Carmen (Bizet)

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Re: Carmen Gardiner

Messaggioda MatMarazzi » gio 28 ott 2010, 14:07

mattioli ha scritto:PPS: ma il Grasso Messere che fine ha fatto? Ha scartocciato una caramella di troppo? O ha scelto anche lui "la chose enivrante, la liberté"? Miao : Nar :


Piccolo OT
Scusatemi per l'assenza (ma accidenti quante cose belle avete scritto... non vi si sta più dietro).
Sono stato a Lille per l'Orlando (che ho già modestamente commentato sul sito) e a Bruxelles per la Kabanowa, davvero grandiosa... quella sì che è stata un'apertura di stagione!
Appena avrò finito il commento della Kabanowa riprenderò a scrivere anche sul forum! Ho molte questioni, mosse dai due spettacoli, che intendo sottoporvi.
salutoni,
Mat

PS: Bagnolo! Piantala di ossessionarmi con sms intimidatori!
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Re: Carmen Gardiner

Messaggioda teo.emme » ven 29 ott 2010, 11:13

Vorrei meglio precisare il mio ragionamento: non mi sognerei mai (anzi MAI) di ritenere sostanzialmente inutili le edizioni critiche. Penso che la filologia sia strumento indispensabile, oggi, per meglio comprendere , e quindi eseguire, il testo musicale (ovvio che se diviene un fine, invece di un mezzo, essa si fa sterile e assume le vesti di una religione: ma questo vale per qualsiasi arte o scienza). L'edizione critica fornisce varianti, testo corretto, recupera brani che la tradizione aveva - per varie ragioni - eliminato, ovvero ricostruisce (secondo documenti di cui si dispone) l'aspetto originale dell'opera. Dopo, però, arriva l'interprete: la sua sensibilità e la sua visione. Il che può riflettersi sulle scelte testuali: certo è operazione delicata e, personalmente, diffido dall'arbitrio. Potrà piacere anche al pubblico, potrà non interessarlo (in effetti quanti, in un teatro, conoscono in modo dettagliato la storia editoriale del Boris), ma non può essere questo il metro di giudizio: così come la buona politica non si fa coi sondaggi, l'opera (intesa come qualcosa di più di semplice "intrattenimento") non può basarsi esclusivamente sul gradimento...anche perchè così si rappresenterebbero pochi titoli. E poi, qui, il contesto è diverso: si ragiona "a freddo", ovvio che a teatro - se tutto funziona - non importa a nessuno che la cabaletta venga privata del da capo o che si esegua il Tannhauser di Dresda, ma con il Baccanale composto per Parigi. Premesso, dunque, che non mi entusiasmano i "mischiotti" (da Tannhauser a Don Carlo, a Boris: le opere ci son giunte in versioni differenti e compiute, e preferirei ascoltarle nella loro singola coerenza), poichè spesso rivelano debolezze, in quanto solitamente le versioni che vengono, più o meno abilmente, mescolate, appartengono a linguaggi differenti (nell'estetica dell'autore), in realtà il mio discorso era un altro. Non riguarda varianti d'autore, versioni diverse, testo più o meno integro: riguarda il "ripescaggio" di ciò che l'autore ha espressamente scartato durante la gestazione dell'opera. Ciò che il compositore ha ritenuto di eliminare perchè, probabilmente, non corrispondente al suo ideale, la bozza, cioè, di quel che diverrà il brano compiuto. Creare dal nulla un Gustavo III - utilizzando gli schizzi e gli abbozzi di Verdi - può essere operazione che ha divertito il suo autore (Gossett lo spiega molto bene, e molto onestamente), ma rimane un'operazione arbitraria: il Gustavo III non esiste, non è mai esistito se non nella mente di Verdi. Così come l'Olandese Volante originario ricostruito su di una bozza del libretto e frugando tra gli scarti e gli schizzi della scrittura wagneriana. Il mio discorso non si riferisce neppure ai vari completamenti di opere incompiute (predisposti oggi o all'epoca dell'autore): quelli sono lavori originali, dichiarati tali sin dall'inizio (Nerone di Boito, Lulu, Principe Igor, Rodrigue et Chimene di Debussy). Insomma, ripeto, è lecito reinserire ciò che l'autore ha espressamente eliminato, non per motivi contingenti, ma per ragioni estetiche, ripensamenti o nelle fasi di lavorazione? Ossia gli scarti.

