Khovanscina (Mùssorgskij)

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Re: Khovanschina Tcherniakov

Messaggioda Alberich » lun 23 mag 2011, 16:19

Kočerga con Abbado a me era piaceva. Ma erano tanti anni fa. Invece Burchuladze e' in genere in se motivo sufficiente per non ascoltare un opera. Anni addietro massacro' orribilmente Hovanskij alla Scala. Ma Marfa e' davvero cosi' pessima? Perche' e' da tanto che non acquisto un DVD : Love :
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Re: Khovanschina Tcherniakov

Messaggioda Maugham » lun 23 mag 2011, 16:56

Alberich ha scritto:Kočerga con Abbado a me era piaceva. Ma erano tanti anni fa. Invece Burchuladze e' in genere in se motivo sufficiente per non ascoltare un opera. Anni addietro massacro' orribilmente Hovanskij alla Scala. Ma Marfa e' davvero cosi' pessima? Perche' e' da tanto che non acquisto un DVD : Love :


Be' K. nell'edizione di Abbado era Shaklovity. E mi diceva e mi dice poco. Solito basso mangiafuoco area slava.
Qui invece è Dosifej. Ed è notevole.
La Soffel non è pessima di per sè. E' che Marfa è un personaggio gigantesco. Certo il taglio stile Allbright giovane che le conferisce Tcherniakov è particolarmente suggestivo e lei ce la mette tutta per fare quello che le hanno detto di fare. Ma nella scena della profezia e soprattutto nel finale è davvero a finecorsa. Regia o non regia.
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Re: Khovanschina Tcherniakov

Messaggioda MatMarazzi » lun 23 mag 2011, 20:14

pbagnoli ha scritto:Guarda che, se non ricordo male, nel video c'è la Semtchuk e non la Lipovsek, che compare invece nel disco.


Ma certo... sorry! :( Volevo dire la Semtchiuk, che tra l'altro ricordo di aver visto al suo debutto italiano (1985) quale Azucena nel Trovatore di Cervi Caroli all'Arena di Verona, con Bonisolli, la Mauti Nunziata e Manuguerra.

Allora rilancio: cosa ne diresti della Antonacci?


Eh... la Antonacci è un problema...
Come non sfruttare la sua grandezza? Ma dove trovare personaggi adatti alle sue attuali condizioni, l'acuto sempre più aleatorio, il suono sempre più aspro e spoglio?
Marfa è una splendida proposta, a cui io aggiungerei Lucretia (quella di Britten) e soprattutto Phèdre (di Rameau).
Chissà se ci legge?

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Re: Khovanschina Tcherniakov

Messaggioda pbagnoli » mer 01 giu 2011, 17:02

Tornando in topic: alla fine spettacolo molto bello e coinvolgente, con qualche pecca e una narrazione non sempre fluida, ma con un finale travolgente e di impatto visivo grandioso.
Credo che Tcherniakov sia un regista molto adatto a questi grandi affreschi, e in ciò contrasto un po' quello che diceva Matteo
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Re: Khovanschina Tcherniakov

Messaggioda Maugham » mer 01 giu 2011, 19:59

pbagnoli ha scritto:Credo che Tcherniakov sia un regista molto adatto a questi grandi affreschi, e in ciò contrasto un po' quello che diceva Matteo


Vado un po' di corsa e quindi sarò breve.
Non è per contraddiriti, ma io sono del parere contrario.
Dopo aver visto questa K. mi sono reso conto -pur ammettendo la magnifica riuscita di molti momenti quasi tutti nella seconda parte- che Tcherniakov invece ancora non abbia gli strumenti per affrontare lavori di questo respiro. Tende, a volte, ad essere evccessivamente schematico, a voler spiegare troppo, a spingere sul pedale della caricatura.
Quando vedrai le Carmelitane capirai cosa voglio dire.
Ciao
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Re: Khovanschina Tcherniakov

Messaggioda pbagnoli » mer 01 giu 2011, 21:13

Maugham ha scritto:
Quando vedrai le Carmelitane capirai cosa voglio dire.
Ciao
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E' in effetti la prossima che ho in programma. Devo ammettere peraltro che ne ho visto il finale in anticipo :oops:
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Re: Khovanschina Tcherniakov

Messaggioda MatMarazzi » gio 02 giu 2011, 15:58

Vista anche io questa famosa Kovanchina bavarese.

