Guillaume Tell (Rossini)

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Re: Guillaume Tell Gardelli

Messaggioda teo.emme » lun 24 gen 2011, 21:13

MatMarazzi ha scritto:Quanto alla questione della traduzione, veniamo a Teo.emme.


In realtà il mio discorso riguarda solo in parte l'affaire della traduzione ritmica del Tell (invero pessima).

Sgombro subito il campo dalla questione di Giudici: il mio era ovviamente un motto di spirito...stigmatizzavo l'uso e - più spesso - l'abuso da parte di Giudici dell'espressione "retrovia culturale", con cui bolla (a marchio d'infamia), qualsiasi personale "sgradimento". Lo si nota soprattutto negli aggiornamenti al suo voluminoso volume, dove l'utilizzo di suddetta espressione segna semplicemente tutto ciò che non incontra il suo gusto: spesso è dispensata a sproposito e, sovente, contraddice quanto scritto nelle parti non sottoposte a revisione (laddove si legge che la medesima circostanza può essere segno di progresso come segno di regresso, ad uso e consume delle "lune" dell'autore dello scritto)... Ma lasciam stare e occupiamoci di faccende più serie.

Innanzitutto confermo quanto scritto in merito al belcanto, proponendo le tue stesse obiezioni in merito: non si può ragionare storicamente con l'atteggiamento del giudice che sentenzia. La prospettiva storica in cui si inserisce il Tell di Chailly, infatti, non può e non deve essere sottovalutata (come non la sottovaluto in merito al melodramma italiano). Nessuno mette in discussione i problemi e le ingenuità (quando non gli errori), tuttavia non si può considerare come anche nel '79 l'impegno di una grossa major del disco in un'operazione quale l'incisione in studio di un Guglielmo Tell integrale (laddove la "lacuna culturale" già era stata colmata dall'incisione di Gardelli) è cosa che non può essere liquidata come operazione di retrovia.

Questo in linea di principio

Quanto alla traduzione italiana: è assodato come spesso le versioni ritmiche italiane (dell'epoca) fossero scadenti e, cosa gravissima, falsassero i rapporti musicali e i valori delle note (richiedendo, spesso, pesanti interventi onde modificare la prosodia originale, al fine di inserire i diversi contenuti metrici in strutture musicali nate per tutt'altre forme). Tra le tante traduzioni quella del Guillaume Tell (non mi infastidisce affatto il titolo originale, non temere, lo conosco perfettamente) resta una delle peggiori della storia dell'opera: non solo, infatti, costringe ad una edulcorazione dei contenuti più "rivoluzionari" del testo, ma, purtroppo comporta SPESSISSIMO, l'alterazione della struttura musicale, vanificando e banalizzando l'autentica lezione rossiniana. Lo spiega bene Gossett nel suo recente saggio, con esempi pratici e concreti. Poco importa, poi, il fatto che l'autore avesse prestato il consenso a tale versione (nel caso del Tell, peraltro, ciò non risulterebbe da alcuna fonte): all'epoca l'integrità del lavoro sfuggiva ben presto alle mani del suo autore il quale poteva accettare le modifiche o biasimarle, senza tuttavia poter intervenire per porre dei freni (ci provò Verdi con l'inserimento di clausole ad hoc nei contratti di commissione, ma con scarsi o nulli risultati). E quindi? Ovviamente il Tell italiano è la pallida fotocopia del Guillaume Tell francese. Ovviamente la lingua originale, in questo caso soprattutto, andrebbe preferita punto. Eppure non si può non tener conto della particolare situazione del mercato discografico di 30 anni fa... Quanto appeal avrebbe avuto l'edizione originale (atteso lo scarso successo di quella targata EMI, che - tant'è vero - sparì presto dai cataloghi per tornare solo recentissimamente ed in nuova veste super economica)? Questo non giustifica la DECCA, ma in un certo senso la perdona. Già pareva un lusso avere un secondo Tell inciso in studio e perfettamente integrale. Storicamente la scelta dell'italiano - oggi giustamente improponibile - è comprensibile. Non dimenticare, poi, che solo una decina d'anni prima la stessa casa impose a Bonynge i tanti tagli subiti da Semiramide, per permettere che rimanesse entro un numero limitato di facciate.

