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Verdi secondo Lamberto Gardelli - 5: "I Lombardi"

MessaggioInviato: ven 11 ago 2017, 21:02
da LeProphete
Giuseppe Verdi
I lombardi alla prima crociata
Dramma lirico in quattro atti
Libretto di Temistocle Solera, dal poema omonimo di Tommaso Grossi

Giselda: CRISTINA DEUTEKOM
Oronte: PLACIDO DOMINGO
Pagano: RUGGERO RAIMONDI
Arvino: JEROME LO MONACO
Acciano: CLIFFORT GRANT
Pirro: STAFFORD DEAN
Sofia: MONTSERRAT APARICI
Viclinda: DESDEMONA MALVISI
un priore della città di Milano: KEITH ERWIN

Ambrosian Singers
Royal Philharmonic Orchestra
Direttore: Lamberto Gardelli

Edizione: Philips (Londra, 1971)

Già il buon Francesco aveva parlato diffusamente della drammaturgia di quest’opera nella recensione della registrazione newyorkese (http://www.operadisc.com/rec_dischi.php?id=433), e c’è anche un topic aperto sulle varie registrazioni dell’opera (viewtopic.php?f=4&t=1869) ma vorrei solo aggiungere alcuni dettagli per far capire l’importanza storica di quest’opera, oggi fin troppo reietta. Che il cast stellare messo in piedi dal Regio di Torino per l’aprile 2018 sia eccessivo? Direi proprio di no, anzi dovrebbe dar lustro a questo importante tassello della drammaturgia verdiana e della storia d’Italia in fieri.

Col “Nabucco” l’astro di Verdi iniziò il suo corso; e con la stessa opera si chiuse pure la carriera di Giuseppina Strepponi. Sebbene non avesse neppure tren’tanni, dieci anni continui di successi avevano ridotto ad un filo quella voce stupenda. E così non era stata in grado di rendere giustizia alla parte di Abigaille. La Strepponi fu una delle primissime sostenitrici di Verdi e come celebrita, sia pure in declino, poteva fornire al compositore un aiuto pratico. Con lei infatti Verdi si consigliò sul compenso da chiedere per la nuova opera scaligera “I lombardi alla prima crociata” e la Strepponi suggerì di optare per la stessa cifrà pagata a Bellini per “Norma”.
Il soggetto fu tratto da un poema epico scritto nel 1826 da Tommaso Grossi. Quando il testo venne pubblicato alcuni critici accusarono l’autore di aver voluto competere con Tasso ma, a prescindere dal soggetto, i “Lombardi” sono una imitazione di Tasso allo stesso modo che i poemi in versi di Tennyson e Browning potrebbero esserlo di Shakespeare. In realtà, si tratta di un tipico prodotto de! suo tempo, un grande romanzo storico di taglio patriottico. E fu proprio per questo motivo che la prima rappresentazione fu un successo strepitoso. I giornali riferiscono di lunghe code per l’accesso in teatro, di atmosfera tumultuosa in teatro, di applausi entusiastici a ogni momento. La critica tuttavia non si lasciò prendere da eccessivi entusiasmi. Infatti l’opera paga una certa assurdità di situazioni (cosa peraltro non certo rara nella storia del melodramma), gli incolmati scarti temporali, l’irrazionale distribuzione dei ruoli nel libretto di Temistocle Solera. A sua difesa va ricordato che la fonte del libretto presenta un tale groviglio di eventi che il povero Solera dovette faticare non poco a ridurlo nelle proporzioni di un libretto per musica.
Solo un paio di recensori ebbero a scrivere che “se “Nabucco” creò la fama di questo giovane compositore, i “Lombardi” servirono a confermarla”. Ecco, forse il recensore era un po’ esagerato: nei “Lombardi” non mancano momenti sublimi, in qualche caso straordinari slanci lirici ed una quantità di spunti teatrali di buona efficacia. La trama è meno sonnacchiosa e più avvincente di quella di “Nabucco” e c’è maggiore libertà nella scelta dei materiali, ma ai “Lombardi” manca semplicemente quella unità di visione che era tipica nel monumento che è “Nabucco”. Comunque, per i motivi risorgimentali detti prima, per molti anni i “Lombardi” godettero della stessa popolarità di “Nabucco”, anzi il coro “O Signore dal tetto natio” divenne ben più celebre dell’oggi sfruttatissimo “Va, pensiero”. Poi, negli anni Cinquanta e Sessanta dell’Ottocento, conobbe una nuova stagione di popolarità, certo dovuta in gran parte a motivazioni storiche e sentimentali più che musicali. I “Lombardi” fu per altro l’unica delle opere di Verdi ricavata da una fonte essenzialmente italiana. Anche quando l’unità d’Italia era passata dal sogno alla realtà, la gente ricordava con affetto questa prima testimonianza di patriottismo.