Relativamente alla regia, questa volta la contestualizzazione di Tcherniakov mi pare non interessante o chiara come al suo solito.
Oddio, siamo certamente assistendo a un colpo di stato in Russia (una Russia evidentemente contemporanea).
Colui che dovrebbe essere lo Zar Pietro (che nel libretto non si vede, mentre in questa regia è onnipresente in una sorta di riquadro in alto) modifica nel corso dell'opera i propri vestiti, da giovane zuzzurellone in "pataglia", a grande diplomatico, fino a capo militare).
Un uomo politico, un presidente, il figlio di qualche personaggio importante? Non è chiaro. E' solo chiaro che è lui a mettere in atto il colpo di stato militare.
Il suo esercito indossa chiaramente abiti militari (su quelli non ci sono dubbi; sono armati, hanno tute mimetiche, gradi, ecc...).
La zarina è in un altro riquadro alla sua destra: sempre in alto. Anche lei è onnipresente, con sguardo assorto vicino alla finestra. Da una serie di scene di facilissima decifrazione si intuisce che in questa regia lei è amante e complice di Shaklovity, l'uomo che accende la miccia del colpo di stato (di cui poi si impossesserà Pietro).
Chi è qui Shaklovity? Un nostalgico del Comunismo? Un ex-KGB (ha uno strano tatuaggio sul petto, che potrebbe sembrare militare)? L'uomo che vuole ricondurre la Russia ai fasti (?) del Comunismo, dopo le devastazioni introdotte dal capitalismo e dalla globalizzazione? Francamente non è chiaro.
Comunque, in questa regia, è chiaro che lui, con la Zarina, ha dato il via all'operazione. Ma non finirà bene: finirà ucciso in un attentato suicida ad opera di Kovanschy (ebbene sì), mentre la Zarina finirà arrestata dai militari di Pietro.
Più facile collocare il personaggio di Golitzy: potente "occidentalista", militare a sua volta, ma soprattutto diplomatico, forse ambasciatore, comunque connesso (come il personaggio originario) a poteri esteri. Finirà arrestato, torturato... ovviamente dai soldati di Pietro.
Grossi problemi legati invece a Marfa, ben vestita, all'occidentale, truccata, ossigenata, fiera dei propri gioielli, francamente matura anagraficamente (ma questo potrebbe essere un portato dell'interprete, la Soffel).
L'ipotesi di Maugham (forse suggerita dall'età, appunto, della Soffel e dallo strano effetto che fa vederla vicino a quel bel ragazzone di Vogt, Andrei) è obbiettivamente suggestiva e coerente: ha il solo limite che presuppone molte (troppe) capacità deduttive da parte del pubblico.
L'ipotesi è che Marfa, questa bella signora evidentemente carica di soldi, sia la moglie o l'ex-moglie di Kovanschy, nonché madre di Andrei.
Ciò che si deve supporre è che lei non solo abbia lasciato il marito, ma si sia votata (politicamente parlando) a una causa opposta, ossia sia divenuta la "compagna" (in senso solo politico o anche sentimentale?) di Dosifej, che - coerentemente col libretto - rappresenta una fazione di vecchi "ortodossi", pauperisti e aggressivi, che hanno rialzato la loro testa "tradizionalista" dopo la caduta del comunismo, ugualmente contro il totalitarismo sovietico, il militarismo dei reazionari e il capitalismo dei nuovi.

