Storicità di un/a cantante....

problemi estetici, storici, tecnici sull'opera

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Messaggioda dottorcajus » mer 19 set 2007, 19:24

VGobbi ha scritto:
Domenico Donzelli ha scritto:E se tornassero una disperata verista come la Bellincioni o la Carelli oppure un baritono nobile alla Battistini. A parte che i primi a rifiutarli sarebbero i direttori d'orchestra incapaci di accompagnarli CHE ACCADREBBE?

Io penso che il pubblico li fischierebbe. Forse manca l'allenamento, la preparazione e la cultura musicale per sentire la vocalita' di una Bellincioni o di un Battistini.

Esagero?


Non esageri. Oggi il pubblico è da tempo disabituato alla voce, intesa come strumento che in teatro si dimostra sempre adeguato al ruolo da cantare. Ovviamente la voce non è la sola componente dell'arte del cantante.
Ma, sempre a mio parere, anche alla diffusione discografica, di per sè auspicabile ma assai mal recepita e diffusa, si deve questo stato di cose. Alcuni tenori, oggi di gran fama, indipendentemente dalla loro bravura, ai tempi della Bellincioni avrebbero trovato spazio nel comprimariato e questo per mera carenza dello strumento. Mi spingo a dire che alcuni di loro avrebbero potuto ambire al massimo ai ruoli "routinier", cioè nell'Otello verdiano avrebbero cantato Rodrigo e non Cassio.
Per far tornare artisti come Battistini o la Bellincioni occorrerebbe prima invertire la strada malauguratamente intrapresa anni fa e far tornare il cantante e la voce del medesimo al centro dello spettacolo. Che poi qualunque artista abbia il dovere di usare al meglio la sua voce mi sembra fin troppo ovvio per sottolinearlo ogni qualvolta scrivo di queste cose.
Roberto
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Messaggioda pbagnoli » mer 19 set 2007, 21:51

Rispondo a Roberto, di cui ho apprezzato lo sfogo ricco di sincerità e di passione.
Eppure è uno sfogo che non riesco a condividere completamente.
Si parla di ridare l'opera in mano ai cantanti, ma io ho la sensazione che i cantanti l'opera non l'abbiano mai mollata. E' vero, invece, che negli ultimi 50 anni ci sono alcuni elementi che hanno portato linfa nuova o nequizia, a seconda dei punti di vista:
:idea: direttori: le personalità dei direttori importanti hanno avuto e hanno tuttora un ruolo di primissimo piano che non mi appare così prevaricatore. Consideriamo quello che un Serafin ha tirato fuori dalla Callas, o come un Bonynge ha saputo costruire una Sutherland, e subito apparirà chiaro il mio pensiero. Se consideriamo quello che ha fatto Karajan con alcuni cantanti, lavorando gomito a gomito, non possiamo dire che il direttore sia un prevaricatore. Per contro, sono esistiti cantanti che hanno imposto la propria visione esecutiva, spesso accomodandosi la parte sulle proprie esigenze, con risultati esiziali
:idea: registi: l'opera è uno spettacolo teatrale. I fondali dipinti non li vorremmo più nemmeno noi. Senza arrivare a Carsen o Jones, mi limiterei a citare quello che ha significato un Visconti per la Callas, o un De Lullo per la Gencer, immaginando spettacoli fondamentali nella compenetrazione fra le varie componenti. E' poi necessario ricordare quanto abbia contato un Wieland Wagner per la ristrutturazione dell'interpretazione wagneriana?
:idea: le voci: io penso - come Matteo, peraltro - che questo periodo segni un momento di rinascita delle grosse personalità interpretative dopo anni bui. Non in Italia, purtroppo: questo è vero. Spiace fare paragoni, ma l'unico vantaggio dell' Europa riconosciuta di qualche anno fa alla Scala fu di poter confrontare la grandissima statura di Diana Damrau - unica vera stella della serata - con il grigio professionismo di tanti altri che le cantavano accanto. In qualche altro thread si parlava di Terfel, fulgido esempio di quello che su questo sito si dice da un po' di tempo, ma ce ne sono un sacco: Langridge, Hampson, Gunn, Netrebko, Dessay (!), Graham, Garanca, Villazon (per quanto criticabile possa essere), Flòrez (con il quale non sono mai particolarmente tenero), Stemme, Pape, Heppner, Massis, Piau, DiDonato, Kermes, Kaufman, Lemieux e chi più ne ha più ne metta. Ho citato alla rinfusa i primi nomi che mi venivano in mente, ma se ci penso me ne vengono ancora.
Tutti cantanti con i loro difettucci, chi più chi meno, ma tutti caratterizzati da una personalità intrigante che ci fa tirare un sospiro di sollievo dopo anni passati a sbadigliare.
Il merito di chi è?
Mutamento genetico? Assolutamente no.
Cambiamento del gusto? Solo in parte.
No. Il merito è dello sviluppo di sinergie che hanno obbligato i cantanti a prendere coscienza del loro ruolo che non può più essere quello di mettersi sul proscenio con la manina alzata verso il pubblico a sciorinare note. I principali artefici di queste sinergie sono direttori e registi dotati di personalità talmente intrigante da tirar fuori il meglio che c'è in loro.
Persino una Callas - visto che di lei si parla in questi giorni - riusciva a tirare fuori il meglio di sé con partners di prestigio che la indirizzassero verso mete magari non ancora esplorate: penso alle sue collaborazioni con Karajan, con Bernstein ma anche con lo stesso Serafin (tanto per stare solo sul piano direttoriale)
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Messaggioda dottorcajus » gio 20 set 2007, 17:54