Ps: potrei sbagliarmi, ma il Tell venne tagliato da Rossini solo successivamente alla prima, in vista delle esecuzioni fuori dalla Francia. La questione degli omnibus, è relativa al Don Carlos, i cui ultimi tagli (quelli immediatamente precedenti la prima) furono dovuti all'esigenza di contenerne la durata entro l'orario dell'ultima corsa.
Ultima modifica di teo.emme il ven 29 ott 2010, 15:17, modificato 1 volta in totale.
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Re: opera e gradimento

Messaggioda Riccardo » ven 29 ott 2010, 12:44

teo.emme ha scritto:così come la buona politica non si fa coi sondaggi, l'opera (intesa come qualcosa di più di semplice "intrattenimento") non può basarsi esclusivamente sul gradimento...anche perchè così si rappresenterebbero pochi titoli.


Su questo proprio non concordo...ed è un punto importante.

Sono profondamente convinto che tra politica e arte esista e debba esistere una spaccatura profonda, sul piano economico (ma di questo si è già parlato) e sostanziale.

La politica è il luogo del compromesso per definizione, della convivenza plurale per la quale ognuno (in modi diversi a seconda delle filosofie politiche) rinuncia a qualcosa a vantaggio di qualcos'altro di più generale e a lungo termine. La politica è mettersi d'accordo per stare tutti il meglio possibile e questo comporta il rispetto di determinate regole comunitarie.

L'arte è invece il luogo del successo, del consenso per acclamazione, delle emozioni estreme, delle verità più profonde e pericolose. La grande arte non accetta compromessi, altrimenti perde di senso. La buona politica è tutto l'inverso, di pancia porta all'autodistruzione della collettività; la vera arte - quella che non è mera speculazione - non può in alcun modo prescindere dalle forti emozioni, anzi servirebbe proprio a portarle via dalla politica e da altri luoghi dove fanno dei danni.

L'arte è secondo me il luogo dove si concentrano i valori "caldi" della vita, proprio quelli tutelati dalla politica che dovrebbe invece parlare un linguaggio "freddo" e razionalmente di buon senso. Ci sono pagine secondo me straordinarie di Claudio Magris su questo tema.

Quindi altroché se l'opera deve basarsi sul gradimento...e ben vengano anche le manovre filologiche azzardate (purché dichiarate) se sono al servizio di qualcosa di esaltante.
E ben vengano i nuovi titoli che, diversamente da quanto pensi tu, se proposti come si deve, fanno gran furore anche per chi prima non li avesse mai sentiti. Esattamente come succedeva ai tempi delle prime dei classici compositori.

Certo che un Caso Makropoulos impolverato e con sciagurate scelte di casting alla Scala non potrà che desertificare la sala e provocare sbadigli...ma non certo per colpa del titolo raro. "Raro"...
Chi dormiva al Makropoulos erano gli stessi che si sono spellati le mani per il Tristan con la Meier o Jenufa con la Silja.

Scusate il parziale OT.

Salutoni
Riccardo
Ultima modifica di Riccardo il ven 29 ott 2010, 13:05, modificato 1 volta in totale.
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Re: opera e gradimento

Messaggioda Tucidide » ven 29 ott 2010, 13:04

Riccardo ha scritto:La politica è il luogo del compromesso per definizione, della convivenza plurale a vantaggio della quale ognuno (in modi diversi a seconda delle filosofie politiche) rinuncia a qualcosa a vantaggio di qualcos'altro di più generale e a lungo termine. La politica è mettersi d'accordo per stare tutti il meglio possibile e questo comporta il rispetto di determinate regole comunitarie.

L'arte è invece il luogo del successo, del consenso per acclamazione, delle emozioni estreme, delle verità più profonde e pericolose. La grande arte non accetta compromessi, altrimenti perde di senso. La buona politica è tutto l'inverso, di pancia porta all'autodistruzione della collettività; la vera arte - quella che non è mera speculazione - non può in alcun modo prescindere dalle forti emozioni, anzi servirebbe proprio a portarle via dalla politica e da altri luoghi dove fanno dei danni.

L'arte è secondo me il luogo dove si concentrano i valori "caldi" della vita, proprio quelli tutelati dalla politica che dovrebbe invece parlare un linguaggio "freddo" e razionalmente di buon senso. Ci sono pagine secondo me straordinarie di Claudio Magris su questo tema.