E ora veniamo alla più complessa e a mio parere poco decifrabile raffigurazione dell'opera: Kovanschy e gli Strelzi.
Qui probabilmente gioca la mia difficoltà a riconoscere divise o tute (militari o semplicemente lavorative). Vi descrivo come sono vestiti e forse questo potrà aiutarci.
Immaginate una pesante tuta rossa (molto vistosa come colore, quindi assolutamente non mimetica). In questa tuta (i cui risvolti di pelliccia sul collo e la pesante imbottitura fanno pensare a climi rigidi, così come gli stivali in tinta) non vi sono stellette o gradi militari; le armi non sono inserite in tasche apposite, ma nel caso - e comunque non più che pistole - portate semplicemente a tracolla, e non da tutti.
Maugham non ha dubbi che si tratti della divisa di un particolare esercito, magari una milizia privata.
Io non sono di questa idea: una divisa militare rossa è assurda, perché rende i soldati visibilissimi (non è un caso che i soldati di Pietro, quelli sì indubitabilmente militari, indossino una divisa grigio scuro, mimetica). Inoltre le tute rosse degli Strelzi sono ingombre di tasche e tascone ovunque, più per contenere attrezzi da lavoro.
A me ricordano le divise di operai di una grande fabbrica, o semmai netturbini o agenti civili (all'inizio dell'opera spostano cadaveri, almeno così sembra, dentro sacchi del patume).
La mia ipotesi?
Che, nella divisione "politica" operata da Tcherniakov (mentre i Vecchi Credenti sono i tradizionalisti ortodossi, Golitzyn il diplomatico esterofilo, schiavo di potentati "globali" e accusato di spionaggio, Shaklovity e la Zarina i congiurati nostalgici del Comunismo) Khovanchy e gli Strelzi rappresentino il terribile frutto del neo-capitalismo russo, nutrito di corruzione e violenza mafiosa, che allarga (illegalmente) la sua influenza sullo stato e sulla società civile, forte delle proprie armi, protetto dai propri soldi.
Le divise sono quelle di un Impresa potente, una multinazionale, i cui presidenti-camorristi (Kovanchy e il figlio) così come gli operai indossino la stessa divisa, come in uno sfoggio di paternalismo populista e volgare.

Ammesso e non concesso che la lettura sia giusta, , il mio giudizio sul lavoro di Tcherniakov non sarà questa volta tanto lusinghiero.
Tutta questa fatica per cosa? Per realizzare una specie di action-movie americano, con i servizi segreti, i grandi poteri economici coinvolti in complotti illegali, le mafie, le torture e i massacri segretati.
Il riferimento cinematografico (sottolineato dalla proiezione dell'ora, come appunto in molti film recenti di azione) è un pochino irritante; da un esperto della riscrittura narrativa ci si aspetta qualcosa di più che non un giocare con le convenzioni cinematografiche attuali (cosa che viene assai meglio agli sceneggiatori di South Park).
Oltre che un'idea da poco, a me pare anche non perfettemante realizzata, stanti le ambiguità e le incertezze narrative a cui possiamo cercare di dare risposte solo mettendo sotto torchio la nostra fantasia e la nostra capacità di desumere situazioni da allusioni e costumi (ben diversa era stata la chiarezza espositiva di Tchernikov nel Don Giovanni e nei Dialoghi delle Carmelitane).
Credo che abbia ragione Maugham nel denunciare la maggiore affinità del regista russo per opere meno vaste e architettoniche.

Anche sul fronte tecnico ho riscontrato debolezze.
A livello di recitazione, tutti seguivano le indicazioni con impegno, ma l'efficacia della mimica e della gestualità erano affidata in toto al talento degli interpreti: con Vogt e, strano a dirsi, un Burchuladze grandissimo attore tutto andava bene; con Kotcherga e la Nylund il risultato era già meno scontato; con la Soffel e Daszak (per carità, impegnatissimi a fare il loro dovere) tutto precipitava.
Il primo atto mi è parso avaro di grandi intuizioni; il secondo obbiettivamente buttato via.
E notare che la regia televisiva aiutava a ridurre la dispersione di tutti quei pannelli che, per buona parte dell'opera, sono risultati inutili e sotto-utilizzati.
Io poi, a differenza di Pietro, non ho amato per niente il finale: sono davvero stanco di questi finali "astratti", a palcosenico vuoto, come se il pianto e il sacrificio dell'umanità venisse divelto dalle contingenze della storia. E' una roba che Carsen già faceva vent'anni fa. E' una furbata per placare i prevedibili furori del pubblico con un omaggio buonista e di facile effetto.

Qualche momento grandioso c'è stato, anzi talmente grandioso da riscattare tutte le debolezze appena riscontrate.
Due momenti in particolare mi hanno sconvolto e commosso alle lacrime.
Anzitutto la scena che dovrebbe descrivere il solitario esilio di Golitzyn, sul tema della divinazione di Marfa.
Vedere quest'uomo elegante e raffinato, ma anche sensibile e colto, che avevamo lasciato all'atto precedente con la sua bella divisa diplomatica, trascinato in canottiera dai soldati, ferito, sanguinante, scarmigliato, gli occhi pieni di terrore, muto, con i segni di torture spaventose... mentre un paio di donne della folla osano avvicinarglisi per mettergli un paio di guanti e uno scialle contro il freddo... ecco, basta un momento così per fare di Tcherniakov un genio della regia operistica.