Ben diversa è, invece, la questione della tendenza a "recuperare la lingua originale per ogni opera: non si eseguivano più le opere tedesche in italiano o quelle italiane in tedesco...e questo specialmente nel caso del prodotto discografico, che aveva ambizioni più universali che non il singolo teatro": davvero era così diffusa negli anni '70? Quanto tempo c'è voluto per un Don Carlos in lingua originale? E quanto ce ne vorrà per un Vepres in francese (in studio e ufficiale)? Non parliamo poi di Favorite e Dom Sebastien. Per non dire del Moise, del Siege o di Medée... Certo non si eseguiva più Wagner in italiano, ma la proposta di opere francesi di compositori italiani in lingua originale, era ancora poco praticata.

Anch'io sono abbastanza vecchio per poter aver visto il Tell di Muti. Ecco, quella sì operazione più grave di retrovia (per usare l'espressione). Incomprensibile in tale occasione, se si pensa ai passi che la filologia aveva nel frattempo compiuto, nonché la dimestichezza - anche del pubblico scaligero - con opere in lingua originale (Muti non ebbe le stesse remore, qualche anno più tardi con la Vestale).

(Ps: quali scelleratezze filologiche compì nel Moise? Lo chiedo non per polemica, ma per informazione: non vidi l'opera in teatro, né ho mai visto il DVD dell'occasione...sarei curioso di aggiungere ulteriori capitoli all'affaire Muti vs. Filologia: al primo posto metterei il finale wagneriano dell'Iphigénie di Gluck...)

Sulla maggior o minore "bravura" di Chailly e Muti: giustamente scrivi che è opinione personale. Io preferisco Chailly. Ovviamente non condivido quanto scrivi sulla presunta incapacità di Chailly di rendere le atmosfere del Tell o il suo indulgere nella pomposità noiosa. Io trovo sia l'esatto contrario: ma, ripeto, sono gusti. E i gusti non si discutono.
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Re: Guillaume Tell Gardelli

Messaggioda pbagnoli » lun 24 gen 2011, 21:33

Ottima disamina, teo: concordo con te sul concetto di "gusti", sui quali non si discute.
E tuttavia, se volessimo tentare di estrapolare qualche "assoluto", l'idea di un Tell (semplifichiamo il titolo) come quello proposto da Chailly anche a me dà l'idea di un'operazione piuttosto bizzarra. Non lo vogliamo chiamare "operazione di retroguardia"? Chiamiamolo "provinciale", allora: fatto si è che, negli esiti, a me non sembra molto diverso dai cast delle registrazioni mutilate Anni Cinquanta.
Se poi mi dici: "bellezza orchestrale", "protoromanticismo", "bellezza di suoni", "compattezza orchestrale", "lavoro di squadra" e "nonc'entranullamaquantoèbravopavarotti", va bene, allora sono con te.
Ma quanto a fedeltà testuale e appropriatezza stilistica, anch'io ho l'impressione che Gardelli avesse fatto qualcosa di più:
:arrow: proponendo il testo originale
:arrow: affidando Arnold a Gedda che, quanto meno, qualcosa in più a che spartire con il mondo di Nourrit ce l'aveva
:arrow: affidando Mathilde alla Caballé il che, sulla carta, era una scelta interessante. Non so quanto abbia condiviso la catalana con il mondo e il repertorio di Laura Cinti Damoreau. Occorrerebbe afflato lirico, sensibilità romantica, ampiezza dell'espressione, sbalzo, urgenza espressiva... In realtà nessuna di quelle che ha inciso questo ruolo aveva nel proprio DNA le caratteristiche della cantante per cui questo ruolo fu pensato, ma la Caballé, in quegli anni, non era una scelta azzardata
:arrow: nonostante le tue perplessità, affidando Tell a Bacquier. Il quale non poteva essere un Dabadie, d'accordo, ma Milnes - che pure io amo in tantissimi ruoli, anche verdiani - sarà sensibilmente peggio nel suo ricorso perenne al birignao espressivo

A mio parere, come ho scritto, Muti arriverà nonostante la lingua sbagliata all'esatta quadratura stilistica, ma solo con l'orchestra e il tenore, poiché il resto del cast è ancora meno singolare. Ma il tenore è davvero straordinario, secondo me.

