Owen Wingrave (Britten)

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Owen Wingrave (Britten)

Messaggioda MatMarazzi » sab 03 set 2011, 15:01

Altri fantasmi

Il fantasma di Britten che tutti conoscono è il jamesiano Peter Quint che affligge il piccolo Miles nel Turn of the Skrew.
Ma non tutti sanno che Quint non è il solo fantasma che Britten abbia consegnato alla storia dell'opera.
Ce n'è un altro, assai meno famoso, sicuramente meno sconvolgente, ma che pure merita di essere conosciuto.
Anch'esso nasce da un racconto di James e anch'esso è stato traposto in libretto dalla Piper, la stessa che aveva scritto i versi del Giro di Vite.

Mentre il Giro di Vite è del 54, OWEN WINGRAVE è stato creato nel 1971.
La differenza è che questa seconda opera fu composta non per rappresentazioni sceniche - anche se in teatro c'è approdata quasi subito - ma per la televisione.
Fu infatti negli studi della BBC che venne per la prima volta allestita, sotto la direzione dello stesso Britten e con i cantanti a lui più cari e fedeli.
Molti anni dopo, nel 2005, venne realizzata una nuova produzione televisiva (Kultur) questa volta diretta da Nagano e con una regia di indicibile bruttezza di Margaret Williams (regia che ha il solo pregio di una gustosa ricontestualizzazione: la vicenda è infatti spostata nell'Inghilterra degli anni '50, in occasione della crisi di Suez).

Io vi propongo un confronto fra i video di queste due realizzazioni televisive, così simili per impianto eppure così lontane nel tempo (più di trent'anni di distanza), concentrando la nostra attenzione soprattutto sui cantanti.
Quest'opera infatti (ben più del Giro di Vite) prevede un grande numero di parti, tutte importanti: due tenori (il giovane Lechmere, il vecchio Sir Philip), due baritoni (Owen Wingrave e il professore Coyle), tre soprani (Miss Wingrave, Mrs Coyle e Mrs Julian) e un mezzosorpano (Kate Julian).


OWNE WINGRAVE (Benjamin Luxon vs Gerald Finley)
La vicenda ruota attorno alla ribellione di un ragazzo, figlio di un'Inghilterra bigotta e altera, che trova il coraggio di opporsi alla sua famiglia filo-militarista, dalle gloriose e antiche tradizioni belliche, dalle memorie cariche di eroi e votata al culto della morte in battaglia.
Nonostante i suoi successi ginnici e intellettuali all'Accademia militare a cui è iscritto, il giovane Owen si accorge di provare ripugnanza per la guerra.
Egli prende così una terribile decisione: sottrarsi al futuro di ufficiale che la famiglia ha scelto per lui.
Tutto questo lo porterà alla rovina: i parenti lo rinnegheranno, verrà scacciato e diseredato. Non di meno non intende venir meno al proprio proposito.
Per questo toccante personaggio, Britten ha scelto il registro baritonale, proseguendo così il cammino già aperto con Billy Budd.
Non deve però essere essere un baritono come ancora lo immaginiamo qui in Italia: un signore di mezz'età, con più del doppio dell'età del personaggio, voce pesante, occhi cattivo e accento "verdiano".
Il suo canto deve essere leggero nei colori, chiaro di timbro, moderno e giovane.
Oggi siamo pieni di eccellenti baritoni di questo tipo (quelli che qui su Operadisc chiamiamo "i coloristi all'anglosassone"), che fondano il loro repertorio su Mozart e i Lieder, sul lirismo del tardo-Ottocento francese, sul Musical, sul Barocco.
Ne esiste una vera e propria stirpe, che peraltro coltiva una recitazione moderna, spigliata, cinematografica e una grande piacevolezza d'aspetto.
Ai tempi di Britten invece questo tipo di cantante era una rarità. Allora trionfava il baritonone verdiano e wagneriano.
Si può dire che Britten abbia su questo fronte anticipato i tempi; questo però gli rendeva difficile, ai suoi anni, trovare interpreti giusti per questi baritoni giovani e sfumati.
Ad esempio per Owen Wingrave, interpellò un famoso cantante degli anni 70... meritevole, valoroso, ma assolutamente impresentabile come adolescente impetuoso e sensibile.
Appena Benjamin Luxon ci si presenta, maturo e con la faccia un po' cadente, ogni possibilità di credere nel personaggio svanisce.
Né riesce a riscattarsi come interprete, risultando anzi bolso, stracco, a tratti davvero penoso.
Nella produzione del 2005 al contrario giganteggia uno dei maggiori "coloristi" del nostro tempo, quel magnifico artista che è Gerald Finley.
Con lui si comincia a ragionare: Owen Wingrave respira e comunica la sua verità fin dalla prima sequenza. La forza e la dolcezza di questo cantante sono sufficienti a rendere imperdibile la Kultur del 2005.
Se proprio devo muovere una critica, direi solo che nel 2005 Finley appare già troppo grande anagraficamente.... è un giovanile quarantenne, non un sedicenne in crisi.
Ma questo è il problema dell'opera di cui stiamo parlando.
Ben tre personaggi (Owen, Lechmere e Kate) sono adolescenti, ragazzi trascinati dal loro idealismo e dai loro ardori.
Non è possibile prescindere da questo aspetto...
Né ha senso montare l'opera se non si dispone di tre ottimi cantanti ventenni.
Le due edizioni in oggetto sono lacunose proprio da questo punto di vista: nei personaggi maturi esibiscono artisti perfetti, ma non in quelli giovani (nonostante la grandezza di Finley e, come vedremo, della Baker).