Non parliamo poi di tutta la scena delle danze e della morte di Kovanchy: se non fosse per la pacchianata finale della granata che lui lancia su Shaklovity, provocando anche la propria morte, sarebbe una delle realizzazioni di regia musicale più sconvolgenti di tutta la mia vita: una costruzione perfetta di azione ed emozione, che ti toglie il respiro.
Consiglio l'acquisto del DVD anche solo per questo momento di teatro musicale puro.

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Re: Khovanschina Tcherniakov

Messaggioda Maugham » ven 03 giu 2011, 9:30

Ho visto finalmente senza interruzioni questa K. di Tcherniakov.
L'ho vista assieme a Matteo.
(E vederla in santa pace, senza pargoli urlanti, con sigarette, pizza, pausa gelato, chiacchiera libera.... grazie Mat! : WohoW : )
Detto questo non posso che riconfermare le perplessità della visione spezzatino
Penso che la Kovanchina non sia un'opera difficile da allestire se si sceglie la via della tradizione.
Basta seguire il libretto, fare dire ai personaggi le parole scritte, usare il coro come statico fondale e l'opera, bene o male, la si porta a casa. Ne è esempio l'edizione di Kirchner con Abbado. La vidi (da un posto infelice) dal vivo a Vienna e l'ho poi rivista bene su DvD. Certo, i personaggi sono piuttosto prevedibili, i coristi sembrano usciti da "Amore e guerra", i costumi sembrano noleggiati in un balalaika shop ...è vero. Però l'opera tiene in quanto, anche nelle intenzioni dell'autore, "affresco storico". Aggiungo "affresco storico", per noi non slavi, in odore di esotico. Il che ci rende inclini a perdonare certe enfasi, certi faccioni, certe esasperazioni che siamo soliti attribuire -a torto o a ragione, non importa- a certe epoche storiche.
Kovanchina diventa invece un'opera maledettamente difficile quando la si vuole far parlare con il presente. Sebbene il plot sia applicabile a qualunque epoca in qualsiasi latitudine (il conflitto fra vecchio e nuovo ordine politico, sociale, culturale ed economico), il prima citato "affresco storico" diventa una trappola difficile da evitare.
Sono del parere che Tcherniakov ci sia cascato; in questa trappola, intendo.
Ovvero ha riverniciato la cornice attualizzando l'epoca rimanendo però vittima del pannello slavo secentesco nel taglio dei personaggi con le sue retoriche, i suoi faccioni, le risate di pancia beffarde, le pacche sulle spalle e gli spintoni. Il risultato, che come dicevo negli allestimenti didascalici risultava funzionale, qui trasmette un senso di elefantiaco che cozza con la lucidità e asciuttezza che, per fare un esempio, oggi attribuiamo ai tavoli politici dove si discute di "certe cose".
Insomma, sembra un Kovanchina con il pedale sempre premuto sull'acceleratore, quasi esasperata nei conflitti tra i personaggi, quando invece è soltanto una Kovanchina "nuova" nelle intenzioni ma "antica" nella realizzazione pratica.
Non a caso -e in questo ha perfettamente ragione Matteo- le scene più riuscite sono l'esilio di Golitzyn e le schiave persiane, guardacaso proprio due momenti in cui i personaggi non parlano.
Non vorrei essere troppo severo, ma i risultati a cui ci ha abituato Tcherniakov sono tali da creare aspettative forse eccessive.

MatMarazzi ha scritto:Oltre che un'idea da poco, a me pare anche non perfettemante realizzata, stanti le ambiguità e le incertezze narrative a cui possiamo cercare di dare risposte solo mettendo sotto torchio la nostra fantasia e la nostra capacità di desumere situazioni da allusioni e costumi (ben diversa era stata la chiarezza espositiva di Tchernikov nel Don Giovanni e nei Dialoghi delle Carmelitane).