Quindi altroché se l'opera deve basarsi sul gradimento...

Perbacco! Non potrei essere più d'accordo! :D Poi, certamente, esistono fenomeni di nicchia, che però procurano emozioni ugualmente forti, ma in un numero ristretto di persone. L'importante è non sacrificare le une ad esclusivo vantaggio delle altre.
Ciò non toglie che resti verissimo quanto affermi.
E' a questo proposito che qualche tempo fa osai dire che l'arte "non è una cosa seria"... : Chessygrin : Ovviamente, non intendevo né intendo ora che l'arte non fosse importante; semplicemente, discutevo l'idea che fosse possibile, addirittura commendevole e necessario stabilire "che cosa è GIUSTO" a prescindere dal riscontro del pubblico, di fatto "legiferando" in materia.
Un artista retrogrado e scontato ha comunque una sua fetta di pubblico alquanto nutrita che applaude? Bene! Rispettiamolo, anche se non ci piace.

Mi hai incuriosito: dove si trovano le pagine di Magris cui fai riferimento?
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Re: opera e gradimento

Messaggioda teo.emme » ven 29 ott 2010, 15:38

Riccardo ha scritto:Su questo proprio non concordo...ed è un punto importante...Sono profondamente convinto che tra politica e arte esista e debba esistere una spaccatura profonda, sul piano economico (ma di questo si è già parlato) e sostanziale.


Ovviamente il mio riferimento e accostamento alla politica era solo esemplificativo di un concetto: ossia che non si può guardare solo all'immediato gradimento del pubblico, altrimenti si infarciscano tutti i titoli di do di petto e strilli assortiti, che tanto questi suscitano sempre una marea di applausi, anche se c'entrano come "i cavoli a merenda" nell'opera in cui vengono forzosamente inseriti.

Così come la politica basata sui sondaggi non è lungiumirante e si concentra sull'immediato (e sul personale tornaconto) anziché abbracciare un raggio più ampio, basarsi sulla mera "pancia" del pubblico significa appiattirsi su posizioni estetiche poco accettabili, oggi: perchè rinunciare a fornirgli qualche strumento in più (un testo corretto, una versione alternativa compiuta) che magari alla fine apprezzerà più dell'immaginato? Pensa al Boris: secondo il tuo ragionamento - e per ossequiare il mero gradimento del pubblico - non sarebbe mai stata riscoperta l'orchestrazione originale o le due versioni, ma saremmo rimasti all'invero splendida versione di Rimsky-Korsakov...che è bellissima ed è un capolavoro, ed era graditissima al pubblico, ma non era il vero Boris.

Le operazione "filologiche azzardate", semplicemente NON sono operazioni filologiche, ma meri arbitri: a volte riescono bene, a volte male (penso al pasticciato Orfeo ed Euridice di Bologna coi fratelli Alagna, o il guazzabuglio truffaldino del Boris torinese..). La filologia è scienza seria, non un azzardo. Certo deve essere al servizio dell'interprete, ma non può essere scusa per mascherare arbitri.

E poi, che cè di filologico nel prendere gli scarti di lavoro di un autore e assemblarli facendo finta che si tratti di una "vera opera" o di una versione alternativa o originale? A me sembra un imbroglio...come se si pigliassero le bozze dei Promessi Sposi (magari con gli errori di ortografia) e li si pubblicasse come versione inedita. Bada ben, parlo di bozze, non prima versione pubblicata e più tardi rivista: intendo proprio i ritagli gli scarti (per restare a Manzoni: un conto sono il Fermo e Lucia, nonché le due versioni dei Promessi Sposi, altra cosa sarebbe recuperare gli schizzi, riassemblarli e spacciarli come romanzo autonomo). Tornando a Carmen: Oeser ha fatto esattamente così. Ha trasformato una bozza in opera definitiva ed ha cassato tutti i miglioramenti di Bizet: ritenuti non autentici o forzati (senza fornire prove peraltro). Tanto che il mondo accademico ha aspramente criticato (e taluno deriso) tale arbitrio.