LECHMERE (Nigel Douglas vs Hilton Marlton)
Tutto quello che Owen non è... si incarna nel suo compagno di studi,l'allievo ufficiale Lechmere, il tenor-giovane dell'opera.
Altrettanto bello e atletico, Lechmere ha in più di essere solare, cuor-contento, amicone sempre pronto allo scherzo e all'entusiasmo, deliziosamente stupido.
NOn è cupo e introspettivo come Owen; non riflette sulle ragioni della vita militare ma le accetta con eccitazione; ripete a pappagallo slogan bellici, fa il cascamorto con le ragazze (compresa la fidanzata di Owen), piace alle signore della buona società e si ringalluzzisce quando può discutere di strategie militari e atti eroici.
Anche nel suo caso (come per Owen e Kate) è necessario che la gioventù erompa da lui, vocalmente e fisicamente.
Ed è ancora da questo punto di vista che entrambe le edizioni (1971 e 2005) sfiorano il disastro.
Tanto Nigel Douglas, quanto Hilton Marlton sono goffi tenorini sui quaranta. Invece di comunicare un'esultanza virile, saltabeccano con ridanciana goffaggine. Il loro canto è fragile, la loro espressività leccata e volutamente sciocca.

IL PROFESSOR COYLE (John Shirley-Quirk vs Peter Savidge).
Finalmente un personaggio maturo.
Coyle è l'uomo che per primo raccoglie le confessioni di Owen; è il suo insegnate, il suo confidente, il suo modello e anche il suo unico amico; immalinconito militare di mezz'età, immagine di un padre che Owen non ha, Coyle prova un affetto sincero per i giovani che addestra.
E' con sofferenza che apprende la ribellione di Owen, sinceramente preoccupato per il disonore a cui il giovane andrà incontro.
Pur cercando di dissuaderlo, in realtà è fiero di come è disposto a combattere per i propri ideali.
Accetta di aiutare Owen riferendo la sua decisione alla terribile zia Jane, Miss Wingrave.
E soprattutto accetta di recarsi insieme al ragazzo alla tenuta di Paramore, dove tutta la famiglia riunita metterà sotto assedio il giovane per farlo tornare sui suoi passi.
Da un simile personaggio (anch'egli baritono) si potrebbe tirare fuori moltissimo: penso a cosa ne farebbe oggi un Keenlyside.
E invece i nostri due interpreti non vanno oltre una distinta sufficienza.
Savidge (2005) incontra tra l'altro alcune difficoltà di ordine vocale; meglio da questo punto di vista il celebre Shirley-Quirk voluto da Britten, cantante che (come Robert Tear sul fronte dei tenori) io ho sempre giudicato un tantino sovra-stimato.

