Norma (Bellini)

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Re: Norma (Bellini)

Messaggioda Enrico » gio 06 giu 2013, 21:51

DottorMalatesta ha scritto:ma non sono sicuro che vi siano incisioni che riportino gli interventi di tutti i solisti anche nella parte conclusiva

Mi pare che nella registrazione Sutherland/Horne/Bonynge in studio ci sia tutto ciò che c'è nella partitura (anzi con la variante di uno scambio di battute in più tra Norma e Pollione nella prima esposizione), che dovrebbe corrispondere alla correzione belliniana con l'aggiunta del coro, mentre nell'ultima (quella con Pavarotti) Bonynge taglia più di Serafin (a meno che non abbia seguito chi sa quale fonte alternativa) e fa aggiungere un acuto alla consorte. Scotto/Giacomini/Troyanos/Levine eseguono la partitura "corretta" in maniera molto fedele (Serafin nella prima registrazione in studio fa sentire l'intervento del coro ma non il gong (suppongo anche per limiti della registrazione mono, così come nelle prime incisioni di Aida e Lucia tendeva a eliminare o ridurre l'uso dei piatti) mentre nella seconda, stereofonica, il gong è fortissimo e spettacolare più che mai.
Nell'edizione diretta da Fabio Biondi ci sono più ripetizioni delle frasi dei tre personaggi, e non c'è il coro: dovrebbe essere, credo, la prima versione dell'autografo [da 6'07''] e mi pare che sia la stessa versione eseguita con la Bartoli "live" a Dortmund.

NOTA: il tenore di questa Norma è venuto qualche anno fa a Nichelino a cantare Turiddu: la voce era poca, ma scenicamente era molto credibile: forse un giorno la Bartoli ci proporrà anche una bella Cavalleria Rusticana "originale" con gli strumenti barocchi...
Qui c'è la versione "lunga" di Bonynge:

E qui invece c'è Bonynge che fa un taglio simile a quello di Serafin:

rinvio al libro di Gossett “Dive e maestri “ (capitolo 3: trasmissione versus tradizione e capitolo 8: le forbici di Serafin). Sembra che il taglio della sezione centrale di Adalgisa fosse stato praticato dallo stesso Bellini nel corso della prima stagione in cui Norma venne presentata alla Scala (forse come rifiuto nei confronti di un´orchestrazione “spuria”, si veda il capitolo 3 del volume citato).


Spiegami meglio la questione dell'orchestrazione "spuria": non ho il libro di Gossett, e online si può leggere quasi tutto il capitolo 8 ma non il capitolo 3. Ciò che posso notare in partitura è che la strofa di Pollione ha la stessa orchestrazione, abbastanza ordinaria, di quella di Norma: archi pizzicati, zum-pa-pa dei corni e fiati che tendono a sottolineare e seguire il canto. Se dovessi orchestrare la strofa di Adalgisa credo che, in base alle fonti che conosco, mi limiterei a imitare l'orchestrazione delle strofe esistenti (e mi pare che così facciano Bonynge e Biondi con piccole varianti dinamiche tra una strofa e l'altra).

Può essere interessante notare come Bellini volesse in parte superare la tradizione rossiniana: nel duetto Pollione-Adalgisa il suo principale problema era costituito dal dovere adattare la stessa melodia, secondo le convenzioni dei duetti tradizionali, alle parole di Pollione (Va' crudele, etc.) e a quelle, molto diverse, di Adalgisa, rinunciando quindi a una espressività musicale legata alle parole per la necessità di rispettare le regole della simmetrica musicale (tanto che usa anche qui una sua vecchia melodia, quella della parole "Sul mio cenere tacente" dall'arietta "Bella Nice che d'amore"): ma alla fine del duetto si prende la libertà di evitare la formula della cabaletta tradizionale (canto a due, ritornello, ripetizione del canto a due; oppure canta lui, canta lei, poi ripetono insieme) suddividendo le frasi in maniera alternata fra i due personaggi ed eludendo una vera e propria ripetizione. È possibile che anche nel terzetto del primo atto, dopo aver riciclato un'altra sua precedente melodia per costruire un classico pezzo "estatico" rossiniano, abbia preferito ridurre le ripetizioni evidenziando il canto solistico di Norma che continua, nella versione "breve", anche durante l'intervento a due di Pollione e Adalgisa (l'aspetto "sbagliato" dell'ultima registrazione di Serafin può essere rappresentato dal fatto che Corelli canta troppo forte e la Ludwig troppo piano, con la conseguenza che il terzetto sembra diventare un duetto tra Norma e Pollione con Adalgisa relegata in un angolo: scarsa convinzione della Ludwig, cattivo bilanciamento dei microfoni, precise istruzioni di Serafin? boh...).
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Re: Norma (Bellini)

Messaggioda DottorMalatesta » ven 07 giu 2013, 8:57

Alcune considerazioni:
1. Niente da eccepire sulle pesanti critiche rivolte ad Antonini e alla Bartoli: non è solo questione di filologia, ma anche di coerenza. : CoolGun :
2. La Norma in questione in effetti ha le stesse sonoritá di certe incisioni mozartiane di Jacobs o Harnoncourt. Ora, va bene ralizzare Norma con le sonoritá di un´orchestra coeva o successiva al 1831 (al limite anche con accompagnamento di chitarra elettrica! :mrgreen: ), ma non ha senso adottare le sonoritá di un´orchestra precedente a meno di volere dichiaratamente creare un falso, traduzione musicale dell´hysteron-proteron!
3. Prescindendo dalle suddette questioni e critiche -rilevantissime, fondamentali, e giustificatisssime- resta il fatto che si tratta di una Norma comunque per molti aspetti innovativa.
4. La Bartoli ha un vibrato delizioso. 8)
5. A proposito del finale dell´atto I con la sezione intermedia di Adalgisa:

Nell´800, quando ancora non esistevano diritti d´autore, era possibile che venissero realizzate delle orchestrazioni spurie (veri e propri atti di “pirateria” : PirateCap : ) partendo da spartiti o riduzioni dell´opera per canto e pianoforte. Cosí accadde anche nel 1833 a proposito di Norma, per una rappresentazione a Napoli. DI questo si lamenta Bellini in una lettera a Francesco Florimo, direttore del conservatorio di Napoli chiedendo di “far mettere nel cartello d´avviso: Norma, canto del M. Bellini, strumentata da un cotale.”

Ecco quanto scrive Gossett a proposito (capitolo 3 del volume citato):

“Quando nel marzo del 2001 Fabio Biondi diresse Norma per il Festival Verdi, scelse di eseguire la versione originale del finale del primo atto, in cui il compositore dava risalto a tutti e tre i protagonisti, Norma, Adalgisa e Pollione; si trattava di una versione stampata nella prima riduzione per canto e pianoforte dell´opera. Ma Bellini nel suo autografo aveva modificato quel passo cancellando alcune battute e rimuovendo alcune pagine, riducendo cosí in modo significativo la presenza di Adalgisa nel pezzo d´insieme. Musicisti e studiosi hanno ritenuto questa modifica un errore, che sicuramente rifletteva uno stato d´ansia del compositore dopo che l´opera, alla prima di Milano, il 26 dicembre 1831 al Teatro alla Scala aveva ricevuto un´accoglienza fiacca. Cercando di riportare il passo alla sua forma originaria, il fratello di Fabio, Fabrizio Biondi, individuó le battute in questione in alcune copie manoscritte della partitura presso i Conservatori di Napoli e Milano. A dispetto della loro collocazione attuale, entrambi i manoscritti erano stati preparati a Napoli, e presto divenne chiaro che erano proprio gli esempi di quei manoscritti per i quali Bellini aveva protestato, e in cui l´orchestrazione dell´intera opera (dunque non solo il finale del primo atto) risultava completamente falso. Fortunatamente, io e Fabrizio ce ne accorgemmo in tempo sufficiente per poter realizzare una piú plausibile orchestrazione delle battute scomparse da eseguire a Parma. E, naturalmente, questa orchestrazione realizzata dai curatori fu dichiarata come tale, in modo che gli esecutori potessero giudicare se fosse riuscita meno senza lasciarsi condizionare dal fatto che si trattasse dell´orchestrazione di Bellini.”

6. Mi domando dove sia finito un Bartoliano DOC come Alberto Mattioli… Qui sembra che a difendere la Cecilia sia rimasto solo io!!!!! :mrgreen:
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Re: Norma (Bellini)

Messaggioda Enrico » ven 07 giu 2013, 13:52

Dell'orchestrazione di Bonynge non dice niente? sia di Bonynge o sia di qualche altro "cotale" mi sembra abbastanza plausibile e corretta. Dal semplice ascolto della "versione Biondi-Gossett" non riesco a cogliere grandi differenze (a parte le diverse sonorità degli strumenti antichi), e continuo a pensare che il problema non fosse così difficile da risolvere se la strofa precedente e quella seguente, nella partitura non spuria, hanno praticamente la stessa orchestrazione.
E poi perché considerare le correzioni come errori? e chi può dire con certezza che la strofa non fu tagliata già alla prima?
Le edizioni critiche servono a presentarci tutte le possibili varianti, ma non è detto che per forza si debba sostenere che una versione sia migliore dell'altra, o che necessariamente la prima versione sia migliore della seconda. E non sarà una nota in più o in meno a cambiare per il normale spettatore l'effetto e la sostanza del pezzo, come non cambia la sostanza di questa famosa poesia se c'è nella prima stesura qualche parola diversa o qualche differenza di punteggiatura rispetto alla più nota versione accolta nella maggior parte delle edizioni stampate (poi, se vogliamo indagare meglio, possiamo scoprire che esistono almeno sei o sette "strati" di correzioni e varianti d'autore, e se sia più "bella" o più "giusta" l'una o l'altra è questione che si può discutere... all'infinito!):

Sempre caro mi fu quest'ermo colle,
e questa siepe, che da tanta parte
del celeste confine il guardo esclude.
Ma sedendo e mirando, un infinito
spazio di là da quella, e sovrumani
silenzi, e profondissima quiete
io nel pensier mi fingo, ove per poco
il cor non si spaura. E come il vento
odo stormir fra queste piante, io quello
infinito silenzio a questa voce
vo comparando: e mi sovvien l'eterno,
e le morte stagioni, e la presente
e viva, e 'l suon di lei. Così tra questa
immensitade il mio pensier s'annega,
e 'l naufragar m'è dolce in questo mare.


