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Dalla modernità alla contemporaneità

MessaggioInviato: sab 12 ott 2013, 12:04
da DottorMalatesta
Era da un po´che volevo aprire questo thread, ma la paura di non riuscire a spiegarmi con la mia sintassi arzigogolata :mrgreen: mi ha trattenuto.
Beh… ora ci provo! E se non ci riesco... pazienza!


Dalla modernità alla contemporaneità: un viaggio in compagnia di Wagner

In principio era l´oggetto.
Richard Wagner, anche come contrapposizione al modo di concepire e mettere in scena l´opera da parte dei suoi contemporanei, realizza un teatro dell´illusione. Ecco Bayreuth, l´impianto centrale del teatro, il buio in sala, una visuale perfetta assicurata a tutti gli spettatori, l´orchestra invisibile, i sedili scomodi: tutto per fare in modo che tutta l´attenzione sia rivolta alla scena. Nasce il teatro dell´illusione, in cui si cerca di realizzare una mimesi della realtà, una realizzazione se non vera almeno verosimile, nella quale gli spettatori possano immergersi completamente eliminando ogni filtro, ogni barriera, ogni distanza. E questo nonostante i limiti della tecnologia dell´epoca. Il teatro di Wagner come anticipatore del cinema.

Dall´oggetto al soggetto
Poi arriva Appia. E, sono parole sue, il teatro di Wagner da Illusionsbühne (scena dell´illusione) diviene Andeutungsbühne (scena dell´allusione): non più mimesi della realtà, ma stilizzazione, semplificazione. Una scena con pochi elementi scenici dai quali far scaturire, nella mente dello spettatore, la “visione della realtà”.
La realtà che ora non è più fuori dal soggetto, sulla scena, ma dentro di sé, nella sua testa. Un salto non da poco. Peraltro in linea con la vera e propria rivoluzione che si stava vivendo in quegli anni, al tramonto dell´era romantica, ultimo frutto di quella grande stagione filosofica, culturale, estetica e sociale.
Prima si pensava: “vedo una cosa perché quella cosa c´è, esiste anche al di fuori di me, è una realtà concreta”. Era l´era degli empiristi prima e dei positivisti poi, che aveva portato alla nascita della scienza moderna. Ora invece si comincia a dire: “una cosa c´è solo perché ci sono io che lo vedo”. La realtà è nel soggetto, la realtà è il soggetto. Cogito ergo sum, dubito ergo sum. Una rivoluzione copernicana al contrario: non più il sole al centro e la terra e l´uomo a ruotargli attorno. Ora è nuovamente l´uomo al centro dell´universo e la realtà sua suddita. Si è passati dalla preminenza dell´oggetto alla preminenza del soggetto. E non è un caso che, dopo Wagner, primo “maestro del dubbio”, nasca Freud e la psicanalisi.

Dal soggetto al suo cervello
E poi arriva Bertold Brecht e la sua Verfremdung, il teatro epico che crea un divario insanabile tra scena e spettatore. Non più illusione, ma alienazione: la scena è definitivamente “altro” dal soggetto, e ogni tentativo romantico di identificazione tra scena e spettatore viene definitivamente spazzato via. Ancora di più la realtà è nel soggetto, ma questa volta non nelle sue facoltà percettive o “impressionistiche”, ma in quelle analitiche e critiche. Non più nei suoi occhi e nelle sue orecchie, ma nel suo cervello.
È straordinario considerare come il teatro di Wagner abbia accompagnato questa transizione dalla modernità alla contemporaneità.
Il teatro di Wagner e poi quello di Cosima, sino ad arrivare al Ring e al Parsifal di Shenck. Il teatro di Appia, la “neue Bayreuth” di Wieland, il Wagner di Wilson e quello di Lehnoff e Carsen. Le esperienze alla Kroll Oper negli anni venti, il teatro di critica sociale di Herz e Kupfer, il Ring di Chéreau.

Chissà quali e quante altre sorprese ci riserverà il futuro.


