allestimenti storici. Che ne pensate?

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Re: allestimenti storici. Che ne pensate?

Messaggioda beckmesser » lun 02 apr 2012, 0:30

MatMarazzi ha scritto:Ultima risposta, poi giuro vado a letto!


Faccio lo stesso :D .

MatMarazzi ha scritto:Bene! Ora non posso nemmeno ipotizzare (E DICO IPOTIZZARE) l'evoluzione di una delle nostre convenzioni (ossia di considerare la regia NON SOLO un elemento dinamico, usa e getta: NON SOLO ho detto, NON SOLO) ecco che saltate tutti per aria, facendovi il segno della croce e gridando "NEFAS!!!"


MatMarazzi ha scritto:Ma devi convenire anche tu che - di fronte alla mia semplice ipotesi di far evolvere una convenzione - hai risposto ripetendo la convenzione stessa!


Ma guarda che io non difendo il dogma che questa specifica convenzione non si possa cambiare: dico solo che, secondo me, non ha nessun senso cambiarla, dato che non ci guadagneremmo nulla. La grossa rivoluzione è stata portare il ruolo del regista, da quello di tappezzeria visiva, allo stesso livello di direttore e cast. Di consentirgli di inventare storie anziché ripetere didascalie. Andare oltre e ipotizzare la ripresa di vecchi allestimenti non porterebbe a nulla, per il semplice fatto (e questo è un fatto, secondo me, non una convenzione) che uno spartito d'opera ha dimostrato di avere una forza autonoma tale da ingenerarne la ripoducibilità, mentre una regia no. Perfino nel caso in cui le due cose sono nate insieme: se prendiamo un'opera di Britten, lo spartito ha iniziato a vivere di vita propria e a diventare oggetto di interpretazioni ulteriori, rimane costantemente nostro contemporaneo; l'allestimento originale no, è stato subito sostituito, e se ne guardiamo i video possiamo farlo solo con un approccio storico, allo stesso modo della direzione dello stesso Britten, che è bellissima, ma non è diventata "testo". Lo spartito è diventato un oggetto d'arte autonomo, l'allestimento e la direzione no, e questo perché il primo è il "testo", gli altri sono interpretazione.

MatMarazzi ha scritto:Il direttore d'orchestra si limita a transcodificare dei segni: da un segno lettario (un do sullo spartito) egli trae un segno sonoro e percepibile (un altro do ma acustico). La sua libertà - che pure è grandissima - è tutta in questa "traduzione" materiale.


Anche su questo, non sono molto d'accordo: fra un do di Mozart decodificato da Klemperer ed uno da Minkowsky esiste un differenza equivalente a quella fra un'immagine di Zeffirelli ed una di Guth. Entrambe sono interpretazioni. Ripeto: per me la rivoluzione è stata quella di portare il regista da "mettitore in scena" a creatore di immagini, ed è un salto equivalente a quello che, decenni prima, era stato compiuto passando dal primo violino che dava gli attacchi al direttore d'orchestra. Anche perché un'arte in cui il "testo" sono le immagini inventate da un regista nel frattempo è già stata inventata, e si chiama cinema...

MatMarazzi ha scritto:E, nel 2060, sarà più ricco il mio pronipote, che potrà andare a teatro a gustarsi - fianco a fianco - uno spettacolo di McVicar, uno di Wieland Wagner e uno di Rennert; mentre io sono condannato a registi unicamente contemporeanei!


Io sono abbastanza convinto che il tuo pronitpote sarà senza dubbio più ricco perché potrà godersi un maggiore archivio di regie grazie ai video che glielo consentiranno, esattamente come noi siamo più ricchi di un ascoltatore degli anni '20 grazie alle registrazioni audio che abbiamo avuto a disposizione. Ma non credo che il tuo pronipote vedrà spettacoli di Wieland, esattamente come noi non abbiamo sentito direzioni d'orchestra che ricostruivano quelle di Mahler...

Ed ora vado a letto, e non si dica che non scrivo. Oggi ho dato per almeno un mese...

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Re: allestimenti storici. Che ne pensate?

Messaggioda MatMarazzi » lun 02 apr 2012, 1:44

Avevo giurato ma me ne frego! :) ti rispondo lo stesso! :)

beckmesser ha scritto: dico solo che, secondo me, non ha nessun senso cambiarla, dato che non ci guadagneremmo nulla.

E' proprio quello che dicono i passatisti nell'ambito del canto e di tutte quelle convenzioni che noi consideriamo "giuste" (per noi).
Forse che l'opera non piaceva quando (per secoli) siamo andati avanti con registi che fossero solo "tappezzeria visiva"?
Se per tre secoli non abbiamo avuto bisogno di "riletture" vuol dire che si andava avanti benissimo così! :)
Argomenti come i tuoi (si sta così bene così.. .perché cambiare) sono il più nutriente alimento di ogni passatismo, caro Beck.
Mi spiace per te se non ti accorgi che in Wagner (non dico altri autori, ma in lui sì) si respira un senso di saturazione, di irritazione... che non ha più nulla a che fare con le rimostranze (quelle sì passatiste) lanciate trent'anni fa contro Chereau e contro Kupfer...
All'epoca infatti gli avversari di Chereau erano il passato.
Ora non potremmo nemmeno dire che il passato siano i sostenitori di Baumgartner o Neunfels... perché in realtà non c'è assolutamente nessuno che li difenda più.

Andare oltre e ipotizzare la ripresa di vecchi allestimenti non porterebbe a nulla, per il semplice fatto (e questo è un fatto, secondo me, non una convenzione) che uno spartito d'opera ha dimostrato di avere una forza autonoma tale da ingenerarne la ripoducibilità, mentre una regia no.


Hai ragione! :) questa frase, così come l'hai formulata, non è una convenzione: è un postulato! :)
Infatti hai trasformato un'esperienza in legge!
Ma dobbiamo anche mettere del conto che un'esperienza da sola non fa una legge fisica.
L'esperienza che esponi è che l'opera (intesa come libretto+spartito) abbia in sè la capacità di generare riletture.
Il fatto però è che mentre oggi possiamo verificare la potenziale dialettica di un'opera antica col presente (perché qualcuno la realizza), non possiamo farlo con una scenografia del 1650 di Torelli, perché nessuno la ha ancora realizzata.
In realtà, tanto quanto la musica e la poesia, anche l'immagine possiede una fortissima capacità di rigenerarsi nelle fruizioni future: le arti figurative lo dimostrano.
Se noi allestissimo uno spettacolo del 1700 (a meno che non consideriamo tappezzeria tutto quello che è stato fatto prima della "grande rivoluzione" da te difesa) troveremo nella forza delle sue immagini la stessa capacità di "parlarci" che sentiamo nella musica di Rameau.

Perfino nel caso in cui le due cose sono nate insieme: se prendiamo un'opera di Britten, lo spartito ha iniziato a vivere di vita propria e a diventare oggetto di interpretazioni ulteriori, rimane costantemente nostro contemporaneo; l'allestimento originale no

Idem come sopra!
"Lo spartito di Britten è rimasto nostro contemporaneo". :) Ma quando mai! :)
Ma non è vero! :) La musica di Britten è invecchiata come tutta la musica e nè più nè meno di quanto è invecchiata l'immagine registica. Siamo noi che convenzionalmente la "assumiamo" come contemporanea solo perchè (GRAZIE A DIO) abbiamo smesso di considerare la musica come un USA E GETTA e ci siamo posti la convenzione di eseguire tutto il repertorio, dall'Ars Nova al Musical, come fosse contemporaneo.
Avessimo concesso la stessa opportunità alla parte figurativa dell'opera, ora diremmo (con fare serio e compunto) che l'arte scenotecnica di Giacomo Torelli è eterna, che non invecchia, che è sempre a noi contemporanea... e a simili fanfaluche! :)

Lo spartito è diventato un oggetto d'arte autonomo, l'allestimento e la direzione no, e questo perché il primo è il "testo", gli altri sono interpretazione.


A questo punto cosa rispondere se non: "amen"? :)
Scusa Beck, ma al mio posto chiunque dovrebbe arrendersi! :)
Anche solo per non sembrare pedante! :)
Se non lo faccio è solo perché i dogmatismi e i postulati sono i veri assassini dell'arte e, come ho sempre fatto, continuerò a combatterli.
Anche quando sono espressi da persone simpatiche e che per giunta (convenzionalmente) la pensano come me.
Ma resta il fatto che la distinzione fra "testo" e "non-testo" - apoditticamente espressa in questa frase - non ha alcun fondamento logico.
E come ho già spiegato nei precedenti post (inutile ripetermi) ancora più ingiustificata è la distinzione fra testo e interpretazione.
Sono solo convenzioni (e nemmeno troppo antiche) a cui basta dare un piglio apodittico per farle sembrare leggi.

fra un do di Mozart decodificato da Klemperer ed uno da Minkowsky esiste un differenza equivalente a quella fra un'immagine di Zeffirelli ed una di Guth. Entrambe sono interpretazioni.