Contro la Bartoli e contro il suo modo di cantare non ho nulla: spesso, anzi, mi piace, ed è interessante anche quando non mi piace: ed è libera di fare la sua Norma con i violini antichi o con la chitarra elettrica, purchè non sostenga che la chitarra elettrica è un violino e la smetta di dire, direttamente o indirettamente, che prima di lei nessuno sapeva cantare Norma correttamente: e allora forse mi verrà voglia, quando avrò tempo, di ascoltare anche questa sua registrazione. Altrimenti, come faccio quando correggo i compiti dei miei alunni, che scrivono spesso esattamente il contrario di ciò che tentano di dire, continuerò a giocare al piccolo filologo e mi divertirò a spaccare in quattro ogni noterella dello spartito (cosa che so fare abbastanza bene) per dimostrare che sbaglia.
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Re: Norma (Bellini)

Messaggioda flipperinodoc » ven 07 giu 2013, 14:53

Enrico ha scritto: è libera di fare la sua Norma con i violini antichi o con la chitarra elettrica, purchè non sostenga che la chitarra elettrica è un violino e la smetta di dire, direttamente o indirettamente, che prima di lei nessuno sapeva cantare Norma correttamente


hai riassunto due cd in due righe! un genio! : Thumbup :
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Re: Norma (Bellini)

Messaggioda DottorMalatesta » ven 07 giu 2013, 17:08

Enrico ha scritto:Dell'orchestrazione di Bonynge non dice niente? sia di Bonynge o sia di qualche altro "cotale" mi sembra abbastanza plausibile e corretta. Dal semplice ascolto della "versione Biondi-Gossett" non riesco a cogliere grandi differenze (a parte le diverse sonorità degli strumenti antichi), e continuo a pensare che il problema non fosse così difficile da risolvere se la strofa precedente e quella seguente, nella partitura non spuria, hanno praticamente la stessa orchestrazione.
E poi perché considerare le correzioni come errori? e chi può dire con certezza che la strofa non fu tagliata già alla prima?


Nessun cenno all´orchestrazione di Bonynge.
A dirla tutta, non so perchè Fabrizio Biondi si sia impelagato nel manoscritto napoletano (sicuramente successivo all´autografo), quando poteva riorchestrare la sezione "perduta" partendo dall´autografo.
Personalmente ritengo che l´esecuzione della sezione centrale dia al brano una completezza strutturale. Ritieni sia possibile che Bellini abbia rimosso la sezione centrale per differenziare il finale (che con la sezione centrale di Adalgisa presenta una struttura a "a canone") dal tipico finale (o concertato) rossiniano (caratterizzato dal susseguirsi di "entrate", tipo "questo é un nodo" dalla Cenerentola o "confusi e stupidi" dall´Italiana in Algeri?).

Ciao!
DM

P.S.: resti il mio professore preferito. Anche quando bastoni (giustamente) la povera Bartoli (che, d´accordo, almeno nello scrivere questa volta si é dimostrata presuntuosa e non proprio... ferratissima! Ti auguro con tutto cuore che qualcuno della DECCA ti legga e ti tenga in considerazione per la prossima incisione filologica con la Diva! : Thumbup :
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Re: Norma (Bellini)

Messaggioda Enrico » ven 07 giu 2013, 17:50

DottorMalatesta ha scritto: A dirla tutta, non so perchè Fabrizio Biondi si sia impelagato nel manoscritto napoletano (sicuramente successivo all´autografo), quando poteva riorchestrare la sezione "perduta" partendo dall´autografo.

Questa è una domanda facile, e se ciò che dice Gosset è vero puoi trovare la risposta che hai citato: "Bellini nel suo autografo aveva modificato quel passo cancellando alcune battute e rimuovendo alcune pagine". Purtroppo non posso controllare di persona perché non ho in casa il manoscritto di Norma. Domenica su una bancarella ho visto diversi grossi volumi credo ottocenteschi di fogli di musica rilegati insieme, alcuni stampati altri manoscritti: raccolte di arie e duetti (chi sa, forse anche arie alternative, forse qualche idedito, forse qualche originale perduto) da opere di Mercadante Rossini Donizetti etc., ma il venditore è un tizio talmente antipatico da non meritare né il mio interesse per la merce che vende né i miei soldi.

DottorMalatesta ha scritto: ritengo che l´esecuzione della sezione centrale dia al brano una completezza strutturale. Ritieni sia possibile che Bellini abbia rimosso la sezione centrale per differenziare il finale [...] dal tipico finale (o concertato) rossiniano (caratterizzato dal susseguirsi di "entrate"[...])?

Se ci si aspetta un finale ispirato al modello rossiniano la sezione di Adalgisa è indispensabile: Gossett dice che è il taglio, effettutato da Bellini, è un "errore", io ieri facevo l'ipotesi di una volontà di rinnovare le vecchie forme (che si nota a partire dal duetto), ma non è facile risolvere la questione in assenza di informazioni più certe. Il cambiamento non è solo musicale ma drammatico, e Bellini ha modificato tutto: abbiamo due versioni, entrambe dell'autore, molto diverse l'una dall'altra. Biondi (Fabio) e Antonini (se ho capito bene) scelgono di eseguire anche nella parte conclusiva la "prima versione" (ma non ho capito se questa prima versione sia mai stata eseguita al tempo di Bellini), Bonynge "completa" il terzetto ma per la parte conclusiva sceglie la versione modificata col coro: anche in questo caso può sembrare che Bellini faccia un passo indietro verso la forma della cabaletta tradizionale introducendo a un certo punto una ripresa a tre (mentre nella prima versione le voci continuano a inseguirsi con le loro frasi spezzettate e quasi mai perfettamente sovrapposte) ma sembra anche innovare facendo intervenire il coro da fuori all'improvviso.