MRS COYLE (Heather Harper vs Anne Dawson)
La moglie di Coyle è una tenera signora di mezz'età, di quelle ancora calde di sentimenti infantili, fragile e ingenua fino alla tenerezza.
Il non essere diventata madre giustifica il suo candore un po' sfiorito.
Naturalmente lei è l'unica che appoggia le scelte pacifiste di Owen: la tenerezza che prova per lui è quella non soltanto di una madre mancata ma anche, in qualche modo, di una donna di mezz'età che non ha scordato i propri sogni di ragazza (ne è prova l'avversione che prova per la fidanzata di Owen, Kate Julian).
Nel video "antico" il personaggio è meravigliosamente esaltato dalla grande Heather Harper, che ne trae un piccolo gioiello di sensibilità e poesia.
Anne Dawson, trenta anni dopo, non è da tanto.

MISS WINGRAVE (Sylvia Fisher vs Josephine Barstow)
Prozia di Owen, Jane Wingrave è una di quelle parti immense che Britten sapeva consegnare alle sue vecchie dive.
Inflessibile, spietata, di una durezza che muove il terrore, la Zia di Owen domina il cupo maniero di Paramore.
Avvolta dalle tele sinistre degli avi morti sul campo di battaglia, in eterno lutto, è la memoria di un destino ineluttabile.
Il personaggio è la diretta continuazione dei ruoli che Britten ha composto per la gloriosa Joan Cross. Ovviamente non poteva essere lei a creare anche Miss Wingrave nel 1971 (anche se il suo spirito aleggia su ogni nota) e così Britten si rivolse alla poderosa Sylvia Fisher, la più celebre Kostelnicka anglosassone e, all'epoca del Wingrave, già più che sessantenne.
Il suo canto mantiene una sicurezza ammirevole e una facilità di slanci da restare impressionati. Anche scenicamente - il muso duro, i lineamenti tesi e cattivi di una Varnay australiana, con un tocco da Miss Marple - la Fisher è semplicemente grandiosa.
E tuttavia occorre riconoscere che la Josephine Barstow del 2005 si eleva ad altezze incomparabili. Divenuta la maggiore specialista dei ruoli Cross fra gli anni '90 e 2000, la Bartstow imprime al personaggio ancora più immediatezza e varietà di effetti. Con una mobilità mimica da attrice consumata e una voce ancora dalle sfumature e dai contrasti infiniti, la Barstow tratteggia una vecchia matriarca da annali dell'Opera.

GENERALE SIR PHILIP WINGRAWE (Peter Pears vs Martin Hill)
Benché sia la regina dei Wingrave, non è la zia a detenere il "potere di firma". Questo spetta ancora a suo fratello, il vecchiossimo, cadente e semi-distrutto nonno di Owen, il vecchio Sir Philip, generale in pensione.
Ciò che lo mantiene in vita e lo alimenta è il dolore incancellabile per la morte del figlio (il padre di Owen) ovviamente caduto sul campo di battaglia, un dolore trasformato in orgoglio quasi patologico, in culto del sacrificio della propria vita.
Sarà il vecchio Sir Philip che deciderà, dopo un drammatico colloquio con Owen, di scacciare il ragazzo e diseredarlo.
La parte (scirtta per il grande Peter Pears) è uno splendido cammeo operistico, per tenori antichi e un tempo gloriosi.
Per renderla ancora pià allettante, Britten (come aveva affidato a Pears, creatore del fantasma del Giro di Vite, l'intenso prologo dell'opera) destina all'interprete di Sir Philip uno splendido interludio "narrativo".
Infatti all'inizio del secondo atto, in veste di narratore, all'interprete del vecchio è affidata una triste, sinistra e splendida Ballata con un coro di bambini: There was a boy
In questa ballata viene raccontata una strana storia della famiglia Wingrave.
Più di un secolo prima, si racconta, un piccolo Wingrave giocava con un amico nel cortile di Paramore.
A seguito di una provocazione, l'amico lo aveva sfidato a battersi, ma il bambino si era rifiutato.
Il padre, assistendo alla scena, aveva provato vergogna per la codardia del figlio, tanto che, condottolo in una stanza, lo aveva percosso fino a provocarne la morte.
Il giorno dopo, però, anche il padre era stata trovato morto nella stessa stanza in cui era morto il figlio, stanza che da quel momento è considerata maledetta.
La leggenda vuole che i due spettri ancora vi abitino; tanto che nessuno ha più osato dormirvi.
Nella duplice veste di Sir Philip e Ballad Singer (Narratore) il vecchio Peter Pears è naturalmente grandioso. Solo a tratti si ha la sensazione che ecceda un poco nel caricaturizzare il vecchio generale. La nobilità e la terribile fragilità del padre distrutto richiederebbe invece un'estrema serietà di approccio.
Pears resta comunque incomparabilmente superiore al povero Martin Hill (2005), che qui sentiamo nella Ballata.