Personalmente, di tutto il Verdi marchiato Gardelli-Philips, trovo che questa registrazione sia la peggior riuscita della serie. La colpa però non è da ricercarsi nel direttore bensì nella proposta del cast. Liquido abbastanza in fretta Gardelli: come al solito la sua è una direzione funzionale, ben lungi dalle soluzioni più sperimentali proposte da Levine. È un’opera che è molto più movimentata rispetto per esempio a “I due Foscari”, nonostante la scevra drammaturgia, e in cui Gardelli ne usciva vincitore, ma non mancano pagine liriche e strumentali di rara bellezza. Mi soffermo un attimo sui due prologhi: veramente suadente e realistico quello all’atto primo; elegiaco e raffinatissimo, grazie anche al violino di Neville Taweel, quello al terzo; giustamente morbida e fluttante anche la zuccherosa scena del convento. Gardelli invece regge meno bene nelle parti più bandistiche e d’azione come per esempio la scena in Sant’Ambrogio oppure le tumultuose chiusure dell’atto primo.
Alla prima assoluta dei “Lombardi” (l’11 febbraio 1843 alla Scala di Milano) Giselda è Erminia Frezzolini che godeva di grande considerazione. Il pubblico e la critica la consideravano l’erede della Pasta e della Malibran. Verdi l’ammira e tiene in grande considerazione le capacità della Frezzolini. Forse è per questo che Verdi la scelse per una parte di grande sperimentazione come quella di Giselda in cui servono doti di canto intimistico, quasi mistico (cavatina del primo atto, e scena del cielo del quarto), doti da “concertista” per inserirsi degnamente nei numerosi concertati e grande esperienza nel canto fiorito (si veda "Non fu sogno", pezzo più arduo dell’intera partitura, specie se Giselda viene affidata a voci pesanti e non particolarmente versate nel belcanto del primo Ottocento). Non si può propriamente dire che Cristina Deutekom faccia male, però esprimo alcune riserve. Ha un registro acuto davvero tagliente ed affilato, ma purtroppo questo strumento non è utile nei momenti di maggiore lirismo e mistici, che sono così completamente scevri delle giuste morbidezze e attenzioni. Buona invece è l’interpretazione delle agilità ma il problema maggiore rimane per me l’interpretazione, ovvero completamente assente. Ci restituisce così una Giselda seppur forte vocalmente ma assolutamente fredda.
Alla Scala nel 1843 Oronte fu Carlo Guasco. Allievo di Panizza, fu primo interprete anche del successivo Ernani e del ruolo di Foresto. Si può dire dunque che era un tenore assolutamente versatile, capace di passare dal lirismo e patetismo di Oronte (e alla frequentazione assidua di Bellini), alle pagine più eroiche di “Ernani”. E in questa registrazione troviamo Placido Domingo. Personalmente trovo che Domingo sia un pesce fuor d’acqua nell’ambito del repertorio del primo Verdi e questa registrazione (insieme alla “Giovanna d’Arco” registrata con un magistrale Levine sul podio) ne siano gli esempi. Il canto di fioritura è molto approssimativo, l’interpretazione la medesima per ogni intervento, per altro di una noiosità imbarazzante. La cavatina del secondo atto è davvero buttata al vento, senza un minimo di sentimento. All’appuntamento con “In cielo benedetto” del terzo atto ci arriva praticamente spompato. Credo che il Carreras presente nelle altre opere presentate potesse garantire maggiori sviluppi e campi di interesse (e andremo a vedere che miracolo compie in un ruolo di assoluto patetismo come quello di Stiffelio).
E nel delicato ruolo di Pagano troviamo Ruggero Raimondi. Artista di indubbio carisma, ha sempre però sofferto di un’emissione davvero particolare e di grossi difetti di pronuncia. Lasciando da parte questi due elementi comunque troviamo un Pagano tornito a tutto tondo dal punto di vista interpretativo, che giganteggia di fianco a Domingo e alla Deutekom. Raimondi è forse un po’ troppo gigioneggiante in “Sciagurata! hai tu creduto” in cui insiste un po’ troppo sul lato volgare del personaggio e gli acuti non sono perfettamente a fuoco, mentre lo trovo assolutamente perfetto ed emozionantissimo nel terzetto finale dell’opera, un gioiello di assoluto pregio.
Davvero inascoltabile per approssimazione e timbro l’Arvino di Jerome Lo Monaco, ma così come tutte le parti di fianco. Sempre pregevole, attento ed efficace sono invece gli Ambrosian Singers.