Premesso che (so che su questo sito è un pensiero orribile) non amo le registrazioni ufficiali, live o in studio, i dvd, che a mio parere fanno al limite analizzare la regia televisiva dello spettacolo teatrale, e che, purtroppo, non posso girare più come un tempo.

Su direttori e registi, in base agli esempi che fai, siamo perfettamente d'accordo. Infatti quando parlo dell'impossibilità di definire "storico" un cantante mi riferivo proprio all'idea che il suo lavoro fosse sempre frutto di una collaborazione con altri.

Sui cantanti, molti dei quali, per i motivi sopra scritti, conosco solo di nome, posso esprimermi solamente su Florez (sugli altri mi sto documentando) ed a mio parere, per evidenti carenze di volume e timbriche, non mi sembra dotato di una personalità interpretativa particolarmente intrigante, anzi lo trovo alquanto ripetitivo con un uso esasperante del rallentando trasformato spesso in vere pause.

Veniamo alla centralità del cantante.
Io, nel momento che ascolto o vedo un cantante, parto dalla voce, dalla sua adeguatezza al personaggio, dalla sua capacità di costruire il personaggio esclusivamente attraverso la voce (Callas e Sutherland). Per questo trovo molto più importante il direttore o i maestri sostituti e assai meno il regista.
Non mi interessa il cantante che debba ricorrere all'artificio scenico per rendere il suo personaggio (le doti acrobatiche di una Dessay o la mimica di un Villazon sono elementi superflui). Se ha vera caratura artistica il suo canto sarà il mezzo adeguato a dar sfogo alla sua creatività espressiva.
Ovviamente una bella ed interessante regia arricchirà lo spettacolo e lo renderà assai più piacevole.
Sono sicuramente un conservatore ed ho una visione demodè della lirica ma rinuncio volentieri alla giusta tonalità, all'aderenza allo spartito, all'esecuzione integrale e quant'altro, tutte cose assai lecite ed indubbiamente importantissime, se i risultati sono quelli che ho visto o ascoltato a teatro negli ultimi anni.
Sarà sempre meglio uno spettacolo ben diretto e cantato con una brutta regia che viceversa.
Ricordo una Favorita genovese di tanti anni fa con Kraus, Bruson, Siepi e la Cortez. Ebbene anche se avessero cantato ingessati e con le scene proiettate sul muro, lo spettacolo sarebbe ugualmente stato memorabile.
Roberto
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Messaggioda MatMarazzi » ven 21 set 2007, 14:35

dottorcajus ha scritto:Su direttori e registi, in base agli esempi che fai, siamo perfettamente d'accordo. Infatti quando parlo dell'impossibilità di definire "storico" un cantante mi riferivo proprio all'idea che il suo lavoro fosse sempre frutto di una collaborazione con altri.


Su questo, Roberto, non sono d'accordo.
O, per lo meno, è vero che il grado di responsabilità "creativa" di un cantante oggi è inferiore a quello di ottanta anni fa.
Come è vero che ottanta anni fa (per il maggior ruolo assunto dal direttore d'orchestra) era inferiore a quello del 1820.
Ma, secondo me, la grandezza di qualcuno non si misura necessariamente dal grado di "autonomia" delle sue scelte.