DottorMalatesta ha scritto:Ti auguro con tutto cuore che qualcuno della DECCA ti legga e ti tenga in considerazione per la prossima incisione filologica

Non ho ancora deciso che cosa farò da grande, ma potrebbe essere un'idea...
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Re: Norma (Bellini)

Messaggioda Enrico » sab 08 giu 2013, 0:17

Notizie, curiosità e cronache teatrali.

Qui c'è il libretto di Norma stampato per la prima rappresentazione. Ci sono i nomi dei cantanti, dei ballerini (con la trama dei due balli associati all'opera), dello scenografo, dei macchinisti, degli illuminatori. del guardarobiere, del parrucchiere, del "capo berrettonaro" etc. e ci sono i nomi dei principali strumentisti dell'orchestra. Il primo violino e direttore era Alessandro Rolla, anche violista e compositore, che diresse l'orchestra della Scala dal 1803 al 1833: suonava lo Stradivari "Rolla-Pannier" del 1722.
È possibile che anche altri musicisti (alcuni dei primi violini, o il primo dei secondi) utilizzassero strumenti pregiati (come facevano molti compositori-esecutori del primo Ottocento, che possedevano i loro Stradivari o Guarneri, da Paganini a De Beriot - del quale ho scoperto uno scritto contrario all'uso del vibrato, in contraddizione con altre fonti che lo citano come imitatore del vibrato di Rubini...). Il problema principale non è stabilire che tipo di strumenti si utilizzavano, ma come venivano suonati. Anche oggi i grandi violinisti e violoncellisti usano strumenti pregiati e antichi settecenteschi o ottocenteschi, ma "montati" secondo l'uso moderno, con l'arco moderno, con le corde moderne, etc., e per esempio Uto Ughi, se non ricordo male, possiede, tra gli altri suoi strumenti, lo Stradivari di Kreutzer: ma questo non significa che il suono prodotto da Ughi (o il suo stile) sia uguale a quello di Kreutzer.

Per quel che riguarda il vibrato, di cui un bel giorno tornerò a parlare nel thread apposito, aggiungo brevemente che nelle esecuzioni violinistiche quello di tipo moderno (da molti teorici ottocenteschi condannato e proibito), denominato inizialmente "francese", comincia a diffondersi a partire dal Belgio e dalla Francia intorno al 1830 (e siamo negli anni di Rubini). Se e quanto si utilizzasse a Milano e nell'orchestra della Scala non lo sappiamo: forse non si usava in maniera costante, ma come ho già detto le indicazioni di "vibrato" messe in partitura da Bellini dovranno pur significare qualcosa.

Nel giornale "La Moda" di Francesco Lampato (anno III, numero 70, 30 agosto 1838) si trovano le recensioni di diverse esecuzioni di Norma alla Scala: si legge che le note di Bellini "ti deliziano, ti trasportano colla loro soavità", e il tenore Donzelli "le rende forse più belle con quel canto tutto italiano, così dolce, così ben misurato e che ti va direttamente al cuore". "Donzelli, il Pollione per eccellenza, cantò in ogni pezzo colla soavità che lo rende tanto caro al pubblico". "Qual potenza, qual magia, qual emozione destava ogni sua nota! Chi non sente Donzelli nella Norma non può misurare fin dove può giungere l'incanto della musica, ove, a voce forte e intuonata si adattino note di quella soavità". Ci sono anche degli apprezzamenti sull'inusuale precisione dell'esecuzione da parte dell'orchetra, del coro e della banda. Ed è interessante notare che Donzelli, nello stesso periodo, si esibiva anche nella Donna del Lago di Rossini (Rodrigo) e nel Postiglione di Lonjumeau del Maestro Coppola. Elena nella Donna del Lago era la Sig.ra Schoberlecner Sofia che si esibiva anche come Norma (un po' in difficoltà nella cabaletta, otteneva grandi applausi nella "cavatina"). C'è notizia di serate in cui si mescolavano col secondo atto di Norma, un Nabucco (balletto) e pezzi vari di altre opere: Parisina di Donizetti, Il signore del villaggio di Pacini, e parte di un atto del Postiglione di Lonjumeau. Si specifica che i balli vengono eseguiti coi ballerini danzanti.

Soprani e mezzosoprani

Un'altra interessante recensione, nel novembre del 1838, proviene da Parigi, dove si esibiscono in Norma le cugine Grisi:

<< Madamigella Grisi non è mai meglio collocata, che quando si tratta di esprimere queste medesime passioni [=amore esaltato, gelosia , sete di vendetta]. La sua voce di soprano, talvolta un poco acuta, acquista nei momenti di esaltazione un'ampiezza ed un potere irresistibili. Ond’è che nella Norma, malgrado tutti gli applausi che attrae colla famosa cavatina, Casta Diva, noi troviamo madamigella Grisi ben superiore nelle sue due scene con Pollione, nel terzetto del primo atto e nel duetto del secondo, non v’ ha dubbio che madamigella fa delle deliziose fioriture, e spiega un gusto squisito nell'aria di cui parliamo; ma non v’ha forse pezzo, in cui più si senta quella disgraziata difficoltà di respirazione, che sola nuoce talvolta allo splendore del suo bel talento, e che occasiona nel suo canto delle interruzioni di continuità poco piacevoli. Nelle altre scene, all’incontro , la sua voce si è fatta sentire facile , vibrata ed energica , ed è impossibile il dire con accento più terribile la sua drammatica interpellazione a Pollione , trema per te, per me.
ll successo ottenuto da madamigella Grisi per suo proprio conto, non è il solo di cui ella abbia ad andar lieta in questa serata. Madamigella Grisi è avvezza agli onori del trionfo; ma una ben viva soddisfazione deve ella aver provata nel potervi associare sua cugina, la giovine Ernesta che esordiva nella parte di Adalgisa. Ernesta non è stata favorita dalla natura , sotto l’ aspetto fisico, quanto Giulia, ma la sua voce non lascia nulla da desiderare. È un mezzo soprano, genere di voce preferibile ai due altri, poiché riunisce ad un tempo le corde alte del soprano, e le note gravi e così ricche e cosi vibrate del contralto. Questa è d’altronde la voce di tutte le grandi cantanti: era quella di madama Pasta, ed era quella di Maria Malibran.
Mailamigella Ernesta ha dunque un bell’organo di voce, ed è gia molto: quanto alla maniera di servirsene, certamente le rimane ancora da acquistare onde perfezionarsi. La sua voce è ben posata , quasi sempre giusta, eccettuatine uno o due passi ch’essa ha cantati un poco troppo bassi: la sua vocalizzazione è bastantemente facile, e la sua espressione abitualmente felice.
Il duetto cantato dalle due cugine nel secondo atto è stato coperto di app lausi, ed hanno dovuto ripeterlo.
Il successo di Ernesta non è stato dubbioso neppure un momento; ella venne continuamente festeggiata da vivi applausi, ed il pubblico le ha di buon grado conceduta una parte della brillante ovazione che ha decretata a Giulia, chiamando anche lei due volte sulla scena.
Ivanoff, che per la prima volta faceva la parte di Pollione, vi è stato bastantemente felice.
Quanto a Lablache, esso è un magnifico Gran Sacerdote colla sua barba bianca e con quelle ampie vesti ch'ei riempie colle sue vaste forme. La sua voce nel coro del primo atto è tonante. >>
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Re: Norma (Bellini)

Messaggioda Enrico » sab 08 giu 2013, 1:46

Perché... non c'erano più le voci!
(e anche la Grisi era mezzosoprano...)

<< La scarsezza degli artisti di canto è sì universalmente riconosciuta che se togli oltre a quelli che abbiamo inteso noi a Palermo quattro o cinque al più nulla resta nè a lodare nè a desiderare. Nè faccia peso a nessuno il nome che godono quasi tutti di egregi di sommi e di sorprendenti. Questa è una menzogna dei giornali, o una divozione al nome che un tempo si godeva un artista, quando tutti i mezzi onde ottenere un incontro universale erano in suo potere. E noi potremmo passarli tutti a rassegna, ma non è nostro divisamente nuocere a nessuno, il perchè ci torna bello assicurare il fatto e nient’altro. Che se così a noi non piacesse, si vedrebbe tosto calare il velo del prestigio e il merito reale, e non quello poggiato sul pregiudizio, e su quello che fu, si vedrebbe levare a cielo.
E vi pare che possa il gusto dei teatri d’Italia camminare a passi progressivi finchè si avrà come certo che la Norma eseguita dalla Grisi sia cosa perfetta e quella della Unger cosa a fare fremere d’indegnazione chi per avventura avrà punto di gusto? E questo abbiamo inteso noi a Mantova e da pertutto ove la Grisi ha rappresentato quel capo-lavoro del Bellini. La Grisi, che appena ha una voce di mezzo soprano, indocile affatto a secondare il pensiero dell’autore, che priva di dignità, e di quel furore tutto proprio di quel sublime carattere, ti si presenta sulla scena così fredda, così sparuta, che non par vero possa meritare nè il nome che gode nè quegli applausi, dei quali noi fummo testimoni. Come fummo testimoni di quel continuo puntarsi la parte, giusto perchè la sua voce è di una limitata estensione, e da questo continuo puntarsi la parte ne riesce quella monotona e fredda maniera nel canto, che ti fa noia davvero.
E la Grisi gira tutti i teatri rappresentando la Norma, e il Romeo scritto appositamente per lei, dove è obbligata per mancanza di voce a cantare il terzo atto del Vaccai, scritto più presto per un contralto che per un soprano. E delle altre prime donne a un di presso lo stesso si potrebbe dire, basta che a noi venisse vaghezza di farci un poco lunghetti. Perchè la Schùtz, la Skoberlekner, la Tadolini, e qualche altra di nome non son da tanto a far dire che non avendole intese abbiasi perduto qualche cosa che meriti desiderio. Dapoichè la prima avendo il genere della Unger non ne ha nè l anima nè il buon senso; la seconda se togli le disaggevolezze quasi sempre nojose dello stile nulla vale che meriti lode sincera; per la terza, meno la bella voce, qual cosa le rimane perchè meriti di salire la Scala e i primi teatri d’Italia? E qui ci piace far cenno della Tacchinardi Persiani e della Ferlotti, tutte e due cantanti di squisito gusto. Ma alla prima manca lo stile veramente drammatico, alla seconda una perseverante salute.
Se ai Tenori poi volgasi lo sguardo, ove fermarci? Duprez lasciò l’Italia, Poggi avendo acquistato più di contegno teatrale, e di bello stile, ha perduto parte della bellezza della voce, Moriani, attesa la miseria dei tempi, è l’unico tenore di cui si possa tirar partito. Dei Bassi nessuno che possa pareggiarsi all’egregio Barroilhet >>.

[da Alcune Prose di Ottavio Lo Bianco, Palermo 1840]
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Re: Norma (Bellini)

Messaggioda flipperinodoc » sab 08 giu 2013, 19:11

atto II - scena I (il momento dell'opera che adoro.....)
antonini attacca con un cataclisma. poi piano piano diventa catatonico e piano piano scompare.....

norma inizia dolcemente la prima frase ma poi sente che è tutto "finto e costruito"
le consonanti suonano innaturali: le erre sembrano tuoni, le esse sono triple e quadruple!