Scusami ancora, ma proprio no! :)
Sia Klemperer, sia Minkowski traducono una nota pentagrammata in un suono.
La loro libertà è enorme, è ovvio, ma Zeffirelli e Guth non traducono: loro creano. Le loro immagini sono completamente nuove (come segni).
Sarebbe come dire che un compositore che musica una poesia di Goethe (ossia crea note che prima non c'erano, applicandole ai versi) ha la stessa libertà creativa di un traduttore che traduce Goethe in francese.
Anche il traduttore ha grande libertà e anche in questo caso non troverai due traduzioni uguali fra loro.
Ma un compositore che crea nuovi segni ha comunque maggiore libertà di uno che si limita a tradurli.

Non capisco perché ti ostini a voler equiparare il direttore al regista!
O meglio, lo capisco bene! :) per amor di convenzione...
Perchè le nostre attuali convenzioni hanno assunto questa sorta di "consolato" nella divisioni dei poteri all'opera (il direttore comanda sui suoni, il regista sulle immagini).
Questo non toglie che ciò che è richiesto all'uno e ciò che è rischiesto all'altro siano cose diversissime.
Il direttore può solo tradurre note in suoni; il regista invece deve creare cose che prima non esistevano...
E tuttavia ;) ammetto che mi fa comodo che tu rivendichi a gran voce la libertà "creatrice" del direttore d'orchestra! :)
Infatti la sua figura (bel lungi dall'assomigliare a quella del regista come lo intendiamo noi, a cui in effetti non assomiglia affatto) potrebbe invece ricordare quella figura ipotetica che TaO ha giustamente introdotto! Il regista-restauratore! :)

Mettiamo che un teatro decida di mettere in stagione lo spettacolo della prima recita dell'Africaine all'Opéra.
Recupera tutti i dati, tutte le informazioni tecniche, scenografiche, illuministiche, costumistiche, ecc...
Poi affida il tutto a chi?
A un "direttore di scena" (possiamo recuperare il vecchio termine) che si comporterà esattamente come il "direttore d'orchestra".
Ossia... dovrà semplicemente "tradurre" i segni a sua disposizione (che non sono ancora immagini) in immagini vere e proprie.
Bene: come tu stesso hai affermato, il direttore musicale (benché si limiti a tradurre note in suoni) dispone di spazi vastissimi per insirire - in quella traduzione - anche la sua personalità artistica. Idem per il "direttore di scena".
Né l'uno, né l'altro creano; l'uno e l'altro traducono. Eppure, l'uno e l'altro dispongono di spazi vastissimi per "comunicare" sè stessi nella traduzione.
Ma come il direttore d'orchestra non potrà mai disporre della libertà di cui dispone un compositore, il direttore di scena non potrà mai disporre della libertà che è invece propria di un regista!

Anche perché un'arte in cui il "testo" sono le immagini inventate da un regista nel frattempo è già stata inventata, e si chiama cinema...

Scusa sai ma questa è un pochettino da spiegare! :)
no scusa... non puoi! :)
Perché anche in questo caso è solo una convenzione che stai tramutando (o tentando di tramutare) in legge! :)
Il regista di cinema si comporta esattamente come un regista di prosa (fatte salve le differenti tecniche).
Ossia crea immagini su un copione.
:)
Qual'è la differenza? Che al cinema consideriamo convenzionalmente AUTORE il regista, e nella prosa consideriamo convenzionalmente AUTORE lo sceneggiatore (pardon, il drammaturgo) :)
Come al solito confondiamo le nostre convenzioni (sacrosante) con leggi! :)


MatMarazzi ha scritto:Io sono abbastanza convinto che il tuo pronitpote sarà senza dubbio più ricco perché potrà godersi un maggiore archivio di regie grazie ai video che glielo consentiranno, esattamente come noi siamo più ricchi di un ascoltatore degli anni '20 grazie alle registrazioni audio che abbiamo avuto a disposizione. Ma non credo che il tuo pronipote vedrà spettacoli di Wieland, esattamente come noi non abbiamo sentito direzioni d'orchestra che ricostruivano quelle di Mahler...


Tornando alla storiella di cui sopra...
Dice il primo signore:
"Pensa come sarebbe bello se mio pronipote, nel 2010, potesse andare a teatro e sentire oggi un'opera di Rossini, domani una di Cavalli, e il giorno dopo una di Handel, e infine una di Weber".
E il secondo signore:
"Non sarà mai... in compenso potrà godersi un bell'archivio di partiture che gli consentiranno di leggersi tutti gli spartiti che vuole".


Bene, ora dopo tutte queste chiacchiere (che davvero non so dove ci possano portare) vorrei sapere da tutti voi:
mettiamo che domani un grande teatro internazionale annunci di aver trovato non solo i bozzetti e costumi, ma tutte le schede tecniche, le note di regia, gli impianti illuministici, il memoriale del direttore di palcoscenico della prima rappresentazione dell'Orfeo di Gluck a Vienna.
E che decida di allestirla con tutte le cure filologiche (affidandone la realizzazione a un grande "direttore di scena", paragonabile a un Minkowski o a un Gardiner sul versante musicale).
Quanti di voi diranno "che schifo! Non ci andrò mai!"?

Salutoni,
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Re: allestimenti storici. Che ne pensate?

Messaggioda TaO » lun 02 apr 2012, 9:51

al volo ..ma naturalmente adesso non ho tempo-modo di "tirar fili da matasse"..

A proposito dello zampino di Mendelsshon ventenne che riesumò Passione secondo Matteo ed altro di JS Bach...
http://www.musicweb-international.com/S ... ew0502.htm

in quel caso come per altri compositori...es. Schubert ...Mendelsshon diresse l'orchestra....
ecco, per me l'operazione-restaurazione in musica ha a che fare con quanto avvenuto in quel caso...
non sto qui a tentare di sviscerare cosa e quale sia l'importanza di quell'operazione-restaurazione...

butto un altro sassolino nello stagno:
innovazione = neo-assemblaggio/espressione in forme nuove di quanto già esistente
invenzione/creazione = spunto inedito (non uguale a quanto c'è) che per emettere il proprio vagito gioco-forza deve demolire muri-steccati precedenti...

per me, chi esprime arte si dimena tra quelle due parolette che iniziano per I ed ha un elastico-flessibilità tale da lanciarsi-allontanarsi da ciò che è stato, proponendo ciò che non è già stato..
per questo, quell'elastico-motore d'arte ha almeno due tiranti con cui fare i conti: l'uno lo lega a ciò che è già noto ...l'altro lo sprona verso ciò che non è noto...

e siccome Omero ha affidato ad Ulisse l'espressione di quei due tiranti....e siccome Fatti non foste.......quei tiranti ci spingono..

ultimo input:
il compositore sceglie suoni e affida ad essi e alla loro dinamica il SUO mondo espressivo...ma senza chi quei suoni ripropone (il cast artistico..)noi saremmo dei non-vedenti davanti ad un dipinto .....
non riceveremmo alcunchè....visto che un libro di parole posso leggerlo da me, ma una partitura senz'orchestra e senza voci e senza direzione (suono-dinamica) non ha modo di "raggiungermi"....
quel bel mondo espressivo del compositore sarebbe rimasto nella sua testolina, nel suo contesto temporale....e io non avrei acquisito una marea d'oceani...comprese le pozzanghere fangose eh..

buona musica a tutt quant
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Re: allestimenti storici. Che ne pensate?

Messaggioda beckmesser » lun 02 apr 2012, 10:36

MatMarazzi ha scritto:Avevo giurato ma me ne frego! ti rispondo lo stesso!


Ci avrei giurato... :D

MatMarazzi ha scritto:Argomenti come i tuoi (si sta così bene così.. .perché cambiare) sono il più nutriente alimento di ogni passatismo, caro Beck.


Questa è gaglioffa e anche un filo scortese... :D A me sembra che i passatismi che qui si combattono sono quelli in cui una convenzione viene spacciata come regola vincolante, in cui si dice che un modo di emettere una nota è giusto e uno è sbagliato, che un modo di fare una regia è corretto e uno è da combattere. A me non sembra, rispetto alla tua ipotesi, di aver fatto nulla di tutto ciò: non ho lanciato anatemi, non ho detto che sarebbe un crimine provarci, non mi sono autoproclamato difensore della moderna arte della regia: ho detto solo, sulla base delle mie modeste esperienze di spettatore, che secondo me non funzionerebbe, per tutta una serie di ragioni. Liberissimo chiunque di provarci, andrò a vedere con curiosità e magari cambierò idea. Semplicemente non riesco a capire perché ciò che mi sembra anacronistico in Zeffirelli (telette dipinte e gesti stereotipati) dovrebbe diventare una nuova via di concepire la regia lirica solo perché è la ricostruzione di ciò che aveva fatto Cosima Wagner. Sempre telette dipinte e gesti stereotipati resterebbero...