Oggi non c'è gesto di un interprete che non sia stato approvato (o voluto) dal regista, così come non c'è un rallentando, un rubato, un fiato che non sia stato concordato col direttore.
Ma "quel" gesto, "quel" rubato, "quel" rallentando, dovranno pur sempre essere fatti in un determinato modo.
E si possono far bene o male, a seconda della bravura del cantante d'opera

Ti assicurao che oggi se in una stessa produzione (con lo stesso regista e lo stesso direttore) ci metti un grande cantante alla prima sera e una mezza tacca alla seconda, sentirai una differenza enorme...
anche se i gesti e i rubati sono gli stessi.

Un immensa regia e una splendida direzione d'orchestra oggi come ieri non bastano se sul palco non c'è la "pasta" di grandi artisti e grandi personalità.

Quello che voglio dire è che io non riesco a dire "è meglio oggi" o "era meglio ieri". Oggi e ieri non importa: l'opera ha sempre bisogno di artisti veri (e ce ne sono oggi come ce n'erano ieri), anche se sono mutate le tecniche di allestimento, le convenzioni esecutive o le esigenze del pubblico...

Io poi credo che da sempre (non solo da oggi) la fisicità di un interprete d'opera sia importante come la sua voce.
Lo era anche nell'800 (basta vedere quanto i recensori e i compositori stessi dedicassero spazio alla recitazione e persino all'aspetto fiisco di un artista).
La differenza fra essere concertisti ed essere interpreti d'opera è che questi ultimi si dedicano non alla musica, ma al teatro musicale.
E che hanno dovuto "recitare" (oltre che cantare) fin dal lontano 1600.

Detto questo io sono con te (assolutamente) nel non ammettere che si giudichino gli artisti del passato con ridicola sufficienza e con gli strumenti con cui si giudicano quelli di oggi!

Salutoni,
Matteo
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Messaggioda Teo » ven 21 set 2007, 16:26

dottorcajus ha scritto:Veniamo alla centralità del cantante.
Io, nel momento che ascolto o vedo un cantante, parto dalla voce, dalla sua adeguatezza al personaggio, dalla sua capacità di costruire il personaggio esclusivamente attraverso la voce (Callas e Sutherland).

Non mi interessa il cantante che debba ricorrere all'artificio scenico per rendere il suo personaggio (le doti acrobatiche di una Dessay o la mimica di un Villazon sono elementi superflui). Se ha vera caratura artistica il suo canto sarà il mezzo adeguato a dar sfogo alla sua creatività espressiva.

Sono sicuramente un conservatore ed ho una visione demodè della lirica ma rinuncio volentieri alla giusta tonalità, all'aderenza allo spartito, all'esecuzione integrale e quant'altro, tutte cose assai lecite ed indubbiamente importantissime, se i risultati sono quelli che ho visto o ascoltato a teatro negli ultimi anni.


Ho sottolineato questi passaggi, perchè esprimono sostanzialmente il mio personalissimo concetto sull'importanza che debba avere la voce nel contesto generale di un opera.
Per me non vi è contrasto tra un ottima regia, una grande direzione e una voce che emoziona in scena, nella condizione fondamentale che il canto (si badi bene non il cantante) sia posto nella centralità di un opera.
Cerco di spiegarmi.
Quante volte abbiamo assistito a interpreti inadeguati (o impreparati) ad un determinato ruolo? quante volte abbiamo visto un direttore fregarsene completamente delle esigenze legate all'esecuzione del canto in favore di mere questioni filologiche? quante volte abbiamo visto regie che non solo sono prive di idee o in netto contrasto con quanto prescritto da librettista e compositore, ma addirittura costringono gli interpreti a voli pindarici nella ricerca di una gestualità o di una teatralità che condiziona il cantante al punto tale da impedire allo stesso la resa vocale che si era prefisso o che aveva previsto con il direttore? quante e quante volte, cantanti, direttori, registi, hanno messo il canto sull'uscio del teatro lirico?
Io credo che i grandi registi così come i grandi direttori e così come i grandi cantanti debbano giustamente fare una propria ricerca e sperimentare le proprie idee per ottener il miglior risultato che hanno dentro e che alla fine si debba arrivare ad ottenere un giusto equilibrio, una giusta osmosi...ma il collante, a mio avviso, è proprio il canto.
E' vero quello che dice Matteo a proposito dell'importanza della recitazione, l'opera non è prosa, ma non è nemmeno un concerto lirico, sappiamo tutti che nasce dal recitar cantando; pur tuttavia credo che questo modo di recitare, abbia la sua più elevata funzione quando il canto (sia esso belcantistico, verista, declamatorio, ecc...) trova la sua giusta collocazione rispetto all'opera e al ruolo che si sta affrontando.
La Callas per esempio, è giustamente ritenuta una delle più grandi belcantiste di cui esista traccia sonora, proprio perchè il canto diventa in lei il mezzo e lo strumento per trasformare le proprie emozioni, il proprio vissuto. Ecco perchè per esempio, trovo straordinaria la sua Medea operistica e meno straordinaria quella cinematografica.