"peggior supplizzio assssssOOOOOOiiiii
schiOOOOviii d'unaAA (fiato) mAAAtrignAA...."

matrigna è il suono pià becero, volgare, osceno e aperto mai sentito in vita mia.
forse la bartoli si è ispirata alla bruna rasa per trasformare norma in cavalleria? :evil:

è solo uno dei tanti esempi che si potrebbero fare ascoltandola con calma e lontani dai clamori
mi fermo qui..... : Andry :

buon sabato a tutti
vado a dedicare la notte agli "sfigati che fanno cionchi in moto o in macchina dopo essersi riempiti di coca (ina),
margaritas e altre vaccate analoghe." cit. del nostro mitico bagnolo :P
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Re: Norma (Bellini)

Messaggioda DottorMalatesta » sab 08 giu 2013, 20:37

Ancora qualche riflessione (by the way, per dirla utilizzando un tono alla Bagnoli: il livello di queste discussioni sulla Norma non trova paragoni in nessun altro blog o forum del web! STRA 8) ).

A proposito di Grisi soprano o mezzosoprano:
nella testimonanza del 1838 postata da Enrico si legge " La sua voce di soprano, talvolta un poco acuta," nella seconda del 1840 "La Grisi, che appena ha una voce di mezzo soprano" e ancora " la Grisi gira tutti i teatri rappresentando la Norma, e il Romeo scritto appositamente per lei, dove è obbligata per mancanza di voce a cantare il terzo atto del Vaccai, scritto più presto per un contralto che per un soprano."
Ora: o nell'800 erano tutti matti, oppure non attribuivano alcun valore alla terminologia, e chiamavano indifferentemente soprano e mezzosoprano, con buona pace di uno dei pochi dati OGGETTIVI (ossia la tessitura, le note con cui una parte è scritta e l'estensione di un cantante). Passi che all'epoca una Malibran o una Pasta cantassero agevolmente brani previsti per tessiture anche diverse (e che la differenza in termini di estensione tra soprano e mezzo non fosse poi abissale). Passi anche che la distinzione tra soprano e mezzo si sia venuta a stabilire definitivamente con la fine dell'800 e l'inizio del 900 (per differenziare il "soprano" per antonomasia, assimilato alla vocalità usignolesca di una Patti, dal "mezzosprano" per anonomasia dotato di un colore più denso: il celeberrimo e famigerato binomio volume-colore). Però mi domando: non è possibile che anche nell'800 la terminologia con cui designare le tipologie vocali si rifacesse almeno in parte al binomio "volume-colore"? E che Grisi e Pasta avessero la MEDESIMA estensione (più o meno), e solo timbro e volume diversi?

Bypasso le cattiverie di Flipperinodoc :roll: (preferisci la dizione invertebrata della Sutherland? OK, so già la risposta: Sì! ) per sollevare un'altra questione: sul libretto c'è scritto che l'edizione critica è di Maurizio Biondi. L'edizione approntata per il festival Verdi di Parma 2001 era invece stata realizzata Fabrizio Biondi (almeno a quanto si legge in Dive e Maestri di Gossett).
Ora, alcune domande sorgono spontanee:
1. Fabrizio e Maurizio sono la stessa persona e Gossett ha preso fischi per fiaschi e... Fabrizio per Maurizio? magari c'è qualche parente iscritto al forum che ci possa illuminare :idea: ?
2. Se poi Fabrizio e Maurizio Biondi sono due persone distinte, perché dedicare "anni ed anni" di ricerche e fatiche riprendendo (si presume) il lavoro dell'edizione critica da zero quando si poteva almeno in parte prendere come punto di partenza quanto realizzato da Fabrizio?
Mah...

Ciao!
DM

P.S.: come dico sempre a mia moglie: viva le famiglie numerose!!!!

P.P.S.: molto meglio farsi di Bartoli e Norme piuttosto che di coca. Parola di operoinomane doc! : Thumbup : By the way, da quando ti sei messo a citare il Bagnolo?
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Re: Norma (Bellini)

Messaggioda mattioli » sab 08 giu 2013, 21:23

6. Mi domando dove sia finito un Bartoliano DOC come Alberto Mattioli… Qui sembra che a difendere la Cecilia sia rimasto solo io!!!!!


Eccolo qui. In realtà questo disco per ora l'ho sentito in fretta, a pezzi e bocconi (un po' come ho letto questa discussione, che parmi interessantissima, complimenti), quindi non sono in grado di esprimermi. La prima impressione è la stessa che ebbi ascoltando la Norma della Bartoli al debutto (in concerto): interessantissima, piena di idee, troppo piena di sottolineature, alla fine non interamente convincente. Sempre così, a spanne, mi sembra di ricordare che Hengelbroek fosse meglio di Antonini...
Ma davvero per il momento di più non so dire.

