soggettività e oggettività del giudizio critico

problemi estetici, storici, tecnici sull'opera

Moderatori: DocFlipperino, DottorMalatesta, Maugham

Messaggioda MatMarazzi » gio 18 ott 2007, 21:32

Cari amici,
l'argomento che avete introdotto è per me importantissimo e davvero affascinante.
Secondo me, l'errore di tutti noi è che pensiamo che da una parte ci sia l'oggettività e dall'altra la soggettività.
Eppure, secondo me, c'è un altro protagonista in questa disputa, che non è stato ancora tirato in ballo.
Esso non è nè oggettivo, nè soggettivo: sta in mezzo.

Ma andiamo per ordine.

beckmesser ha scritto:mi sembrava che le varie opinioni fossero state sviscerate in ogni piega in numerose altre parti, giungendo alla soluzione che ognuno resta sacrosantamente sulle proprie posizioni.


A parte il fatto che il tema, posto in questi termini, non mi pare sia stato davvero affrontato, quello che mi colpisce è che tu non ti sia accorto di quanto invece sono state utili quelle discussioni! :)

Certo... nessuno al mondo dichiarerà mai "hai ragione tu, sbagliavo io", ma non puoi fermarti a questo!
Io che sono costretto - dal mio immeritato ruolo di moderatore - a leggere TUTTI i post, ti posso assicurare che molte cose sono cambiate su Operadisc dopo quei dibatti appassionati...
Anche non considerando alcuni (pochi) irriducibili come l'amico PQYD :),
io ho colto in tanti partecipanti una diversa curiosità verso fenomeni vocali ostracizzati dalla nostra critica, un partecipare a discussioni con maggiore attenzione, un esprimere giudizi con diversa cautela, un interrogarsi più profondo, un alleggerire le posizioni, un aprirsi al confronto...
Sono sfumature, sia chiaro, ma che io noto benissimo.

In qualsiasi forum operstico da me frequentato in passato, sarebbe stato impensabile un thread bello e sfumatissimo, dai risvolti chiaramente "fenomenologici", come quello del rapporto spartito/interpretazione (e sto parlando di uno dei temi che da sempre scatenano il furore dei dogmatici).
Quindi non è vero (non è mai vero) che l'esito di una discussione sia quello di restare nelle rispettive posizioni: tutti ne traiamo occasione per una risistemazione delle nostre idee (anche solo a livello pulviscolare)anche se noi stessi siamo i primi a credere di non aver cambiato di una virgola delle nostre idee.

E ora veniamo al sodo.

Ho un cantante che emette un suono e ho diversi testi (diciamo il manuale di Garcia) che mi definisce quando un suono deve essere considerato ben immascherato. In questa situazione ho due elementi oggettivi il fatto che un cantante emetta un suono, e la definizione di suono immascherato data da Garcia. Ma decidere se quel tal suono rientri o meno nella definizione di Garcia (ammesso che mi interessi prendere una tale decisione...) non è nient’altro che una valutazione soggettiva,


Ed è qui che sbagli, secondo me.
Il suono "immascherato" (che è l'unico vero elemento oggettivo) esiste indipendentemente dal Garcia.
E' semplicemente un fatto fisico: è un suono che ha certe caratteristiche perché è emesso in un determinato modo.
Il Garcia ha solo dato una definizione.

A te non interessa capire se un suono è immascherato o no? :)
Padronissimo...
E' come dire che in musica non ti importa sapere se un tema è minore o maggiore, o se un ritmo è binario o ternario.
Si può godere della musica senza sapere distinguere queste cose...
Ok,
Ma non puoi dire che la definizione di ritmo ternario o di tema minore è affidata alla "soggettività".
Perché non è così.
E nemmeno la definizione di suono aperto o coperto è affidata alla soggettività: è un dato fisico e oggettivo.

Io e PQYD siamo capaci di scannarci (simpaticamente) sul giudizio che diamo di un suono immascherato, ma siamo assolutamente CONCORDI nell'identificarlo.
E ti dirò di più.
Se un membro del forum ora chiedesse "ma insomma, che cos'è un suono immascherato?" io non avrei nessuna difficoltà a farglielo spiegare da PQYD, che pure è il mio nemico! :)
Perché so che PQYD glielo spiegherebbe tecnicamente con gli stessi termini che userei io.

Il problema, il disaccordo, nasce non quando si analizzano i suoni, ma quando si dà un giudizio su di loro.
Il suono immascherato è bello o brutto?
Il suono immascherato è sbagliato, è giusto... o è l'unico giusto?

Non c'entra Garcia, c'entra il giudizio di valore che diamo ai suoni.
Ed è qui che interviene (in parte) il corto circuito paventato da Tucidide.
Se io stabilisco che un suono è bello PER ME, perchè il mio giudizio dovrebbe essere messo in discussione dagli altri?
E chi stabilisce che il giudizio di un altro possa considerarsi più giusto del mio?

Ora ti dirò, Tucidide, come la penso.
Premetto che io sono un relativista.
Ma non un relativista assoluto! :) un relativista relativo! (che goduria!) :D

Scusa, torniamo ai fatti.
Siamo partiti dicendo che un suono si può investigare in modo obiettivo: attraverso la sua matrice "fisica", sensibile e incontrovertibile.

la VALUTAZIONE del suono (bello, brutto, giusto, sbagliato, sensuale, frigido, ecc...) è sottoposta a:
1) il nostro personalissimo e indiscutibile gusto (i giudizi individuali)
2) le convenzioni mutevoli che, di epoca in epoca, hanno costituito il gusto del pubblico e le "grammatiche del canto" (i giudizi collettivi)

Questi due livelli di valutazione sono diversi, ma strettamente collegati fra loro.
Il giudizio individuale è sacro e insondabile: è il mattone che (insieme a tutti gli altri mattoni) forma il giudizio collettivo.
Tanti giudizi individuali formano il giudizio collettivo che però (questo è importante) a questo punto cammina con le sue gambe, prescinde dagli individui e diventa "scuola" o (se preferisci) tradizione.