Bravissimo. E' proprio questo il punto. La bravura di Tcherniakov (come di Jones, Carsen, McVicar, Guth) è proprio quella di trattare la drammaturgia operistica, a volte anche scardinandola, senza mai perdere la capacità affabulatoria propria del grande teatro "borghese" (leggi per non iniziati). Puoi non essere d'accordo con la sua impostazione dell'Onegin e della Carmelitane e del Macbeth, ma capisci benissimo dove vuole andare a parare. In questa Kovanschina l'ho visto procedere un po' a tentoni. Si tratta però di uno spettacolo di un po' di anni fa. Adesso sarà sensa dubbio maturato.
Ciò non toglie che si tratti di uno spettacolo che tutti dovrebbero conoscere, anche perchè inserito in una videografia piuttosto avara.
Ho trovato bellissima la direzione di Nagano, asciutta e luminosa, spedita nei tempi (a volte un po' troppo) e straordinario il coro bavarese.
Il Finale? Mah, non so che dire. Ero talmente galvanizzato da quello che ascoltavo (gli interventi di Vogt hanno fatto piazza pulita di tutti gli Andrej discografici da me ascoltati) da perdere l'equilibrio nel giudizio.

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Re: Khovanschina Tcherniakov

Messaggioda pbagnoli » dom 05 giu 2011, 9:31

In home la recensione ufficiale.
Era un po' che non ne pubblicavamo...

PS Come vedete, lo stesso articolo compare da oggi anche su un blog che ho aperto su Wordpress. Poi vi spiegherò perché 8)
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Re: Khovanschina Tcherniakov

Messaggioda Alberich » dom 05 giu 2011, 18:06

Maugham ha scritto:il pastore luterano

Ma l'espunzione della scena del pastore luterano non è una decisione di Musorgskij?
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Re: Khovanschina Tcherniakov

Messaggioda pbagnoli » dom 05 giu 2011, 18:17

Alberich ha scritto:
Maugham ha scritto:il pastore luterano

Ma l'espunzione della scena del pastore luterano non è una decisione di Musorgskij?

Che io sappia sì; ma qualcuno la lascia ancora nel plot narrativo. Per esempio - se non ricordo male - Tchakarov nell'incisione Sony. L'edizione scelta è una Sostakovic con il finale dell'alba su Mosca.
L'orchestrazione della Khovanshchina è sempre stato un gran casino
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Re: Khovanschina Tcherniakov

Messaggioda Maugham » lun 06 giu 2011, 10:01

pbagnoli ha scritto:
Alberich ha scritto:
Maugham ha scritto:il pastore luterano

Ma l'espunzione della scena del pastore luterano non è una decisione di Musorgskij?

Che io sappia sì; ma qualcuno la lascia ancora nel plot narrativo. Per esempio - se non ricordo male - Tchakarov nell'incisione Sony. L'edizione scelta è una Sostakovic con il finale dell'alba su Mosca.
L'orchestrazione della Khovanshchina è sempre stato un gran casino