MatMarazzi ha scritto:Ma resta il fatto che la distinzione fra "testo" e "non-testo" - apoditticamente espressa in questa frase - non ha alcun fondamento logico.
E come ho già spiegato nei precedenti post (inutile ripetermi) ancora più ingiustificata è la distinzione fra testo e interpretazione.


Ma scusa, e questo non è un postulato? A volte sembra che fra postulato dogmatico e discorso logico ci sia una differenza molto semplice: quello che pensi tu è un discorso logico, quello che pensano gli altri è un postulato dogmatico... :D

MatMarazzi ha scritto:Non capisco perché ti ostini a voler equiparare il direttore al regista!
O meglio, lo capisco bene! per amor di convenzione...


Appunto... :D La ragione non potrebbe essere semplicemente che ne sono convinto? :D Per come la vedo io, direttore e regista sono (oggi) nella stessa posizione: hanno un "testo" di base formato da parole e musica e quello devono rendere. Era prima che il regista era in una posizione subordinata, dato che aveva un vincolo ulteriore: le didascalie. Ora quel vincolo (quella convenzione) è stata tolta, e la posizione è paritaria. Ma un regista non è totalmente libero nel creare immagini: ha gli stessi vincoli (parole e musica) che ha il direttore. Tant'è che le immagini create dal regista non vengono valutate per se stesse, ma sempre in quanto capaci o meno di relazionarsi al "testo" da cui si parte fornendo un valore aggiunto. Se solleviamo dubbi sulla Frau di Guth non stiamo valutando immagini in se stesse (che erano bellissime) ma il modo in quelle immagini erano o non erano in grado di relazionarsi al "testo" della Frau, che per me è esattamente lo stesso processo di valutazione, solo rispetto ai suoni, che faccio quando valuto la direzione di Albrecht...

MatMarazzi ha scritto:Mi spiace per te se non ti accorgi che in Wagner (non dico altri autori, ma in lui sì) si respira un senso di saturazione, di irritazione...


In verità, non c'è bisogno che ti dispiaccia, anche perché tutto sommato vivo meglio io a non sentirlo... :D A me sembra che si stia vivendo un periodo di esaltanti regie wagneriane: Meister e Lohengrin di Jones, Meister di Mcvicar, Tristan di Guth, vedremo il Tristan di McVicar... Se sulla sacra collina non ne azzeccano una, non credo sia un problema del mondo: semplicemente le due sorellastre Wagner si stanno dimostrando delle incapaci... Se invece dei ratti di Neunfels avessero commissionato il Lohengrin di Jones probabilmente ora parleremmo di epoca d'oro del Festival.

Saluti,

Beck
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Re: allestimenti storici. Che ne pensate?

Messaggioda Maugham » lun 02 apr 2012, 14:31

argomento bellissimo.
Prima ci sono due punti che non mi sono chiari.

MatMarazzi ha scritto:Ma resta il fatto che la distinzione fra "testo" e "non-testo" - apoditticamente espressa in questa frase - non ha alcun fondamento logico.
E come ho già spiegato nei precedenti post (inutile ripetermi) ancora più ingiustificata è la distinzione fra testo e interpretazione.
Sono solo convenzioni (e nemmeno troppo antiche) a cui basta dare un piglio apodittico per farle sembrare leggi.


Quello che dici mi suona strano. Qui su operadisc abbiamo sempre dato una grande importanza al testo, inteso come totem invalicabile quando parliamo di regia. Ovvero, semplifico, un regista deve riuscire a creare qualcosa di convincente senza alterare neanche un elemento del testo. Altrimenti -l'abbiamo ripetuto- il giochino è facile. Il testo (partitura e libretto) sono il punto di partenza. Secondo quanto ho letto -ma forse ho letto male- anche questi per te possono diventare oggetto di convenzione e quindi modificabili?
Mi spiego meglio.
Facciamo Otello. Il regista può avere tutte le idee che vuole ed è liberissimo di esprimerle. A patto però che non modifichi una nota della partitura e una parola del libretto. Se il nostro regista ha in testa, butto lì, che tutta Cipro in realtà odia il moro e in cuor suo si augura che muoia nella tempesta (tutti sono dalla parte di Jago) deve mostrarlo rimanendo però negli steccati della partitura e del libretto. Perchè, mi sembra di capire, secondo te questa è una convenzione che -al presente- detta le regole del gioco del teatro d'opera.
Però è una convenzione. Ovvero, secondo te, può cambiare. Se in futuro, continuo a buttare lì, il testo non fosse più un vincolo -perchè, dopotutto Boito è un'interprete che trasforma in segni diversi il testo di Shakespeare (a sua volta interprete perchè aveva trasformato in segni diversi la novella di Cinzio) e per te la distinzione tra testo e interpretazione ti pare ingiutificata- il regista potrebbe cambiare -in quanto, lui sì, secondo quanto hai scritto, creatore- le parole del libretto. Ad esempio non più "Dio fulgor della bufera, Dio sorriso della duna" ma "Dio, fa che Otello muoia, Dio annegalo nel mar!"

Qual'è la differenza? Che al cinema consideriamo convenzionalmente AUTORE il regista, e nella prosa consideriamo convenzionalmente AUTORE lo sceneggiatore (pardon, il drammaturgo)


Su questo non sono del tutto d'accordo. Al cinema (adesso) consideriamo AUTORE il regista perchè -con le conquiste degli anni Settanta e la morte dello studio-system- il regista è diventato il responsabile di tutta la filiera produttiva. Interviene sulla sceneggiatura, pilota il direttore della fotografia, dirige le seconde unità... Non è una convenzione, è un dato di fatto.
Nel 1942 nessuno avrebbe considerato Michael Curtiz un AUTORE, non perchè c'era una convenzione diversa, ma semplicemente...perchè non lo era. Il regista di Casablanca produceva e supervisionava metri e metri di girato che, una volta finiti, uscivano dalla suo controllo (anche fisicamente, prendevano un camion e andavano in un altro stabilimento) e passavano nella sala di montaggio dove il film prendeva la forma definitiva. Dopo il montaggio passavano in un altro reparto dove un compositore rivestiva immagini e dialoghi di note. In questa fasi Curtiz non aveva più voce in capitolo e -come dice lui nelle sue memorie- rivedeva il film solo la sera della prima perchè nel frattempo ne stava girando un altro. Ma non è importante.

mettiamo che domani un grande teatro internazionale annunci di aver trovato non solo i bozzetti e costumi, ma tutte le schede tecniche, le note di regia, gli impianti illuministici, il memoriale del direttore di palcoscenico della prima rappresentazione dell'Orfeo di Gluck a Vienna.
E che decida di allestirla con tutte le cure filologiche (affidandone la realizzazione a un grande "direttore di scena", paragonabile a un Minkowski o a un Gardiner sul versante musicale).
Quanti di voi diranno "che schifo! Non ci andrò mai!"?


Sulla carta ci andrei. In teoria tutto potrebbe funzionare. Ma, e qui parlo a livello personale, ci andrei con la testa ma non con la panza. :(
In realtà temo che per me la cosa rivestirebbe un'interesse esclusivamente documentario. Certo, se mai fosse possibile, mi piacerebbe molto vedere ricostruito a Bayreuth il Ring di Wieland. (Molto più che quello di Neuenfels. Ma è un problema di Neuenfels)
Insomma, ci andrei come se fosse una lezione universitaria. Dovrei scendere a troppi compromessi.
Pochi anni fa Parigi ha tirato fuori e ricostruito con tutti i migliori scrupoli filologici e testuali (conferenze, mostre, schizzi, fotografie) la coreografia e i costumi della prima edizione del Sacre. Hanno usato le luci originali dell'epoca (quattro o cinque effetti, tutto era -per noi moderni- solo un livido piazzato bianco) Però le intenzioni e soprattutto lo studio a monte erano eccellenti e scrupolosi. Non il solito trovarobato di soffitta. Ti assicuro però che sono riuscito a resistere solo con una grande fede stravinskiana. :D
Attorno a me, lo ammetto, al contrario in molti applaudivano convinti e quindi...
Però mi resta lo stesso questa convinzione.
l recupero dei primi allestimenti sarebbe sempre una cosa esclusivamente accademica.
Pensi che riusciremo a gestire allestimenti vecchi di due secoli senza...nessuno, ma solo con un responsabile di palcoscenico che si limita a "ricostruire"? Saremmo in grado di seguire emotivamente l'Orfeo di Vienna in un teatro illuminato a giorno e senza nessun effetto luce sul palcoscenico? Certo, tu dici che ci annoieremmo come ci si annoiava ai primi recuperi barocchi dove l'archivista prevaleva sull'uomo di teatro. Però, e qui parlo di me, io ho cominciato ad amare il teatro barocco quando è esplosa la sua dimensione teatrale attraverso interpreti/creatori che -per usare i tuoi termini- hanno "reinventato" la drammaturgia con nuovi segni espressivi. L'Orfeo viennese di Gluck, con l'allestimento ricostruito della prima, una volta allestito, per quanto con scrupolo e attenzione, rimarrebbe quello. Voglio dire... fatto e mangiato. non so come spiegrmi, ma mi sembra un'operazione già blindata in partenza.