Ti faccio un esempio.
Metti che domani un soprano emetta durante un'opera un suono strano, nuovo, particolare: ad esempio, un effetto "urlato" alla Mina!
Tutto il pubblico resterà di sasso: perché quel suono non è associato DA NESSUNO DI NOI al vocabolario canoro-operistico.
Un po' lo choc che dovette produrre Duprez quando cacciò nel Guglielmo Tell un bel do diesis di petto.

Di fronte a un caso come questo sono DETERMINANTI i giudizi individuali.
Io, magari, troverò quel suono assolutamente schifoso, per mie insondabili ragioni (magari perché da piccolo ho preso la scossa mentre sentivo un disco di Mina).
Tu invece lo potresti trovare bellissimo, per ragioni altrettanto insondabili (magari perché da piccolo hai mangiato il tuo primo cotechino in un ristorante dove tenevano da sottofondo la voce di Mina).

I nostri giudizi individuali sono entrambi assolutamente soggettivi e assolutamente indiscutibili.
Nessuno può dire a me che sbaglio; nessuno può dire a te che sbagli.

Però mettiamo che (sempre per loro insondabili ragioni) cinquecentomila persone apprezzino (proprio come te, anche se per ragioni diverse) la novità dell'effetto "Mina" nell'opera.
Tutti e cinquecentomila rappresenterete una "forza", che trascende i vari giudizi "individuali" e si configura come un "giudizio collettivo".
A questo punto del tuo ...cotechino non ce ne frega più nulla.
Infatti i giudizi individuali (importantissimi per ognuno di noi, ma solo per noi) non contano più.
Ciò che conta davvero - a questo punto - è il giudizio collettivo, perchè ha la forza (solo lui) di scatenare una serie di reazioni a catena.

La prima conseguenza saranno polemiche furiose (nei fora, sui giornali) tra i sostenitori e i detrattori dell'effetto Mina.
La seconda conseguenza sarà che la cantante dell'effetto Mina diventerà famosissima.
Poi cominceranno a farsi strada le prime "emule" che a loro volta sfrutteranno il successo dell'effetto Mina e lo faranno proprio.
Poi i compositori cominceranno a richiedere espressamente l'effetto Mina nelle loro opere.
Poi i maestri di canto cominceranno a insegnare agli studenti come produrre l'effetto Mina.
Dopo qualche decennio, salteranno fuori gli studiosi, i teorici del canto, i... Garcia :) che scriveranno i loro bei trattati su come si ottiene l'effetto Mina.

Sai quale sarà l'ultimo passo?
Salteranno fuori i "dogmatici" che cominceranno ad affermare che l'unico modo per cantare (in tutti i tempi e in tutti i repertori) è quello dell'effetto Mina, e chi canta diversamente "sbaglia".

Ecco. Si è creata una tradizione!
O se vuoi una "scuola".

La tradizione è proprio l'anello mancante di tutta questa discussione.
E' una via di mezzo fra l'oggettività e la soggettività.
Fra il dato oggettivo e "fisico" (il suono dell'effetto Mina) e il giudizio personale, insondabile che ne dà ognuno di noi si incunea questa tradizione pratica e scolastica, questa "cristallizzazione del giudizio collettivo" che va presa per quello che è: non una legge universale, ma una tipica sintesi del pensiero umano, una formula pratica di definizione, uno strumento utilissimo di valutazione.
insomma, UNA CONVENZIONE.

E' la stesso caso della Scienza.
La Scienza non è oggettiva, nè soggettiva. Non è la "verità" e non è nemmeno "unica".
E' solo una tecnica di comprensione dell'oggetto elaborata dall'uomo, convenzionale, tradizionale, fondato su determinati postulati (nè giusti, nè sbagliati, semplicemente "posti"), che si è venuta strutturando nel tempo e che ci aiuta moltissmo nel far evolvere la nostra civiltà.
E' chiaro che uno stesso fenomeno può essere valutato diversamente, a seconda delle diverse prospettive scientifiche da cui lo si guarda.
E' chiaro che può perfino essere valutato al di fuori della scienza.
E' chiaro inoltre che la stessa scienza cambia, la scienza sbaglia, la scienza evolve, la scienza regredisce...
Perché non è un dato oggettivo (come il fenomeno): si finge oggettiva per non essere più esclusivamente soggettiva.

Lo stesso caso (visto che è l'esempio che avevi fatto) è quello della legge.
Il dato oggettivo è il comportamento degli uomini, la legge (anzi le leggi) sono soltanto un modo pratico, convenzionale, sviluppatosi nel tempo e diverso a seconda delle varie civiltà ...di interpretare il dato oggettivo.
La legge non è nè infallibile, nè certa, nè assoluta... è una semplice convenzione, soggetta a evoluzioni e mutazioni anche radicali... eppure senza di lei vivere in comunità sarebbe estremamente difficile.
Anch'essa non è oggettiva, ma si finge tale per praticità.
E così facendo ci aiuta a vivere meglio.

La scienza, la legge, la lingua (altra convenzione) proprio come le grammatiche del canto, le tradizioni esecutive, le scuole interpretative non sono altro che convenzioni storiche elaborate dagli uomini, che ci aiutano a comprendere un po' meglio ciò che ci troviamo a dover interpretare.
Non sono oggettive. Ma non sono nemmeno del tutto soggettive, perchè le comunità hanno "assunto" e "concordato" di attribuire ad esse un valore superiore a quello della soggettività.

Ecco il protagonista che secondo me ancora mancava ai vostri dibattiti.
La convenzione rappresentata dalle piccole e grandi SINTESI del pensiero umano.

E' sbagliato prescindere da esse: vivremmo da selvaggi.

