il mistero Saint-Christophle e la terza età delle vocaliste

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il mistero Saint-Christophle e la terza età delle vocaliste

Messaggioda MatMarazzi » dom 23 mar 2008, 22:25

Quando si pensa ai cantanti di Lully, i nomi che vengono subito in mente sono Dumesny e la Le Rochois, prototipi l'uno dell'haute-contre con vocazione tragica (rimasto in auge, in Francia, praticamente fino a Nourrit) e l'altra del soprano "agitato" che (attraverso mille evoluzioni) è arrivato fino ai "falcon" filo-wagneriani del primo Novecento (Caron, Bréval, Litvinne).
In realtà, però, questi due cantanti appartengono alla seconda parte della carriera di Lully.
Se si resta alla prima stagione compositiva di Lully (dal 1675 al 1685) sono altri i nomi che ricorrono fra i suoi "creatori".

Nelle parti di eroe buono emerge la singolare figura dell' haute-contre Bernard Clédière, che (è vero) creò tutti i personaggi protagoninstici delle prime tragedie di Lully: Admeto nell'Alceste, Atys, Bellérophon e Teseo.
E tuttavia fu anche il primo interprete del Mercurio dell'Isis (una specie di Loge), di Alfeo nella Proserpina (personaggio non proprio positivissimo) e persino - tenetevi stretti - la ...Nutrice nel Cadmus et Hermione.
Insomma, a differenza di Dumesny (che prenderà il suo posto come primo tenore all'Academie Royale), questo Clédière era sì eroico, sì bello e giovane, sì amante e generoso... ma con un fondo di ambiguità anche sinistra, stando almeno ai personaggi che Lully gli ha riservato.

Meno problemi sul fronte della "primadonna".
La protagonista di tutte le prime tragedie fu Marie Aubry, specializzata nei ruoli da "povera ragazza virtuosa e innamorata" ossessivamente riproposti in tutta la storia dell'opera in musica.
Vedette pagatissima, la Aubry pare fosse coinvolta (insieme al fratello) nel preteso tentativo di omicidio dello stesso Lully, ad opera di Henri Guichard, che era stato il di lei amante nel 1675.
Dicono che fosse piccola e graziosa, con la pelle bianchissima e i capelli neri, ma non proprio una silfide (si ritirò dall'Opéra nel 1684 perché l'obesità era divenuta tale che non poteva più muoversi in scena).
I ruoli che Lully le dedicò sono inconfondibili: tutte le eroine dolci e femminili, vittime e amanti, che immancabilmente si ritrovano al centro della crudeltà umana e divina: la vocalità è sempre tersa, sfumata, aerea.
In Amadis de Gaule fu Oriane, nell'Atys fu Sangaride, nel Bellérophon fu Philonoé, nell' Isis fu Io, nel Persée fu Andromède, nella Proserpine fu Proserpine, e nel Thésée fu Aeglé.

Bene. Fin qui niente di interessante.
Però... attenzione. In tutte le opere di questa prima fase di Lully c'è sempre una seconda presenza femminile: una detueragonista, una "seconda donna" ma con un rilievo drammaturgico e poetico addirittura straordinario.
Non c'è una tragedia di Lully fino al 1685 che non prevede una super-seconda donna, del rilievo di Azucena del Trovatore o di Orturd del Lohengrin.
Con la differenza che Azucena e Orturd non sono casi poi così frequenti di anti-primadonna in Verdi o in Wagner.
Mentre per Lully (almeno fino al Theseo) era la regola.
In ogni opera c'è un secondo personaggio femminile di dimensioni grandiose.

In questi ruoli di "seconda donna" un nome ricorre: Madame di Saint-Christophle, che li creò tutti.

Alceste (Alceste), Cybèle (Atys), Stenobea (Bellérophon), Giunone (Isis), Cerere (Proserpine), e, naturalmente Medea (Thésée).
In tutte queste opere, lei incarna l'anti-protagonista lacerata da sentimenti devastanti, il vero motore dell'azione, l'anima "nera", la forza dell'ombra, il lato maturo e tormentoso della tragedie di Lully: la coppia dei protagonisti belli, buoni e innamorati (il tenore Clédière e il soprano Aubry) sparisce di fronte alla modernità psicologica e all'intensità trascinante dei ruoli Saint-Christophle.