Non comprendo, invece, a che ti riferisci quando scrivi che io sosterrei come i titoli nuovi non farebbero furore: ma quando mai l'ho detto?
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Re: Carmen Gardiner

Messaggioda teo.emme » ven 29 ott 2010, 15:51

beckmesser ha scritto:A quale ti riferisci? L'unica che conosco è quella della schott, che è praticamente completa (manca solo, credo, il Liebesverbot) ed era stata iniziata intorno agli anni '60 dal compianto Dahlhaus. Ce n'è un'altra in cantiere?

In verità, il problema grosso adesso lo hanno a Pesaro: ormai restano da affrontare praticamente solo le opere senza manoscritto (soprattutto le francesi, Tell a parte) e siamo alla situazione paradossale che ormai il dubbio è se su certe opere (tipo l'Ory) arriverà prima Gossett con la Barenreiter o la Fondazione di Pesaro...


Non saprei, so che esiste una Neue Richard-Wagner-Gesamtausgabe (non conosco chi l'abbia pubblicata), utilizzata - per la prima volta (a leggere dalle note di copertina) - nell'edizione del Ring diretta da Hartmut Haenchen ad amsterdam (nel 2005, credo, e tra gli interpreti figura Chris Merritt come Loge). Pare che tenga conto di tutte le annotazioni degli assistenti di Wagner, prese durante le prove e segnate sulla partitura. Di più non so.

Il problema di Pesaro è evidente...soprattutto dopo che la Fondazione ha dato il ben servito al suo elemento migliore: Gossett. Annche dell'Aureliano in Palmira manca il manoscritto.
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Re: opera e gradimento

Messaggioda Riccardo » ven 29 ott 2010, 21:38

teo.emme ha scritto: ossia che non si può guardare solo all'immediato gradimento del pubblico, altrimenti si infarciscano tutti i titoli di do di petto e strilli assortiti, che tanto questi suscitano sempre una marea di applausi, anche se c'entrano come "i cavoli a merenda" nell'opera in cui vengono forzosamente inseriti.

Ma di questo io non sono per nulla convinto...
I do di petto fanno il loro effetto a volte quando sono collocati nel giusto contesto...ma non sono mica l'unica cosa che il pubblico vuole sentire. Altrimenti non si spiegherebbero da un lato i trionfi di tanti cantanti che il Do non l'hanno mai avuto nemmeno in quelle parti dove è richiesto (non faccio nomi), dall'altro il limitato successo di professioniste, come la valorosa e sempreverde Linda Campanella, che sparano sovracuti a iosa (Mi naturale la settimana scorsa in Cambiale a Savona) ma non sono mai riuscite ad emergere nei teatri importanti.

teo.emme ha scritto:Non comprendo, invece, a che ti riferisci quando scrivi che io sosterrei come i titoli nuovi non farebbero furore: ma quando mai l'ho detto?

Qui:
teo.emme ha scritto: l'opera (intesa come qualcosa di più di semplice "intrattenimento") non può basarsi esclusivamente sul gradimento...anche perchè così si rappresenterebbero pochi titoli.


Non condivido per nulla questa svalutazione della sensibilità del pubblico...

Il pubblico spesso non è colto ed informato su quanto va ad ascoltare semplicemente perché nella vita si occupa d'altro (e poi cosa vorremmo, che tutti fossero esperti di armonia, di storia della musica o della vocalità?), ma le orecchie le ha ben aperte. E se va a teatro è perché ha delle aspettative di svago, emozionali, estetiche che hanno una dignità e meritano rispetto da parte di chi della musica fa un mestiere o una missione di vita.

La storia dell'opera va avanti insieme al gusto del pubblico che la va a vedere, non certo grazie a coloro - una minoranza - che la guardano da più vicino e la commentano con alterne civiltà e competenza da giornali, siti, blog e loggioni.

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Re: opera e gradimento

Messaggioda Tucidide » ven 29 ott 2010, 22:54

Riccardo ha scritto:Il pubblico spesso non è colto ed informato su quanto va ad ascoltare semplicemente perché nella vita si occupa d'altro (e poi cosa vorremmo, che tutti fossero esperti di armonia, di storia della musica o della vocalità?), ma le orecchie le ha ben aperte. E se va a teatro è perché ha delle aspettative di svago, emozionali, estetiche che hanno una dignità e meritano rispetto da parte di chi della musica fa un mestiere o una missione di vita.

La storia dell'opera va avanti insieme al gusto del pubblico che la va a vedere, non certo grazie a coloro - una minoranza - che la guardano da più vicino e la commentano con alterne civiltà e competenza da giornali, siti, blog e loggioni.