Ma (e qui arrivo a ciò che mi preme di più) è sbagliatissimo anche l'opposto: ossia appoggiarsi a queste convenzioni fino a farne la VERITA', dimenticarsi che solo di convenzioni si tratta, negare la loro mutevolezza, e usarle con prepotenza per gravare sul DATO, sul FENOMENO.
Le convenzioni hanno una funzione meramente UTILITARISTICA.
Guai a dimenticarsene!

C'è da avere paura di quel giudice che è convinto, applicando la legge, di FARE IL BENE.
C'è da avere paura di quello scienziato che è convinto di difendere la VERITA'.
E allo stesso modo c'è da guardarsi attentamente da quegli "esperti" d'opera che affermano che "la tecnica di canto è una, tutto il resto è sbagliato".
Costoro non solo - come ogni dogmatico - sono in torto, ma - come ogni dogmatico - possono anche fare danni.


Salutoni
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Messaggioda beckmesser » ven 19 ott 2007, 10:09

Il suono "immascherato" (che è l'unico vero elemento oggettivo) esiste indipendentemente dal Garcia.
E' semplicemente un fatto fisico: è un suono che ha certe caratteristiche perché è emesso in un determinato modo.
Il Garcia ha solo dato una definizione.

A te non interessa capire se un suono è immascherato o no?
Padronissimo...
E' come dire che in musica non ti importa sapere se un tema è minore o maggiore, o se un ritmo è binario o ternario.
Si può godere della musica senza sapere distinguere queste cose...
Ok,
Ma non puoi dire che la definizione di ritmo ternario o di tema minore è affidata alla "soggettività".
Perché non è così.
E nemmeno la definizione di suono aperto o coperto è affidata alla soggettività: è un dato fisico e oggettivo.


Onestamente, non ti ho capito… A parte il fatto che citavo il “manuale di Garcia” per semplificare, come esempio generale per indicare un luogo dove alcune regole sono (più o meno giustamente) codificate, il discorso mi pare è proprio quello che dici tu: se io, te, PQYD e tanti altri ci sedessimo attorno a un tavolo e parlassimo in termini generali di “suono in maschera”, “canto sul fiato”, “corretto appoggio del diaframma”, saremmo tutti d’accordo quanto a definizioni e tutto il resto. Ma se al centro di quella tavola mettessimo una registrazione di un qualche cantante e discutessimo in concreto se quei suoni sono o meno conformi a quelle definizioni, temo che la serata sarebbe molto meno tranquilla (anche se forse più interessante…) e che in almeno l’80% dei casi non ci troveremmo d’accordo.

Certo che mi interessa sapere se un suono è emesso correttamente o no, ma sarà sempre una valutazione che io faccio sulla base della mia interpretazione del concetto di "suono in maschera". Il paragone con tonalità minore o maggiore non c'entra nulla. Non per riaprire un argomento a lungo discusso, ma credo che quanto detto sulla Dessay sia significativo. Se io chiedessi a tutti i partecipanti di questo forum: ok, a prescindere da qualsiasi valutazione espressiva, intepretativa, sociologica o vattelapesca, da un punto di vista rigorosamente tecnico la Dessay (1) ha una corretta emissione in maschera?; e (2) ha un corretto appoggio sul fiato?, credo che le risposte sarebbero le più diverse. Per mio conto (e credo per molti altri) sì, eccome; per altrettanti altri no, per certo. E allora?

Il problema a mio parere è che anche il concetto di suono “in maschera” è un’astrazione che, in quanto tale, è possibile appunto solo a livello di definizione (un po’ come certe definizione della fisica che sono vere in teoria ma mai riscontrabili in quanto tali nella pratica…). A livello teorico, è un concetto chiarissimo, a livello pratico no, anche perché nell’applicare quel concetto teorico entrano in gioco tutta una serie di elementi specifici (non ultima la conformazione fisica del singolo cantante) che mutano caso per caso, si mescolano con la definizione astratta e producono qualcosa di unico in cui ciascuno, reagendo in modo personale al risultato, potrà o meno ritrovare la definizione iniziale.
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Messaggioda Tucidide » ven 19 ott 2007, 12:16

Approvo in toto l'obiezione di Beckmesser.
Mi sono trovato spesso in discussione con certuni a proposito di taluni cantanti: finché si parla di tecnica astratta, tutto bene. Poi, quando si scende dall'uiniversale al particolare, cominciano i dolori :D
Il mondo dei melomani è talmente contorto che nemmeno Krafft-Ebing sarebbe riuscito a capirci qualcosa...
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Messaggioda MatMarazzi » ven 19 ott 2007, 12:59

beckmesser ha scritto:Ma se al centro di quella tavola mettessimo una registrazione di un qualche cantante e discutessimo in concreto se quei suoni sono o meno conformi a quelle definizioni, temo che la serata sarebbe molto meno tranquilla (anche se forse più interessante…) e che in almeno l’80% dei casi non ci troveremmo d’accordo.


Beckmesser, non so come convincerti che non è così! :)
Il concetto di suono "in maschera" non è interpretabile.
Il suono in maschera è uguale per tutti, a meno che qualcuno non abbia l'allenamento o le conoscenze per riconoscerlo.

Proprio come il modo minore e il ritmo ternario.
E' chiaro che potrebbero esserci problemi di interpretazione, ad esempio se uno non sa com'è un suono in maschera! :)
Ma l'orecchio allenato ci vuole anche per riconoscere un modo minore.

Ed è anche vero che in certi casi il discorso potrebbe essere così complesso che anche un esperto è in difficoltà (certe apparenti aperture di suono di Fischer Dieskau o di Schipa ti spiazzano).
Ma questo capita anche con il modo minore e un ritmo ternario: una cosa è ascoltare Bellini, un'altra è ascoltare Bartok.

Ma questo non toglie che il concetto di modalità minore o di suono immascherato abbia certe inconfondibili e INOPINABILI caratteristiche.

