentre la seconda sarà probabilmente frutto della semplice emotività.
Non saprei cosa dire di altre forme di arte di cui non conosco i codici ma la lirica si offre, proprio per la molteplicità di elementi dinamici e statici che la compongono, ad una lettura su più livelli, ad un osservazione da prospettive diverse e per questo trovo un impressione semplice probabilmente meno interessante e stimolante di una approfondita ma non meno importante.
Entrando nel personale trovo necessario considerarle con egual attenzione perchè entrambe sono importanti per la formulazione della mia opinione, l'unica alla quale devo fare riferimento nel momento in cui sostengo una qualsiasi discussione e l'unica della qualle ho piena responsabilità.
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Re: I rischi di certe interpretazioni

Messaggioda Maugham » gio 17 apr 2008, 22:50

Non riesco a riportare solamente parti di un intervento quindi in questa risposta a Maugham non includo niente e, odiando gli emoticons, sottolineo che i miei messaggi comprendono sempre la faccia sorridente.


Non ci credo che non sai quotare tu che mi hai insegnato a usare hjsplit.... :D


Forse mi sono espresso male ma per "verità sonora" intendevo esclusivamente il fatto che tali registrazioni erano reali, non manipolate (anche se qualcuno sostiene che si potesse influenzare la resa degli armonici).


Su questo non ci piove. Sebbene possa assicurarti che, ad esempio in casa Decca, si manipola davvero poco. Ricordo che fui testimone di una registrazione bolognese con Reaburn, preducer Decca. Un noto direttore, al riascolto di una seduta, fece una richiesta legittima e innocente. "Qui l'orchestra è leggermente troppo presente. Puoi abbassarla un poco?" Reaburn lo guardò di sottecchi e, sornione, gli disse: "Abbiamo tempo. Torna in sala e fallo tu." :)

Le impressioni semplici e quelle circostanziate.
Non sono assolutamente d'accordo con la citazione di Russell se espressa con carattere assoluto. Personalmente credo che qualunque forma d'arte abbia i suoi codici di comunicazione che comprendono sempre il fattore emotivo.

Senza dubbio. L'origine è quella.

Attraverso questa conoscenza si arriva alla formulazione di un opinione personale che non sia superficiale.

Qui ti ho perso. Intendi attraverso la conoscenza ovvero la decifrazione dei codici espressivi dell'opera attraverso l'emotività?


Personalmente sia di fronte alla teoria che di fronte al quadro avrei lo stesso atteggiamento di attesa. Studiare, comprenderne i codici e successivamente formare la mia opinione, sempre che la cosa stimoli il mio interesse. Certamente arrivare a comprendere la teoria potrebbe essere più facile che arrivare a comprendere un quadro. La teoria è frutto di formulazioni complicate ma oggettive, la seconda no.


Esatto, per Russel e anche per me questo è l'atteggiamento giusto. Quello che Russel sosteneva era esattamente il contrario. Se non capisci il DNA vuol dire che non hai gli "strumenti per", se non capisci il Moses und Aaron dici semplicemente "quella non è musica". Il tu ovviamente è retorico.

Un impressione semplice, pur assolutamente differente, ha lo stesso valore della circostanziata perchè entrambe alla fine saranno solo opinioni personali. Opinioni che probabilmente saranno condivise o invise da molte persone.


Non sono d'accordo. C'è una profonda differenza tra chi si pone di fronte alla composizione in rosso n°21 di Mondrian dicendo "questo lo so fare anch'io, sembra il tubo di gel della Loreal" e chi invece magari rifiuta quel quadro per una serie di ragioni e motivazioni più profonde.

Nego infatti il carattere oggettivo della opinione circostanziata rispetto alla soggettività di quella semplice. Ovviamente la prima, anche se totalmente sbagliata, sarà più profonda, avrà risposto a molti degli interrogativi che la musica pone mentre la seconda sarà probabilmente frutto della semplice emotività.


Secondo me ci sono "cose", anche nell'opera, che con la semplice emotività non puoi proprio capirle. O per meglio dire, la semplice emotività non ti basta. La musica seriale è una di queste. Per rimanere nell'opera, una di queste è la regia. Ci sono regie talmente complesse che vanno anche loro decodificate. Non nego che molte volte non ne valga la pena. :D Ma il percorso è sempre stimolante.

Saluti
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