Saluti

WSM
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Re: allestimenti storici. Che ne pensate?

Messaggioda MatMarazzi » lun 02 apr 2012, 20:10

Maugham ha scritto:Quello che dici mi suona strano. Qui su operadisc abbiamo sempre dato una grande importanza al testo, inteso come totem invalicabile quando parliamo di regia. Ovvero, semplifico, un regista deve riuscire a creare qualcosa di convincente senza alterare neanche un elemento del testo.
(cut)
Però è una convenzione. Ovvero, secondo te, può cambiare. Se in futuro, continuo a buttare lì, il testo non fosse più un vincolo -perchè, dopotutto Boito è un'interprete che trasforma in segni diversi il testo di Shakespeare (a sua volta interprete perchè aveva trasformato in segni diversi la novella di Cinzio) e per te la distinzione tra testo e interpretazione ti pare ingiutificata- il regista potrebbe cambiare -in quanto, lui sì, secondo quanto hai scritto, creatore- le parole del libretto. Ad esempio non più "Dio fulgor della bufera, Dio sorriso della duna" ma "Dio, fa che Otello muoia, Dio annegalo nel mar!"


eh eh eh! :)
Esatto...
Il bello delle convenzioni è questo: che quando non ci piacciono più, possiamo adoprarci per farle cambiare! Perché POSSONO cambiare! E il contributo di ogni appassionato è utile!
Ma, visto da un'altra ottica, è anche il brutto: è infatti la possibilità di cambiamento di una convenzione porta con se che quelle a cui crediamo appassionatamente, quelle che alimentano la nostra passione... sono a loro volta destinate a decadere e molto, molto più in fretta di quanto crediamo!
La cosa positiva è che la nostra voce conta! :) Noi tutti abbiamo voce in capitolo nel difendere le convenzioni, nel farle sopravvivere (o nel farle soccombere).
Noi siamo coloro che vanno a teatro, che pagano per uno spettacolo, e che (con le opinioni scambiate su internet, con le associazioni che gestiamo, i libri che scriviamo) alimentiamo i movimenti d'opinione: noi (anche noi) contribuiamo a definire il polso dei bisogni (vecchi e nuovi) del pubblico. Noi - e aggiungo ogni singolo appassionato d'opera - siamo determinanti per la vita o la morte di ogni convenzione.
Ecco perchè è così importante che non ci coccoliamo delle nostre certezze, non ci limitiamo a credere che la superiorità delle "convenzioni" a cui crediamo noi duri in eterno (come certi amici e soci Wanderer che si sentono l'avanguardia del pubblico e si beano di questa certezza... facendo spallucce su tutti gli allarmanti segnali che il mondo dell'opera sta lanciando da tre o quattro anni a questa parte).
Continuando così, quando le cose saranno cambiate (perchè cambieranno, è inevitabile) saremo ridotti ad aprire il nostro blog lamentoso sul fatto che l'opera non esiste più... perché le regie non sono più come quelle dei nostri tempi, perché la sperimentazione tecnico-vocale che amiamo noi (quella colorista, quella declamatoria) ha lasciato il posto a giovinetti dominghiani usciti da Operalia, ecc.. ecc.. ecc...
Ripeto: qualcosa possiamo fare!
E la prima cosa da fare è non fermarsi alla convinzione che "noi abbiamo ragione e gli altri, poveretti, hanno torto". Questo ragionamento poteva valere negli anni '90... oggi no.
In soldoni: per tornare al tuo esempio, non è affatto teorico!
Ci sono tantissimi segnali per cui la convenzione dell'inviolabilità del "pre-testo letterario" (scusa ma io il nesso libretto-spartito perferisco chiamarlo così; la parola "testo" non mi convince per mille ragioni) è messa in discussione (ne abbiamo parlato a proposito della Medea di Warlikowski).
Sta anche a noi impedire che un regista in un prossimo futuro sia autorizzato a cambiare il libretto! :) E non certo limitandoci a dire: "è giusto così, è sbagliato colà".
Concordi?

Qual'è la differenza? Che al cinema consideriamo convenzionalmente AUTORE il regista, e nella prosa consideriamo convenzionalmente AUTORE lo sceneggiatore (pardon, il drammaturgo)


Su questo non sono del tutto d'accordo. Al cinema (adesso) consideriamo AUTORE il regista perchè -con le conquiste degli anni Settanta e la morte dello studio-system- il regista è diventato il responsabile di tutta la filiera produttiva. Interviene sulla sceneggiatura, pilota il direttore della fotografia, dirige le seconde unità... Non è una convenzione, è un dato di fatto.
Nel 1942 nessuno avrebbe considerato Michael Curtiz un AUTORE, non perchè c'era una convenzione diversa, ma semplicemente...perchè non lo era. Il regista di Casablanca produceva e supervisionava metri e metri di girato che, una volta finiti, uscivano dalla suo controllo (anche fisicamente, prendevano un camion e andavano in un altro stabilimento) e passavano nella sala di montaggio dove il film prendeva la forma definitiva. Dopo il montaggio passavano in un altro reparto dove un compositore rivestiva immagini e dialoghi di note. In questa fasi Curtiz non aveva più voce in capitolo e -come dice lui nelle sue memorie- rivedeva il film solo la sera della prima perchè nel frattempo ne stava girando un altro. Ma non è importante.


A parte il fatto che secondo me Lang e Hitchcock, Eizenstein e Godard, Rossellini e Visconti si ritenevano AUTORI dei loro film ben prima degli anni '70, resta il fatto che stiamo parlando sempre di convenzioni.
tu dici, giustamente, che dovremmo considerare AUTORE solo chi ha l'ultima parola, e nel cinema l'ultima parola è del regista.
Certo, ma dobbiamo anche ammettere che, in tutte le forme d'arte che richiedono il contributo di più mani (come l'opera, come il cinema) è solo convenzionalmente che si stabilisce quale deve essere la gerarchia di poteri.
E' infatti solo una convenzione (ragionevole, ne convengo) quella che stabilisce che - come tu hai detto - in un film lo sceneggiatore dipende dal regista.
Potrebbe anche essere il contrario (come ad esempio avviene nel teatro, in cui l'autore è convenzionalmente considerato il drammaturgo o - nel caso dell'Opera - il compositore).
Ad esempio noi oggi convenzionalmente attribuiamo, nella musica operistica e sinfonica, un posto più elevato - nella gerarchia dei poteri - al direttore d'orchestra: è lui che ha l'ultima parola, il capo è lui.
Solo cento anni fa non era affatto così! Eppure opere e sinfonie si facevano (e benissimo) anche allora!

Sulla carta ci andrei. In teoria tutto potrebbe funzionare. Ma, e qui parlo a livello personale, ci andrei con la testa ma non con la panza. :(
In realtà temo che per me la cosa rivestirebbe un'interesse esclusivamente documentario.
[/quote]

Possibile.
Ora però io avanzo un'altra ipotesi.
E l'ipotesi è che, il riallestimento di un antico spettacolo, non sia affatto solo documentario.
Che quelle immagini, quelle luci, quelle scenografia, quelle contestualizzazioni così lontane da noi, così diverse... divengano stimoli preziosissimi per ampliare i nostri orizzonti.
E che in quei "segni" così disperatamente lontani da noi, così avulsi dalla nostra esperienza, noi troviamo occasioni per specchiare noi stessi e la nostra civiltà.
Perché ipotizzo una cosa del genere?
Perché è esattamente quel che è successo con la musica antica! :)

Un salutone,
Mat
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Re: allestimenti storici. Che ne pensate?