Qui ci vorrebbe l'intervento del nostro filologo ufficiale, Beckmesser.
In attesa di un suo intervento posso dire quello che ho letto di sfuggita.
La scena del pastore luterano è stata tolta da Mussorgsky nel "quaderno blu" -un documento che grossomodo dovrebbe testimoniare tra rammendi e tagli e rattoppi la versione definitiva dell'opera- però è presente nella versione per canto e pianoforte licenziata dall'autore.
Secondo me si tratta di una scena fondamentale da un punto di vista drammaturgico e mi stupisco perchè venga tagliata.
Il pastore negozia la faccenda del tentato stupro di Emma da parte di Andrej Kovanschi (sapendo benissimo che si tratta di una faccenda su cui Golytzin non può intervenire) cercando di portare a casa un permesso edilizio per la costruzione di una chiesa luterana. Permesso rifiutato.
Senza questa scena la faccenda di Emma e Kovanschi appare teatralmente più debole e un po' priva di logica teatrale.
Ma ancora più grave mi sembra il taglio nel primo atto. Manca la scena cosiddetta "dei forestieri" in cui un gruppo di contadini analfabeti arriva a Mosca e chiedono alla scrivano di leggere quanto scritto sopra una stele.
a) solo qui si capisce effettivamente cosa stia succedendo in Russia in quel periodo.
b) se si taglia questa scena viene a mancare un personaggio fondamentale, ovvero il "popolo bue", di cui tutti i personaggi discettano ma che non ha voce se non nel primo atto.
c) Mussorgsky la voleva e infatti è un taglio di Rimsky.
d) si conclude con un coro bellissimo, un po' stile armata rossa, ma efficacissimo nella sua rozza e malinconica retorica. Sostakovich addirittura lo riprende nel finale.
Per quanto riguarda le versioni dell'opera vi dico quanto ho capito.
a) Mussorgsky non ha orchestrato nulla se non l'aria di Marfa e le schiave persiane.
b) Rimsky ha fatto il lavoro.
c) il finale era invece tutto da scrivere (essendoci solo abbozzi). E anche le ultime battute del Finale II.
d) in occasione delle recite parigine patrocinate da Diaghilev, questi incarica Stravinsky e Ravel di mettere le mani sul finale. I due però lavorano anche in altri punti dell'opera.
e) Shostakovich riprende da capo il lavoro -con più scrupolo rispetto a Rimsky. Nel finale però si sbizzarrisce. La cosa più evidente è la struggente ripresa del tema dell'alba sulla Moscova del preludio.
f) c'è un'altra versione che non conosco e che, mi pare, ha avuto pochissima fortuna.
Quindi le versioni sono sostanzialmente tre:
Rimsky - la più corta senza inurbati, senza Pastore luterano e con vari tagli.
Sostakovich - la più lunga, che contiene praticamente tutto il materiale Mussorgsky
Sostakovich + Stravisnky - quella che di solito viene fatta.
Ovviamente da quello che ho capito io. Ma non prendetemi alla lettera.

Saluti
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Re: Khovanschina Tcherniakov

Messaggioda Alberich » lun 06 giu 2011, 11:04

Si, tagliare quelle scene e' un crimine drammaturgico.
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Re: Khovanschina Tcherniakov

Messaggioda teo.emme » lun 06 giu 2011, 14:58

Questione complessa, assai più del Boris Godunov di cui ci restano due versioni d'autore (anche se l'Ur-Boris è più che altro una stesura di massima, suscettibile di cambiamenti), due di Rimski-Korsakov, una di Shostakovich (credo nessuna di queste sia mai stata rappresentata o incisa integralmente, ma sempre "contaminata" con elementi estranei o tagliata o rivista).

Kovanschina è rimasta incompiuta: Mussorgski - come suo solito - lavorava in maniera disordinata e discontinua, pubblicando separatamente brani, rivedendone altri (mentre il lavoro era ancora da concludere) o sottoponendoli a giudizi e consigli (a volto sfociando in vere e proprie collaborazioni).

Quel che rimane di Kovanschina, alla morte dell'autore, è uno spartito per canto e piano, con alcune indicazioni circa la futura opera di orchestrazione e due soli brani quasi compiutamente strumentati:
1: la canzone di Marfa nell'Atto III;
2: il coro degli strelizi insieme a Kuzka nell'Atto III;
A ciò andrebbe aggiunta l'orchestrazione della "Danza delle schiave persiane", approntata da Rimski-Korsakov e approvata da Mussorgski (questi più volte ricorse all'aiuto tecnico dell'amico, e aveva in progetto di "sistemare" con lui altri episodi).

Del tutto incompiuti il Finale II e il Finale ultimo (per cui, però, aveva progettato la rielaborazione corale di una melodia popolare, segnata in calce all'autografo, ma non sviluppata).

Durante la composizione, poi, Mussorgski operò alcuni tagli (segnati sul libretto, confermati dal famoso "quaderno blu", ma non riportati nello spartito canto e piano per una pura dimenticanza, tipica del disordine dell'autore): ossia la scena del Pastore luterano e parte di quella dello Scrivano nell'Atto I (dove il popolo si fa leggere il proclama).

Morto Mussorgski, Rimski-Korsakov (che con lui aveva condiviso la vita artistica) si assunse l'incarico di dare veste rappresentativa all'opera, esattamente come fece con il Boris (anche se questo era perfettamente compiuto). Tuttavia la differenza di linguaggi e d'approccio, portarono Rimski ad intervenire pesantemente: tagliò quasi un terzo del manoscritto, abbreviò taluni episodi e ne estese molti altri, con manomissioni della linea vocale e del materiale musicale. Anche la drammaturgia ne restò snaturata (il popolo perse la sua funzione di protagonista). I Finali II e V vennero risolti in modo trionfalistico (in particolare l'ultimo, che prende spunto, sì, dal tema segnato da Mussorgsky, ma sviluppato in modo assolutamente estraneo alla sensibilità dell'autore).