Se io chiedessi a tutti i partecipanti di questo forum: ok, a prescindere da qualsiasi valutazione espressiva, intepretativa, sociologica o vattelapesca, da un punto di vista rigorosamente tecnico la Dessay (1) ha una corretta emissione in maschera?; e (2) ha un corretto appoggio sul fiato?, credo che le risposte sarebbero le più diverse.


La tua domanda sarebbe, secondo me, mal posta.
Non è in gioco la "correttezza" o meno.
Sono in gioco i particolari suoni che la Dessay emette (alcuni mascherati, altri no).
E su quei suoni tutti eravamo d'accordo.
Non erano suoni totalmente coerenti coi principi del Garcia.
Non erano suoni rigorosamente coperti secondo la prassi "canonica" invocata dal Cellettismo.
Erano suoni "diversi": su questo non c'era discussione da parte di nessuno.
Cambiava solo il giudizio che davamo di quei suoni.

Dovrò fare ancora un esempio. :)
Metti che io prepari un dolce.
Tu l'assaggi e dici "che meraviglia".
Poi interviene un cuoco e afferma che è tutto sbagliato perché manca un particolare ingrediente, in base all'Artusi.
Io risondo che l'Artusi non è la Bibbia e che altre tradizioni (ugualmente rispettabili) escludono quell'ingrediente.
Infine intervieni tu e dici che non ti importa di queste discussioni perché tanto il dolce ti è piaciuto lo stesso.
Questo è quello che è successo con la Dessay.

Ciò su cui voglio richiamare la tua attenzione è che (pur essendo in disaccordo) nè tu, nè io, nè il cuoco CI SIAMO SOGNATI DI AFFERMARE CHE NEL MIO DOLCE QUELL'INGREDIENTE CI FOSSE!
No! Non c'era! E questo è un dato oggettivo.
Così come che la Dessay canti in modo che (agli idolatri del Garcia) risulti eterodosso.

Tucidide ha scritto:Mi sono trovato spesso in discussione con certuni a proposito di taluni cantanti: finché si parla di tecnica astratta, tutto bene. Poi, quando si scende dall'uiniversale al particolare, cominciano i dolori


Questo capita perché quei "certuni" con cui parlavi non erano davvero "competenti" :)
Se uno non è allenato a riconoscere i sapori, non si accorge nemmeno della mancanza o meno di quell'ingrediente nella mia torta.
Può succedere che qualcuno parli di canto immascherato e poi non sappia nemmeno riconoscerlo (o non voglia: vedi i cellettiani che non ammetterebbero mai - nessuno sotto tortura - che la Horne molto spesso apriva i suoni).

Personalmente credo che queste incoerenze a proposito di tecnica del canto dipendano dal fatto che la gente è abituata a riempirsi la testa di regoline facili facili prima di imparare ad "ascoltare".
E' come l'ingegnere che all'università va benissimo e poi, una volta assunto, non sa dove sbattere la testa.
E' questa la tragica eredità del cellettismo, di cui parlavo.
Se io e te ci mettessimo ad ascoltare un disco cercando di cogliere i suoni aperti e quelli in maschera, non avremmo proprio nulla su cui non essere d'accordo.
A Ferrara faremo la prova! :)

Salutoni,
Matteo
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Messaggioda dottorcajus » ven 19 ott 2007, 15:21

Pur convinto che la tecnica di canto, in linea teorica, abbia un abc comune a tutti i cantanti, non credo all'oggettività di alcuna teoria. Non sono dimostrabili ed in quanto tali perdono oggettività. Sono simili alle teorie matematiche che vengono enunciate senza dimostrazione. C'è un accordo sulla loro validità ipotetica ma senza alcuna certezza. Il canto lo trovo molto simile. Vero che l'esperienza conta e sicuramente la preparazione all'ascolto aiuta ma la formazione della medesima, raramente, scampa alla soggettività che deriva da un qualsiasi insegnamento o da una preparazione autodidattica.
Trovo anche una differenza sostanziale fra la musica scritta ed il canto. La prima è documentata su carta ed eseguita da strumenti che possono riprodurla attraverso le diverse tecniche di esecuzione, ma nella sua codificazione è assolutamente oggettiva (una convenzione per semplificarne l'uso e la comprensione). Per quanto riguarda la Dessay sono d'accordo con quanto scrive Matteo e concordo sul fatto che la sua "novità tecnica" possa affermarsi e contribuire al cambiamento delle regole esecutive. Resta da vedere, ma ne abbiamo già molto discusso, se la lirica abbia realmente bisogno di tali novità o di un certo ritorno al passato. Ma qui entriamo nel personale ed io, ad esempio, sono molto selettivo nello scegliere, fra le novità che il progresso tecnico e culturale ci ha portato, quelle da condividere.
Roberto
P.S.
Matteo ho inziato ad introdurre l'elemento dubitativo, chissà se non arrivi a cambiare parere sull'abc.
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Messaggioda beckmesser » ven 19 ott 2007, 16:39

No, ti confermo che non sei riuscito a convincermi, così come io non convinco te, e pazienza. Giusto per precisare:

Ma questo capita anche con il modo minore e un ritmo ternario: una cosa è ascoltare Bellini, un'altra è ascoltare Bartok.

Ma questo non toglie che il concetto di modalità minore o di suono immascherato abbia certe inconfondibili e INOPINABILI caratteristiche.