Ciao!
DM

Re: Dalla modernità alla contemporaneità

MessaggioInviato: sab 12 ott 2013, 12:46
da DottorMalatesta
Se poi vogliamo c´è un´ulteriore tappa in questo percorso. Quella della reazione all´oggetto e al soggetto: è il postmodernismo, il caos, l´annientamento di ogni connessione causa-effetto e prima-poi, il rifiuto della narrazione, la mescolanza di più linguaggi e stili, l´assenza di una visione unitaria. Visione unitaria che è impossibile perché l´uomo non è che un fascio di fuggevoli sensazioni, è eracliteo scorrere di fiume. Da qui un teatro d´opera come accostamento informe, accozzaglia di oggetti, alea, rinuncia ad ogni interpretazione.
Alcuni esempi in ambito wagneriano di questa tendenza (dalle idee che mi sono fatto e da qualche lettura): il Parsifal di Schliegensief, il Ring di Ruth Berghaus, quello di Kastorf.

DM

Re: Dalla modernità alla contemporaneità

MessaggioInviato: lun 10 mar 2014, 21:43
da DottorMalatesta
Ti ringrazio, Vittorio, per la precisazione.

vittoriomascherpa ha scritto:E Brecht aggiungeva che l’ovvio, se lo si fa apparire strano, viene riconosciuto come suscettibile di cambiamento. Il metodo dello ‘straniamento’ è realistico in quanto rende esperibile un frammento di realtà reso irriconoscibile dai meccanismi della percezione; è formalistico perché usa vie traverse e artifizi stilistici per mettere in crisi e forzare la percezione appiattita e schematizzata. Esso attacca per cosí dire le convenzioni di sorpresa per ristabilire una percezione originaria»


Quello che mi premeva sottolineare, e che trova conferma nelle parole di Brecht, era proprio il cambio di prospettiva nella percezione da parte dello spettatore.
A me sembra comunque che, almeno nella pratica teatrale, la Verfremdung (e, più in generale il "Teatro epico" brechtiano) facesse ricorso a strumenti "meta-teatrali", didascalici (proprio nel senso di "didascalie", tipo il frequente ricorso a scritte su cartelli, etc.), "distanzianti", creando delle "distorsioni percettive" con un indubbio impatto sulla "pancia" dello spettatore ma, a mio parere, soprattutto sulla sua "testa", dal momento che la percezione distorta doveva comunque essere riconosciuta come tale e analizzata a livello cosciente. Un cosciente "cambio di prospettiva" necessario per giustificare la valenza "etica", oltre che "epica" del teatro di Brecht: lo spettatore che assisteva ad uno spettacolo di Brecht doveva uscire da teatro pronto a darsi da fare per "cambiare il mondo". Il teatro epico/etico di Brecht era pensato non come illusionistica fuga dalla realtà e immersione in un mondo immaginario, fantastico e avulso dalla realtà (come era il teatro "borghese", ma come una "fucina di idee", come un'immersione nelle problematicità del reale, presentate sì in una prospettiva distorta, ma comunque sempre presentissima.

Che dici?

Grazie delle stimolantissime considerazioni!

DM

Re: Dalla modernità alla contemporaneità

MessaggioInviato: mar 11 mar 2014, 19:01
da DottorMalatesta
vittoriomascherpa ha scritto:"Dico" ora un unico dubbio su quel che scrivi. È davvero il mondo immaginario e fantastico del "teatro borghese" cosí avulso dalla realtà? non ha sempre anch'esso un esplicito scopo sociale, seppure di stabilizzazione e non di rovesciamento?


D' accordissimo!
Da un lato l'opera "borghese" puntava al mantenimento dello status quo (etico e sociale) (si pensi all'opera francese d'epoca napoleonica), dall'altro il teatro epico/etico/politico di Brecht puntava al rovesciamento dello status quo, in una prospettiva di cambiamento della società chiaramento di matrice socialista-marxista.

DM

Re: Dalla modernità alla contemporaneità

MessaggioInviato: mar 11 mar 2014, 22:17
da teo.emme
Non sono mica tanto d'accordo: il teatro borghese non necessariamente si pone a difesa dei valori tradizionali e dello status quo. Se si pensa ai precursori del genere - Goldoni e Lessing - si nota anzi la sua portata rivoluzionaria. Per la prima volta vengono trattate tematiche quotidiane e l'attenzione si sposta al rapporto tra individui o tra individui e società. Vengono messi in discussione i valori della classicità e della tradizione, il concetto di eroismo, la fede religiosa, i privilegi di classe. L'ingegno è posto a fondamento del riscatto, non più la nobiltà o la fede. Fino alla grande stagione tardo ottocentesca quando con Ibsen, Strindberg e Čekov il dramma borghese denuncia la crisi sociale e il tramonto della borghesia. Per certi versi il dramma borghese è più rivoluzionario nei contenuti del teatro epico...