Nel complesso questa registrazione in sè è abbastanza futile; più interessante è invece per il discorso che stiamo facendo su Gardelli e per capire il processo evolutivo delle sue interpretazioni verdiane.

Re: Verdi secondo Lamberto Gardelli - 5: "I Lombardi"

MessaggioInviato: mar 15 ago 2017, 14:42
da DottorMalatesta
Bellissima recensione, come sempre: grazie!

LeProphete ha scritto:Personalmente, di tutto il Verdi marchiato Gardelli-Philips, trovo che questa registrazione sia la peggior riuscita della serie. La colpa però non è da ricercarsi nel direttore bensì nella proposta del cast.


Assolutamente d´accordo. Anche io non apprezzo troppo Domingo nel repertorio del Verdi "giovane". La Deutekom, a parte le note, non ha nulla di Giselda. E Raimondi... mah... :roll:

DM

Re: Verdi secondo Lamberto Gardelli - 5: "I Lombardi"

MessaggioInviato: mer 16 ago 2017, 22:49
da teo.emme
Interessantissima questa rassegna sul Verdi di Gardelli.

D'accordo in genere su Domingo, con l'eccezione di Ernani però che trovo ottimo (quell'edizione è la mia preferita a cominciare dalla direzione)

Re: Verdi secondo Lamberto Gardelli - 5: "I Lombardi"

MessaggioInviato: mer 16 ago 2017, 23:15
da VGobbi
teo.emme ha scritto:Interessantissima questa rassegna sul Verdi di Gardelli.

D'accordo in genere su Domingo, con l'eccezione di Ernani però che trovo ottimo (quell'edizione è la mia preferita a cominciare dalla direzione)

Preferibile a quella sotto l'egida RCA e Schippers?

Re: Verdi secondo Lamberto Gardelli - 5: "I Lombardi"

MessaggioInviato: mer 16 ago 2017, 23:38
da teo.emme
VGobbi ha scritto:
teo.emme ha scritto:Interessantissima questa rassegna sul Verdi di Gardelli.

D'accordo in genere su Domingo, con l'eccezione di Ernani però che trovo ottimo (quell'edizione è la mia preferita a cominciare dalla direzione)

Preferibile a quella sotto l'egida RCA e Schippers?

Ti dico di sì: personalmente lo trovo migliore sia nella direzione che nel cast (Bergonzi non ha nulla della passione giovanile dell'eroe bandito, sembra - come sempre - un signorotto di campagna preoccupato della rendita di terreni e vacche o delle quotazioni di mais e salumi, la Price non rende al meglio come Elvira, Sereni e Flagello sono buona routine ma niente di più). E anche Schippers qui è troppo veemente e spinto: vedo Ernani (insieme a Trovatore) come l'opera più donizettiana di Verdi.