Nemmeno per idea… Il concetto di modalità minore ha INOPINABILI caratteristiche finché restiamo a livello di un singolo intervallo. Se io emetto due suoni a distanza di una terza, quell’intervallo è o maggiore o minore, e questo in Bartok come in Bellini. Punto. Ma se ti riferisci alla valutazione di un intero brano, il paragone non regge: identificare il carattere maggiore o minore di un brano di Bartok (ma anche con Donizetti…) non è questione di allenamento e non ha nullo di oggettivo. È questione di interpretazione delle relazioni armoniche del brano, ed il livello di soggettività è altissimo. Esistono caterve di manuali di armonia, eppure non ho mai incontrato due studiosi che interpretino allo stesso modo la funzione armonica dell’accordo con cui inizia il Tristano (e dico proprio da un punto di vista tecnico-armonico, mica espressivo). Secondo te determinare modo e tonalità di un brano come l’inizio del quartetto K465 di Mozart ha qualcosa di INOPINABILE? Ma se non ci sono due (e c’ha provato gente anche molto allenata…) che siano d’accordo… E non si tratta affatto di eccezioni o casi limite, potremmo trovarne caterve anche nel repertorio lirico più tradizionale. È esattamente come per la questione del canto in maschera. Anche qui gli elementi oggettivi sono due: le astratte regole di analisi armonica (e già qui, in realtà, devo decidere soggettivamente quale sistema decido di prendere come riferimento…) e l’accordo del Tristano. Ma per decidere come catalogare quell’accordo, devo (1) interpretare le regole astratte; (2) interpretare l’accordo; (3) fare una sintesi di tali mie personali interpretazioni. Oggettivo? Inopinabile? Mah… Diciamo che, nell’analisi armonica come nel canto in maschera, si può arrivare al massimo a dire con una certa esattezza cosa NON rientra in una certa regola (non si può identificare esattamente modo e tonalità dell’inizio del quartetto di Mozart, ma di certo si può dire che non è, tanto per dire, in do diesis maggiore…; non si può dire in modo oggettivo qual è la funzione armonica dell’accordo del Tristan, ma chi dicesse che è inserito in una cadenza perfetta direbbe una castroneria; non si può dire in senso oggettivo se un suono è in maschera, ma è forse più facile per certi suoni inequivocabilmente aperti dire che in maschera non sono…).

La tua domanda sarebbe, secondo me, mal posta.
Non è in gioco la "correttezza" o meno.


OK, riformulo la domanda: la Dessay è una cantante che, sulla base della supposta oggettiva definizione di suono in maschera (decidi tu quale prendere), fa risuonare il suo canto in maschera? Ovviamente, si parla di metodo generale di emissione. Onestamente non mi sembrava, da quanto emerso in altro loco, che chi legittimamente condanna il canto della Dessay si riferisse a qualche sporadica nota emessa qua e là in modo un po’ troppo aperto…

Se io e te ci mettessimo ad ascoltare un disco cercando di cogliere i suoni aperti e quelli in maschera, non avremmo proprio nulla su cui non essere d'accordo.


Sarebbe interessante, ma io credo invece che ci troveremmo d’accordo in non più del 50-60% dei casi (e ciò malgrado sia convinto, da quel che ho capito, che tutto sommato abbiamo un’idea abbastanza simile di cosa intendiamo per canto in maschera), ma se invece lo facessimo in gruppo, la percentuale scenderebbe di molto…
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Messaggioda MatMarazzi » ven 19 ott 2007, 22:11

beckmesser ha scritto: identificare il carattere maggiore o minore di un brano di Bartok (ma anche con Donizetti…) non è questione di allenamento e non ha nullo di oggettivo.


Ma nemmeno per idea lo dico io, caro il mio Beckmesser! :)
Il livello di soggettività non esiste proprio.
Un brano maggiore presenta rigorosissime caratteristiche intervallari, che lo qualificano per tale e sono quelle e basta.
E un brano minore idem.
Punto!
Poi è ovvio, addirittura banale, che se un brano viola appositamente quelle regole per fare qualcosa di diverso (il Tristano, manifesto del superamento dell'armonia classica) o per giocare con l'ascoltatore (come nel caso di Mozart), non troverai nè il modo maggiore, nè il modo minore.
Ai tuoi esempi io ne potrei aggiungere di tanto più efficaci: un brano per sole percussioni non è nè maggiore, nè minore; un brano che non rientri nella tradizione classica occidentale (musica giapponese o tibetana, per esempio) non è nè maggiore, nè minore.
Bella forza! :D
Non è affatto detto che tutti i brani musicali debbano essere o minori o maggiori: eppure è ultra-evidente che se un compositore della tradizione classica INTENDE scrivere un brano in maggiore, o in minore lo fa assecondando le relazioni intervallari oggettive e codificate; e se lo fa, nessuno mi può venire a dire... "mah... per me, "Casta Diva" è in minore... sai, io lo sento così!" :D

Anche nel canto è la stessa cosa: un suono immascherato risponde a categorie fisiche ben precise. E' ovvio che se mi vai a prendere le difonie dei cantanti della repubblica di Tuva il suono non sarà nè immascherato alla Garcia, nè aperto alla Di Stefano.
Ma basta che prendiamo Judy Garland o Amelia Rodriguez e avremo lo stesso problema (che non è affatto un problema): i loro suoni non sono nè aperti nè immascherati secondo le regole (diciamo) classiche.
Ma nemmeno la Borkh non è nè aperta, nè "immascherata" alla Garcia.
E nemmeno la Dessay, almeno per molti dei suoi suoni.

E' evidente però che se un cantante VUOLE emettere un suono "immascherato" (come la Sutherland o Bergonzi) e lo realizza secondo i rigorosi processi fisici che lo permettono, il risultato sarà unico e incontrovertibile.

non ho mai incontrato due studiosi che interpretino allo stesso modo la funzione armonica dell’accordo con cui inizia il Tristano (e dico proprio da un punto di vista tecnico-armonico, mica espressivo).

Per la semplice ragione che è sbagliato vedervi a tutti i costi la modalità maggiore o la modalità minore.
Il suo bello consiste proprio nel superamento delle regole base dell'armonia canonica.

Secondo te determinare modo e tonalità di un brano come l’inizio del quartetto K465 di Mozart ha qualcosa di INOPINABILE?

Se Mozart si diverte a giocare con l'ambiguità minore/maggiore lo fa per ragioni ben precise.
Ciò non toglie che quando VUOLE fare un brano in maggiore (o in minore) lo fa seguendo le precisissime relazioni accordali che permettono di identificarlo così (e questo gli capita nel 99,999999999% dei casi in cui compone).
E nessuno è autorizzato a dire che "Fin ch'han dal vino" è minore, perché tanto la cosa è soggettiva.