MRS JULIAN (Jennifer Vyvyan vs Elizabeth Gale)
Nel raduno a Paramore - a loro volta coinvolte nel tentativo di far tornare Owen sui suoi passi - sono ospiti anche Mrs Julian e la figlia Kate.
La loro famiglia - per niente ricca, anzi ridotta a mal partito - è legata da antichi rapporti a quella dei Wingrave; tanto che la giovane Kate è fidanzata con Owen.
Ovviamente questo matrimonio è disperatamente voluto dalla madre, Mrs Julian, donna logorata dalla povertà tanto da essersi trasformata in un'avida e imbarazzante piaggiatrice. E' con vero furore che accoglie il tradimento Owen e non tanto per ragioni ideali: il matrimonio salterà e lei e Kate torneranno al loro stato di miseria.
La parte ha dato modo a Britten di offrire un'ultima creazione a una delle sue più grandi cantanti: la grandissima Jennipher Vyvian (fra l'altro prima Istitutrice del Giro di Vite) che impone con discrezione e fierezza tipicamente british un personaggio di tormentata evidenza.
Non le è inferiore, però, Elizabeth Gale (2005) che negli ultimi vent'anni si è fatta una specialità dei personaggi ...acuti e petulanti scritti da Britten (ad esempio quelli composti per Margaret Ritchie: Lucia della Lucretia e Miss Wordsworth dell'Albert Herring).
Ovviamente il personaggio ne risulta molto diverso: quanto era stata tragica e altera la Vyvian, tanto patetica e finemente grottesca sarà la Gale.
Alla fine comunque splendide entrambe, anche se la scrittura acuta del ruolo le mette un poco in difficoltà.

MISS KATE (Janet Baker vs Charlotte Hellekant)
Con grandissimo intuito, Britten affida il personaggio femminile più giovane, la fidanzata di Owen, alla corda di mezzosoprano.
E' una chiara continuità rispetto a Lucretia, creata dalla Ferrier.
Il personaggio è anche psicologicamente interessantissimo. Anche Kate infatti si oppone con disperazione al "gran rifiuto" di Owen, ma non per interesse, come la madre.
Ciò che la angoscia è il dubbio che Owen non sia abbastanza uomo: nei suoi sogni di ragazza, il suo innamorato doveva essere non soltanto bello e intelligente, ma soprattutto forte, cavalleresco e coraggioso.
Invano il povero Owen si affanna ad argomentare le profonde ragioni ideali della sua scelta: fa solo peggio! Peggio di un fidanzato che rifiuta di farsi bello in battaglia, c'è solo il fidanzato che disquisisce filosoficamente sul pacifismo.
Sarà lei che, nel drammatico colloquio finale (dopo che lui è stato diseredato dallo zio), provocherà la tragedia, chiamandolo "codardo".
Per Owen - che al contrario si sentiva eroico per aver sfidato la famiglia, secoli di patriottismo e per esser pronto ad affrontare povertà e disonore - l'ingiuriosa qualifica della fidanzata è lo schiaffo peggiore.
E così si offrirà, per provare il proprio coraggio, di trascorrere tutta la notte chiuso nella stanza maledetta.
Tornando a Kate, il suo problema (come per Owen e per Lechmere) è la sua gioventù.
Non si dovrebbe nemmeno partire con un progetto di produzione senza disporre prima di un'interprete realmente giovane, che possa rendere conto dell'ingenuità appassionata del personaggio, della sua esuberanza, dei suoi afrori puberali.
E invece, ancora una volta, entrambe le edizioni presentano artiste troppo mature per far passare questo determinante aspetto del personaggio.
E tuttavia Britten non sbagliò ad affidare la creazione di Kate a Janet Baker, una delle maggiori personalità vocali del '900, il cui canto ha tali e tante sfumature e la cui recitazione è talmente moderna e plastica da farci presto dimenticare che il suo aspetto è piuttosto di una graziosa zitella quarantenne.
La Hellekant è molto bella, molto espressiva, ma oltre a non comunicare nemmeno lei l'ardore dei sedici anni, non possiede un quarto della personalità della Baker.