Concordo, concordo...
Infatti, quando sento parlare di scarsa competenza del pubblico attuale, resto sempre con la curiosità di sapere quando mai, nella storia dell'opera, da Monteverdi ad oggi, il pubblico sia stato davvero competente così come lo vorrebbero alcuni.
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Carmen Rattle-Kozena-Kaufmann

Messaggioda pbagnoli » gio 13 set 2012, 21:29

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Re: Carmen Rattle-Kozena-Kaufmann

Messaggioda Luca » ven 14 set 2012, 8:13

Letta: mi è piaciuta, ma fra le righe ho notato la tua marcata delusione per qualcosa che ... poteva esserci e non c'è stata.....

Buona giornata!
Luca.
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Re: Carmen Rattle-Kozena-Kaufmann

Messaggioda pbagnoli » ven 14 set 2012, 13:44

Luca ha scritto:...qualcosa che ... poteva esserci e non c'è stata...

Se hai la fortuna di avere a disposizione lo studio di registrazione - cosa che ormai è eccezione, e non regola come una volta - secondo me potresti sforzarti di dare il tuo meglio dal punto di vista testuale. La Oeser è stata incisa in vario modo millanta volte; ha oltre 40 anni di vita; è stata superata da critiche ampiamente giustificate e da altre revisioni più pertinenti; perché registrarla ancora?
E poi Kaufmann! Io lo adoro, per me è geniale; e comunque, per scalcinato che possa essere in questa fase della sua vita, manda tranquillamente a zappare gli orti la maggior parte di quelli che hanno avvicinato questo ruolo. Ma da adesso in avanti per lui ripetere questo ruolo può solo voler dire fare peggio di quello che ha fatto sinora. Fa fatica!

In realtà, ci sono solo due motivi per acquistare questi dischi: Rattle e la Kozena, entrambi di straordinaria bravura, anche discretamente rivoluzionari, nei limiti in cui lo si può essere in un titolo così frequentato. Lui ha una varietà di colori e di dinamiche che stordisce; prova ne sia l'orchestrazione-capolavoro della canzone boema (dove tra l'altro l'intesa con la moglie è perfetta). Lei... è Carmen. Ora imbronciata, ora solare, canta benissimo. E' molto diversa dalla Antonacci, che pure faceva una Carmen-capolavoro; assomiglia un po' alla Ewing, rispetto alla quale canta molto meglio ed è un po' più comunicativa.

Ho detto due motivi? Scusa, ce n'è un terzo: i Berliner. Sono straordinari. Orchestra meravigliosa, senza paragoni, che vive un feeling grandioso con il proprio direttore, come succedeva con Karajan: non sarà un caso...
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Re: Carmen Rattle-Kozena-Kaufmann

Messaggioda Triboulet » sab 15 set 2012, 21:11

pbagnoli ha scritto:La Oeser è stata incisa in vario modo millanta volte; ha oltre 40 anni di vita; è stata superata da critiche ampiamente giustificate e da altre revisioni più pertinenti; perché registrarla ancora?


Secondo me proprio perchè ha oltre 40 anni! Penso che oggi il disco d'opera non abbia più molto senso di esistere, a meno che non sia testimonianza di un'operazione filologica fuori dal comune (di solito affidata a gente che bazzica da quelle parti, mi viene in mente tutto il Mozart di Jacobs) oppure prodotto ultra-commercialissimo di un cast all-stars (la Bartoli prende due piccioni con una fava, ma questo lo sappiamo). Ecco in questo caso credo che il target finale giustifichi la scelta "tradizionalista". Sono daccordo con te che uno come Rattle (non certo il kapellmeister Baremboim) poteva fare uno sforzetto in più in questo senso, ma credo che la cosa mi turbi relativamente... abbiamo avuto interpretazioni anni '50 che suonano rivoluzionare anche oggi, senza filologia e piene di tagli, oggi si accettano di meno queste cose certo, ma se il prodotto vale poco male.

pbagnoli ha scritto:E poi Kaufmann! Io lo adoro, per me è geniale; e comunque, per scalcinato che possa essere in questa fase della sua vita, manda tranquillamente a zappare gli orti la maggior parte di quelli che hanno avvicinato questo ruolo.
In realtà, ci sono solo due motivi per acquistare questi dischi: Rattle e la Kozena, entrambi di straordinaria bravura, anche discretamente rivoluzionari.... Ho detto due motivi? Scusa, ce n'è un terzo: i Berliner. Sono straordinari.


