Verdi secondo Lamberto gardelli - 2: La battaglia di Legnano

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Verdi secondo Lamberto gardelli - 2: La battaglia di Legnano

Messaggioda DottorMalatesta » ven 16 giu 2017, 16:12

LeProphete ha scritto:Giuseppe Verdi
La battaglia di Legnano
Tragedia lirica in quattro atti
Libretto di Salvatore Cammarano

Lida: KATIA RICCIARELLI
Rolando: MATTEO MANUGUERRA
Arrigo: JOSE CARRERAS
Federico Barbarossa: NICOLA GHIUSELEV

ORF Symphony Orchestra and Chorus Vienna
Direttore: Lamberto Gardelli

Edizione: Philips (1978)


Dopo “Alzira” (ovvero a Napoli nel 1845), Verdi aveva firmato un contratto per scrivere un’altra opera da presentarsi al Teatro San Carlo nel 1847 anche se in realtà fin da subito era chiaro se Verdi non aveva nessuna voglia e intenzione di ottemperare tale patto. Un aiuto gli venne dagli avvenimenti che accaddero di lì a poco nel 1848. Dopo cinque giorni di combattimenti nelle strade di Milano gli austriaci furono cacciati dai cittadini in rivolta; Venezia allontanò il governatore austriaco e proclamò la repubblica; ii duca di Parma fuggì in esilio; il re delle Due Sicilie fu costretto a concedere al suo popolo una costituzione. Tra tutte queste cose, la direzione del San Carlo cadde e Verdi si sentì praticamente sciolto da ogni precedente vincolo.
Il compositore pertanto si sentì libero di potersi dedicare a un nuovo progetto: comporre con Cammarano un’opera per Ricordi da darsi in qualsiasi teatro, eccezion fatta per il Teatro alla Scala. I tempi erano maturi per un’opera di fortissimo impatto risorgimentale e Cammarano propose di ritornare ai bei tempi dell’Italia medievale, e più precisamente alla Lega Lombarda che aveva sconfitto Federico Barbarossa nel 1175. La base di approccio poteva essere una trama già esistente del poeta francese Joseph Mery, ovvero il dramma “La Bataille de Toulouse” (1836) di Joseph Méry.
Verdi ne fu convinto, e cosi pure Ricordi.
“La Battaglia di Legnano” fu concepita proprio quando l’Italia era nel fiore delle proprie speranze e pensava che gli austriaci avrebbero lasciato per sempre il patrio suolo. Purtroppo però Cammarano era un librettista esigente e scrupoloso e l’opera venne pronta solo nel gennaio 1849. La prima dell’opera era fissata per l’apertura della stagione di Carnevale al Teatro Argentina di Roma. Luogo e tempo erano praticamente perfetti: Roma non aveva ancora ceduto alle cariche austriache. Pio IX non aveva ancora ben chiaro come poter capovolgere la situazione politica; il suo ministro Pellegrino Rossi era stato assassinato dai repubblicani; egli aveva poi licenziato le guardie svizzere rimanendo praticamente imprigionato nel Vaticano e riuscì a riparare a Gaeta solo in novembre, da dove cercò invano di trattare la propria libertà a Roma. A tutto questo si aggiunse il fatto che fu instaurata la Repubblica Romana di lì a poco (9 febbraio 1849), ossia una delle pagine più gloriose del Risorgimento stesso. In questo così fibrillante clima “La battaglia di Legnano” fu accolta da un entusiasmo alle stelle che si risolse addirittura nel bis dell’intero quarto atto.