L'opera venne ripresa a Parigi, da Diaghilev, ad uso e consumo dell'esibizionismo di Chaliapin: venne rigettata "con sdegno" (immotivato) la versione Rimski-Korsakov (accusato di aver "snaturato" l'opera con tagli inammissibili) e furono incaricati Stravinski e Ravel di sistemarla (in realtà i loro interventi furono assai limitati: Ravel si occupò di un paio scene nell'Atto I - e oggi il suo lavoro è perduto - mentre Stravinski rivide l'aria di Sciakloviti, per passarla al Dosifeo di Chaliapin, e scrisse un nuovo finale - quello usato da Abbado). L'opera, però, fu martoriata da tagli e spostamenti interni (per far brillare il divo di turno), ancora più arbitrari di quelli di Rimski.

Negli anni '30 Pavel Lamm pubblicò l'edizione critica dei materiali originali. Su di essi, prima Asafiev elaborò una sua orchestrazione (non ne so nulla), poi nel '59 lo stesso fece Shostakovich (in vista di una produzione cinematografica dell'opera).

Shostakovich tornò al testo integrale e seguì maggiormente le indicazioni d'autore, cercando un linguaggio più consono (resta il problema degli impasti timbrici e strumentali, assai diversi da quanto era ipotizzato da Mussorgski). Riorchestra anche i brani già parzialmente strumentati da Mussorgski e per il Finale II aggiunge una dozzina di battute che anticipano il tema della marcia delle truppe di Pietro, mentre per il Finale ultimo riprende il tema dell'alba sulla Moscova (il sorgere di una nuova e radiosa era: il sole dell'avvenire in perfetta sintonia con la nuova ideologia sovietica): un finale ottimistico, molto suggestivo, ma che contrasta con il pessimismo della visione storica di Mussorgski.

Ogni possibile incisione si trova davanti a queste scelte testuali. Ad oggi si può riassumere così la situazione:
1) le incisioni sovietiche (Khaikin nel '46, Nebolsin nel '50 e di nuovo Khaikin nel '73 oltre a tutte le altre di area slava più o meno ufficiali) si basano sulla versione Rimski-Korsakov;
2) Leskovich (in italiano) segue a grandi linee l'edizione Shostakovich (e comprende la scena col Pastore luterano);
3) Tchakarov segue fedelmente Shostakovich, in tutte le sue soluzioni (comprese le aggiunte, le riorchestrazioni delle canzoni di Kuzka e Marfa, i finali II e V e le scene dello Scrivano e del Pastore);
4) Abbado fa un lavoro di assemblaggio: si basa su Shostakovich (anche se riveduto e corretto), ma taglia le due scene (parte di quella dello Scrivano e Pastore: come prescrive il "quaderno blu"). Scarta i Finali II e V di Shostakovich, optando per una riscrittura del primo e per l'altro propone quello rivisto da Stravinski;
5) Gergiev pure si basa su Shostakovich, ma alleggerendo la sua orchestrazione in modo da riportarla alle intenzioni originarie di Mussorgski: ripristina le due scene (Scrivano e Pastore), mentre per i finali opera soluzioni diverse. Fa chiudere il Finale II con una lunga corona (così come indicato sul "quaderno blu" e quindi corrispondendo alle reali intenzioni dell'autore), e per il Finale ultimo riprende con la sola orchestra il tema del corale (scelta rinunciataria e poco interessante).

Quale soluzione è corretta? Di fronte ad un'opera incompiuta, tutte e nessuna...forse la più discutibile è quella di Abbado. Io preferisco la versione Shostakovich integrale e seguita alla lettera.
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Re: Khovanschina Tcherniakov

Messaggioda Maugham » lun 06 giu 2011, 15:58

teo.emme ha scritto:4) Abbado fa un lavoro di assemblaggio: si basa su Shostakovich, ma taglia le due scene (Scrivano e Pastore). Scarta i Finali II e V di Shostakovich, optando per una riscrittura del primo e per l'altro propone quello rivisto da Stravinski;


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