Messaggioda Tucidide » lun 02 apr 2012, 21:07

MatMarazzi ha scritto:L'unica cosa sensata detta dal secondo signore... è che uno degli scotti che (dai primi del 900 a oggi) si è dovuto pagare per la reconquista del barocco è che per alcuni decenni molti poveri e ingenui spettatori si saranno sfracellati i maroni.
Ne valeva la pena? A giudicare da come si fa il barocco oggi, io direi di sì

Matteo

Premetto che l'argomento della discussione non è bello, è straordinario, anzi, ECCITANTE. Lo sto seguendo appassionatamente e sto riflettendo anche un po'.
Per ora lancio una pagliuzza.
Credo che nel tuo discorso, Mat, ci sia un po' il "busillis". Il recupero della musica antica sarebbe, mutatis mutandis, paragonabile a quello che tu prospetteresti per il recupero delle regie storiche: quello che anni fa sarebbe sembrato incredibile può diventare la regola, la norma, o almeno una cosa del tutto usuale. Come cent'anni fa l'idea di allestire un'opera di Cavalli sarebbe sembrata una pazzia, ma adesso è normalissimo, così potrebbe avvenire con gli allestimenti storici. Ma purtroppo la musica di Monteverdi e di Handel non aveva senso, quarant'anni fa, eseguita come facevano i primi pionieri (non parlo di Harnoncourt, di Gardiner o di Hogwood, ma di quelli più tradizionali) e soprattutto in allestimenti che di fatto erano concerti in costume su sfondo stile Grecia classica di cartapesta. Insomma, la musica antica, riesumata sic et simpliciter dagli archivi ed eseguita, era un grande sfrantecamento di maroni, e ci sono voluti i barocchisti e i grandi registi per ridarle linfa, fino a farla assurgere a pilastro dell'attuale repertorio.
E con gli allestimenti storici come la mettiamo? Pensi che basterebbe sic et simpliciter riallestirli, anche in modo curatissimo, per ridonar loro un perché che non sia meramente documentario-antiquario-erudito (come dice Maugham)?
Tu dici che bisogna far sì che essi "divengano stimoli preziosissimi per ampliare i nostri orizzonti" e che "in quei "segni" così disperatamente lontani da noi, così avulsi dalla nostra esperienza, noi troviamo occasioni per specchiare noi stessi e la nostra civiltà." Tutto molto giusto, potenzialmente esaltante.
Ma la domanda è: come?

Quel che dice Beckmesser instaurando il paragone con lo Shakespeare "filologico" mi pare pertinentissimo. Pensa anche all'effetto che farebbe a noi moderni vedere una "Medea" di Euripide con Medea e la Nutrice affidate ad attori maschili che recitano con le mascherone tragiche e i coturni: sembrerebbero due drag queen pronte per una festa di Halloween in discoteca e, almeno io, mi sbellicherei dalle risate, temo! : WohoW :
Il mondo dei melomani è talmente contorto che nemmeno Krafft-Ebing sarebbe riuscito a capirci qualcosa...
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Re: allestimenti storici. Che ne pensate?

Messaggioda TaO » lun 02 apr 2012, 21:27

mi sà che mi son persa :|
io ho sempre attribuito la paternità-finale-film al regista : Hurted : e la sceneggiatura per come percepisco io, è assimilabile al lavoro del librettista : Hurted :
e la creatura-film nasce e si compone più o meno come accadeva per le opere : occorrono professionalità multiformi che lavorano insieme, ognuna nella propria sezione....
ma chi tira le fila nella fattura-film è il regista (una sorta di capo-mastro-coordinatore : Blink : ....
ma il film non è una creatura nata per essere "replicata-riproposta", non ha le esigenze teatrali (e la compresenza di pubblico-spettatore)...insomma il cinema è un prodotto che ha esigenze-problemi diversi proprio perchè non ha il "teatro" come elemento cardine....l'opera si :oops:

Io poi non appartengo ad alcun "noi" che traina-interferisce con alcunchè e questa condizione da papera-libera mi fa contenta assaie : Nar :
Io sono solo una che ama ascoltare - via radio e via cd sopratutto - quella ragnatela musicale (fatta prima di tutto di suono).....qualunque convenzione vogliate mandare in soffitta, non toccatemi la mì ragnatela-suoni :evil:

basta, ho finito di vaneggiare pure per oggi : Chef :
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Re: allestimenti storici. Che ne pensate?

Messaggioda Enrico » mar 03 apr 2012, 12:16

MatMarazzi ha scritto: Sta anche a noi impedire che un regista in un prossimo futuro sia autorizzato a cambiare il libretto!


E perché dovremmo impedirlo?
Enrico B.
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Re: allestimenti storici. Che ne pensate?

Messaggioda MatMarazzi » mar 03 apr 2012, 13:27

Caro Tuc,
tu prima dici:

Tucidide ha scritto:Ma purtroppo la musica di Monteverdi e di Handel non aveva senso, quarant'anni fa, eseguita come facevano i primi pionieri


Poi però scrivi:
Tu dici che bisogna far sì che essi (ndr: le immagini di un allestimento storico)"divengano stimoli preziosissimi per ampliare i nostri orizzonti"(cut)
Tutto molto giusto, potenzialmente esaltante. Ma la domanda è: come?


Premetto che non condivido una qualsivoglia "sufficienza" verso i primi pionieri della musica antica (ben prima di quarant'anni fa... i primi tentativi di rappresentare opere antiche risalgono all'inizio del '900; il primo interesse a studiarle seriamente addirittura all'800).
Se negli utlimi anni siamo arrivati a concepire il Barocco come lo concepiamo oggi è grazie al genio e al coraggio di quei primi pionieri sui quali adesso magari ironizziamo, forti del fatto che - grazie a loro - siamo ora in grado di eseguire quel repertorio con ben maggiore "specificità".
Tu, forse involontariamente, metti in discussione il contributo storico di "quei pionieri" (dato che 40 anni fa non aveva senso fare Monteverdi, secondo te) e poi ti chiedi "come" sarebbe possibile fare lo stesso con gli allestimenti antichi.
Ma il "come", Tuc, quel "come" che tu non riesci a vedere... sta proprio in quei pionieri, più in loro che in Harnoncourt, Malgloire, Hogwood, e gli altri filologi moderni che si sono issati su ciò che quei pionieri avevano edificato: ossia la prima familiarizzazione a quel linguaggio, l'accettazione di quegli antichissimi capolavori in seno al repertorio!

In ogni "rivoluzione" (anche quelle che recuperano il passato) c'è una prima fase pionieristica: è la battaglia di pochi capitani coraggiosi che vedono più in là di tutti gli altri (come appunto quelli che si intestardivano ad allestire Monteverdi in epoca post-wagneriana e verista, pur mancando loro gli strumenti originali, i contro-tenori, le conoscenze critiche e stilistiche).
Intorno a loro si scatenano tutti i passatismi possibili immaginabili (ma che senso ha? ma Monteverdi ora si può studiare solo all'università! L'arte vive del presente).

Oggi si resta di stucco a leggere una recensione del giovane D'annunzio in cui lamentava il fatto che, ai primi del '900, il pubblico di Roma disertasse completamente una "coraggiosa" esecuzione del Don Giovanni! :)
Aggiungo che quando ero ragazzo c'erano ancora moltissimi appassionati d'opera (di quelli veri e pugnaci che erano stati giovani negli anni '40) che confessavano di odiare Mozart e tutti i suoi "plin plin".
Mia nonna, che non era un'intellettuale ma nemmeno una loggionista, si permetteva addirittura di disprezzare gli "zumpapa" e gli usignoli cabalettari di Donizetti e del primo Verdi! :)
:) E stiamo parlando di Mozart, Donizetti e Verdi... non di Monteverdi! E stiamo parlando del 1980, non dei primi del '900.
Figuarti quale "atmosfera" si poteva sentire intorno un Benvenuti, quando decise di dare alle scene la Poppea!

E' ovvio che, nella prima fase, i pionieri dovranno anche scendere a compromessi con la contemporaneità: e i segni più lontani e "impresentabili" dovranno essere limati, edulcorati, per assomigliare il più possibile a ciò che il pubblico si aspetta: e così le orchestrazioni monteverdiane e haendeliane venivano rimpinguate fino a somigliare a quelle ottocentesche, le parti maschili per castrati abbassate di ottava o passate a donne; stili, sonorità, espressività (vibrato degli archi) spesso mutuate da altri repertori.
Tutto ciò che è più arduo far digerire al pubblico (ad esempio il trillo ribattuto) sarà meglio "spianarlo".

Inoltre è ovvio che solo una piccola parte di pubblico si rivelerà disposta a seguire questi geniali pionieri: ma si tratterà di un piccolo pubblico (quello sì) davvero "avanguardista" e "progressista"; molto più avanguardista e progressista di quello che oggi si pavoneggia di amare la regia contemporanea, il canto colorista e le esecuzioni filologiche... un buon trent'anni dopo che queste rivoluzioni sono diventate prassi.
Questa prima fase (chiamala "pionieristica" o "compromissoria") è fondamentale, anzi la più importante di tutte, perché nulla è più difficile che dare la stura a un fenomeno del tutto nuovo!
Una volta che il fenomeno è partito, è ben più facile "migliorarlo" o "correggere il tiro".

Ma la cosa più importante di questa prima fase è che permette al pubblico di comincaire ad abituarsi, familiarizzarsi con ciò che prima sembrava irrimediabilmente "diverso", "estraneo".
Poi, una volta conquistata la familiarità, si passa alla ricerca di una maggiore specificità, ed è la seconda fase.
Non si cerca più il modo di edulcorare le "stranezze", ma ci si concentra sopra fino a trovare la strada per renderle "moderne".
E così i trilli ribattuti non saranno più spianati: i cantanti si danneranno l'anima per trovare il modo di renderli accettabili, accettati e addirittura espressivi.
E quando lo saranno diventati, troverai persino dei compositori contemporanei che li mettono nella loro opera, così come potranno utilizzare (nelle loro orchestra) tiorbe e chitarroni.