E non si tratta affatto di eccezioni o casi limite, potremmo trovarne caterve anche nel repertorio lirico più tradizionale.

Si? :)
Ti sfido a trovare non cinquanta casi, ma cinque casi in cui la musica di Donizetti presenti una reale difficoltà a stabilire se siamo nel modo minore o maggiore.
Ma mi accontenterei persino di cinque casi in Schubert (attenzione, non sto parlando di melodie che trapassano dall'uno all'altro modo; questo capita regolarmente, ma proprio perché l'armonia non è un'opinione il passaggio è avvertibilissimo).

È esattamente come per la questione del canto in maschera.

Su questo concordo! :)
E' la stessa cosa! Per questo l'avevo introdotto come esempio!
Sei tu che avevi risposto perentoriamente "il paragone con tonalità minore o maggiore non c'entra nulla." :)

Anche qui gli elementi oggettivi sono due: le astratte regole di analisi armonica (e già qui, in realtà, devo decidere soggettivamente quale sistema decido di prendere come riferimento…) e l’accordo del Tristano.

In realtà non devi proprio per niente decidere quale sistema prendi come riferimento.
L'ha deciso il compositore, costruendo un brano con determinate relazioni intervallari.
Se lui ha deciso di comporre un brano in maggiore, a te non resta che prenderne atto. Ovviamente per farlo devi conoscere le regole della modalità maggiore.
Allo stesso identico modo, se Jaon Sutherland ha deciso di emettere ogni singolo suono con radicale copertura e classico immascheramento, tu non puoi farci nulla: non c'è soggettività che tenga.

Diciamo che, nell’analisi armonica come nel canto in maschera, si può arrivare al massimo a dire con una certa esattezza cosa NON rientra in una certa regola

Ma non vedo perché mai! :D
Se sento il primo tema del terzo movimento della Renana, non mi limito affatto a dire che NON è minore, e nemmeno frigio!
E' maggiore punto e basta.
E così di fronte a un suono della Sutherland non basta dire che NON è aperto: è proprio immascherato e coperto in stile belcantista.

Salutoni,
Matteo
Ultima modifica di MatMarazzi il ven 19 ott 2007, 22:18, modificato 1 volta in totale.
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Messaggioda MatMarazzi » ven 19 ott 2007, 22:16

dottorcajus ha scritto:Resta da vedere, ma ne abbiamo già molto discusso, se la lirica abbia realmente bisogno di tali novità o di un certo ritorno al passato.

Secondo me ha bisogno dell'uno e dell'altro.
Proprio come la scienza e la legge (che citavamo come esempi) è necessario un continuo adeguamento all'evoluzione dei tempi.
Ma questo adeguamente non si fa che nel rispetto e nella profonda conoscenza di quanto si è già fatto, nei tempi passati.
Non ci sarebbe civiltà, se l'uomo non fosse in grado di fare tesoro delle conoscenze dei propri avi e di passarle (elaborate) ai posteri.

Matteo ho inziato ad introdurre l'elemento dubitativo, chissà se non arrivi a cambiare parere sull'abc.

:) ho notato! no notato!
Sento che ci arriveremo! ;)

Salutoni,
Matteo
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Messaggioda VGobbi » sab 20 ott 2007, 13:00

Personalmente sono per l'asse Tucidide-beckmesser.
Trovo del tutto pretestuoso, forse perche' il sottoscritto non lo sappia riconoscere, interstardirsi se un tal dei tali quando canta produce suoni immascherati o meno, dove per inciso neanche tra gli specialisti del settore sono concordi nel giungere ad una stessa conclusione.
Che vantaggio se ne ottiene limitandoci a chi e' un semplice appassionato di musica e non un musicista professionista?

Perche' si ritiene fondamentale parlarne se l'interprete canta in maschera o no? Il saperlo puo' influenzare sul nostro giudizio in merito alla prova vocale del cantante?

E' cosi' blasfemo lasciarci trasportare dalle emozioni, senza scervellarci se il tenore dal punto di vista della ortodossia vocale e' ineccepibile o meno?
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Messaggioda dottorcajus » dom 21 ott 2007, 0:39

VGobbi ha scritto:Personalmente sono per l'asse Tucidide-beckmesser.
Trovo del tutto pretestuoso, forse perche' il sottoscritto non lo sappia riconoscere, interstardirsi se un tal dei tali quando canta produce suoni immascherati o meno, dove per inciso neanche tra gli specialisti del settore sono concordi nel giungere ad una stessa conclusione.
Che vantaggio se ne ottiene limitandoci a chi e' un semplice appassionato di musica e non un musicista professionista?

Perche' si ritiene fondamentale parlarne se l'interprete canta in maschera o no? Il saperlo puo' influenzare sul nostro giudizio in merito alla prova vocale del cantante?

E' cosi' blasfemo lasciarci trasportare dalle emozioni, senza scervellarci se il tenore dal punto di vista della ortodossia vocale e' ineccepibile o meno?