Ecco, questo mi è sufficiente (fidandomi ciecamente del tuo giudizio e dei tuoi gusti vicini ai miei su questo titolo) per capire che varrà la pena dargli un ascolto a questo disco... erano veramente decenni che interpreti di questo rango non approcciavano Carmen in studio. Con queste opere così popolari si verifica una strana "inflazione": finisci per avere 30 incisioni con altrettanti cast di big, ma quante di queste sono rilevanti da un punto di vista drammaturgico-psicologico e magari vocale e pure storico? quante "dicono la verità" in questo senso? E al diavolo anche Kaufmann sfiatato, un grande artista a pezzi (in un ruolo SUO per giunta) sarà comunque meglio di uno mediocre (o fuori parte) in perfetta forma! :)
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Re: Carmen Rattle-Kozena-Kaufmann

Messaggioda Tucidide » dom 16 set 2012, 11:20

Una cosa mi "perplime" (voglio provare l'ebbrezza di usare questo orrido neologismo :mrgreen: ). Kaufmann solo due anni fa era un Don José di notevole livello (vedi Scala) e solo un anno e mezzo dopo è già in difficoltà. Ora, anche ripensando a quel che si è detto sulla Dessay - Violetta (oramai è meglio che abbandoni Violetta. Ma come? Se solo ad Aix, un anno fa, è stata sublime!), mi chiedo: cosa succede ad alcuni di questi cantanti, che un anno ti cantano una recita memorabile di un personaggio, l'anno dopo te lo incidono o ricantano in teatro e non sono più allo stesso livello? E' normale che in così poco tempo si sia avuta un'evoluzione così marcata delle loro vocalità? Di solito trasformazioni così ci mettono molto più tempo.
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Re: Carmen Rattle-Kozena-Kaufmann

Messaggioda pbagnoli » dom 16 set 2012, 14:36

Tucidide ha scritto:cosa succede ad alcuni di questi cantanti, che un anno ti cantano una recita memorabile di un personaggio, l'anno dopo te lo incidono o ricantano in teatro e non sono più allo stesso livello? E' normale che in così poco tempo si sia avuta un'evoluzione così marcata delle loro vocalità? Di solito trasformazioni così ci mettono molto più tempo.

Io ho parlato male di Kaufmann - o meglio: ne ho criticato la performance esprimendo il mio punto di vista sul tema - ma con la serena convinzione che stia pur sempre su un altro pianeta rispetto a chiunque altro.
Per farti capire cosa intendo, ti partecipo un piccolo esempio:


Se paragonato a questo esempio di florida vocalità, come mi sono sentito dire da qualche appassionato, Kaufmann rimane pur sempre un marziano: e sto parlando ovviamente di quisquilie come comprensione del personaggio, rispetto delle esigenze del ruolo, espressione, smorzature, negazione di tutti quegli obbrobri che il buon Beniamino fa sentire.
Adesso forse sono particolarmente cattivo. In fondo ritengo che - nonostante tutto - Gigli sia un cantante di straordinaria bellezza vocale (parlo con cognizione di causa: ho tutte le sue incisioni e, nonostante gli strali di Matteo Marazzi, ogni tanto me le ascolto; peccato per il gusto, ma non venitemi a dire che era frutto dei tempi, perché basta sentire un suo coevo tedesco per capire che gli Anni Trenta, col cattivo gusto, non c'entrano nulla.
Per spiegarmi meglio, lingua sbagliata per lingua sbagliata, questo è un duetto finale Anni Trenta con Tino Pattiera a Barbara Kemp:


E questo è un duetto integrale in italiano con due famosi cantanti italiani:


Noti qualche differenza?...
Sì, il gusto è proprio diverso: eppure sono gli stessi anni, anzi la registrazione italiana è più recente.