Belle argomentazioni, davvero: grazie di portare un po' di pepe alle discussioni!!! :D
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Re: Guillaume Tell Gardelli

Messaggioda Rodrigo » lun 24 gen 2011, 22:01

teo.emme ha scritto:(Ps: quali scelleratezze filologiche compì nel Moise? Lo chiedo non per polemica, ma per informazione: non vidi l'opera in teatro, né ho mai visto il DVD dell'occasione...sarei curioso di aggiungere ulteriori capitoli all'affaire Muti vs. Filologia: al primo posto metterei il finale wagneriano dell'Iphigénie di Gluck...)


Mi inserisco, a rischio di dire cose magari non del tutto aggiornate (e ringrazio chi vorrà correggere o integrare), per scrivere quello che so.
Salvo errore a tutt'oggi del Moise non è ancora stata approntata l'edizione critica. Subito dopo la prima all'Opéra venne però data alle stampe la partitura che, sia pure con tutti i distinguo del caso, rappresenta il testo "più vicino" a quanto ascoltarono gli spettatori parigini. Infatti, come accade spesso in queste circostanze, è possibilissimo che il testo pubblicato in alcuni punti e per i più vari motivi non rispecchi del tutto la volontà "definitiva" di Rossini (mancanza delle modifiche decise dell'ultimo momento, errori, ecc.).
Su un punto, però, la fonte a stampa è chiarissima: l'opera - a differenza di quanto avviene della versione napoletana - non si conclude affatto con il brano strumentale che corrisponde all'affogamento degli egiziani, ma con un coro intonato dagli ebrei come ringraziamento per la salvezza miracolosamente raggiunta. Nella concertazione proposta da Muti, alla Scala come a Salisburgo e a Roma, questo coro è sempre tagliato per concludere la rappresentazione con il celeberrimo finale (che finale non è) orchestrale. La consuetudine di terminare l'opera in questo modo peraltro è caratteristica di tutte le riprese novecentesche del Moise (Serafin, Sawallisch). In queste riprese l'opera veniva inoltre ritradotta in italiano - recuperando in parte il libretto del Mosè napoletano di A. L. Tottola - e spesso alleggerita di altri numeri quali le danze e il duetto Faraone-Amenofi.
Saluti.
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Re: Guillaume Tell Gardelli

Messaggioda teo.emme » lun 24 gen 2011, 22:31

Rodrigo ha scritto:
teo.emme ha scritto:(Ps: quali scelleratezze filologiche compì nel Moise? Lo chiedo non per polemica, ma per informazione: non vidi l'opera in teatro, né ho mai visto il DVD dell'occasione...sarei curioso di aggiungere ulteriori capitoli all'affaire Muti vs. Filologia: al primo posto metterei il finale wagneriano dell'Iphigénie di Gluck...)


Mi inserisco, a rischio di dire cose magari non del tutto aggiornate (e ringrazio chi vorrà correggere o integrare), per scrivere quello che so.
Salvo errore a tutt'oggi del Moise non è ancora stata approntata l'edizione critica. Subito dopo la prima all'Opéra venne però data alle stampe la partitura che, sia pure con tutti i distinguo del caso, rappresenta il testo "più vicino" a quanto ascoltarono gli spettatori parigini. Infatti, come accade spesso in queste circostanze, è possibilissimo che il testo pubblicato in alcuni punti e per i più vari motivi non rispecchi del tutto la volontà "definitiva" di Rossini (mancanza delle modifiche decise dell'ultimo momento, errori, ecc.).
Su un punto, però, la fonte a stampa è chiarissima: l'opera - a differenza di quanto avviene della versione napoletana - non si conclude affatto con il brano strumentale che corrisponde all'affogamento degli egiziani, ma con un coro intonato dagli ebrei come ringraziamento per la salvezza miracolosamente raggiunta. Nella concertazione proposta da Muti, alla Scala come a Salisburgo e a Roma, questo coro è sempre tagliato per concludere la rappresentazione con il celeberrimo finale (che finale non è) orchestrale. La consuetudine di terminare l'opera in questo modo peraltro è caratteristica di tutte le riprese novecentesche del Moise (Serafin, Sawallisch). In queste riprese l'opera veniva inoltre ritradotta in italiano - recuperando in parte il libretto del Mosè napoletano di A. L. Tottola - e spesso alleggerita di altri numeri quali le danze e il duetto Faraone-Amenofi.
Saluti.