Devi considerare che l'attenzione maniacale al fattore tecnico è praticamente una delle scuole di pensiero che affollano il mondo degli appassionati e/o competenti. Concordo con te perchè, nonostante i tentativi di Matteo, trovo la tecnica di canto un insieme di concetti astratti e non documentabili nè tantomeno dimostrabili. Ma nonostante sia d'accordo con te sull'inutilità di limitare e ricondurre il nostro giudizio alla sola tecnica, trovo plausibile che qualcuno lo faccia, anche in maniera maniacale proprio perchè personale metodo di giudizio. Si può godere della musica anche con l'attenzione maniacale alla tecnica che non trovo poi dissimile da altri tipi di attenzione, a volte altrettanto maniacali (regia, interpretazione, filologia, tonalità, etc. etc.).
Nel mio mondo la prima cosa, come ho già scritto, è la attinenza di una voce al repertorio eseguito e questo secondo il mio personale modello. Il resto viene dopo e cambia di volta in volta a seconda del titolo interpretato per cui, ad esempio, in Lucia amo un esecuzione più in stile belcantistico mentre in Fedora un esecuzione più sopra le righe e meno attenta al dato tecnico.
Roberto
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Messaggioda Tucidide » dom 21 ott 2007, 12:03

dottorcajus ha scritto:trovo plausibile che qualcuno lo faccia, anche in maniera maniacale proprio perchè personale metodo di giudizio. Si può godere della musica anche con l'attenzione maniacale alla tecnica che non trovo poi dissimile da altri tipi di attenzione, a volte altrettanto maniacali (regia, interpretazione, filologia, tonalità, etc. etc.).

Verissimo: se posso fare un paragone calcistico, direi questo. Un attaccante può essere giudicato per tante cose: per la tecnica di base, per il gioco tattico, ma anche, perché no, per quanto segna! Ci sono centravanti con i piedi quadrati, che non fanno gioco nemmeno a morire, ma poi segnano goal a grappoli. E allora, hai voglia a dire che sono scadenti!
Nel canto direi che se un cantante ottiene un risultato espressivo (paragonabile al goal per l'attaccante), non importa più di tanto la tecnica che impiega per pervenirvi.
Poi, come si sentono centravanti prolifici stroncati da giornalisti attenti al palleggio ed al gioco tattico, così si sentono cantanti emozionanti ed amati da larghe schiere del pubblico stroncati da ascoltatori o critici attenti all'emissione delle singole note.
Tutto è legittimo, certo. :D
Il mondo dei melomani è talmente contorto che nemmeno Krafft-Ebing sarebbe riuscito a capirci qualcosa...
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Messaggioda teo.emme » dom 21 ott 2007, 19:33

Certamente ciascuno può pensarla come vuole, secondo i suoi gusti e le sue sensibilità. Tutta via il "pensiero debole" del canto (oggi imperante) non può arrivare sino alla relativizzazione dell'ABC della grammatica musicale. Scrivere che individuare il carattere maggiore o minore di un brano, non ha nulla di oggettivo, significa scrivere una cosa che non ha semplicemente senso. Probabilmente chi lo scrive non conosce la musica e non ha gli strumenti adatti ad individuare una tonalità, ma mi creda, la tonalità in cui un autore scrive un pezzo, è chiara fin dall'inizio, e non vi è nulla di soggettivo. Che poi all'interno del pezzo, l'autore giochi con ambiguità tonali non ci piove. Ma che la tonalità sia soggettiva questo no, questa è una fesseria. Il Requiem di Mozart, ad esempio, è in Re minore, e tale resta. Chi sostiene il contrario non sa di che sta parlando....

Così pure per tutti gli aspetti tecnici e teorici. Sono così e basta. Sono convenzioni? D'accordo, ma lo sono nella stessa maniera in cui lo è una lingua parlata. E nella stessa maniera di una lingua vanno considerati. Poi uno può parlare pure con i rutti, ma non pretenda di essere compreso.

Naturalmente ciò che vale per la teoria, basata su regole, che variano a seconda dei generi, non vale per la percezione individuale. Non si può accomunare in uno stesso discorso la valutazione del canto della Dessay (che può piacere o meno) e l'immascheramento o la tonalità.

In questa discussione si sta confondendo la pura tecnica e le basi teoriche con la valutazione finale del cantante. Si mischia oggettività a soggettività. E non se ne esce fuori.

Il paragone col calcio poi non c'entra nulla...un cantante che non conosce l'ABC della tecnica non potrà mai far goal (cioè interpretazioni ed esibizioni convincenti). E poi, anche nel calcio, le regole ci sono, e tirare in porta con le mani resta vietato...chiunque sia a tirare. Ovvio però che l'hooligan neppure davanti all'evidenza arretra, e si lamenterà sempre anche se il goal segnato dalla sua squadra è stato gettato in rete con un pugno....
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Messaggioda beckmesser » lun 22 ott 2007, 9:42

Un brano maggiore presenta rigorosissime caratteristiche intervallari, che lo qualificano per tale e sono quelle e basta.
E un brano minore idem.
Punto!
Poi è ovvio, addirittura banale, che se un brano viola appositamente quelle regole per fare qualcosa di diverso (il Tristano, manifesto del superamento dell'armonia classica) o per giocare con l'ascoltatore (come nel caso di Mozart), non troverai nè il modo maggiore, nè il modo minore.


Mah, allora forse è solo un problema di terminologia. Per me, se mi si dice che un certo elemento è oggettivo e inopinabile (anzi: INOPINABILE TUTTO MAIUSCOLO) vuol dire che è sempre dimostrabile e non accetta eccezioni o distinguo. Se mi si dice che un intervallo di terza può essere solo o maggiore o minore, convengo che questa è un’asserzione oggettiva e INOPINABILE, dato che non ci sarà né Mozart, né Wagner, né l’arcivescovo di Costantinopoli che potranno mai scrivere una terza con caratteristiche diverse. Se mi si dice che “un brano” (corto o lungo che sia) è sempre o maggiore o minore, e io vedo che in molti casi ciò è senza dubbio vero (e tale è di certo Casta diva…), in altri (e quelli citati saranno eccezioni, ma ci sono) di certo vero non è, passando per tutta una serie di casi in cui è vero con un certo margine di approssimazione che potrà andare dal molto basso al molto alto, ebbene, per me tutto ciò non è un dato oggettivo e INOPINABILE, bensì un elemento soggetto ad interpretazione.