Ma divagavo.
Il fatto è che io mi arrabbio a sentire certe cose perché mi rendo conto che ci sono certi cantanti che hanno la fortuna o la bravura di essere "storici" in un determinato momento e in un determinato ruolo; e, anche dopo passato quel momento di storicità, si ostinano a insistere in quegli stessi ruoli per i motivi più vari - comodità, perché gli vengono proposti, perché percepiscono l'affetto del pubblico quando li interpretano - senza rendersi conto che, da quel momento in avanti, potranno essere solo peggio di quello che già sono stati.
E' una questione che ha riguardato già un sacco di altri cantanti anche recenti: Pavarotti, Kraus, la Freni, sono fra i primi esempi che mi vengono in mente.
Questo problema riguarderà fra poco anche Flòrez con i suoi Almaviva, Corradino e altri ameni bravi ragazzi rossiniani.
Il cantante che non si rinnova, che non si rende conto che la sua voce cambia e evolve col passare degli anni è un cantante destinato a invecchiare male.
La già citata Freni ha iniziato con Micaela e Elvira e ha finito con Madame Sans Gene, Lisa, Aida, Elisabetta e persino Leonora di Vargas e altri personaggi che in gioventù non avrebbe potuto affrontare; peccato che si sia portata Mimì sino a dopo la menopausa.
O la Scotto: vogliamo parlarne? Adina in gioventù, Kundry e persino Klythaemnestra in vecchiaia.
Ci metterei anche la Silja: Regina della Notte in gioventù, Kostelnicka e Madame de Croissy in vecchiaia.
Perché un tenore non dovrebbe fare altrettanto?
Mi immagino già la risposta: perché è un tenore!

Infine la questione dell'adeguatezza della fonazione: se senti Pattiera, ti rendi conto che cantare affondato o declamatorio non è un problema: lo facevano già ottant'anni fa e proprio in questo stesso repertorio.
Il problema, tanto per cambiare, è la testa del cantante
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Re: Carmen Rattle-Kozena-Kaufmann

Messaggioda MatMarazzi » dom 16 set 2012, 16:04

Letta con grande interesse la recensione di Pietro.

Capisco bene le perplessità circa l'edizione, anche perché Rattle, su questo fronte, era un tipo di sensibilità modernista. Da lui ci si sarebbe aspettata una scelta non dico più à la page, ma almeno più in linea con la sensibilità odierna, mentre la Oeser (al di là dei suoi limiti) è un tipico prodotto anni '60. L'universo che pulsa, dietro la scelta editoriale, è quello degli anni '60.
Sono invece molto incuriosito dalla forza interpretativa che Bagnoli attribuisce al direttore, che per inciso io considero uno dei tre o quattro maggiori del nostro tempo.
Allo stesso modo mi ha colpito il grande entusiasmo per la Carmen della Kozena, artista straordinaria ma che in Carmen, a Salisburgo, aveva anche raccolto perplessità (zingara "radical-chic", progressista ma con i tacchi a spillo). :)
Personalmente non solo amo molto tutto cià che la Kozena ha inciso, ma ho trovato geniale proprio quel cd di arie francesi che pure (su questo stesso sito) trovò un recensore poco convinto.
Sentirla definire da Bagnolo il nuovo step di Carmen dopo la Ewing... mi fa molto piacere.
E spero che ci dia l'occasione di parlare un po' più di lei.

Quanto a Kaufmann, sono mesi che ripetiamo che la sua voce - già da sempre centralizzante - si sta assestando da qualche anno su un baricentro più grave che in passato.
E sono convinto che il rifiuto del tenore ad accettare questo normalissimo cambiamento sia la causa principale delle difficoltà che hanno puntellato la scorsa tormentata primavera (altro che funghi!)
Il suo ritorno alle scene (l'Arianna a Salisburgo, il Requiem alla Scala) e questa recensione di Pietro confermano che abbiamo visto giusto: il cantante accusa ora le tipiche difficoltà di chi canta in una zona che non è (o non è più) la sua. E Don José (ruolo di cui ha lasciato testimonianze storiche) potrebbe essere un ruolo da lasciare ad altri.

Rispondo anche a Tucidide,

Una cosa mi "perplime" (voglio provare l'ebbrezza di usare questo orrido neologismo )
.
Non capisco... se lo giudichi orrido, perchè lo usi? E perché ti dà addirittura ebbrezza usarlo?
che tu abbia il gusto dell'orrido? :)

Kaufmann solo due anni fa era un Don José di notevole livello (vedi Scala) e solo un anno e mezzo dopo è già in difficoltà.