Però, come sempre nel caso di Santa Cecilia, mi colpisce la violenza delle reazioni. Non qui, ovviamente, dove si preferisce il ragionamento all'invettiva, ma nell'universo... e in altri siti. Al solito, mi sembrerebbe più interessante, piuttosto che accapigliarsi se la Norma della Bartoli sia "bella" o "brutta", che poi fatalmente vuol dire bella o brutta rispetto alle Norme precedenti, cercare di capire perché un'operazione del genere sia possibile OGGI, che voglia dire questa ricerca di autenticità (vera o presunta, del resto l'autenticità non esiste), perché, ripeto: OGGI, il mondo voglia una Norma così. Perché la Bartoli può, legittimamente, piacere o no; ma non è legittimo dire che non ha successo, visto che è un fatto che l'ha. Certo, si può rispondere che il pubblico è tutto cretino e sordo o scomodare i soliti complotti demo-pluto-giudaico-massonici, però come argomento mi sembra, per così dire, un po' basico.

Probabilmente, visto il livello di talune discussioni e di cose che mi tocca leggere/sentire con frequenza sempre maggiore e più preoccupante negli ultimi tempi (segnalo che il Corriere ci ha appena spiegato che quella del Lohengrin della Scala era una regia "sperimentale" - sic - di "un" Claus Guth, come dire: chi sarà questo?) non ci sono proprio gli strumenti per andare più in là dal click su "mi piace" o, più frequentemente, non mi piace. Qui, però, mi sembra di sì. Forza, illuminatemi.
Mi rendo conto che ragionare è più difficile che insultare (cosa non si è dovuto leggere), però mi sembra anche più interessante. O no?

Quanto a te, Malatesta, salvo cataclismi last minute, venerdì dovrei essere nella bella Verona per la prima dell'Aida. Immagino che tu non parteciperesti nemmeno sotto tortura a una serata così rozzamente nazionalpopolare (però Wellber... e poi, se ci pensi, la Fura è una delle poche soluzioni possibili, zeffirellume escluso), ma magari un caffè, un thé, uno spriz...
Infine segnalo a tutti che sia Marazzi che Maugham sono vivi. Scoglionati, ma vivi. Suonate le campane, din-don-dan! : Chef : (il faccino c'entra nulla ma mi piace).

Miao
AM

PS: letti anche gli editoriali di Bagnolo - che non condivido, ma chissenefrega - sulla Scala e Kòfmàn. Ma spero che ALMENO sarete soddisfatti che dal conclave sia uscito papa Alexander I...
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Re: Norma (Bellini)

Messaggioda mattioli » sab 08 giu 2013, 21:51

Ah, ho letto solo adesso i gustosi post d'epoca di monsù Enrico.
Tre considerazioni veloci:

1) purtroppo le recensioni d'epoca sono sempre terribilmente ambigue e soprattutto non abbiamo alcuna idea del significato delle parole. Cioè, quando si dice che Donzelli è soave o dolce (aggettivi che noi non siamo abituati ad associare all'idea che della voce di Donzelli ci siamo fatta, quella di un baritenore neoclassico), non sappiamo affatto cosa volesse dire una voce "soave" per un ascoltatore del 1830. Quindi amen;

2) Celletti, se posso nominarlo qui, raccontava che, prima di Verdi, già Bellini fu accusato di essere una specie di Attila delle voci e di averne rovinate diverse con la sua scrittura (però, anche qui: se - cellettianamente - la lunghezza della carriera è un sinonimo di buona tecnica, ne dovremmo dedurre non solo che Domingo è il più grande cantante di ogni tempo, ma anche che la Pasta e la Callas erano due cagne, il che mi fa dubitare dell'assioma cellettiano...);

3) la prima volta che ho letto la lagna sulle voci che non ci sono più era in una lettera di Metastasio a Farinelli...

Ri-ciao a tutti
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Re: Norma (Bellini)

Messaggioda Enrico » sab 08 giu 2013, 21:57

DottorMalatesta ha scritto: Ora: o nell'800 erano tutti matti, oppure non attribuivano alcun valore alla terminologia
Erano tutti matti, ma non più di noi. Lo dimostra il fatto che queste discussioni senza soluzione durano da quasi duecento anni!
DottorMalatesta ha scritto:preferisci la dizione invertebrata della Sutherland?

Non è invertebrata.
DottorMalatesta ha scritto:sul libretto c'è scritto che l'edizione critica è di Maurizio Biondi. L'edizione approntata per il festival Verdi di Parma 2001 era invece stata realizzata Fabrizio Biondi (almeno a quanto si legge in Dive e Maestri di Gossett).

Sbaglia Gossett: è il medesimo Maurizio.
DottorMalatesta ha scritto:perché dedicare "anni ed anni" di ricerche e fatiche riprendendo (si presume) il lavoro dell'edizione critica da zero quando si poteva almeno in parte prendere come punto di partenza quanto realizzato da Fabrizio?

Dato che Fabrizio non esiste (o se esiste non si occupa delle edizioni di Norma) la risposta è che Maurizio ha ripreso il lavoro di Maurizio, ma questa volta con l'aiuto di Minasi. Boh...
DottorMalatesta ha scritto:molto meglio farsi di Bartoli e Norme piuttosto che di coca. Parola di operoinomane doc!

Sì ma anche Norma è pericolosa. Oggi mi sono svegliato nel mezzo di un sogno in cui mi occupavo dell'orchestrazione del terzetto...

mattioli ha scritto:La prima impressione è la stessa che ebbi ascoltando la Norma della Bartoli al debutto (in concerto): interessantissima, piena di idee, troppo piena di sottolineature, alla fine non interamente convincente.

Mi pare di aver letto una recensione nella quale le rimproveravi lo scarso volume nei passi in cui la tradizione ci ha abituati a un maggiore peso vocale: sarà forse per questo che ha deciso, in disco, di farsi "alzare il volume" dai tecnici?
mattioli ha scritto:Però, come sempre nel caso di Santa Cecilia, mi colpisce la violenza delle reazioni. Non qui, ovviamente, dove si preferisce il ragionamento all'invettiva, ma nell'universo... e in altri siti.