Lo stesso vale per il discorso del suono in maschera. Non ho mai detto che sia un dato puramente soggettivo, ma solo che si tratta di una definizione teorica che ciascuno interpreta con un certo margine di soggettività. Poi è naturale che ci sono molti casi (e la Sutherland è senz’altro fra questi) in cui sarà più facile e naturale che le diverse interpretazioni di “suono in maschera” si incontrino; ma altrettanto certo è che su molti altri casi (e non è questione di una singola nota qua e là di Fischer-Dieskau…) le discussioni saranno insolubili. E, per inciso, non credo affatto che tali discussioni siano inutili o che la riflessione sul modo di emissione di un certo cantante sia un inutile tecnicismo: mi sembra anzi che sia il naturale punto di partenza per valutare un’interpretazione nel suo complesso. Solo, non mi sembra che nemmeno su questo si possa parlare di oggettività e INOPINABILITÀ…


Ti sfido a trovare non cinquanta casi, ma cinque casi in cui la musica di Donizetti presenti una reale difficoltà a stabilire se siamo nel modo minore o maggiore.
Ma mi accontenterei persino di cinque casi in Schubert (attenzione, non sto parlando di melodie che trapassano dall'uno all'altro modo; questo capita regolarmente, ma proprio perché l'armonia non è un'opinione il passaggio è avvertibilissimo).


Se la metti così, non posso che darti ragione… Se devo portare casi in cui i principi tonali e modali sono posti in discussione escludendo tutti i casi in cui 1) il compositore volutamente elude tali principi; e 2) il compositore oscilla fra tonalità e modi fino a rendere incerti quelli di base, allora sì, tali principi diventano oggettivi e INOPINABILI, ma temo varranno solo per non più di una metà circa del repertorio di musica occidentale…

Scrivere che individuare il carattere maggiore o minore di un brano, non ha nulla di oggettivo, significa scrivere una cosa che non ha semplicemente senso. Probabilmente chi lo scrive non conosce la musica e non ha gli strumenti adatti ad individuare una tonalità, ma mi creda, la tonalità in cui un autore scrive un pezzo, è chiara fin dall'inizio, e non vi è nulla di soggettivo.

Chi sostiene il contrario non sa di che sta parlando....


Quanto a questo, ti prego di tenerti per te le valutazioni su mie presunte conoscenze o ignoranze. Finché si tratta di discutere su diversi punti di vista, il gioco può essere anche interessante, ma se si va su questo livello la cosa non mi interessa più, né mi interessa ricevere patenti di conoscenza musicale da te o da altri.
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Messaggioda teo.emme » lun 22 ott 2007, 14:10

Non è questione di patenti, solo che ovviamente ogni campo ha la sua disciplina, e va conosciuta prima di dare valutazioni o giudizi. Ripeto: un brano è maggiore o minore a prescindere da valutazioni soggettive. E' così e basta. E non c'è nulla da dimostrare, dato che non è un'ipotesi. E' un dato di fatto che attiene alla teoria musicale. Punto. Poi ognuno può pensarla come vuole. Può pure dire che Mozart era un cialtrone e scriveva "Requiem in Re minore" solo per imbrattare un foglio...dato che la vera tonalità è indefinibile e il carattere minore è individuabile solo soggettivamente.
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Messaggioda MatMarazzi » mar 23 ott 2007, 12:35

beckmesser ha scritto:Mah, allora forse è solo un problema di terminologia.


Credo anche io che sia semplicemente questo: o per lo meno un non essersi perfettamente chiariti il punto di vistadal quale vogliamo valutare il problema.

In effetti ci possono essere ambiguità (che io preferisco definire "difficoltà di comprensione") se vedi le cose dal punto di vista di chi vuole capire.
Ma se le vedi dal punto di vista di chi "fa" (ad esempio il compositore o il cantante) penso tu possa condividere quello che dico.

Se un compositore vuole scrivere un pezzo in maggiore, non ha dubbi su quali formule adottare: e tu non hai dubbi sul fatto che sia in maggiore.
E' una specie di "accordo preventivo" fra compositore e ascoltatore.
Ed è da questo punto di vista che affermavo che fosse inopinabile (con tutte le lettere maiuscole)! :)
Poi è chiaro che se il compositore non vuole affatto sottoscrivere questo accordo preventivo, se vuole appositamente mettere in difficoltà l'ascoltatore, potrà benissimo anche violare quelle formule o giocarci.
E non occorre essere geni come Beethoven o rivoluzionari come Wagner per farlo: Verdi ti lascia diverse battute (al terzo atto dell'Aida) nella più totale incertezza modale, tanto per dare l'idea di qualcosa di misterioso e primordiale come un tempio egizio.
Ma resta il fatto che quando vuol far capire di essere in un modo maggiore, non sgarra.
In questo senso facevo il paragone col canto.
I suoni (che siano aperti, mascherati alla Garcia o coperti secondo una delle centomila tecniche vocali possibili e praticate) servono a comunicare qualcosa. La loro "tipologia" è significante.
Il cantante li emette in quel modo per evocare reazioni nell'ascoltatore, proprio come il compositore sceglie la modalità o il ritmo per lo stesso motivo.
Un suono aperto, o un suono coperto in un determinato modo si possono, anzi, si devono riconoscere.
Poi ...è chiaro che non è necessario sapere come sono stati prodotti (in termini foniatrici) ma almeno riconoscerli questo sì.
Il colore del suono, l'accentazione, l'apertura o la chiusura, il livello di intensità sono le figure poetiche e retoriche di cui dispone il cantante per... scrivere le sue poesie.
Per questo è importante secondo me, per apprezzarlo davvero, riconoscere e classificare i suoni.

Quanto a questo, ti prego di tenerti per te le valutazioni su mie presunte conoscenze o ignoranze.


Questo lo sottoscrivo e appoggio pienamente.
Voglio ricordare a tutti (e in questo caso a Teo.Emme) che i nostri giudizi
sulle competenze degli interlocutori (l'abbiamo già detto varie volte) non soltanto sono sgradevoli e inopportuni, ma non interessano minimamente il topic.
Quindi cerchiamo di astenercene.

Salutoni a tutti,
Matteo
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