Come sempre a mio modestissimo avviso :D

Salutissimi.

Teo

PS. forse sono andato un pò troppo OT se i moderatori lo ritengono opportuno si può spostare il 3D...fate vobis :lol:
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Messaggioda dottorcajus » ven 21 set 2007, 18:10

Teo:
hai ragione in tutto ed io non sono stato chiaro. Avrei dovuto parlare della centralità del canto e non del cantante. Ma è anche vero che il canto è realizzato dal cantante ed alla fine è lui che deve esprimere, emozionare. Quello che voglio sottolineare che lui lo deve realizzare nel canto e non nella sua gestualità. Ovvio che la sintesi perfetta fra i tre elementi portanti dello spettacolo offra il miglior risultato ma oggi, sempre più spesso, questa sintesi non si realizza e, specie da quando la tecnologia ha invaso i palcoscenici ed iniziato a formare una nuova classe di pubblico, il canto è messo ai margini. A me manca una visione mondiale della situazione e sicuramente ci saranno moltissime produzioni che smentiscono nei fatti il mio pensiero.

Matteo:
ho riletto il mio intervento e mi sono reso conto di non aver ben definito il carattere affermativo contenuto nella chiusa della parte da te evidenziata. In realtà sostengo la vostra stessa tesi e ritengo che la storicità di un cantante, se si realizza, è sempre frutto sia del suo talento, elemento indispensabile, che dell'opera di stretta collaborazione con le altre componenti dello spettacolo.
Ritengo però che per poter veramente lasciare il segno il cantante abbia bisogno di vivere in un epoca di grandi cambiamenti culturali, specie musicali. Grazie alla coincidenza fra questi elementi il cantante ha la possibilità di aprire una nuova strada.
Proprio la mancanza di questi due ultimi elementi mi fa ritenere "non storica" una Callas, una Horne, una Sutherland.


"Ti assicurao che oggi se in una stessa produzione (con lo stesso regista e lo stesso direttore) ci metti un grande cantante alla prima sera e una mezza tacca alla seconda, sentirai una differenza enorme...
anche se i gesti e i rubati sono gli stessi.

Un immensa regia e una splendida direzione d'orchestra oggi come ieri non bastano se sul palco non c'è la "pasta" di grandi artisti e grandi personalità."

Ma su questo siamo assolutamente d'accordo. Inoltre non è mia intenzione confrontare il presente con il passato.

Tralascio di aprire una strada sui cantanti odierni che mi porterebbe a divagare troppo e finirei con l'andare totalmente OT.
Roberto
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Messaggioda MatMarazzi » ven 21 set 2007, 23:17

dottorcajus ha scritto:Ritengo però che per poter veramente lasciare il segno il cantante abbia bisogno di vivere in un epoca di grandi cambiamenti culturali, specie musicali. Grazie alla coincidenza fra questi elementi il cantante ha la possibilità di aprire una nuova strada.
Proprio la mancanza di questi due ultimi elementi mi fa ritenere "non storica" una Callas, una Horne, una Sutherland.


Giustamente Rob ci riporta al tema! :)
La storicità.
Vedo che anche tu come altri avalli l'equazione storicità=apertura di nuove strade.
A me sembra, l'ho già detto in apertura di thread, una definizione riduttiva.
Si può essere storidci anche senza aprire alcuna strada.
La Malibran, visto che si parla di lei, che strade nuove ha aperto?
Come si può paragonare la sua "novità" rispetto a quella di una Pasta, di una Milder Hauptmann, di una Schroeder Devrient, di una Colbran o di una Ronzi?
Eppure... vorrei vedere che non si definisse "storica" la Malibran! :)

Io rilancio la mia tesi che la storicità è semplicemente connessa all'aver contribuito, inciso nella storia.
Non necessariamente "cambiata".

Per il resto, concordo sia con quello che dici tu, sia con quello che dice Teo.
L'unica cosa che replicherei a quest'ultimo e che io non vedo, non sono mai riuscito a vedere "dualismo" o "alterità" fra canto e interpretazione operistica.
Sono la stessa cosa: suoni e mimica sono espressioni parallele e contemporanee di un unico atto artistico: l'interpretazione operistica.

Salutoni
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