Sì, ad oggi non esiste alcuna edizione critica (come per il Siége peraltro).

Circa il cantico finale - n° 17 della partitura - voglio verificare cosa fa Muti nel DVD ripreso dalla Scala. In effetti a Roma lo taglia, ma sul programma di sala dell'edizione scaligera è presente: e se ne parla diffusamente. Il brano è, invece, ben presente nell'edizione del ROF diretta da Jurowski.
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Re: Guillaume Tell Gardelli

Messaggioda teo.emme » lun 24 gen 2011, 22:58

Certamente Gardelli opta per una scelta testuale più corretta. Anche la scelta di Gedda è più coerente con il mondo di Nourrit, ma Pavarotti lo è forse di più con quello Duprez (e in un Tell italiano non mi pare scelta azzardata). La Caballé resta però una scelta problematica - vista l'ambivalenza del personaggio - soprattutto negli impegnativi recitativi, che costituiscono la parte più importante del ruolo, e in cui la dizione farfugliata e il fraseggio immobile della catalana naufraga palesemente! Matilde rivela, secondo me, tutti i limiti anche vocali della Caballé. Bacquier, invece, mi pare insufficiente: non mi sembra possedere lo stile consono (neppure Milnes l'aveva, ma almeno era vocalmente più a posto), ha un'emissione stentorea, difficoltosa nelle poche ornamentazioni, abbastanza volgare e rozza (che nulla c'entra con il declamato che caratterizza il personaggio: declamato tragico, quasi raciniano, non "wagneriano"), Dabadie, del resto, non fu solo il primo Belcore (che pure richiede un certo bagaglio tecnico vocalistico), ma pure il primo Pharaon del Moise e Raimbaud del Comte Ory, nonché Pietro nella Muette de Portici. E poi, grosso problema dell'edizione di Gardelli, è il livello dei comprimari: davvero scarso.
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Re: Guillaume Tell Gardelli

Messaggioda beckmesser » mar 25 gen 2011, 0:23

Rodrigo ha scritto:Su un punto, però, la fonte a stampa è chiarissima: l'opera - a differenza di quanto avviene della versione napoletana - non si conclude affatto con il brano strumentale che corrisponde all'affogamento degli egiziani, ma con un coro intonato dagli ebrei come ringraziamento per la salvezza miracolosamente raggiunta.


Mah, in realtà non mi sembra poi così chiara come situazione: nella partitura d'orchestra pubblicata da Troupenas il Cantique non c'è e l'opera si conclude con la scena del Mar Rosso. Si trova invece nello spartito canto-piano pubblicato dallo stesso editore contemporaneamente. Al momento, non ci sono nemmeno elementi per chiarire se il Cantique fu eseguito alla prima oppure no. A fronte di una tale situazione, non mi sembra possa accusarsi Muti di una irregolarità filologica nell'ometterlo...

Saluti,

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Re: Guillaume Tell Gardelli

Messaggioda Rodrigo » mar 25 gen 2011, 20:28

Sinceramente non ricordavo che la partitura omettesse il Cantique a differenza dello spartito. Grazie per l'importante precisazione.
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Re: Guillaume Tell Gardelli

Messaggioda stecca » mar 25 gen 2011, 20:33

secondo me la caballè in quella edizione è vocalmente parlando la quintessenza della meraviglia delle meraviglie, nel rondò pour notre amour poi è da buttarsi per terra e sbucciarsi le ginocchia, una roba celestiale che ogni volta che la sento rimango a metà fra l'allibito e il devoto.
Scusate si sa che io la amo ma il 1972 è l'anno di grazia assoluto e ogni cosa che ha fatto (le ho tutte in disco e live) è sublime, poi può piacere più o meno come gusto o interpretazione ma su quel canto c'è poco da dire ritengo...

p.S. vedo che io e l'estensore della recension ein home abbiamo proprio gli stessi gusti.... : Chessygrin : : Chessygrin : : Chessygrin : : Chessygrin : : Chessygrin : : Chessygrin : : Chessygrin : : Chessygrin : : Chessygrin : : Chessygrin :
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Re: Guillaume Tell Gardelli