Mentre le eroine protagoniste (quelle affidate alla Aubry) sono sempre statiche nei loro sentimenti, i personaggi della Saint-Christophle evolvono radicalmente, secondo dinamiche psicologiche estremamente complesse.
Proprio per il fatto di incarnare la forza oscura (e talora blasfema), la Saint-Christophle non è mai la protagonista canonica.
Solo nel caso di Alceste le fu affidato il ruolo della protagonista, ma - se ci pensate - Alceste non è il tipo di personaggio "virginale e pudico" che si poteva dare alla Aubray.
Alceste è regina, è moglie ed è madre, è quindi donna matura e gli ardori della gioventù li ha già passati da un pezzo; e soprattutto è "attiva", non soggiace ai colpi della sorte (o degli Dei) ma vi si oppone.
In questo senso è normale che Lully ne affidasse la creazione alla Saint-Christophle.

In tutti gli altri casi a lei sono affidati i personaggi che si oppongono (e che pertanto agiscono).
Cibele (in Atys) è una dea umiliata, selvaggia per amore, capace della vendetta più atroce a danno dell'amato Atys e della sua adorata Sangaride. Ne provoca il suicidio e poi si strugge di orrore per ciò che ha fatto.
Un'altra amante disperata, umiliata, che evoca le potenze del male dalle oscurità della terra, è Stenobea, la regina suicida del Bellerofonte, a sua volta capace di distruggere tutto ciò che ama per placare la il morso dell'umiliazione, salvo poi accorgersi che la sua vendetta le è sfuggita di mano e trascinerà anche lei nel baratro.
Nell'Isis, ancora una volta, tutta la storia è in mano alla Dea Giunone, altra creazione grandiosa della Saint-Christophle.
Questa volta però è la gelosia di moglie (e non di amante) a scuotere il personaggio, a spingerla a sfidare l'onnipotenza del marito Giove (innamorato della bella Io) fino a che questi non le si getterà ai piedi, implorando per la vita dell'amata.
Anche nella Proserpina, il ruolo affidato alla "seconda donna" è il più sconcertante e mobile: ancora una volta è una Dea, Cerere, dalle caratteristiche stupefacenti.
Politicamente attivissima (amante e "promoter" di Giove, organizzatrice di feste "politiche" a sostegno delle sue guerre), dispensatrice di beni agli uomini, Cerere ha tutte le caratteristiche di una Regina dell'Europa moderna (è possibile che dietro di lei si affacci il mito, ancora ben vivo, di Elisabetta di Inghilterra?).
E il suo furore mostruoso, questa volta, è quello di una madre, che combatte con tutte le sue forze per poter liberare la sua bambina, rapita da Plutone e trascinata negli inferi; Cerere è la prima grande "madre" della storia dell'opera, pronta a tutto pur di riavere la sua creatura, persino di sprofondare il mondo in un buio sepolcrale che oggi definiremmo "post-atomico".
Sull'ultimo personaggio creato dalla Saint-Christophle (e dedicatole da Lully) c'è poco da scrivere: l'opera è il "Teseo", in cui la solita "buona" Aubrey canterà Egle (la virtuosa principessa di cui si innamora l'Argonauta fedifrago) mentre la Saint-Christophle interpreterà, manco a dirlo, Medea.

Sono andato, per curiosità, ad approfondire il caso di questa misteriosa Madame de Saint-Christophle di cui non si ha quasi notizia.
Non molto è emerso; quello che conta, però, è che TUTTI i personaggi più forti e moderni delle tragedie di Lully dall'Alceste (1675) al Teseo (1682) furono scritti per lei.
E che questi personaggi hanno caratteristiche simili e costanti drammaturgiche che è ragionevole attribuire a lei.
e che Lully smise di scriverne con queste caratteristiche proprio dopo il 1682, quando cioè la Saint-Christophle si ritirò dalle scene per chiudersi in un convento.
Dopo quell'anno, nessuna delle tragedie di Lully presenterà più una ripartizione così netta fra "protagonista buona" e "protagonista cattiva".

Ma la cosa di gran lunga più sopraprendente è che quando entrò a far parte della troupe dell'Academie, retta da Lully (in occasione della trionfale Alceste, scritta per lei) la signora aveva già ...passato i cinquant'anni, che per il '600 è davvero moltissimo.
Era cioè una vecchia cantante, una signora da "pensione", ma dalla personalità talmente complessa da spingere Lully a sbilanciare in suo favore (concependo parti da deuteragonista di dimensioni e portata elefantiaca) gli equilibri drammaturgici delle sue tragedie.

Il caso della Saint-Christophle (e soprattutto la forza dei suoi meravigliosi personaggi) mi ha indotto a una considerazione che vorrei condividere con voi.

Nel repertorio tedesco ed espressionista, si è già da tempo imparato a "valorizzare" l'età di un artista.
Si è messa in campo una galleria impressionante di personaggi maturi e psicologicamente complessi, in cui le rughe della voce non rappresentino un problema, e in cui quelle impagabili virtù che sono l'esperienza e la maturità non siano umiliate dal dover "sembrare giovani".