Ora giustamente vorrete sapere come l'opera va a finire...
La mattina dopo, quando Kate aprirà la porta maledetta, troverà riverso al suolo il cadavere di Owen.
Che l'abbiano ucciso gli spettri, che si sia ucciso da solo, che qualcuno lo abbia ucciso... sono cose che né Britten, né James ci rivelano.
E in fondo non sono nemmeno importanti.

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Re: Altri fantasmi

Messaggioda pbagnoli » sab 03 set 2011, 17:53

Matteo, grazie: questo è un pezzo semplicemente grandioso.
Non conosco proprio quest'opera di Britten, ma le tue osservazioni sono - come al solito - istruttive e ricche di interesse. E questo ci permette di aprire un inciso importante.

Uno dei capisaldi del nostro sito è l'ambizione nemmeno troppo nascosta di contribuire modestamente ma puntigliosamente a fissare le "regole" del canto non come dovrebbe essere a seguire pedissequamente i vecchi manuali di canto, ma com'è diventato nell'arco dei secoli grazie al lavoro dei musicisti, in primis, e degli interpreti in seconda battuta.
Le tue osservazioni sui baritoni coloristi all'inglese dovrebbero essere pubblicate su un manuale di canto.
E lo stesso quello che dici sulla Barstow che io, come molti appassionati, conobbi grazie all'incisione del Ballo in maschera di Karajan. Incisione sbagliata, ovviamente: era lontana le mille miglia dal personaggio. E tuttavia, ascoltata nel repertorio giusto, cantante grandiosa: la sua Gloriana, per esempio
"Dopo morto, tornerò sulla terra come portiere di bordello e non farò entrare nessuno di voi!"
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Re: Altri fantasmi

Messaggioda Maugham » mar 06 set 2011, 9:16

pbagnoli ha scritto:Matteo, grazie: questo è un pezzo semplicemente grandioso.
Non conosco proprio quest'opera di Britten,


Mi associo ai complimenti.
Gran bel pezzo.
Ho visto anch'io le due edizioni dell'opera.
E con mia grande sorpresa ho riscoperto la grandezza della Baker, cantante che negli ultimi anni avevo quasi dimenticato.
Un'interprete "vittima" dei furori cellettiani (ricordate il mantra delle "cantanti frigide cresciute a brodini e te freddi"? :D :D ) che invece stacca di prepotenza molte sue colleghe in una lettura di incredibile modernità. Stiamo parlando di una registrazione ormai antica di quasi mezzo secolo...
Aggiungo una nota sulla direzione.
Ho ascoltato per prima l'edizione di Nagano. E devo dire di essere rimasto colpito dall'asciuttezza e dalla chiarezza dell'ordito orchestrale. Unico neo. In alcuni momenti l'orchestra mi è sembrata poco incisiva ed ho attribuito questa sensazione ad una precisa scelta del compositore.
Poi ho sentito l'edizione di Britten e mi si è aperto un mondo. Premetto che non sono un entusiasta sostenitore del Britten diretto da Britten. Certe scelte così programmaticamente brechtiane ed antiemotive in orchestra mi hanno sempre lasciato freddo sebbene razionalmente ammirato (in specie Grimes e Billy Budd). Qui invece l'orchestra è davvero un personaggio che amplifica e suggerisce il non detto e la fredda, cinica "non espressività" del tessuto sinfonico riesce a creare momenti di agghiacciante e autentico terrore. Ascoltare le quasi continue fanfare militari che risuonano per il vecchio maniero con un'espressività sarcastica e feroce. In Nagano sono solo ottoni dall'intonazione perfetta.
Ciao
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Re: Altri fantasmi