Messaggioda MatMarazzi » gio 27 gen 2011, 13:02

beckmesser ha scritto:Mah, in realtà non mi sembra poi così chiara come situazione: nella partitura d'orchestra pubblicata da Troupenas il Cantique non c'è e l'opera si conclude con la scena del Mar Rosso. Si trova invece nello spartito canto-piano pubblicato dallo stesso editore contemporaneamente. Al momento, non ci sono nemmeno elementi per chiarire se il Cantique fu eseguito alla prima oppure no. A fronte di una tale situazione, non mi sembra possa accusarsi Muti di una irregolarità filologica nell'ometterlo...


Scusa Beck, nemmeno io ero al corrente di questa differenza fra le due pubblicazioni di Troupenas (ma non esiste anche un autografo a Parigi?) e ti sono grato di avercela fatta presente.

E tuttavia mi chiedo che senso ha che un librettista - nell'adattare per l'Accademie un'opera seria italiana - vi aggiunga ex-novo un brano, come il cantico finale (producendo così una "voluta" e radicale alterazione drammaturgica rispetto all'originale, che proprio da quel finale pantomimico e stranissimo aveva tratto la sua fama)... e poi tratti quello stesso cantique come un "licet"... Può esserci o può non esserci... è irrilevante! :)

Idem se vediamo la cosa dal punto di vista di Rossini, che, per Parigi, accettò di comporre appositamente la nuova musica del cantico.

Pensiamoci... Evidentemente ci dovevano essere delle ottime ragioni - per i librettisti francesi - dietro a una scelta impegnativa come quella di cambiare proprio il celebre finale dell'opera. ...Ragioni tanto forti che lo stesso Rossini le aveva accettate...

Sarebbe interessante capire quali fossero queste ottime ragioni...
Ma in questa sede ci basta ribadire che furono ragioni "forti" (molto più forti che l'inserimento di ballabili)...
Ora noi dovremmo accettare che ragioni tanto forti... siano potute venir meno senza problema...
E che il brano si possa mettere o togliere... tanto la dupplice lezione dataci dal primo editore lo autorizza!

Scusa, ma no! Non mi convince.
Il fatto che Troupenas abbia soppresso in partitura il cantique è un elemento su cui interrogarsi, hai perfettamente ragione...
(meno rivelatrice sarebbe l'eventuale scoperta della soppressione del coro in occasione della prima recita, cosa che potrebbe facilmente spiegarsi anche solo con un problema tecnico).
E tuttavia mi pare che non ci sia dubbio che il cantique rientra nel progetto stesso del "Moise" francese, ne sia parte integrante, fondamento genetico e che non vi sia alcuna giustificazione "filologica" alla sua soppressione a teatro.

Se devo dirla tutta, io penso che Muti non abbia operato questa scelta - tanto alla Scala quanto a Salisburgo - perché mosso da profonde considerazioni filologiche, ma semplicemente perché non sapeva scegliere tra la versione francese (più fastosa e piena di effetti orchestrali, come piace a lui) e il finale italiano (che in tutte le aule di storia della musica viene citato per la sua importanza).

dici che sbaglio?

Salutoni,
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Re: Guillaume Tell Gardelli

Messaggioda beckmesser » gio 27 gen 2011, 18:23

MatMarazzi ha scritto:(ma non esiste anche un autografo a Parigi?)


Sfortunatamente no, e questo è il problema delle opere francesi di Rossini (Tell a parte): i manoscritti (che poi erano manoscritti molto sui generis: autografi erano solo i pezzi nuovi, mentre di quelli tratti da opere preesistenti Rossini scriveva solo, e nemmeno sempre, le parti vocali con il nuovo testo, e il resto era poi completato da copisti) venivano ceduti a Troupenas per la stampa delle partiture che, ahinoi, li ha poi dispersi, integri o prima smembrati, con la conseguenza che o sono perduti del tutto, come il Comte Ory, o lo sono in buona parte, come appunto Moïse, di cui sopravvivono alcuni pezzi in giro per il mondo. Credo di ricordare che Gossett racconti da qualche parte che il manoscritto dell'aria di Anaï del IV atto è nella collezione privata di un qualche riccastro che si rifiuta categoricamente di mostrarlo a chicchessia (e, dal tono in cui lo raccontava, si intiusce facilmente cosa lo stesso Gossett farebbe al suddetto riccastro se lo incontrasse a tu per tu... :) ).