E tu torna più spesso da noi, invece di andare in altri siti.
mattioli ha scritto:Suonate le campane, din-don-dan!

Che fai, anche tu confondi Norma con Cavalleria e Pagliacci? qui, se vuoi, possiamo suonare il gong, anzi il tam-tam.
mattioli ha scritto:la prima volta che ho letto la lagna sulle voci che non ci sono più era in una lettera di Metastasio a Farinelli
Credo che esistano "lagne" ben più antiche, ma ora non ho voglia di cercarle.
GONNNNNNNNNNGGGGGGGGGGGG
Enrico B.
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Re: Norma (Bellini)

Messaggioda DottorMalatesta » sab 08 giu 2013, 22:44

mattioli ha scritto:Al solito, mi sembrerebbe più interessante, piuttosto che accapigliarsi se la Norma della Bartoli sia "bella" o "brutta", che poi fatalmente vuol dire bella o brutta rispetto alle Norme precedenti, cercare di capire perché un'operazione del genere sia possibile OGGI, che voglia dire questa ricerca di autenticità (vera o presunta, del resto l'autenticità non esiste), perché, ripeto: OGGI, il mondo voglia una Norma così.


Ti rispondo... citandoti! :mrgreen:
In "Anche stasera", a proposito della riscoperta dell'opera barocca scrivi "infine, fra la musica barocca e la contemporaneità c'è un'altra corrispondenza: la loro continua pulsione ritmica. [...] Ma questa onnipresente base ritmica [il basso continuo] è l'antenata della batteria altrettanto onnipresente nella musica pop. Il ritmo è la componente fondamentale della musica che ci circonda. Ma il ritmo, e la sua sottolineatura, è anche la prima cosa che ci colpisce ogni volta che ascoltiamo Bach o Haendel."
Ciò che più colpisce, nell'ascoltare la Norma di cui discutiamo, è l'estrema rilevanza data al ritmo: mai nessuna incisione prima di questa si era caratterizzata per una tale scansione ritmica, resa ancora più evidente dalle dinamiche scelte e dall'asciuttezza dei timbri e delle sonorità (rilievo ai fiati e alle percussioni, assenza di vibrato negli archi). In definitva, lo stesso mondo sonoro dei Mozart di Jacobs, del Monteverdi di Harnoncourt, dell'Haendel di Minkowski o Christie. Quasi per magia nelle sonorità e nella sottolineatura ritmica l'opera barocca, la musica pop e... Norma si incontrano. La domanda a questo punto però è: tra questi tre qual è l'intruso? Voglio dire, eseguire Norma con la stessa pulsione ritmica e le stesse sonorità adottate per la musica di uno-due secoli rima è un po' fuoriluogo. Certo, l'autenticità non esiste, e la ricerca filologica di "autenticità" è un processo asintotico. E certo, se uno dovesse giudicare questa incisione sulla base di stretti criteri filologici non si salverebbe né Bartoli né Antonini. Però -hai ragione- è interessante capire perché una Norma come questa oggi.
Beh, se fossi (e lo sono) un giovane a me questa Norma piacerebbe. Anche se (come in effetti è) conosco e apprezzo alcune incisioni "storiche" di Norma.
Ma che brivido, che sensazione elettrizzante ascoltare quest'opera ascoltata e riascoltata mille volte con questi suoni, con questi ritmi, con questi colori. Che piacere ascoltare questa Norma cogliendone immediatamente ogni parola, ogni inflessione, senza dover ricorrere al libretto. Magari tra un mese la pelle d'oca passa e si tornerà alle sublimi Callas, Sutherland, Caballè. Però, accidenti! Ben venga un'incisione che provoca la pelle d'oca! L'opera è anche questo (anche se non solo questo!).
Ok, tutto questo è molto immediato, molto superficiale, molto "prodotto pubblicitario", molto "mordi e fuggi". Ma il mondo di oggi non è anche questo?

mattioli ha scritto:Quanto a te, Malatesta, salvo cataclismi last minute, venerdì dovrei essere nella bella Verona per la prima dell'Aida. Immagino che tu non parteciperesti nemmeno sotto tortura a una serata così rozzamente nazionalpopolare (però Wellber... e poi, se ci pensi, la Fura è una delle poche soluzioni possibili, zeffirellume escluso), ma magari un caffè, un thé, uno spriz...


Sai come la penso: l'Arena è teatro splendido per naumachie e lotte tra gladiatori : PirateCap : Pero, lo ammetto: Aida, Fura e Wellber potrebbe funzionare! : Thumbup :
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Re: Norma (Bellini)

Messaggioda flipperinodoc » sab 08 giu 2013, 23:26

DottorMalatesta ha scritto:Bypasso le cattiverie di Flipperinodoc :roll:

quali :?:

DottorMalatesta ha scritto:
P.P.S.: molto meglio farsi di Bartoli e Norme piuttosto che di coca. Parola di operoinomane doc! : Thumbup : By the way, da quando ti sei messo a citare il Bagnolo?

beh cito l'esimio Bagnolo quando parla di episodi di vita vissuta (la nostra)

by the way: se chiedessi al primo cocainomane stampato di stanotte perchè non diventa un operoinomane? dite che rischio di mio???? : Doctor :

siete i migliori (anzi, siamo)
notteeee
non respira! .... sarà all'ottavo piano!
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