Tu dici che oggi, nel 2012... (benché viviamo una fase di pieno relativismo sessuale), vedere un uomo che recita nella parte di una donna farebbe morire dal ridere?
Ok, possibile.
Mettiti però nei panni di chi (nella sobria, virtuosa e vagamente omofoba società degli anni '50) sentiva per la prima volta un uomo cantare - dalla prima all'ultima nota - come una donna, come era il caso di Deller.
Quante persone si saranno messe a sghignazzare allora? E quanti, peggio ancora, avranno abbassato lo sguardo a terra, imbarazzatissimi?
Tanti... se pensi che ancora oggi, sessanta anni dopo, , c'è qualcuno - in qualche blog di passatisti - che invita i contro-tenori "ad andarsene a scheccare altrove" (e cito testualmente)!
Eppure non solo oggi sono ben pochi a ridere dei contro-tenori, ma - cosa ben più importante - le loro sonorità che un tempo ci avrebbero scandalizzato sono entrate nel nostro vocabolario, arricchiscono le possibilità di un compositore, aprono nuovi spaccati alle possibilità interpretative.
Se un giorno arriveremo - finalmente - a restituire i ruoli Rubini e Nourrit alle giuste vocalità, sarà per i decenni di "familiarizzazione" col falsetto maschile a cui i contro-tenori ci hanno abituato.
Tutto questo ...vale qualche iniziale risatina? Vale qualche iniziale imbarazzo? E persino qualche iniziale polemica (come quelle che, furibonde, accolsero i primi controtenori)?
Io penso di sì.

Prendi Cenere, unico film di Eleonora Duse.
A vederla recitare in quel modo verrebbe da dire che è una cagna che fa l'imitazione di una cagna! :)
Eppure affermare una cosa del genere (di Eleonora Duse!!) sarebbe un atto di superbia e soprattutto di stupidità.
Quella gestualità e quella mimica (che ispirò l'intero mondo della recitazione per vent'anni) doveva essere la stessa di Amelie Materne, Rosa Sucher e Marianne Brandt, regine di Bayreuth.
Quella gestualità e quella mimica Wagner aveva in mente pensando ai "tempi" del suo declamato, agli andamenti del suo decorso musicale.
non sto dicendo che si debba per forza recitare così nel Parsifal! :) Non obbligatoriamente: non se affidiamo l'opera a un regista contemporaneo.

MA SE... tentassimo di ri-allestire in modo filologico esattamente il primo Parsifal della collina, allora il "direttore dell'immagine" (corrispettivo di Harnoncourt, Hogwood, Christie e Malgloire) dovrà occuparsi anche del gesto, del movimento, della mimica.
Ci mancano i dati? E' vero... mancavano anche quelli sullo stile, sulla sonorità, sul respiro della musica secentesca.
E cosa hanno fatto i filologi? Partendo dalle documentazioni, dalle testimonianze, da quel poco che possedevamo... li hanno INVENTATI.
E - nota bene perchè questo è il punto cardinale di tutto il discorso - non li hanno inventati in modo acritico, ma (consapevolmente o meno) facendoli interagire col nostro tempo, spinti com'erano dal bisogno di fare amare questa musica.
Faccio un esempio: è ovvio pensare che il canto immascherato e amplificato nei seni facciali impostosi tra 700 e 800 (necessaria conseguenza dell'ampliamento dei teatri e della base orchestrale) non fosse praticato nel '600.
Affermare quindi (con grande rabbia dei passatisti) che è patetico pensare che i cantanti di Cavalli avessero la tecnica della Sembrich... è sacrosanto.
Ok, ma poi?
Se non cantavano così, come cantavano? E come possiamo cantare noi questo repertorio?
Qui si è dovuto inventare, sperimentare, provare, per trovare un suono che, non amplificato in modo ottocentesco, potesse sostenere e valorizzare questa musica.
Be'... che sia un caso o no... la sperimentazione ha condotto i cantanti barocchi ad attingere a un tipo di colorismo ...sospettosamente simile a quello applicato in tanta musica pop! :)
E così facendo, oltre a rendere vivissima la musica vocale "barocca", ci hanno anche abituato a considerare "classici" suoni che prima (convenzionalmente) non lo erano! :)
E se oggi la Bartoli (piaccia o non piaccia) può applicare quelle stesse sonorità a "Ah rendetemi la Speme" è grazie al fatto che.... l'esecuzione di musica antica ci ha COSTRETTI ad accettare suoni nuovi, a interiorizzarli!
Capisci quel che voglio dire?
Se in futuro un "direttore di immagine" (uso questo termine per non confonderci col "regista" a cui invece si affida uno spettacolo ex-novo) si scervellerà su "Cenere" con Eleonora Duse e sui trattati di recitazione del secondo Ottocento (come già Hogwood sui Madrigali di Monteverdi) non sarà per imporre oggi quel tipo di movimento, ma per cercare un modo di rendere vivi oggi quei lontanissimi segni, i quali verranno ad arricchire il nostro personale vocabolario e nei quali (Mattioli mi chiederà il Copyright :)) la nostra società potrà un giorno rispecchiarsi.

Venendo a TaO
Nei tuoi post (tutti interessantissimi) tu hai elencato le convenzioni nelle quali credi.
Molto giusto.
In molte di queste convenzioni credo anche io (e tanti altri); in altre no.
Io ad esempio non condivido quella della supremazia, nell'opera, della parte musicale.
Lo so che è una convenzione fortissima e durissima a morire (quello che conta è la musica... l'autore è il compositore... ecc...) ma io nemmeno da ragazzino, trent'anni fa, mi ci riconoscevo.
Anzi, mi incavolavo ogni volta che andavo alla Scala e vedevo, nel cartellone, il nome del regista scritto tanto più piccolo di quello del direttore! :)
Ero talmente convinto (nel mio rifiuto di quella convenzione) che mi rifiutavo di mettere gli LP delle opere in ordine di compositore, come facevano la maggior parte dei miei amici, perchè secondo me il compositore era un autore, ma non meno importante del librettista.
Le mettevo rigorosamente in ordine di Titolo.
Mi accorgo di essere stato all'avanguardia in questa tendenza!
Me ne sono accorto perchè ultimamente una ragazza che ora mi dà una mano nel Wanderer Club (non espertissima di opera, ma fresca di studi musicologici all'università) mi corregge puntualmente ogni volta che comunico ai soci che ci sono dei posti per "l'Aida di Verdi". Bene, pur senza aver mai fatto alcuna battaglia teorica come le mie di trent'anni fa, la ragazza immancabilmente puntualizza... "Aida di Ghislanzoni e Verdi", dato che oggi all'università la mia ribellione di allora è diventata "convenzione". :)
Quello che voglio dire, con questo esempio di biografismo d'accatto .) , è che tutto ciò che esponi va bene: non per definire cosa sia o cosa dovrebbe essere l'opera (questo non potrà mai dirlo nessuno), ma per intenderci su quali siano le convenzioni a cui (oggi) crediamo e nelle quali (oggi) ci riconosciamo.

Che il regista tiri le fila di un film è una convenzione (da me condivisa peraltro).
Che la muisca prevalga nella fruizione di un'opera sulle altre componenti è un'altra convenzione (da me non condivisa).
:) Sei d'accordo?

Ognuno di noi dà il suo contributo, accettando o rifiutando certe convenzioni.
vuoi la prova?
per me che un regista modifichi il libretto di un'opera, che un direttore operi dei tagli e magari (ovvia conseguenza) un arrangiatore riscriva in stile "più moderno" una partitura... sarebbe una cosa tremenda!
Se dovesse imporsi questa convenzione (e lo dico seriamente) abbandonerei l'opera e mi diedicherei a qualcos'altro.
Sono poche le convenzioni a cui sono più attaccato e per le quali sarei più disposto a lottare.

Eppure l'amico Enrico (anch'egli appassionatissimo d'opera, con gli stessi miei diritti di dire la sua) si chiede:

Enrico ha scritto:MatMarazzi ha scritto: Sta anche a noi impedire che un regista in un prossimo futuro sia autorizzato a cambiare il libretto!
E perché dovremmo impedirlo?


Come vedi, tutta la storia dell'arte... è solo una lunga battaglia di convenzioni! :)
Salutoni,
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Re: allestimenti storici. Che ne pensate?