MatMarazzi ha scritto:E tuttavia mi pare che non ci sia dubbio che il cantique rientra nel progetto stesso del "Moise" francese, ne sia parte integrante, fondamento genetico e che non vi sia alcuna giustificazione "filologica" alla sua soppressione a teatro.


In linea generale, sono d'accordo con te: fra l'altro la riscrittura, rispetto alla versione napoletana, delle ultime battute della scena del Mar Rosso, che svaniscono lentamente in pianissimo, mi sembra configuri per sua natura un "ponte" verso qualcosa, non adatto, di per sè, a chiudere un lavoro come il Moïse. Resta però che sono possibili valutazioni esattamente opposte: ricordo che Cagli (non certo un pericoloso post-romantico) pur non prendendo posizione si dichiarava affascinato dal finale "aperto", che addirittura gli evocava ponti con l'inizio del Rheingold... :shock: Quello che intendevo è che, allo stato attuale, omettere il Cantique non mi sembra un arbitrio filologico: è una scelta, condivisibile o meno sulla base di valutazioni estetiche...

MatMarazzi ha scritto:Se devo dirla tutta, io penso che Muti non abbia operato questa scelta - tanto alla Scala quanto a Salisburgo - perché mosso da profonde considerazioni filologiche, ma semplicemente perché non sapeva scegliere tra la versione francese (più fastosa e piena di effetti orchestrali, come piace a lui) e il finale italiano (che in tutte le aule di storia della musica viene citato per la sua importanza).


Secondo me, la soluzione è anche più semplice: non aveva le parti del Cantique... Ricordo che durante la recita agli Arcimboldi ero sceso a vedere che edizione avesse Muti sul podio: non era nemmeno un'edizione a stampa, ma solo una copia anastatica di una versione manoscritta. Secondo me, incerto sul finale e a fronte dei casini di procacciarsi le copie del Cantique, ha lasciato perdere...

Saluti,

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Re: Guillaume Tell

Messaggioda Riccardo » gio 27 gen 2011, 21:05

Ma quindi qual è la fonte che ci dà le parti d'orchestra del Cantique?

Nel caso non ci fosse arrivata, l'esecuzione pesarese dovrebbe aver utilizzato un'orchestrazione fatta da qualcun altro a partire dal materiale pianistico...
Questa ipotesi peraltro spiegherebbe ancora più facilmente la scelta di Muti.

Salutoni,
Riccardo

p.s. Il fatto che il coro compaia nell'edizione pianistica, principalmente ad uso e consumo di cultori ed appassionati, rende più difficile pensare che fosse stato tagliato alla première...
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Re: Guillaume Tell

Messaggioda teo.emme » ven 28 gen 2011, 15:49

Riccardo ha scritto:Ma quindi qual è la fonte che ci dà le parti d'orchestra del Cantique?

Nel caso non ci fosse arrivata, l'esecuzione pesarese dovrebbe aver utilizzato un'orchestrazione fatta da qualcun altro a partire dal materiale pianistico...
Questa ipotesi peraltro spiegherebbe ancora più facilmente la scelta di Muti.

Salutoni,
Riccardo

p.s. Il fatto che il coro compaia nell'edizione pianistica, principalmente ad uso e consumo di cultori ed appassionati, rende più difficile pensare che fosse stato tagliato alla première...


Non è esattamente così, Riccardo.

Il problema risiede, come già scritto, nel modus operandi di Rossini nella revisione francese delle sue opere. Un lavoro non organico, eseguito in parte sul manoscritto italiano, in parte lasciato ai copisti (che correggevano le vecchie linee vocali o le inserivano su passi rimaneggiati su indicazione dell'autore: solo alcuni brani vengono scritti ex novo o riscritti estensivamente. Per rispondere a Marazzi: un manoscritto del Moise non esiste, non è mai esistito. Piuttosto esistono fonti differenti che si accavallano e si intrecciano. E' possibile un'edizione critica? Certamente: all'Opéra sono conservate le singole parti orchestrali, i manoscritti dei brani composti ex novo (non tutti), le pagine dell'autografo del Mosé corrette dall'autore, le modifiche approntate dai copisti. E' un lavoro infame però... Rossini, in pratica, ha riscritto l'opera SOPRA il materiale precedente...difficile decifrare tutti i cambiamenti, dunque.