E nel repertorio italiano?
Perché anche le vocaliste, una volta superati i limiti anagrafici, non cambiano repertorio?
Perché dobbiamo tollerare sessantenni alle prese con Lucia o Alfredo, come se fosse una cosa normale?
Davvero non esiste un repertorio per belcantisti di mezza o terza età?
Bene! Io credo che il repertorio esista, come dimostra la straordinaria galleria dei ruoli Saint-Christophle, solo che è meno faticoso e più rilassante chiamare la Sutherland a fare la sua millesima Lucia a sessant'anni e Kruas il suo millesimo Alfredo a settanta.

Pensate come sarebbe stato bello se la Gencer degli anni '70/80 (quella che nei concerti esplorava con grazia sconvolgente il lato più crepuscolare e sofisticato del barocco) avesse potuto dedicarsi a questi ruoli, invece di farsi compatire in quegli ultimi sconclusionati Donizetti e quelle disastrose lady Macbeth.
Pensate a una Jessye Normann, oggi, che - invece di perdere il suo tempo in Erwartung e Voix Humaine in cui non ha nulla di serio da dire - si concentrasse in una Stenobia o in una Cerere di Lully.

Una bella notizia arriva, come al solito, dalla Francia.
Al teatro dei Champs-Elysées hanno montato una nuova produzione del Teseo di Lully.
E per il ruolo della Saint-Christophle (Medea) hanno invitato Anne Sophie von Otter.
Che dire! Mi pare un'idea geniale.
La Von Otter è già entrata nella fase critica, benchè sia ancora una donna affascinante e una grandissima artista: non ha più nerbo nella voce; il volume è compromesso, l'estensione pure, anche se le restano le sottili e inquietanti sfumature di un colorismo caleidoscopico unico al mondo.
In qualsiasi altro repertorio, la sua gelida e composta ironia, il suo maquillage sofisticato ma di scarno sentimento, la sua bellezza distante verrebbero travolti da orchestrazioni più impegnative, senza lasciare emergere quanto di ancora strepitoso può celarsi fra le prime rughe del suo canto.
Ma in questi ruoli, nel declamato ambiguo e cortese di Lully, nella sottigliezza tagliente e dolorosa degli alessandrini, il suo canto e il suo fascino di maestosa cinquantenne può trovare una dimensione imprevedibile (avendola vista dal vivo in un ruolo molto vicino a quelli Saint-Christophle, l'Ottavia di Monteverdi, ve lo posso assicurare).

Chiedo scusa per la lunghezza del post.
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Re: il mistero Saint-Christophle e la terza età delle vocaliste

Messaggioda Tucidide » lun 24 mar 2008, 1:23

Questo tuo lungo post, lungi dal tediarmi, mi ha al contrario spinto ad interessarmi all'opera francese di Ancien Régime, un periodo storico che mi affascina ma che non conosco molto né dal punto di vista musicale né più prettamente sociale.

Saluti

P.S. Tra l'altro, non avevo mai realizzato che la von Otter, artista per la quale non impazzisco, avesse già superato la cinquantina... sarà per l'aspetto androgino, ma la facevo più giovane. :oops:
Il mondo dei melomani è talmente contorto che nemmeno Krafft-Ebing sarebbe riuscito a capirci qualcosa...
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Re: il mistero Saint-Christophle e la terza età delle vocaliste

Messaggioda Maugham » lun 24 mar 2008, 8:58

MatMarazzi ha scritto:Quando si pensa ai cantanti di Lully, .....


Che dire Matteo? Chapeau bas (si scrive così?) alla tua sintesi e alla tua curiosità intellettuale... :shock: :D :shock:

e che Lully smise di scriverne con queste caratteristiche proprio dopo il 1682, quando cioè la Saint-Christophle si ritirò dalle scene per chiudersi in un convento.

Si sa perchè lo fece?


Perché anche le vocaliste, una volta superati i limiti anagrafici, non cambiano repertorio?
Chiedo scusa per la lunghezza del post.
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Lo sai bene. Perchè cambiare repertorio vuol dire studiare. Inoltre trovi sempre qualche appassionato (anche in questo gruppo) che dice: fai la Sagrestana? Fai Madame Lidoine? Fai Fedora o la Governante del Giro di Vite? Allora sei al capolinea. Molti cantanti, lo sai, ascoltano spesso questi maligni farfarelli che suggeriscono ennesimi Rinaldi e ennesimi Ernesti. :wink:
Dimenticati di tagliare anche una sola parola a questo post davvero bellissimo. :twisted:
Tra l'altro riguardo a un repertorio di cui ne so pochissimo e che vorrei cominciare ad esplorare.
Complimenti
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Re: il mistero Saint-Christophle e la terza età delle vocaliste

Messaggioda MatMarazzi » lun 24 mar 2008, 11:09

Maugham ha scritto:
MatMarazzi ha scritto:e che Lully smise di scriverne con queste caratteristiche proprio dopo il 1682, quando cioè la Saint-Christophle si ritirò dalle scene per chiudersi in un convento.