Messaggioda Bertarido » gio 08 set 2011, 11:44

PBagnoli ha scritto:Uno dei capisaldi del nostro sito è l'ambizione nemmeno troppo nascosta di contribuire modestamente ma puntigliosamente a fissare le "regole" del canto non come dovrebbe essere a seguire pedissequamente i vecchi manuali di canto, ma com'è diventato nell'arco dei secoli grazie al lavoro dei musicisti, in primis, e degli interpreti in seconda battuta.

:shock: :shock: :shock: oddio! non bastava il CDG, ora anche voi vi mettete a fare i talebani!! per carità un pò di leggerezza e ironia in più!
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Re: Altri fantasmi

Messaggioda pbagnoli » gio 08 set 2011, 14:20

Bertarido ha scritto:
PBagnoli ha scritto:Uno dei capisaldi del nostro sito è l'ambizione nemmeno troppo nascosta di contribuire modestamente ma puntigliosamente a fissare le "regole" del canto non come dovrebbe essere a seguire pedissequamente i vecchi manuali di canto, ma com'è diventato nell'arco dei secoli grazie al lavoro dei musicisti, in primis, e degli interpreti in seconda battuta.

:shock: :shock: :shock: oddio! non bastava il CDG, ora anche voi vi mettete a fare i talebani!! per carità un pò di leggerezza e ironia in più!

Non è talebanesimo, Berto.
E' una nostra piccola battaglia.
A noi non interessano le regole se esse si pongono come paletti che vincolano l'estro e la fantasia dell'interprete.
Troviamo molto più interessante e appagante vedere quello che hanno fatto gli interpreti per cambiare le regole del gioco nel corso dei secoli.
E' per questo che abbiamo chiamato il sito "Operadisc": perché i dischi hanno fissato questo percorso interpretativo al di là di ogni tradizione orale.
Anzi, direi che proprio la curiosità per questo percorso, per le sue evoluzioni e carambole, esclude ogni talebanesimo.

Io credo che quello che Matteo ha scritto su un tema come Owen Wingrawe sia assolutamente esemplare in tal senso, ma può darsi che mi sbagli.
Non credo :D
Salutoni!
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Re: Altri fantasmi

Messaggioda MatMarazzi » sab 10 set 2011, 11:05

Ciao a tutti.
Concordo con quanto scritto da Maugham a proposito dei direttori.
Anzi, vorrei specificare che - più che un merito di Britten - il confronto va a demerito di Nagano che, almeno fondandomi sulle tanto occasioni dal vivo e in disco in cui l'ho sentito, pecca spesso di anti-teatralità.
E' a mio parare una caratteristica dei direttori dell'Est: incaponirsi sul linguaggio, quindi sul suono, sull'architettura, ma non comprendere fino in fondo cosa quel linguaggio vorrebbe svelare.
Avevo questa sensazione - tanti anni fa - persino con Ozawa; lui però a un certo punto è come esploso.
E' come quando si studia una lingua, se ne conoscono le regole e la sintassi, ma non ci si sente veramente sè stessi usandola; poi a un certo punto, improvvisamente, è come se qualcosa si illuminasse e tutto diventa naturale, immediato.
Lo stesso per me è successo a Ozawa negli ultimi anni '90. A Nagano (bravissimo per carità) deve ancora succedere.

Venendo a quelle due regine che sono la Baker e la Barstow, avete ragione (Pietro e Maugham) a scandalizzarvi sulla miopia e ignoranza dei nostri vecchi critici di una volta, quelli degli anni 70 e 80.
Sono state due delle maggiori personalità musicali del '900, dalle vocalità impressionanti tecnicamente e fisicamente.
E questi video ce le restituiscono al meglio delle loro possibilità.

Salutoni,
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