Per prima cosa non mi tornano i conti.
La Carmen alla Scala è stata nel dicembre del 2009. Ora siamo nel settembre del 2012. Quindi non sono due anni fa, ma quasi tre.
E la Carmen berlinese è stata incise a metà aprile del 2012, quindi non un anno e mezzo dopo Milano (come hai scritto), ma due anni e mezzo dopo (per la precisione due anni e quattro mesi).
Dovremmo sforzarci di essere precisi perché queste differenze, nelle carriere di un cantante, non sono bruscolini: in due anni per una voce può cambiare il mondo. Figuriamoci in tre.

Ora, anche ripensando a quel che si è detto sulla Dessay - Violetta (oramai è meglio che abbandoni Violetta. Ma come? Se solo ad Aix, un anno fa, è stata sublime!)


Forse non ho ben capito la domanda che ti poni.
Sarebbe infatti molto ingenuo porre la Traviata della Dessay a Aix del 2011 come punto di inizio di un cammino... e quella del 2012 al Met come punto di fine.
E poi stupirsi che siano passati solo pochi mesi!
L'evoluzione dellla voce della Dessay dura da almeno 10 anni e chiunque se ne è accorto.
Non è che nel 2011 a Aix io abbia ascoltato la stessa Dessay del 1995 e poi improvvisamente al Met ho sentito quella di oggi.
Oggi l'evoluzione della sua voce non le permette più di eseguire Traviata: è un momento che arriva per tutte.
Il punto è: quando arriva questo momento?
Quando una cantante perfettamente in grado di fare Traviata ...smette di poterla fare?

L'evoluzione della voce di un cantante (qualsiasi cantante, la Dessay, Kaufmann, tutti) non facit saltus.
E' un lungo cammino che non si ferma mai, per tutta la carriera artistica.
Occorre vedere per quanto tempo un certo ruolo può restare dentro le possibilità di un artista e quando ne esce.
Prima o poi quel momento arriva.
E può succedere che sei mesi prima egli sia capace di lasciare una sublime "ultima" performance in un ruolo e pochi mesi dopo quel ruolo sia diventato troppo difficile.
Non c'è una Violetta al mondo per cui questo "punto" non sia arrivato.
E' arrivato per la Sutherland, per la Scotto, per la Zeani.

Arrivò anche per la Callas.
Le sue Traviate di Londra e Lisbona (1958) sono ancora meravigliose, anzi forse sono le sue più immense, eppure chiunque capisca un po' di canto sa che erano a un millimetro dal non-ritorno.
Chiunque avrebbe previsto le strazianti difficoltà del suo addio al ruolo, a Dallas, l'anno dopo.
Idem per la Dessay: il suo miracolo a Aix è caduto alla fine di una fase (non poi così corta).
Se avesse voluto, avrebbe potuto mangiarsi Violetta a colazione nel 1990, nel 1995, nel 2000, nel 2005 e nel 2010 (altro che pochi mesi), ma non nel 2012.
E' riuscita a darcene un ritratto favoloso nel 2011... Siamone felici!
Ma sorprendersi che nel 2012 la sua Traviata non funzioni più (a pochi mesi da Aix...ma cosa le sarà mai successo) è, ripeto, un po' ingenuo.


Idem per Kaufmann.
Il suo primo Don José non è di un anno e mezzo fa: è del 2003, ossia nove anni fa.
Dal 2003 al 2012 la voce è cambiata (e vorrei vedere che in nove anni una voce non cambiasse).
Nel 2003 il suo Don José era sensazionale, nel 2006 pure, nel 2009 alla Scala già mostrava qualche primo disagio (ma era eccellente lo stesso). Era ancora al di qua del limite.
Ora nel 2012 Bagnoli gli consiglia di passare ad altri ruoli. E, dopo nove anni, non c'è nulla di strano.

Beato e ammirevole quell'artista che riesce a dire addio a un ruolo prima di superare il limite. Pochi ci riescono...
Ma è possibile farlo, in un sistema come il nostro che li impegna in scritture con cinque o sei anni di anticipo?
Come si possono indovinare le proprie evoluzioni vocali e artistiche su un così lungo raggio, dato che bastano pochi mesi per passare dal "prima" al "dopo"?
Io sono sicuro che Kaufmann non canterà più Don José. Ma quando aveva accettato questa scrittura a Salisburgo? tre anni fa? quattro?

Salutoni,
Mat
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