Si sa perchè lo fece?

...Perché Lully smise di scrivere parti così importanti per "seconda donna" o perché la Saint-Christophle si ritirò in covento?
Nel primo caso perché gli mancò la materia prima (ossia, appunto, la grande artista a cui dedicava questi ruoli), nel secondo caso perché, probabilmente, essendo prossima ai sessanta, la signora decise di dedicare quanto le restava da vivere alla tranquillità e alla religione.
...almeno credo.
Della Saint-Christophle come donna non si sa praticamente niente... almeno che risulti a me.
Tutto quello che c'è rimasto di lei sono i personaggi grandiosi che ha ispirato a uno dei più grandi operisti di tutti i tempi.

Sono pochi i casi in cui una cantante "a fine corsa" ha ispirato tanto profondamente un compositore, fino al punto che questi non possa concepire una nuova opera senza pensare a un personaggio espressamente per lei.

Oltre al caso della Saint-Christophle e di Lully, a me viene in mente solo un altro esempio.
Joan Cross e Benjamin Britten.
La Cross era stata una sobria mozartiana negli anni '30; quando Britten la conobbe (dopo la guerra) dovette restare folgorato dall'intelligenza e dalla personalità di questa signora fiera e vittoriana, tanto da concepire personaggi splendidi su misura per lei.

Il primo fu Ellen Orford (omaggiata di ben tre "a solo" nel corso del Peter Grimes). Oggi si tende a dare il personaggio a belle e giovani signore, anche alla Fleming, mentre la Cross doveva avere allora quasi cinquant'anni.

Poi fu il caso del Coro femminile nel Rape of Lucretia, ruolo che oggi viene considerato quasi da comprimariato, mentre dovrebbe essere affidato a vere e proprie personalità, in grado di bilanciare la natura esclusivamente speculativa.
Che Britten la ritenesse una parte da "grandi artisti" lo dimostra che il Coro maschile fu creato dal suo Peter Pears.

Poi fu il caso della strepitosa "Lady Billows" in Albert Herring, l'imponente, collerica, bigotta, vittoriana dominatrice del paese moralistico e perbenista messo a soqquadro da Herring.

Nel 53, alla Cross fu dedicato da Britten uno dei ruoli più giganteschi di tutto il repertorio novecentesco: la regina Elisabetta in Gloriana, opera creata al Covent Garden.

Nel 54, dalla Cross fu creato un altro personaggio fantastico: Miss Grosse nel Giro di Vite, che oggi - scioccamente - affidiamo a mezzosopranoni, mentre fu pensato proprio per un soprano "lirico" invecchiato.

Anche il caso dei ruoli Cross potrebbe rientrare perfettamente nel discorso che stiamo facendo.
Sono ruoli eminentemente "vocalistici" (e non espressionistici o declamatori), e non solo perché la scrittura di Britten è forgiata all'esempio di Handel e delle tradizioni barocche, ma perché tutti i suoi interpreti (da Pears, alla Vyvian, alla Cross appunto) provenivano dalla scuola dei mozartiani ed haendeliani inglesi.
Quindi anche i ruoli Cross potrebbero essere un buon serbatoio per vocaliste e mozartiane da pensione (pensate a una Kiri te Kanawa degli anni '90 in Ellen Orford, alla Beverly Sills degli anni '80 come Gloriana, l'ultima Sutherland come Lady Billows, la Scotto come Miss Grosse, Margareth Price come Coro Femminile nel Ratto di Lucrezia).



cambiare repertorio vuol dire studiare.


Be' non saprei.
Non credo che sia la pigrizia ad atterrire molti artisti e a costringerli a farsi compatire in parti da ragazzi...
Il fatto è che è diffusa la diceria che il repertorio vocalistico è pensato esclusivamente per "giovani" e che non c'è posto per gente matura e vocalmente provata.
in parte questo è vero. Quanti ruoli femminili verdiani sono pensati per gente matura?
Ma i casi dei ruoli Saint-Christophle e Joan Cross ci dimostrano che ci sono grandissimi personaggi scritti per voci già segnate ed età avanzate, ma che pure reclamino una tecnica e una formazione da "vocalisti".

Ma secondo voi che altri ruoli si possono trovare (nel repertorio vocalistico) per vecchi cantanti?
Salutoni
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