Messaggioda TaO » mar 03 apr 2012, 13:48

vado di corsa ..mannaggia alle pause-corte (però sono istintiva, abituatevi..e non ho lo stomaco-ruminante del "poi ci torno dopo").
Per me la musica è nutrimento Mat, il mio canale di nutrimento. E mi piacciono le contaminazioni, gli esperimenti, le sfide...con il loro rischio di partorire ciofeche o semini-promettenti. Ascolto musica, la più diversa da quando ho ricordi, ho imparato a suonare il pianoforte (prima strimpellandolo ad orecchio cercando le siglette Carosello-cartoni eheheh) e poi prendendo lezione per qualche anno, ho cantato per un paio di decenni in un coro polifonico ...e so bene cosa e quanto sia arduo il mosaico-costruzione di un brano, anche di un singolo brano. Sono arrivata all'opera sostanzialmente da quell'esperienza ed è inutile credo aggiungere che per me i concertati sono un pungolo-stimolo inesauribile.
Non so come dirlo con sintesi, ma se la musica in un'opera perdesse il ruolo-guida per me sarebbe una specie di scossa tellurica che scardina pilastrini...poi per carità, magari ne viene fuori un edificio impensabile (succede credo sempre così ad ogni "cambio-convenzione" come intendi tu)...ma il fatto è che questo genere musicale (che non equivale nè esaurisce e ci mancherebbe altro tutto ciò che con la musica è possibile esprimere-rappresentare) già se lo porti in un luogo dierso dal teatro..

ok clicco invia e rimando alla prox..scusate semmai non leggete...
TaO
 
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Re: allestimenti storici. Che ne pensate?

Messaggioda TaO » mar 03 apr 2012, 18:14

scrivevo..
questo genere musicale (l'opera/canto lirico) è nato rispondendo all'esigenza di combinare insieme tre forme d'espressione che prima viaggiavano distinte (la musica, la parola, la rappresentazione teatrale e scenica).Da quando il teatro s'è aperto al pubblico pagante (seconda metà settecento)l'opera è stata la palestra d'esecuzione di una forma specifica ... capace proprio di coniugare istanze comunicative multiple in un unica forma di spettacolo.

1o enigma - Può esistere (o resistere, fate voi) questo genere musicale se lo si sgancia dall'ambito teatrale?

2o enigma - Può esistere (o resistere, fate voi) se lo si sgancia dal predominio musicale?

3o enigma - Può esistere (o resistere, fate voi) se lo si sgancia dal canto/parola?

...

1o enigma -
il connubio palcoscenico/cinema o palcoscenico/televisione, palcoscenico/dvd sono possibili risposte. Equivalenti? Questo dovreste dirmelo più voi che frequentate costantemente platee teatrali...


2o enigma -
La contemporaneità del cast artistico che s'esibisce in simultanea presenza è modificabile? Tecnicamente sì...potremmo utilizzare il playback dell'orchestra Y, dell'interprete morto 35 anni fa, del coro di max fulgore del teatro Cincirompraschi..
unisci, shakera, fai tre giri e servi a partire dal terzo tavolo a destra...

3o enigma -
senza la presenza di cantanti/parlanti...c'è già la musica strumentale che a sè stante ha quello spazio.Può esistere un film senz'attori? Sì, i documentari....ma si può rappresentare l'umanitas con l'assenza di verbo? E pure qua, ve lasso il dubbio..


Non chiamo nè Calaf nè i ministri Ping,Pang,Pong, state tranquilli a darmi la soluzione:D



QUel che voglio dire è..che sì, si può rinunciare al "luogo-condiviso-teatro" in cui chi fa lo spettacolo e chi lo guarda interagisce entro lo stesso spazio...
CONCERTA (appunto)...a patto di non fare l'equivalenza.
Non è LA STESSA COSA in assenza di quella contemporanea presenza, come è diverso metter su un cd, vedere un dvd, o essere presente ad un concerto pop, rock, di classica, di musica sacra...o di quel che volete...
ESSERCI LADDOVE quel groviglio di musica si forma e ti raggiunge non ha eguali-surrogati.
Sono esperienze diverse che andrebbero indicate con terminologia diversa, tutto qua, penso io.


Dopodomani mi riscrivono la partitura della tot scena della tal opera? Mi modificano la trama? Mi mettono in subbuglio il libretto?

Ciò che ne ottengo è Equivalente (cioè posso sostituirlo alla pari)? O è tutt'altro?
Può il regista di cinema X entrare e modificare nella trama e nell'intento un film che di per sè è considerato opera d'arte?
E allora può il pittore sostituire il volto del quadro Y, laddove Y è opera d'arte?

L'opera d'arte... è qualcosa che ha una valenza immateriale universale (cioè appartiene alla collettività...è testimone di cultura...sennò perchè diamine le preserviamo-tuteliamo....)


Insomma, io penso che ci debbano essere degli argini invalicabili, perchè superati quelli, il fiume straripa e m'inonda la piantagione..compresi i germoglietti :(:( E uffffff come potrebbe esser vivo un luogo deprivato (e non ho voglia di scrivere quanto sia faticoso sentirsi circondati da de-privazioni).

e qua torno e chiudo il cerchio sulla mia "ragnatela":

la dinamica musicale che il compositore tesse si combina (come trama e ordito) con la scansione "sillabata" di quanto esposto dal librettista.
E' la dinamica musicale (la combinazione di strumenti, di ritmica, di accenti, di sovrapposizioni, di dialoghi interni all'orchestra, il loro raddoppiare o contrappuntare la partitura di ogni voce)che esplicita quanto di vitale convive entro ogni personaggio.
E' quella dinamica di suoni che si fonde con l'uso delle parole scelte che è imprescindibile (per come intendo io il genere opera), così come è imprenscindibile l'aspetto interpretativo-teatrale-drammaturgico.
Spostami o annacquami queste pedine, e io non mi ritrovo più catturata dalla ragnatela...la noia-distrazione fa capolino e clicco su "cambiacanale/spegni".

Ultima considerazione che non so se sia o meno pertinente: qualcuno di voi potrebbe spiegarmi perchè spesso leggere d'opera/canto lirico in web (non mi riferisco a questo forum) equivale ad andare in sala d'attesa del foniatra? Ossia si legge un fiorire di termini tecnici (che spesso servono a indicare difetti..carenze) e l'immancabile riferimento a quel che non c'è più (come faceva il ragù la nonna ....)? E' una di quelle cose che non so spiegarmi..forse perchè parto dal presupposto sbagliato: se X va ad assistere allo spettacolo K, è perchè il menu che gli si prospetta è quantomeno vicino al suo gradimento: che senso ha pagare..andare..far da spettatore..per poi scriverne in forma referto medico/diagnosi deleteria? BOh,,non so se sono riuscita a spiegarmi..



..Mi scuso se il discorso risulta slegato, ma ho scritto in quattro tempi diversi e ora lascio questo pc quindi devo cmq inviarlo. Perdonatemi :|
TaO
 
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Re: allestimenti storici. Che ne pensate?

Messaggioda MatMarazzi » sab 07 apr 2012, 14:56

Carissima,
io credo che il senso dei tuoi "enigmi" sia quello di cercar di capire... se esistono convenzioni "necessitanti" del genere Opera, senza la quali, cioé, l'Opera non c'è più.
Sapere di questa esistenza, sapere che c'è qualcosa di "certo", una sorta di puntello metafisico, di "cogito" :D ci darebbe un po' di tranquillità! :)

Ci ho tanto pensato anche io in passato... ma è ben dura trovarlo! :)
O per lo meno, possiamo anche fissarlo... fingere che la convenzione diventi necessità, ma il rischio è quello che i nostri pronipoti ci smentiscano, trasformando l'Opera in qualcosa che non corrisponde più a ciò che era per noi.
(così come noi, oggi, abbiamo trasformato l'Opera in qualcosa che avrebbe lasciato allibiti Rossini e Verdi).

Tu chiedi: può esistere senza il contesto "live" di un teatro?
Verrebbe da dire di no, ma è ormai un secolo che la facciamo alla radio, sui dischi, al cinema...
Ti chiedi: si può parlare di opera senza la contemporaneità dell'esecuzione di segni tangibili? Per esempio con l'orchestra in play back?
Anche qui, verrebbe da dire di no: però i dischi e tanti video - che pure sono "opera" a loro volta, sia pure in una forma particolare - sono regolarmente fatti senza la contemporaneità delle esecuzioni; ti dico addirittura che in passato ho già visto opere con la base in play back (per fortuna pochissime e nelle più disperate periferie) e che nel musical, che fra qualche anno sarà completamente assorbito nel "genere opera", è prassi consolidata.
Conviene, per me, lasciarsi queste domande alle spalle... accontentarsi, come ho già detto, di riflettere sulle convenzioni in base alle quali noi oggi, hic et nunc, consideriamo qualcosa Opera.
E non sperare, ahimé, che queste convenzioni siano eterne...
Anzi, sapere che possono cambiare, che devono cambiare, ci può aiutare a contribuirvi con la nostra passione.



TaO ha scritto:qualcuno di voi potrebbe spiegarmi perchè spesso leggere d'opera/canto lirico in web (non mi riferisco a questo forum) equivale ad andare in sala d'attesa del foniatra? Ossia si legge un fiorire di termini tecnici (che spesso servono a indicare difetti..carenze) e l'immancabile riferimento a quel che non c'è più (come faceva il ragù la nonna ....)? E' una di quelle cose che non so spiegarmi..forse perchè parto dal presupposto sbagliato: se X va ad assistere allo spettacolo K, è perchè il menu che gli si prospetta è quantomeno vicino al suo gradimento: che senso ha pagare..andare..far da spettatore..per poi scriverne in forma referto medico/diagnosi deleteria?