Continuiamo il nostro percorso alle prese con il Verdi secondo Lamberto Gardelli con la proposta della “sua” “La Battaglia di Legnano” e notiamo due coincidenze con “Il corsaro” giustappunto ascoltato: la prima è che è stata l’opera successiva in ordine di rappresentazione al corsaro stesso; la seconda, a mio avviso più importante ai nostri fini, è che “Il corsaro” e “La battaglia di Legnano” sono state pensate per lo stesso tenore: Gaetano Fraschini. Il personaggio di Arrigo è un tenore appassionato, emotivo e lirico tanto nella vita amorosa quanto nella vena patriottica e Fraschini creò alcuni ruoli Verdi abbastanza diversi fra loro: appunto Corrado e Arrigo, ma anche il buon Stiffelio, nonchè Zamoro di “Alzira” fino al foco Riccardo.
A tal proposito molto interessante nonchè, a mio avviso, corretta sul mio stilistico, la scelta dell’Arrigo di Josè Carreras dopo aver già registrato nell’agosto del 1975 il ruolo di Corrado. Carreras canta assai bene la cavatina “La pia paterna mano”, in cui lo stile “durchkomponiert” della composizione porta ad un’estrema naturalezza compositiva che, a dispetto della regolarità del testo poetico, conduce a un’esposizione molto espressiva ed efficace. Il finale secondo che è un incredibile tour de force, specialmente se si considera che, per la prima e unica volta in un finale di queste dimensioni, Verdi ha eliminato del tutto la voce femminile. Inoltre l’elemento di contrasto viene fornito dalla tagliente voce tenorile di Arrigo, nel registro acuto la cui linea melodica si trova allo scoperto in alcuni punti cruciali e Carreras si disimpegna correttamente in questa parte. Dove Carreras pecca è il finale dell’opera in cui praticamente getta via ogni gusto nel fraseggio.
E sì che in questa registrazione aveva accanto Katia Ricciarelli che si conferma il soggetto su cui cade il maggior interesse del disco. Semplicemente sublime il brano di ingresso “Quante volte come un dono” da sfoggio di un magnifico smalto vocale. L’aria è di impronta chopiniana, ma non mediata dal Bellini de “Il pirata” bensì sperimentato direttamente e la Ricciarelli ne fa un bellissimo gioiello. Anche la successiva cabaletta di gioia “A frenarti, o cor, nel petto” è deliziosa e perfetta in tutti gli abbellimenti che la Ricciarelli sa trasmettere alla perfezione. Davvero una prova straordinaria!
Il momento forse più interessante dell’opera è la parte centrale del terzo atto, strutturata in una tesa scena che vede protagonista Lida cui segue un duetto della stessa con Rolando e un’aria, ancora di Rolando. Influenzato dalle caratteristiche vocali del primo Rolando, il baritono Filippo Colini, Verdi risolse questa momento puntando sulla nobiltà dell’accento e sulla tragica malinconia dell’espressione. A tal proposito forse Matteo Manuguerra non era il miglior baritono sulla piazza a fine anni Settanta però il duetto in questione lo esegue abbastanza dignitosamente, con ricchezza di sfumature e buona nobiltà d’accento e d’intento malinconico perchè rispecchiano proprio le doti di Filippo Colini. Infatti, quando deve invece risolvere brani di agilità o momenti concitati purtroppo prevale il timbro nasale e abbastanza duro nell’emissione.
Nicola Ghiuselev come Barbarossa privilegia una certa prepotenza vocale ma non mancano comunque le morbidezza. Decorosi tutti i comprimari e preciso il coro; da segnalare l’ottima e lussuosa presenza di Ann Murray quale Imelda.

Dopo il soggiorno parigino, Verdi inizia con quest’opera a essere più raffinato armonicamente e a prendere una strada stilistica più complessa. “La battaglia di Legnano” è quindi un’opera ibrida, di transizione e sperimentazione. Accanto alla migliorata esperienza nel maneggiare le scene di massa, c’è un evidente approfondimento di sensibilita poetica nei brani a solo. I sentimenti dei singoli personaggi non sono più monodirezionali come quelli che caratterizzano Ernani o Jacopo Foscari. Però curiosamente, questi stessi pregi che rendono tanto affascinante nei particolari “La battaglia di Legnano” ne diminuiscono la compattezza d'insieme. In quest’opera Verdi si muove nel terzo atto dal piano privato a quello pubblico tanto più facilmente in quanto ha ritratto i suoi personaggi in uno stile vasto e grandioso. È un’opera di buona coerenza formale anche se Verdi non è ancora giunto agli strabilianti picchi, per esempio, della trilogia popolare.
Gardelli è bravissimo a rendere i particolari armonici, ritmici e dinamici mentre, come spesso accade in lui, non ha l’ardore della personalità nel trovare soluzioni magari meno abituali. Gardelli ci restituisce la sinfonia è in modo davvero esemplare, di bella sonorità, equilibrio sonoro e timbrico e prosegue con grande precisione fino al superlativo finale secondo, un congegno sonoro praticamente perfetto e magniloquente. Gardelli non perde un colpo dal punto di vista della strumentazione ma il grave difetto è che la sua è una visione dell’opera sostanzialmente priva di ogni senso del teatro; la mancanza di una direzione narrativa spesso porta i cantanti a concentrarsi solamente sulle precisioni vocali ma non, magari, a un maggior senso della parola. Comunque nulla da dire, la direzione di Gardelli è davvero ottima, con una cura del dettaglio maniacale, ma forse il direttore mancava un poco di personalità per poter approvare a una più completa visione dell’opera.
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Re: Verdi secondo Lamberto gardelli - 2: La battaglia di Leg

Messaggioda DottorMalatesta » ven 16 giu 2017, 16:24

Ecco un grande Carreras nella cavatina di Arrigo:



e qui l´incisione completa:



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Re: Verdi secondo Lamberto gardelli - 2: La battaglia di Leg

Messaggioda VGobbi » ven 16 giu 2017, 18:47

Comunque, ragazzi Carreras non me lo ricordavo così fenomeno, capperi. Davvero ma davvero splendido e con un timbro di voce semplicemente divino.

Ringrazio nuovamente Le Prophete per la splendida disamina ed appena avrò tempo, sentirò anche questa Battaglia di Legnano, di cui ho sempre apprezzato e conosco solo la sinfonia.
Nemmeno noi siamo d'accordo con il gobbo, ma il gobbo è essenziale! Guai se non ci fosse!
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