Il Cantique conclusivo (n. 17) viene omesso nella partitura a stampa edita da Troupenas (che è la base dell'edizione Ricordi, quella eseguita da Muti: così dichiarava la locandina), ma non compare affatto nello spartito canto e piano pubblicato successivamente (e modellato sulla partitura). Del Cantique esisterebbe - completo e strumentato - il manoscritto autografo (come quello delle parti composte ex novo: Introduzione, Ballabili, parte del Finale I, aria di Anai, nonché i recitativi etc...), purtroppo non se ne conosce l'ubicazione (probabilmente è sperduto in qualche settore dell'archivio della Biblioteca del Conservatorio di Parigi). E dunque? Come si ricava la sua esistenza? Semplice, del Cantique sono rimaste le singole parti dei cantanti e quelle degli orchestrali - quindi preparate dai copisti sulla base dell'autografo - collazionandole e integrandole si riesce a ricostruire (così ha fatto Gossett per l'edizione del ROF e per quella scaligera, anche se, nell'ultimo caso, non verrebbe usata). Tali parti si trovano negli archivi dell'Opéra.
Non è vero, dunque, che del Cantique esisterebbe il solo spartito canto e piano, e l'utilizzo comporterebbe l'uso di un'orchestrazione inautentica. Semplicemente del Cantique esistono le parti separati, ma non più il manoscritto. Né è ricavabile dalla partitura a stampa, ove è omesso per ragioni ignote.
Muti, dunque, lo elimina non per scrupolo filologico, ma per altre questioni legate al personale protagonismo (indubbiamente il finale senza Cantique, è più "d'effetto").
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Re: moise

Messaggioda Riccardo » sab 29 gen 2011, 1:50

teo.emme ha scritto:Non è esattamente così, Riccardo


Teo, le mie erano solo domande basate sulle informazioni che ho letto qui. Non sono per nulla informato sulla situazione testuale del Moïse.

Per quanto riguarda l'edizione Troupenas tu e Beckmesser dite due cose diverse...
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Re: moise

Messaggioda teo.emme » sab 29 gen 2011, 16:23

Riccardo ha scritto:Per quanto riguarda l'edizione Troupenas tu e Beckmesser dite due cose diverse...


Non vedo molte differenze, salvo la questione del canto&piano: dalle mie informazioni - desunte da Gossett - il Cantique sopravviverebbe solo nelle parti separate, mentre la partitura pubblicata da Troupenas lo omette (e verosimilmente - su questo non ho certezza - anche lo spartito pubblicato, basato sulla partitura).
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Re: Guillaume Tell Gardelli

Messaggioda beckmesser » sab 29 gen 2011, 20:14

teo.emme ha scritto:la questione del canto&piano: dalle mie informazioni - desunte da Gossett - il Cantique sopravviverebbe solo nelle parti separate, mentre la partitura pubblicata da Troupenas lo omette (e verosimilmente - su questo non ho certezza - anche lo spartito pubblicato, basato sulla partitura).


No, nello spartito c'è. Partendo da quanto scriveva Cagli nel programma del Moise di Pesaro: "Esso (=il Cantique) figura nel libretto della prima e negli spartiti per canto e piano di Troupenas (che acquistò i diritti dell'opera), ma non nella partitura d'orchestra stampata dal medesimo editore" mi ero incuriosito alla faccenda. Mi sono procurato una copia anastatica della partitura Troupenas, e il Cantique non c'è. Non ho trovato una copia dello spartito Troupenas, ma ho trovato invece una copia dello spartito canto-piano edito da Schlesinger nello stesso 1827 (le edizioni Schlesinger coeve non sono altro che le Troupenas con il frontespizio cambiato), e lì il Cantique c'è. Ecco la prima pagina (se ho azzeccato il modo di inserire un'immagine...):
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