La storia del canto, come quella di qualsiasi prodotto del genio umano, è molto complessa e molto difficile.
Alcune persone sono spaventate dalla difficoltà o non hanno gli strumenti per affrontarla.
E così reagiscono dandosi regoline semplici ed elementari da applicare in modo categorico.
Non c'è nulla di male nella terminologia "tecnica" (diciamo così) per descrivere i fenomeni fisici che sono alla base dei fenomeni artistici.
Il problema è che le persone di cui sopra non la capiscono e non la sanno usare: la trasformano nel "manuale del piccolo critico" così, per giocare un po', per darsi un po' di importanza.
Ma di cosa sia il canto costoro non hanno la più vaga idea.
Così almeno la vedo io! Tu che ne pensi?


Tornando al topic, e alla prossima riproposizione di spettacoli storici, vi rimando a questo link! :)

http://www.chateauversaillesspectacles.fr/wagner-les-maitres-chanteurs-de-nuremberg-115.html

Mentre noi ci contorciamo di sgomento, e accusiamo una possibile "nuova convenzione" di essere irrealizzabile e folle, si scopre che qualcuno l'ha già fatta!
Grazie a Dio, a questo mondo c'è sempre qualcuno che non ha paura del nuovo!

Salutoni,
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Re: allestimenti storici. Che ne pensate?

Messaggioda TaO » lun 09 apr 2012, 21:27

MatMarazzi ha scritto:Ci ho tanto pensato anche io in passato... ma è ben dura trovarlo! :)
O per lo meno, possiamo anche fissarlo... fingere che la convenzione diventi necessità, ma il rischio è quello che i nostri pronipoti ci smentiscano, trasformando l'Opera in qualcosa che non corrisponde più a ciò che era per noi.
(così come noi, oggi, abbiamo trasformato l'Opera in qualcosa che avrebbe lasciato allibiti Rossini e Verdi).


Non sembrerà, ma io ascoltando i cd sia d'opera che di classica me lo sono chiesta: chissà quanto avrebbe influito in quelle testoline l'opportunità di estrapolare il loro lavoro dal "luogo" :oops: ...e quanto sarebbe stato stimolante per Puccini se il "sonoro-cinema" fosse arrivato vent'anni prima : Blink :
Il fatt'è che quei lavori nascono filtrati sì da tante regole/convenzionali e più d'una di quelle regole gli stessi compositori hanno sovvertito-modificato - ci vorrebbero 25 topic ma non li apro - ma essi hanno viaggiato sullo sposalissio moseca-scena teatrale.E certo, quello sposalissio è parente dei tempi, dei gusti, tanto da ritagliare repertori diversi per periodi diversi. In che periodo siamo? Boh, l'impressione che ho è che si balbetti:(:( e per innovare ci vol baldanza, penso.
L'avvento della discografia (baldante innovazione ella fu), oltre all'innegabile vantaggio di poter diffondere ed archiviare musica nelle nostre case (mobili e immobili), ha realizzato quella disgiunzione che i fautori d'opera e di musica classica non avevano neanche in mente quando partorivano le loro criaturine che ancor oggi coccoliamo...Quindi, come sostieni tu, l'opera ha potuto far a meno del luogo-teatro come necessità-convenzione e cio' le ha consentito di ampliare-diffondere innumerevolmente la propria platea o potenziale platea.
Io sarò idealistà-cretinista, ma per es. la fruizione di canali tipo youtube e simili ...anche potrebbe avere la stessa funzione-sganciamento.....funzione che però non dovrebbe perder di vista l'educazione-coltivazione del gusto musicale ...per la serie "perle ai porci" laddove si distribuisce qualità non riconoscibile o al contrario "cartapesta scambiata per fulgor oro colato"...

MatMarazzi ha scritto:
Non c'è nulla di male nella terminologia "tecnica" (diciamo così) per descrivere i fenomeni fisici che sono alla base dei fenomeni artistici.
Il problema è che le persone di cui sopra non la capiscono e non la sanno usare: la trasformano nel "manuale del piccolo critico" così, per giocare un po', per darsi un po' di importanza.
Ma di cosa sia il canto costoro non hanno la più vaga idea.
Così almeno la vedo io! Tu che ne pensi?


Io non sono contrariata dall'abbondare di terminologia tecnica (se si è interessati a quel parere, i termini ignoti si possono sempre andare a decodificare); quel che mi fa pensare in quei casi è che per me il canto non può esaurirsi in tecnica, ma la tecnica è il passaporto che consente a questa forma espressiva di prendere "forma" ed è il dare sostanza a quella forma che ne fa un'arte...
faccio un esempio differente per far intendere velocemente quel che intendo: quando il calciatore Messi fa il gesto tecnico Y e mantiene il controllo del pallone con destrezza, il critico-commentatore analizza la "fisiologia del movimento" e si ferma là per spiegare perchè si resta ncantadi e si riconosce in quel gesto sportivo altro dalla "fisiologia del movimento"? Se là si fermasse, avrebbe descritto solo il "come si fa" e si sarebbe scordato il "perchè diamine quel gesto a noi che guardiamo risulta essere la traduzione materiale di un talento non incasellabile.
Ecco, io vorrei, ogni tanto, leggere nei commenti-resoconti di spettatori viventi-presenti non solo la "lezione del foniatra" o il "confronto con tizio o caia dell'epoca che fu"..ma qualche tassello, se c'è, sui dribbling a sorpresa e sui lampi del rifinitore..

sono decisamente off-topic ma erano due inviti-risposta che ho cercato di raccogliere.
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Re: allestimenti storici. Che ne pensate?

Messaggioda pbagnoli » mar 10 apr 2012, 14:14

TaO ha scritto:
Ultima considerazione che non so se sia o meno pertinente: qualcuno di voi potrebbe spiegarmi perchè spesso leggere d'opera/canto lirico in web (non mi riferisco a questo forum) equivale ad andare in sala d'attesa del foniatra? Ossia si legge un fiorire di termini tecnici (che spesso servono a indicare difetti..carenze) e l'immancabile riferimento a quel che non c'è più (come faceva il ragù la nonna ....)?

Per quanto mi concerne, tranne rare eccezioni, si tratta di persone che non capiscono nulla - ma proprio nulla - di quello che scrivono.
Quella del foniatra non è una specializzazione: è un'area di interesse di certi otorinolaringoiatri che studiano la voce sub specie medica. E questo è un punto.
Teoricamente, dovrebbero parlarne solo gli addetti ai lavori.
Poi ci sono persone che parlano di cose che non sanno per giustificare problemi di cui non hanno la minima contezza. E' che l'uso di paroloni fa sempre una certa impressione nel popolo; se ti va bene, può capitare che ci sia quello che non ha voglia di approfondire e si fa impressionare. Senza contare che l'uso dei paroloni nasconde sempre l'insipienza di chi li usa.
C'è sempre un sistema per capire se il tuo interlocutore ci capisce veramente oppure no: chiedi spiegazioni.
Nella quasi totalità dei casi, sentirai il rumore degli specchi graffiati :lol: ; oppure, quello degli insulti.

TaO ha scritto: E' una di quelle cose che non so spiegarmi..forse perchè parto dal presupposto sbagliato: se X va ad assistere allo spettacolo K, è perchè il menu che gli si prospetta è quantomeno vicino al suo gradimento: che senso ha pagare..andare..far da spettatore..per poi scriverne in forma referto medico/diagnosi deleteria? BOh,,non so se sono riuscita a spiegarmi..

Ti sei spiegata benissimo, ma... sai che c'è?
Se non hai niente da dire.
Se hai stabilito che la tua missione nel mondo è redimere geovisticamente l'umanità che non capisce.
Se hai capito che a distruggere fai meno fatica che a costruire (anche perché non hai uno straccio di argomento utile per costruire).
Se hai realizzato che muovere le chiappe in giro per il mondo è molto più difficile che sintonizzare la radio a galena.
Se hai postulato che tanto a prescindere (come si diceva quand'ero giovane) hai ragione tu, e gli altri non contano.
...ecco che hai automaticamente in mano il biglietto dello spettacolo sbagliato, quello che ti fa dire "haivistocheciavevoragioneio", perché se prendessi il biglietto di quello giusto dopo saresti costretto ad ammettere - se fossi onesto, cosa che raramente è - che forse non avevi capito un c***o.
Il che, probabilmente, è la diagnosi corretta, tanto per rimanere a metafore di area medica.

Che dirti, amica nostra?
Diffida di chi usa i paroloni.
Oppure sfidalo a spiegarteli.
Non ne sarà capace, oppure ti insulterà :lol:
"Dopo morto, tornerò sulla terra come portiere di bordello e non farò entrare nessuno di voi!"
(Arturo Toscanini, ai musicisti della NBC Orchestra)
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